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Pubbl. Lun, 3 Apr 2023

Il concorso di persone nel reato: aspetti problematici

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Sarah Otera
AvvocatoUniversità degli Studi di Trento



Il presente articolo intende analizzare l´articolo 110 del codice penale italiano, norma di carattere generale, la cui combinazione con norme di parte speciale da´ origine ad una varietà di fattispecie criminose. L´analisi verterà anche sui successivi articoli del titolo quarto del primo libro del codice penale italiano, con l´obiettivo di individuare le tematiche più importanti meritevoli della giusta attenzione. Nel corso dell´analisi, si chiariranno i profili problematici, ancora oggi esistenti, riguardanti il concorso di persone nel reato.


ENG

Accomplice in the crime: related problems

This essay aims to analyze the article 110 of the italian criminal code, rule of a general nature, the combination of which with special rules gives rise to a variety of criminal cases. The analysis will also focus on the subsequent articles of the fourth title of the first book of the italian criminal code with the aim of identifying the most important issues worthy of the right attention. During the analysis, the problematic profiles, still existing today, concerning the participation of persons in the crime will be clarified.

Sommario: 1. Considerazioni introduttive; 2. Concorso necessario e concorso eventuale; 3. La controversa ipotesi del concorso esterno in associazione mafiosa; 4. La non estendibilità delle circostanze soggettive al concorrente; 5. Le dubbie certezze riguardanti gli articoli 116 e 117 del codice penale; 6. Il concorso colposo nel delitto doloso e le sue incertezze; 7. Conclusioni.

1. Considerazioni introduttive

Il presente saggio, senza alcuna presunzione di completezza, intende analizzare il titolo IV del primo libro del codice penale italiano dapprima, muovendo dall’analisi della norma portante dell’intero titolo: l’articolo 110 del codice di Arturo Rocco, rubricato Pena per coloro che concorrono nel reato.

Per completezza espositiva, pertanto, si procederà alla descrizione dei successivi articoli del titolo IV. In particolare, il presente saggio, dopo aver analizzato il tema da un punto di vista generale individuando i modelli differenziato e indifferenziato, o unitario, nelle rispettive caratteristiche, il concetto di connivenza non punibile e la non necessarietà di un previo accordo criminoso, farà, in seguito, riferimento alla complessa tematica dell’applicazione delle circostanze del reato conglobate nell’ambito del concorso di persone nel reato, di cui l’articolo che segnerà la direzione dell’analisi è l’art. 118 c.p., nonché, alle peculiari ipotesi degli articoli 116 c.p. e 117 c.p., che si atteggiano a ipotesi di responsabilità oggettiva, ed infine, alla controversa e insidiosa, ma necessaria ulteriore incerta previsione del concorso colposo nel delitto doloso.

Si tracceranno, poi, delle considerazioni conclusive, sottolineando come il carattere innovativo e sempreverde del concorso di persone nel reato, imponga una costante e diretta attenzione che consenta al giurista e all’operatore del diritto di rispondere alle esigenze che l’attualità del fatto richiede. Secondo la teoria dell'accessorietà[1], infatti, l'incriminazione del concorrente nel reato, trova il suo fondamento non perché il suo comportamento sia ripetuto all'interno della norma incriminatrice, bensì, perché detto comportamento ha una relazione di dipendenza con quella realizzata dall'autore.

Tra la funzione incriminatrice della fattispecie concorsuale e le nozioni restrittive che ne derivano dalla combinazione con norme di parte speciale, di conseguenza, il tratto dominante dell’elemento sintonico è, senza dubbio, rappresentato dal principio di legalità, enunciato nell’art. 25 c.2 della Carta costituzionale italiana.

Si comprendono, dunque, le coordinate della presente indagine: la struttura unitaria del reato concorsuale[2], la distinzione tra attività di correità ed atti di mera complicità, l’imputabilità o meno dell’autore materiale, l’agire comune, l’intervento di carattere estemporaneo sopravvenuto a sostegno dell’azione altrui, la distinzione ulteriore tra connivenza non punibile e concorso nel reato, il difficile ed insidioso inquadramento dell’art. 416 bis c.p. nella disciplina del concorso di persone nel reato. Secondo l’autrice Margareth Helfer, un dato di fatto emerge chiaramente: nel disciplinare il fenomeno concorsuale, il legislatore del 1930 era stato fortemente condizionato dall’idea di giudicare l’apporto del singolo partecipe non sulla base di quello che effettivamente esso è, ma di ciò che esso realizza, vale a dire sulla scorta della sua incidenza sul risultato finale della realizzazione plurisoggettiva di un piano criminoso, che è l’evento del reato[3].

2. Concorso necessario e concorso eventuale

Si ha concorso di persone nel reato quando più persone realizzano una fattispecie penale che potrebbe essere commessa anche da un solo soggetto. Le singole fattispecie penali sono modellate sulla falsariga dell’autore individuale, per cui per poter punire più soggetti per il medesimo reato è necessaria una norma ad hoc che estenda la punibilità anche a chi concorre nel reato[4]. L’intuitiva definizione di concorso necessario fa riferimento al caso in cui è la stessa fattispecie di reato a richiedere una pluralità di soggetti agenti, che in genere sono almeno tre, legati da un programma criminoso indeterminato, nei c.d. reati associativi ( di cui sono esempio gli artt. 416 e 416 bis c.p.) o nel reato di rissa di cui all’art. 588 c.p., nonché, da un vincolo stabile tra i concorrenti.

Di contro, il concorso eventuale è l’ipotesi in cui più soggetti concorrono alla realizzazione del medesimo reato monosoggettivo, segnato da un programma criminoso determinato e legato da un vincolo occasionale. La ratio della disciplina del concorso eventuale, o esterno, si identifica nell’esigenza di estendere la punibilità del fatto a condotte atipiche, le quali sulla scorta del dato letterale della fattispecie astratta non sarebbero, in realtà, punibili. La funzione estensiva dell’art. 110 c.p.[5], seguendo la stessa logica che il legislatore ha seguito nella combinazione tra art. 40 c. 2 c.p., reato omissivo, e art. 56 c.p., delitto tentato[6], con norme di parte speciale, allo stesso modo si innesta sulla norma di parte speciale, estendendo la punibilità anche a siffatte condotte.

Le figure criminose che ne nascono approfondiscono importantissimi aspetti non altrimenti disciplinati. Ne risulta fondamentale per la ricostruzione delle norme sul concorso di persone nel reato, la definizione di queste come cause estensive non più solo della punibilità, ma prima ancora della tipicità[7]. Sul piano della fattispecie, quindi, se si vuol conservare l’espressione “efficacia estensiva”, bisogna riferirla non alle singole norme incriminatrici, bensì all’intero ordinamento[8]. La pluralità di soggetti agenti, elemento strutturale, di conseguenza, è da intendersi nel senso di minimo due soggetti che concorrono alla realizzazione del medesimo fatto di reato, il che non implica necessariamente la punibilità di ciascuno dei concorrenti. Alla pluralità di agenti, si aggiunge un quid pluris: il contributo causale o morale della condotta del concorrente[9].

Al riguardo, è materiale il contributo che richiede per la sua realizzazione una contribuzione concreta alla realizzazione dell’elemento oggettivo del reato. In base al ruolo svolto, si tende, poi, a distinguere tra: autore, coautore, ausiliatore. Di fianco al contributo causale, esiste anche il contributo morale, che sussiste quando il soggetto incide sul proposito criminoso dell’autore del reato, tale da distinguersi le due figure di istigatore e determinatore. Quest’ultimo fa sorgere in altri un proposito criminoso prima inesistente (circa l’effettiva influenza causale sulla psiche dell’autore[10]).

Alla pluralità di soggetti agenti, al contributo causale o morale, si somma l’intuitivo ulteriore requisito della realizzazione del fatto di reato penalmente rilevante, sia essa consumata o tentata. Conferma della presente affermazione viene rintracciata nel disposto dell’art. 115 c.p.[11], nello stesso titolo dove è collocato l’articolo oggetto del presente scritto, che esclude la punibilità per il solo fatto dell’accordo tra due o più persone allo scopo di commettere un reato e questo non sia commesso[12].

La citata norma, infatti, precisa la formula “Salvo che la legge disponga altrimenti”, riferendosi alle ipotesi in cui l’ordinamento eleva l’accordo o l’istigazione a fatto penalmente rilevante, ad esempio all’art. 322 c.p. Si comprende, dunque, la differenza concettuale che risiede tra il modello c.d. differenziato, affermatosi a livello sovranazionale, e il modello indifferenziato, o unitario, di cui quello italiano è un valido esempio. Nel primo sono assenti ogni differenziazione descrittiva delle diverse forme di partecipazione dei concorrenti. In altre parole, il concorso viene assoggettato ad una tipizzazione unitaria e quindi, ad un unico regime sanzionatorio.

Di contro, nel secondo, proprio della maggioranza degli ordinamenti compresa l’Italia, le fattispecie di parte speciale sono, di regola, costruite sulla figura dell’autore individuale.

L’ordinamento giuridico che sceglie, per la disciplina del concorso di persone nel reato, il sistema unitario, non distingue tra autori e partecipi, dal momento che ogni persona che ha realizzato una condotta di concorso è parimenti responsabile con gli altri concorrenti del reato realizzato. Di conseguenza, tra essi non si distingue né su un piano dogmatico-categoriale, né sul piano della previsione della pena[13].

L’ulteriore distinzione, poi, tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto, con specifico riguardo alla disciplina degli stupefacenti, va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone ex art. 110 c.p. è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare[14]. Mutando prospettiva, l’art. 48 c.p.[15], che la dottrina dominante considera un caso di responsabilità concorsuale, è dalla giurisprudenza, invece, cucito nell’ottica dell’ “autoria” mediata, argomento quello dell’autore mediato che richiederebbe un approfondimento autonomo e che esula dalla presente analisi.

3. La controversa ipotesi del concorso esterno in associazione mafiosa

Il concorso di persone rappresenta uno degli istituti più importanti del diritto penale anche per la sua diffusione pratica. Il concorso esterno in associazione di tipo mafioso indica una forma di compartecipazione del reato di associazione di tipo mafioso, costituendo l’applicazione dell’art. 110 c.p. all’art. 416 bis c.p., introdotto il 13 settembre dell’’82 con la legge n. 646 “Rognoni-La Torre”[16]. Dal punto di vista formale, non si tratta di un'autonoma fattispecie di reato, quindi, ma vi rientrano nell'ambito del concorso di persone nel reato base le due disposizioni summenzionate.

Il precedente paragrafo, finalizzato all’analisi della differenza concettuale, nonché dottrinale, tra il concorso necessario e il concorso eventuale, è stato volto ad aprire la strada argomentativa della presente complessa ipotesi di responsabilità concorsuale che il concorso esterno in associazione mafiosa rappresenta. Nei reati associativi, infatti, il ruolo di partecipe o anche di capo dell’associazione non implica l’automatica responsabilità per i delitti compiuti dagli appartenenti al sodalizio, anche se riferibili all’organizzazione, e inseriti nel quadro del programma criminoso, in quanto dei reati-fine rispondono soltanto coloro che, materialmente o moralmente, hanno dato un contributo effettivo causalmente rilevante, volontario e consapevole all’attuazione della singola, specifica, condotta criminosa, dovendosi escludere qualsiasi forma di responsabilità anomala da posizione o da riscontro ambientale[17].

Anche solo la presenza fisica del partecipe di un’associazione di tipo mafioso alla consumazione di un delitto fine inscrivibile nel conflitto tra il gruppo di appartenenza con quello antagonista, laddove non sia meramente accidentale, ma intenzionale e correlata alla perpetrazione del reato, non è qualificabile come mera connivenza non punibile, ma integra una forma di cooperazione morale al delitto, comportando, per effetto della solidarietà criminale insita nel vincolo associativo, il rafforzamento del proposito dell’autore materiale e il potenziamento della sua capacità di intimidazione[18]. Giungendo a delle seppur non esaustive conclusioni sull’argomento, il ruolo di partecipe non è di per sé solo sufficiente a far presumere quel soggetto automaticamente responsabile di ogni delitto compiuto da altri appartenenti al sodalizio[19].

Da ciò ne deriva l’esclusione di qualsiasi forma di anomala responsabilità di “posizione” o da “riscontro d’ambiente”, con cui si intende collegare il reato-fine commesso all’associato. Inizialmente la Cassazione aveva ritenuto non configurabile l’ipotesi concorsuale oggetto del presente paragrafo, come si legge in Cass. 2348/94 secondo cui “non è configurabile il concorso eventuale nel reato di associazione mafiosa in quanto chiunque tenga consapevolmente una condotta che fornisce un obiettivo contributo al mantenimento od al rafforzamento dell’organizzazione criminale è di per sé qualificabile come partecipante alla stessa, al di là dell’avvenuta o meno rituale affiliazione del soggetto secondo le regole del sodalizio mafioso”.

Vero è anche, però, che l’efficienza causale del contributo arrecato dal professionista che, non inserito stabilmente nel tessuto organizzativo del sodalizio, presti la propria attività nell’interesse di esso, non richiede la compiuta realizzazione del risultato illecito finale perseguito dall’associazione[20].

4. La non estendibilità delle circostanze soggettive al concorrente

Per comprendere il titolo del presente paragrafo, occorre analizzare l’art. 118 c.p[21], anch’esso contenuto nel titolo IV del primo libro. Quanto emerge dal suddetto articolo è che le circostanze soggettive, quelle inerenti alla persona del colpevole o all’elemento soggettivo, devono essere valutate solo riguardo alla persona cui si riferiscono. Rispetto alla linea interpretativa ora tracciata, la peculiarità della situazione italiana deriva dall’utilizzo, secondo alcuni autori, “indiscriminato” del concetto di concorrente[22].

Ciò avrebbe consentito alla fantasia procace del legislatore italiano di spostare su altri piani le differenze nel trattamento sanzionatorio diretto a punire organizzatori e promotori dell’attività criminosa diversamente dai coautori che offrono un contributo all’azione criminosa[23]. Si esclude, di conseguenza, la comunicabilità delle circostanze di carattere soggettivo, ai sensi dell’art. 118 c.p., al correo, seguendo una lettura costituzionalmente imposta.

L’intento legislativo del 1990 è stato più esattamente quello di precludere la possibilità di addebitare ad eventuali compartecipi alcuni elementi circostanziali che sono sì di natura prettamente psicologica, ma per la precisa ragione che la rilevanza degli stessi appare riflettersi sul piano della sola colpevolezza individuale[24]. “In tema di circostanze, sono estendibili ai concorrenti, e sempre che questi ne fossero consapevoli le sole aggravanti soggettive che, oltre a non essere inerenti alla persona del colpevole, a norma dell’art. 70, comma 2, c.p. abbiano in qualche modo agevolato la realizzazione del reato, dovendo procedersi ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 118 c.p[25]”. In conclusione, mentre gli artt. 111, 112 e 114 c.p. prevedono diverse aggravanti e attenuanti che si applicano in caso di commissione di reati da parte di più soggetti, l’art. 118 c.p. riguarda ipotesi ben circoscritte attorno alle circostanze soggettive nell’ambito del concorso di persone nel reato.

Tuttavia, notevoli sono le incertezze applicative collegate all’art. 118 c.p. ed in particolare al suo legame con gli artt. 59 e 70 c.p. A chiusura del titolo oggetto della presente analisi, per completezza, si intende enunciare il successivo articolo 119 c.p.[26], che disciplina la comunicabilità o meno ai concorrenti delle cause che escludono la pena, distinguendo tra cause oggettive e cause soggettive.

Le cause di esclusione della pena sono per definizione soggettive, in quanto il legislatore ha ritenuto per ragioni di politica criminale, connessa alla figura del soggetto agente, di escluderne la punibilità[27]. Non è un caso che la suddetta norma sia stata collocata al termine di un titolo costituito da disposizioni altrettanto complesse e di entità non fissa e statica, bensì assai dinamica.

5. Le dubbie certezze riguardanti gli articoli 116 e 117 del codice penale

I suddetti articoli rappresentano due ipotesi peculiari di concorso di persone che si tenterà di analizzare nel paragrafo presente. L’art. 116 c.p.[28], rubricato Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, c.d. concorso anomalo[29], considerato a lungo un’ipotesi di responsabilità oggettiva[30], richiede l’esistenza di un reato concordato, di una realizzazione di un reato diverso da parte di taluno dei concorrenti, nonché del rapporto di causalità materiale tra il reato voluto e quello diverso e la prevedibilità in concreto del reato diverso da quello concordato[31]. Il concorso c.d. “anomalo” costituisce uno degli snodi maggiormente controversi della disciplina dell’illecito plurisoggettivo[32].

Ne deriva che l’ipotesi concorsuale c.d. “anomala” rappresenta un tasto dolente del titolo IV del codice penale, che per uscire dall’inquadramento di norma che esclude l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, ha per lungo tempo affermato il conglobamento nell’ambito della responsabilità oggettiva.

Parte della dottrina e della giurisprudenza interpretano l’art. 116 c.p. in termini sostanzialmente colposi, allo scopo di superare il meccanismo incostituzionale di responsabilità oggettiva derivante dal versari in re illicita[33]. Tale impostazione mostra delle evidenti aporie di una concezione colposa del concorso “anomalo” che, da un lato vorrebbe reinterpretare secundum Costitutionem, ma dall’altro pecca di eccessiva presunzione ribaltando l’intenzione del legislatore italiano e discostandosi dal dettato normativo dell’articolo 116 c.p[34].

Ed infatti, il concetto di personalità di cui all’art. 27 Cost. venne interpretato nel tempo non solo come necessità di ricondurre un determinato fatto alla sfera materiale del reo, ma anche come necessità che il suddetto fatto fosse riconducibile anche alla sfera psichica dell’agente[35]. La nebulosità della norma menzionata appare risolta dalla presenza del requisito per cui “l’inosservanza della regola cautelare sia stata rilevante ai fini della produzione dell’evento[36]”.

In altri termini, la concreta prevedibilità della conseguenza diversa realizzata dal concorrente rappresenta il rimprovero esclusivo di carattere penale che viene mosso seguendo l’approccio della responsabilità “anomala”. L’ulteriore denunciata sproporzione sanzionatoria nell’ambito del concorso ex art. 116 c.p. attiene alla dosimetria della pena nei confronti del complice per un illecito differente rispetto a quello programmato dal concorrente.

Di contro, la successiva necessaria armonizzazione con il dettato normativo dell’art. 27 Cost. e con il rispetto del principio di colpevolezza impongono di leggere alla lettera la disposizione in esame come uno dei rari casi di responsabilità oggettiva presenti nell’ordinamento italiano[37]. Così, la violazione del canone giuspenalistico di proporzione, derivante dalla vigente disciplina, è unanimemente riconosciuta in dottrina e costituisce problematica irrisolta per l’impostazione teorica che conduce il concorso “anomalo” alla categoria del crimen culposum[38].

Di conseguenza, i giudici di legittimità hanno subordinato l’applicazione dell’art. 116 c.p. ad un accertamento della responsabilità che tenesse conto della concreta rappresentabilità[39], della “personalità dell’imputato e alle circostanze ambientali nelle quali si è svolta l’azione[40]”, delle “circostanze del caso[41]”. Sulla base di tale principio, così come sopra interpretato, è stata sottoposta alla Corte Costituzionale la questione relativa alla compatibilità con il sistema costituzionale dell’art. 116 c.p.[42] che, nella sua portata letterale, sembrava addossare oggettivamente un evento ad un soggetto[43].

La Corte, nel pronunciarsi, ha dichiarato non fondata la questione, in quanto per esservi responsabilità ex art. 116 c.p. è sempre necessario un rapporto di causalità psichica, nel senso che “il reato diverso più grave commesso dal concorrente debba poter rappresentarsi alla psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto, affermandosi in tal modo la necessaria presenza di coefficiente di colpevolezza[44]”.

Sotto questa specifica angolazione, l’articolo, invece, preferibile è sicuramente l’art. 110 c.p., dal momento che esso si inserisce nella linea della tradizionale concezione unitaria della fattispecie concorsuale. Non configura il cosiddetto concorso “anomalo” di cui all’art. 116 c.p. ma rientra nella comune disciplina del concorso di persone, infatti, l’ipotesi in cui vengano commessi reati ulteriori rispetto a quello programmato, sia pure ad esso collegati[45].

Di fianco a tale disciplina, si colloca l’art. 117 c.p.[46], rubricato Mutamento del titolo di reato per taluno dei concorrenti, che richiede il concorso di un soggetto estraneo in un reato proprio realizzato dall’intraneo, di carattere esclusivo se l’estraneo è consapevole della qualifica dell’intraneus, non esclusivo, invece, se l’estraneo non è consapevole della qualifica dell’intraneus[47]. In altri termini, il reato proprio è esclusivo quando la condotta assume rilevanza penale solo se realizzata dal soggetto qualificato. È, invece, non esclusivo quando il possesso della qualifica in capo al soggetto agente incide solo sul titolo del reato contestato. L’art. 117 c.p. prevede la modifica del titolo di reato, dovuta alle condizioni o qualità del colpevole o ai rapporti tra il colpevole e l’offeso.

Tale modifica, per espressa previsione legislativa si estende a tutti i concorrenti[48]. In tal senso, fondamentale la pronuncia della Cass. Pen. sez. I, 05.02.1991, secondo cui “nel caso di concorso di soggetti non qualificati nella commissione di un reato proprio non è indispensabile che proprio l’intraneo sia l’esecutore dell’azione tipica, che può materialmente essere realizzata da altro concorrente, purché quello qualificato dia, secondo le regole generali, il suo contributo efficiente, in qualsiasi forma, compresa, quindi, quella omissiva della volontaria e concertata astensione dall’obbligo di impedire l’evento[49]”.

Dubbi di costituzionalità si sono posti anche in relazione all’art. 117 c.p. che, estendendo l’incriminazione a titolo di reato proprio per tutti coloro che a tale reato partecipano, prescinde dal fatto che gli stessi fossero o meno consapevoli della particolare qualifica soggettiva di uno dei concorrenti[50].

L’articolo sembra, di conseguenza, introdurre un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto permette l’attribuzione della responsabilità a carico di un soggetto, anche nel caso in cui questi non sia a conoscenza di un elemento fondamentale del reato, vale a dire la qualifica soggettiva di un altro concorrente che determina il mutamento del fatto commesso da reato comune in reato proprio[51]. Si intende riportare una massima di forte valore processuale della Cass. pen., sez. V, 26/04/2021, n. 22786: “In tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’applicabilità dell’art. 117 c.p., che disciplina il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, è necessario che il fatto commesso dall’extraneus costituisca comunque reato anche in mancanza della qualifica rivestita dall’autore principale, mentre trova applicazione la norma generale sul concorso di persone, di cui all’art. 110 c.p., quando l’azione del concorrente sia di per sé lecita e la sua illiceità dipenda dalla qualità personale di altro concorrente”. In tema di concorso di persone, l’estensione al concorrente extraneus della responsabilità a titolo di reato proprio, ai sensi dell’art. 117 c.p., presuppone la conoscibilità della qualifica soggettiva del concorrente intraneus[52]. Ne consegue che la fattispecie concorsuale e la relativa responsabilità sono da valutarsi caso per caso in una casistica assai delicata e variegata per l’interprete del diritto, non prescindendo dall’analisi degli elementi soggettivo ed oggettivo.

6. Il concorso colposo nel delitto doloso e le sue incertezze

Nulla questio, sull’ammissibilità del concorso doloso nel delitto doloso, né sul concorso doloso nel delitto colposo. Non risulta dubbia neanche la previsione del concorso doloso nel delitto colposo.

I problemi maggiori, sorti nell’ambito del riconoscimento della configurabilità del concorso colposo nel delitto doloso hanno, invece, determinato uno yo-yo giurisprudenziale tale per cui le Sezioni Unite del Supremo collegio, nelle più recenti pronunce, hanno inteso dirimere la controversa questione affermandone infine l’esistenza, al netto di prospettive che, altrimenti, avrebbero peccato di unilateralità. Il concorso colposo nel delitto doloso, al momento in cui si scrive, esiste, dunque, essendone stata riconosciuta la possibile configurazione[53]. Di contro, certa giurisprudenza si era pronunciata in senso contrario circa l’ammissibilità del concorso colposo nel reato doloso.

Ci si riferisce a Cass. 9542/96 che aveva sostenuto che “il concorso colposo, stando al nostro diritto positivo, non è configurabile rispetto al delitto doloso e ciò perché l’articolo 42, comma 2, c.p. richiede una espressa previsione, che, invece, manca in quanto l’articolo 113 c.p. contempla il solo concorso nel delitto colposo, parlando, come è stato sottolineato da autorevole dottrina, di “cooperazione nel delitto colposo” e non di “cooperazione colposa nel delitto”. Un ambito particolare riservato all’art. 113 c.p. è quello dell’équipe medica.

Infatti, la specializzazione raggiunta da diversi sanitari porta a rendere necessario spesso l’intervento di differenti specialisti che collaborano tra loro per assicurare la cura e la salute del paziente[54]. Permangono, tuttavia, numerosi dubbi circa la corretta scorrevolezza di questa previsione dottrinale e giurisprudenziale. Si discute, quindi, ancora oggi, soprattutto in dottrina, sulla configurabilità del concorso di persone nel caso in cui in capo ai concorrenti sussista un diverso elemento psicologico[55].

Il concorso colposo è configurabile anche rispetto al delitto doloso, dunque, sia nel caso in cui la condotta colposa concorra con quella dolosa alla causazione dell’evento secondo lo schema del concorso di cause indipendenti, sia in quello della cooperazione colposa purché in entrambi i casi, il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa, e nella sua condotta siano presenti gli elementi della colpa, in particolare la finalizzazione della regola cautelare violata alla prevenzione del rischio dell’atto doloso del terzo e la prevedibilità per l’agente dell’atto del terzo[56]. Se ne coglie, pertanto, in questa previsione il difficile movimento in un terreno malsicuro, contraddittorio, imprudente, ed a tratti assai frammentario.

7. Conclusioni

La persistenza di numerosi problemi teorici non può essere in alcun modo negata. La teoria della fattispecie plurisoggettiva orientata muove, dunque, dal concetto di “reato” nel quale si concorre: il reato è, di conseguenza, il baricentro del concorso. “In altri termini, si può parlare di “reato” in ambito concorsuale in presenza, in primo luogo, di una conformità al tipo di parte speciale che può, peraltro, riferirsi sia ad una delle condotte concorsuali, sia ad alcune, sia al loro insieme[57]”. Se è vero come è vero ciò, risulta necessario ricostruire la tipicità e l’atipicità del contributo causale o morale, l’eventuale partecipazione psichica e il rafforzamento dell’altrui proposito criminoso, saggiando la tormentata natura di alcune fattispecie di concorso di persone nel reato.

Problemi irrisolti, sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, riguardano la summenzionata c.d. reità mediata e la disposizione sulla cooperazione colposa, di cui all’art. 113 c.p.[58], non facilmente risolvibile né sostenendo la sua superfluità all’interno del nostro sistema penale, né tantomeno negando alla fattispecie in esame un’efficacia estensiva della punibilità in rapporto ai reati causalmente orientati[59], nonché, la disciplina attinente la dosimetria della pena e il meccanismo temperato dell’estensione della medesima cornice edittale a tutti i concorrenti nel percorso tracciato dall’art. 116 c.p., nonché l’accento sul disvalore d’azione e, quindi, sul momento modale delle forme di partecipazione. La già citata disposizione, di cui all’art. 113 c.p., qualora abrogata, “non sembrerebbe creare tollerabili lacune di tutela, dal momento che eventuali forme di semplice partecipazione all’altrui fatto colposo, pur astrattamente ipotizzabili, non apparirebbero per ciò solo degne di autonoma considerazione penalistica (…)[60]”.

La disposizione dell’art. 113 c.p. apre la strada al riconoscimento della punibilità nel concorso di persone anche per i reati colposi previsti espressamente dal legislatore, dal momento che è il dolo il “principe” dell’ordinamento penalistico italiano[61]. Come si evince dalle presenti riflessioni, alla luce delle argomentazioni di dottrina e giurisprudenza che si è cercato di riportare nel testo, non esistono soluzioni draconiane a questi temi che vivono, o meglio convivono without bad blood, come direbbero gli inglesi.

Da ultimo, l’“umanizzazione” della norma, nel caso di cui alla presente analisi, impone, quindi, uno sforzo interpretativo che non lasci spazio come tra gli uomini a dissapori, malintesi o sentimenti di ostilità. L’estensione della punibilità che l’articolo 110 c.p. consente di definire, infine, con la previsione di pari responsabilità per tutti i compartecipi, consente la nascita di ulteriori previsioni che agevolano e/o contribuiscono alla verificazione del fatto tipico (si pensi ad esempio alla figura del c.d. palo)[62].

Non può, infatti, riconoscersi l’attenuante della partecipazione di minima importanza a colui che, nella commissione di un furto, abbia svolto la funzione di “palo”, in quanto il suo contributo anche se di importanza minore rispetto a quello dei correi, facilita la realizzazione dell’attività criminosa, rafforzando l’efficienza dell’opera degli esecutori materiali e garantendo loro l’impunità, come si evince da Cass. pen., 21468/2021.

La teoria dell’equivalenza causale ne è risultata oltremodo restrittiva e indulgente se trapiantata sul terreno della compartecipazione criminosa[63]. Alla luce delle considerazioni enunciate in precedenza, nonché dei principi di uguaglianza, della legge e di personalità della responsabilità penale, risulta intollerabile l’attuale irrilevanza del divario tra l’effettiva portata di un comportamento concorsuale e la sua qualificazione giuridica[64].

Dalla lettura delle norme, la compartecipazione criminosa deriva, come osservato in precedenza in queste brevi considerazioni, da modelli di regolamentazione assai diversi, e che presentano aspetti storico-filosofici talvolta paralleli. Innegabile, dunque, l’impatto che le correnti internazionali hanno avuto sullo sviluppo della disciplina del contributo concorsuale nella disciplina penalistica italiana, sviluppatasi nell’ormai lontano ma quanto mai attuale 1930, giammai anacronistico.


Note e riferimenti bibliografici

 


[1] Secondo M. Helfer in Il concorso di più persone nel reato, Giappichelli, Torino, 2013, p. 63, nell’ambito del concorso di persone, il dogma dell’accessorietà costituirebbe il perno, la spina dorsale del modello differenziato.

[2] In Cassazione 40449/09 si evince che “il reato concorsuale presenta struttura unitaria, sicché ciascun compartecipe è chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi nei limiti dell’impresa criminosa concordata; ne deriva che quando l’attività del compartecipe si sia estrinsecata ed inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell’evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, si avrà, come ulteriore conseguenza, che l’evento verificatosi sia da considerare come l’effetto dell’azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l’azione tipica del reato”.

[3] M. Helfer, Il concorso di più persone nel reato, Giappichelli, Torino, 2013, p. 3.

[4] Si legge in R. Garofoli, Manuale di diritto penale, parte generale, X edizione, Nel diritto editore, pag. 1284 che “il fondamento storico-politico della responsabilità concorsuale va ricercato nella crescente complessità della vita di relazione che reca con sé l’incremento delle forme di criminalità collettiva o organizzata, e nel principio di ordine etico secondo cui va imputato all’individuo non soltanto il risultato della sua condotta criminosa, ma anche quello prodottosi grazie all’interagire di forze esterne concorrenti, umane e naturali, prevedibili o evitabili, ma comunque calcolate dall’agente per il raggiungimento dello scopo”.

[5] Per comodità del lettore, si intende di seguito riportare la disposizione dell’art. 110 c.p.: “Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti”.

[6] Un’ulteriore aspetto, particolarmente affermato in giurisprudenza, ha elaborato la tesi della prognosi postuma, in forza della quale risulta essere causalmente riconducibile alla commissione del reato ogni contributo che si riveli ex ante idoneo alla sua realizzazione. Il sostegno normativo di tale tesi è rinvenibile proprio nell’art. 56 c.p.

[7] S. Seminara, Riv. It. Dir. Proc. Pen., fasc. 2, 1 Giugno 2021, p. 421 ss.

[8] I. M. Gallo, Diritto penale italiano, II, 20192, p. 100. Nello stesso senso si era già espresso R. Dell’Andro, La fattispecie plurisoggettiva in diritto penale, 1956, p. 40: “il legislatore italiano ha delineato la figura della fattispecie plurisoggettiva eventuale, che viene a porsi, accanto alle fattispecie necessarie tentate e consumate, dolose e colpose, come una delle forme tipiche nelle quali eventualmente possono essere lesi i beni penalmente tutelati”.

[9] Esso può essere apportato nel corso della commissione di un reato, a prescindere dalla sussistenza o meno di una posizione di garanzia, può anche consistere nella mera omissione, tutte le volte in cui un tale comportamento consapevolmente abbia rafforzato o agevolato la commissione di un reato da parte di terzi.

[10] Cass. Pen., S.U., n. 45267, 2003.

[11] L’articolo 115 c.p. ha trovato ingresso nel titolo qui analizzato, dal momento che l’impunità dell’accordo e dell’istigazione in assenza della successiva commissione del reato divengono punibili solo in quanto aderiscano ad un fatto tipico principale. L’impunità dell’istigazione e dell’accordo discendono, di conseguenza, dall’art. 56 c.p., in quanto si tratta di atti preparatori, per loro natura inidonei. Da qui, si spiega la collocazione della norma in sede di disciplina non del delitto tentato ma del concorso di persone, onde la dichiarazione dell’impunità si fonda sull’assenza di un fatto principale punibile.

[12] L’art. 115 c.p., insieme con l’art. 56 c.p., individua il limite della rilevanza penale del tentativo. La norma si è resa opportuna una volta abbandonata la distinzione tra atti preparatori e atti esecutivi per delimitare la soglia di punibilità ed individuare il comportamento non punibile. Dello stesso avviso, D. P. Triolo in Il concorso di persone.

[13] M. Helfer, Il concorso di più persone nel reato, Giappichelli, Torino, 2013, p. 9.

[14] Cass. pen., sez. IV, n. 34754, 20/11/2020.

[15] Si riporta di seguito l’art. 48, rubricato Errore determinato dall'altrui inganno: “Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se l'errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall'altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l'ha determinata a commetterlo”.

[16] In G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale, parte generale, Zanichelli editore, Bologna, 2001, p. 439 e ss. si legge che “il retroterra culturale che preparò la riforma del ’30 era in buona parte influenzato dal pensiero positivistico-naturalistico, incline a valorizzare il dogma della causalità anche sul terreno dei presupposti della responsabilità penale”. Di conseguenza, anche se l’art. 416 bis c.p. è stato introdotto molto dopo, una previsione del genere non era affatto improbabile che potesse essere frutto di creazione legislativa.

[17] Cass. sez. II, n. 36231, 24 novembre 2020.

[18] Cass. sez. I, n. 7845, 21 gennaio 2015.

[19] Cass. sez. I, n. 1988, 22 dicembre 1997.

[20] Cass. pen., sez. VI, n. 32902, 23/06/2021.

[21] Per facilità di lettura, si intende, di seguito, riportare l’intera disposizione dell’articolo 118 c.p.: “Le circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono”.

[22] S. Seminara, Riv. it. dir. proc. pen., fasc. 2, 1 Giugno 2021, p. 421 ss.

[23] Padovani, La concezione finalistica dell’azione e la teoria del concorso di persone nel reato in Rivista, 2003, p. 401.

[24] In tal senso, si veda L. Messori, La comunicabilità delle circostanze al correo: una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 118 c.p. in Archivio Penale, 2021, n.3.

[25] In tal senso, Cass. pen., sez. IV, n. 27046, 01/03/2016.

[26] Articolo così rubricato Valutazione delle circostanze di esclusione della pena: “Le circostanze soggettive, le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono. Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato”.

[27] D. P. Triolo, Il concorso di persone, Key editore, Milano, 2017, p. 118 ss.

[28] Di seguito, si riporta l’art. 116, rubricato Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti: “Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione”.

[29] “In tema di concorso anomalo, costituisce sviluppo logicamente prevedibile del programmato delitto di furto l’uso di violenza o minaccia nei confronti della parte lesa o del terzo intervenuto dopo la sottrazione della cosa, che fa progredire l’azione criminosa in rapina impropria, ascrivibile al compartecipe che non ha partecipato all’esecuzione materiale della violenza o minaccia”. Le presenti parole sono state pronunciate dalla Suprema Corte nella sentenza n. 49443 del 03/10/2018.

[30] Al riguardo Mantovani, secondo cui “richiedendo il puro rapporto causale per rispondere del reato diverso, l’art. 116 veniva a configurare una tipica ipotesi di responsabilità oggettiva, la cui asprezza era ulteriormente accentuata dalla imperante teoria causale della condicio sine qua non”.

[31] “In tema di concorso anomalo ex art. 116 c.p., il soggetto che non ha voluto il reato diverso, pur avendolo previsto e ritenuto sicuramente evitabile, risponde di un reato doloso sulla base di un atteggiamento colposo, consistente nell’essersi affidato, per realizzare l’altra condotta concorsualmente prevista con dolo, anche all’attività altrui, la quale come tale non è finalisticamente controllabile”. Cass. pen., sez. VI, n. 17502, 13/12/2017.

[32] E. Basile, Riv. it. dir. proc. pen., fasc. 3, 2015, p. 1336.

[33] Ibid.

[34] “L’affermazione di responsabilità per il reato diverso commesso dal concorrente richiede la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l’evento diverso, che si identifica con il coefficiente della colpa in concreto, da accertarsi, secondo gli ordinari criteri della prevedibilità del diverso reato, sulla base della personalità dell’esecutore materiale e del contesto fattuale nel quale l’azione si è svolta”. Così, Cass. pen., sez. V, n. 306, 18/11/2020.

[35] D. P. Triolo, Il concorso di persone, Key editore, Milano, 2017, p. 100.

[36] D. Pulitanò, Diritto penale, cit., p. 347.

[37] Ipotesi di responsabilità oggettiva che sono circoscritte ad un ventaglio non affatto ampio, quanto piuttosto circoscritto a un numero residuale e contenuto di ipotesi: si vedano la preterintenzione e gli artt. 584 c.p. e 586 c.p. La dottrina unanime sembra criticare aspramente tali ipotesi in quanto incompatibili con il principio di colpevolezza, ex art. 27 Cost.

[38] In tal senso, G. Marinucci, E. Dolcini, Manuale, p. 346. Gli autori sostengono che il carattere colposo del coefficiente psichico del complice “nolente” sia pacifico nell’interpretazione secundum Costitutionem, profilandosi una “irragionevole sproporzione tra misura della pena prevista e grado della colpevolezza”.

[39] Cass. pen., n. 18383, 15 maggio 2012.

[40] Cass. pen., n. 6214, 16 febbraio 2012.

[41] Cass. pen., sez. I, n. 37256, 8 settembre 2014.

[42] Si legga quanto sostenuto da L. Fratta, Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti tra generica e specifica riconducibilità psichica in Giur. Mer., vol. 5/11, p. 1334 ss.

[43] D. P. Triolo, Il concorso di persone, Key editore, Milano, 2017, p. 101.

[44] Corte Cost. 42/65.

[45] Cass. pen., n. 49897, 2018.

[46] Per completezza espositiva, si riporta il testo dell’art.117 c.p., rubricato Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti: “Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato”.

[47] “In tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’applicabilità dell’art. 117 c.p., che disciplina il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, è necessario che il fatto commesso dall’extraneus costituisca comunque reato anche in mancanza della qualifica rivestita dall’autore principale, mentre trova applicazione la norma generale sul concorso di persone, di cui all’art. 110 c.p., quando l’azione del concorrente sia di per sé lecita e la sua illiceità dipenda dalla qualità personale di altro concorrente”. In tal senso, Cass. pen., sez. V, n. 22786, 26/04/2021.

[48] L’ipotesi prevista dall’art. 117 c.p. è limitata a quelle ipotesi in cui il fatto commesso dall’estraneo (il soggetto privo della qualifica) costituirebbe comunque reato, anche in mancanza della qualifica rivestita dall’intraneus. Caso classico è quello della fattispecie di peculato ex art. 314 c.p. e dell’equivalente comune appropriazione indebita ex art. 646 c.p.

[49] La sentenza continua precisando il differente ruolo che deve avere l’intraneo nell’ambito dei reati propri a seconda che questi siano o meno di mano propria, cioè quelli esclusivi.

[50] D. P. Triolo, Il concorso di persone, Key editore, Milano, 2017, p. 111.

[51] Ibid, p. 112.

[52] Cass. pen., n. 25390, 2019.

[53] Cass. pen., n. 34385, 2011 in cui la Corte ha qualificato come ammissibile il “concorso colposo” nel delitto doloso sia nel caso di cause colpose indipendenti, che nel caso di cooperazione colposa, purchè, in entrambi i casi, il reato del partecipe sia previsto anche nella forma colposa.

[54] M. Helfer, Il concorso di più persone nel reato, Giappichelli, Torino, 2013, p. 85.

[55] D. P. Triolo, Il concorso di persone, Key editore, Milano, 2017, p. 94 ss.

[56] In tal senso, Cass. pen., 22042/15.

[57] Padovani, La concezione finalistica dell’azione e la teoria del concorso di persone nel reato in Rivista, 2003, p. 404. Valorizza la stessa teoria sul piano dell’autonomia attribuita alla tipicità della fattispecie plurisoggettiva Losappio, Plurisoggettività eventuale colposa, 2012, p. 237.

[58] Tale norma ha creato non pochi problemi circa la sua effettiva portata, poiché, infatti, recita che “nel delitto colposo quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone ciascuna di questi soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso”. Si ritiene, pertanto, che la disposizione eserciti una mera funzione di disciplina, nell’ambito di situazioni nelle quali già si configura la responsabilità colpevole sulla base di principi generali in tema di imputazione oggettiva e soggettiva. In tal senso, D. P. Triolo in Il concorso di persone.

[59] L. Risicato, Il concorso colposo tra vecchie e nuove incertezze in Riv. it. dir. proc. pen., fasc. 1, 1998, p. 132 ss.

[60] Ibid.

[61] In tal senso si legga Cass. 18459/14 secondo cui “se in dottrina si registrano ancora posizioni contrarie e comunque diversificate, la giurisprudenza di legittimità è ormai giunta da tempo a riconoscere la funzione incriminatrice dell’art. 113 c.p. (e non di mera modulazione di disciplina, nell’ambito segnato dal concorso di cause colpose indipendenti)".

[62] D. P. Triolo, Il concorso di persone, Key editore, Milano, 2017, p. 10.

[63] Ibid, p. 18.

[64] M. Helfer, Il concorso di più persone nel reato, Giappichelli, Torino, 2013, p. 3.