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Il reato omissivo improprio: la clausola di equivalenza è una magica porta di Ishtar?
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Pubbl. Gio, 5 Giu 2025
Sottoposto a PEER REVIEW

Il reato omissivo improprio: la clausola di equivalenza è una magica porta di Ishtar?

Luigi Cuomo
Università degli Studi di Salerno



I reati omissivi sono al centro di un rinnovato (in realtà, mai sopito) dibattito dottrinale e giurisprudenziale, alimentato soprattutto da orientamenti estensivi sia sulle fonti della posizione di garanzia che sulla compatibilità strutturale delle fattispecie commissive con la clausola di equivalenza di cui all´art. 40 cpv. c.p. In alcuni casi, peraltro, la configurabilità del reato omissivo passa per interpretazioni estensive della condotta descritta dalla norma incriminatrice, così da includervi anche comportamenti omissivi, con operazioni ermeneutiche ai limiti del divieto di analogia in malam partem. Tuttavia, un argine a tali ”spinte esegetiche” è (o dovrebbe essere) assicurato dai principi informatori del diritto penale, quale innanzitutto il principio di legalità.


Sommario: 1. I reati omissivi: profili introduttivi; 2. Profili sistematici sui reati omissivi; 3. I reati omissivi propri e impropri; 4. I reati omissivi impropri e la clausola di equivalenza; 5. L’assunzione di fatto della posizione di garanzia; 6. La dubbia configurabilità dell’epidemia colposa in forma omissiva; 7. Conclusioni.

Sommario: 1. I reati omissivi: profili introduttivi; 2. Profili sistematici sui reati omissivi; 3. I reati omissivi propri e impropri; 4. I reati omissivi impropri e la clausola di equivalenza; 5. L’assunzione di fatto della posizione di garanzia; 6. La dubbia configurabilità dell’epidemia colposa in forma omissiva; 7. Conclusioni.

1. I reati omissivi: profili introduttivi

Negli ultimi decenni, i reati omissivi[1] hanno visto (e vedono) una progressiva estensione del loro perimetro applicativo, parallelamente all’affermarsi di alcuni principi fondamentali che plasmano l’ordinamento italiano. Alcuni di questi principi ne rappresentano il fondamento (si pensi al principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.), mentre altri, al contrario, ne limitano l’espansione (come il principio di legalità ex artt. 25 Cost., 1 e 199 c.p., e la libertà personale di cui all’art. 13 Cost., sulla quale l’illecito penale è inevitabilmente destinato ad incidere).

A condizionare l’ambito applicativo dei reati omissivi ha contribuito anche il principio di buona fede[2], che, con la sua forza precettiva[3], ha posto le basi per l’elaborazione della teoria del “contatto sociale”, ritenuta, da alcuni, fonte idonea a generare una posizione di garanzia.

Infatti, l’espansione dei reati omissivi si deve soprattutto a linee interpretative “largheggianti”, che tendono a far rientrare nell’alveo applicativo dell’art. 40 cpv. c.p. anche l’assunzione in via di fatto della posizione di garante, ponendosi così in tensione con il principio di legalità[4].

Proprio per evitale tale conflitto, la dottrina e la giurisprudenza sono andate alla ricerca di una copertura formale cui ancorare l’obbligo giuridico di impedire l’evento, ricorrendo ora all’istituto della negotiorum gestio di cui agli artt. 2028 ss. c.c., ora alla teoria del “contatto sociale”.

In realtà, come si vedrà, la trasposizione di principi ed istituti da un settore dell’ordinamento a un altro non può avvenire “bypassando” le rispettive peculiarità e tralasciando il carattere di extrema ratio della sanzione penale. Infatti, la risposta dell’ordinamento è differente a seconda degli interessi lesi nella fattispecie concreta, coerentemente con il principio di sussidiarietà[5].

Dunque, la compatibilità di istituti e principi civilistici con l’ordinamento penale va vagliata alla luce dei principi informatori del sistema penale, quale innanzitutto il principio di legalità.

La difficoltà di configurare un reato omissivo improprio può essere figlia anche di una dubbia compatibilità della struttura della fattispecie incriminatrice (costruita su una condotta commissiva) con la clausola di cui all’art. 40 cpv. c.p.

Infatti, i reati omissivi impropri, generati dalla clausola di equivalenza, trovano un argine nei reati di evento a forma vincolata. Questi ultimi, di conseguenza, non possono configurare un reato omissivo, a meno che non si proceda ad un’interpretazione estensiva della condotta tipica descritta dalla fattispecie incriminatrice, includendo anche comportamenti omissivi, con il rischio di seguire una linea ermeneutica che si pone in tensione con il divieto di analogia in malam partem delle norme penali.

Prima di approfondire tali problematiche, tuttavia, occorre una preliminare disamina delle caratteristiche dei reati omissivi.

2. Profili sistematici sui reati omissivi

La scienza penalistica ha tradizionalmente incentrato l’analisi del reato sull’azione positiva[6].

Infatti, nel XIX secolo, coerentemente con la dominante ideologia individualistico-liberale (che riconosce il principio della libertà d’azione del cittadino, temperato dal solo obbligo di non aggredire le altrui posizioni di interesse), la responsabilità per omissione costituiva l’eccezione[7].

Si deve all’affermarsi dello Stato sociale e del principio solidaristico[8] l’espansione degli obblighi di agire e la conseguente proliferazione degli illeciti omissivi.

Come efficacemente sottolineato da autorevole dottrina, differentemente dal “diritto penale liberale” (“che fu essenzialmente un diritto repressivo-conservativo: di divieti”) e dal “diritto penale totalitario” (“che è anche un diritto costrittivo-propulsivo: di comandi”), il “diritto penale dello Stato sociale-solidaristico di diritto”, facendosi carico di nuovi compiti in vari ambiti, impone ai cittadini obblighi di azione al fine del raggiungimento di alcune finalità delle quali si fa promotore, quale innanzitutto l’adempimento dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost.[9].

Del resto, mentre il diritto penale dell’azione è costituito da divieti che vengono violati da azioni positive, il diritto penale dell’omissione è costituito da comandi di agire in un determinato modo al fine di “promuovere il progresso e il benessere collettivo”. In quest’ottica, le fattispecie omissive costituirebbero “lo strumento tecnico-legislativo privilegiato” per realizzare la “funzione propulsiva del diritto penale[10].

Dal punto di vista strutturale, l’omissione consiste in un non facere, che si traduce nella violazione di un comando. Quindi, l’omissione penalmente rilevante si sostanzia nel mancato compimento di un’azione che il soggetto avrebbe potuto e dovuto realizzare in forza di un obbligo normativamente previsto.

Pertanto, il reato omissivo presuppone l’inadempimento penalmente sanzionato di un obbligo giuridico.

Data la maggiore interferenza degli illeciti in esame nella sfera della libertà personale rispetto ai reati commissivi, se ne predica l’eccezionalità[11], cui fa da contraltare il principio di solidarietà, che impone comportamenti attivi per il soddisfacimento di esigenze solidaristiche[12].

Probabilmente, l’eccezionalità dei reati omissivi andrebbe rimeditata, vista la loro crescita esponenziale[13], favorita anche da interpretazioni estensive sull’individuazione delle fonti della posizione di garanzia (su cui infra).

In ogni caso, il fondamento politico criminale del reato omissivo va ravvisato nel principio di solidarietà, che impone di tenere comportamenti a tutela dei soggetti più deboli o della collettività.

Infatti, si potrebbe affermare che mentre con la condotta attiva il soggetto agente “fa un danno”, con la condotta omissiva “non fa del bene”.

Peraltro, l’omissione non ha un’essenza naturalistica, ma normativa, perché l’omissione penalmente rilevante è integrata dall’inosservanza di un obbligo giuridico: è la “doverosità dell’agire” a convertire “l’inerzia in omissione[14].

Del resto, è proprio la menzionata essenza normativa a rendere i reati omissivi compatibili con la ratio dei principi di materialità e di offensività[15].

Infatti, il principio di materialità[16] esprime l’esigenza di un’esteriorizzazione del pensiero criminoso (cogitationis poenam nemo patitur) e il non facere (in senso naturalistico) non garantisce questa esteriorizzazione.

La ratio del principio di materialità, anche alla luce del principio di offensività (che “presuppone ed integra il principio di materialità del fatto”)[17], tuttavia, è limitare l’intervento penale, evitando la punizione di meri propositi criminosi (che non trovano esteriorizzazione nella realtà empirica) e di meri stati soggettivi[18].

Dunque, in base ai principi di materialità e di offensività (nullum crimen sine iniuria), possono essere puniti solo comportamenti che costituiscono un effettivo pericolo per la lesione dei beni giuridici meritevoli di tutela.

Pertanto, i reati omissivi sono in linea con la ratio dei menzionati principi, perché la condotta omissiva è punibile solo quando integra un’offesa al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice che sia realmente meritevole di punizione.

Inoltre, la responsabilità omissiva presuppone la possibilità materiale (e giuridica) di adempiere il dovere giuridico di fare, in quanto ad impossibilia nemo tenetur[19].

In ogni caso, i presupposti in presenza dei quali scatta la responsabilità penale per omissione si atteggiano diversamente a seconda che ci si trovi in presenza di reati omissivi propri o impropri.

3. I reati omissivi propri e impropri

Nell’ambito degli illeciti penali omissivi occorre effettuare una summa divisio tra reati omissivi propri e reati omissivi impropri, il cui criterio distintivo non è pacifico in dottrina.

Infatti, secondo una parte minoritaria della dottrina[20], tale distinzione riposa sulla diversa tecnica di tipizzazione.

In quest’ottica, i reati omissivi propri sono tipizzati espressamente dalla legge (a prescindere dalla presenza di un evento naturalistico nella loro struttura), mentre il reato omissivo improprio è privo di una previsione legislativa espressa, risultando dalla combinazione di una fattispecie incriminatrice di parte speciale incentrata sul reato di azione con la clausola generale di cui all’art. 40 co. 2 c.p.

L’orientamento maggioritario[21], invece, per distinguere gli illeciti in esame fa leva sulla presenza o meno di un evento come requisito strutturale del reato.

Seguendo questa linea interpretativa, i reati omissivi propri sono quelli di mera condotta, consistenti nel mancato compimento dell’azione comandata, per la cui sussistenza non occorre un evento naturalistico (si pensi all’omissione di soccorso di cui all’art. 593 c.p.); mentre i reati omissivi impropri richiedono la presenza di un evento naturalistico nella fattispecie incriminatrice. Questi ultimi, dunque, possono essere previsti da norme di parte speciale (come nel caso del reato di mancato impedimento di strepiti di animali di cui all’art. 659 c.p.) o risultare dalla combinazione della clausola di equivalenza di cui all’art. 40 co. 2 c.p. con la norma di parte speciale che configura un reato commissivo.

Peraltro, mentre i reati omissivi impropri sono tutti reati propri[22], i reati omissivi propri possono essere sia reati propri che reati comuni, a seconda che l’obbligo di attivarsi abbia come destinatari soggetti con qualifica soggettiva preesistente o meno[23].

Quanto al profilo strutturale, sono elementi costitutivi dei reati omissivi propri[24] (che sono fissati dal legislatore) la situazione tipica (ovvero l’insieme dei presupposti da cui scaturisce l’obbligo di attivarsi), la condotta omissiva (la quale presuppone la possibilità materiale di adempiere al comando) e il termine (esplicito o implicito) entro cui l’obbligo deve essere adempiuto.

I reati omissivi impropri[25], invece, richiedono per la loro esistenza un evento naturalistico (che può consistere anche in un reato commesso da altri), l’obbligo giuridico di impedire detto evento, la possibilità materiale e giuridica per il soggetto agente di poter agire in tal senso e la situazione tipica (ovvero i presupposti di fatto che “danno vita ad una situazione di pericolo per il bene da proteggere e che, pertanto, rendono attuale l’obbligo di attivarsi del garante”)[26].

In ogni caso, i maggiori problemi interpretativi li pongono i reati omissivi impropri, dovendo in tal caso l’interprete individuare le condizioni in presenza delle quali si è in presenza di un obbligo giuridico di impedire l’evento.

4. I reati omissivi impropri e la clausola di equivalenza

La maggior parte dei reati omissivi impropri trova la sua genesi nella combinazione della clausola di equivalenza di cui all’art. 40 co. 2 c.p.[27] (secondo cui: “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”) con la fattispecie incriminatrice di parte speciale incentrata sul reato commissivo, dando così vita ad una nuova (e autonoma) fattispecie incriminatrice.

La clausola menzionata determina, dunque, un effetto di estensione dell’area del penalmente rilevante (analogamente all’art. 110 c.p., in tema di concorso di persone, e all’art. 56 c.p., con riguardo al delitto tentato), demandando al giudice il “complesso e delicato compito[28] non solo di individuare le fattispecie commissive suscettibili di essere convertite in corrispondenti ipotesi omissive, ma anche di definire gli obblighi giuridici di agire la cui violazione giustifica la responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento.

Da qui i dubbi sulla compatibilità di questo modello di illecito penale con i principi di legalità e tassatività, data l’inidoneità della formula contenuta nell’art. 40 cpv. c.p. “a fornire una direttiva-guida sicura ed efficace all’interprete[29].

In ogni caso, la clausola di cui all’art. 40 cpv. c.p. stabilisce un rapporto di equivalenza (e non di identità) tra causalità attiva e causalità omissiva, le quali, infatti, presentano alcune differenze strutturali, essendo la causalità attiva una causalità reale (ma comunque ipotetica, dovendosi ipotizzare se, venendo meno il fattore causale, l’evento si sarebbe verificato) e la causalità omissiva una causalità normativa e doppiamente ipotetica (in quanto occorre innanzitutto accertare il fattore causale che ha determinato l’evento e, successivamente, verificare l’efficacia salvifica della condotta doverosa omessa).

Tuttavia, dal punto di vista del rigore nell’accertamento probatorio non ci sono differenze tra i due tipi di causalità, dovendosi in entrambi i casi far riferimento al criterio della “elevata probabilità logica” enunciato dalle S.U. Franzese del 2002[30].

Peraltro, non tutte le fattispecie commissive sono suscettibili di essere convertite in illeciti omissivi[31], in quanto la clausola di equivalenza di cui all’art. 40 cpv. c.p. trova il suo terreno elettivo nei reati di evento a forma libera, nei quali la carica di disvalore si incentra nella produzione dell’evento.

Sono quindi esclusi dal citato “meccanismo di conversione” i reati di evento a forma vincolata[32], con i quali il legislatore sanziona solo determinate forme di aggressione al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, coerentemente con il principio di frammentarietà del diritto penale[33].

In ogni caso, l’equivalenza tra il non impedire e il cagionare non richiede un “semplice obbligo giuridico di attivarsi”, ma una “posizione di garanzia nei confronti del bene protetto[34].

L’individuazione delle fonti dell’obbligo di garanzia[35] è il vero “nervo scoperto” della disciplina sul reato omissivo improprio.

Infatti, sul punto, si contendono il campo almeno tre ricostruzioni: la concezione formale, la concezione sostanziale e la concezione mista.

Secondo la concezione formale, occorre una previsione normativa espressa dell’obbligo di impedire l’evento lesivo. Tale previsione è costituita: dalla legge (ad esempio, l’art. 147 c.c. sull’obbligo dei genitori di assistenza dei figli minori) e dal contratto, la cui copertura formale è garantita dall’art. 1372 c.c. (secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti).

Tuttavia, la concezione formale, se ha il merito di aver ricondotto l’obbligo di garanzia al principio di legalità, entra in contraddizione con sé stessa nel momento in cui richiama tra le fonti idonee a generare il predetto obbligo la “precedente attività pericolosa”, dato che non esiste alcuna norma giuridica da cui desumere che la stessa possa generare una posizione di garanzia[36]; né tale fonte può essere rinvenuta nel principio del neminem laedere, che impone solo divieti e non obblighi di agire[37].

Peraltro, la teoria in esame non è in grado di selezionare, tra i molteplici obblighi di agire, quelli aventi reale funzione di garanzia[38].

Intercetta tali problematiche la teoria sostanzialistico-funzionale, la quale, in considerazione dell’esigenza solidaristica di tutela rafforzata di determinati beni giuridici per l’incapacità dei titolari di proteggerli adeguatamente (posta alla base della responsabilità omissiva ex art. 40 co. 2 c.p.), fa discendere l’obbligo di impedimento dell’evento dalla “posizione fattuale di garanzia” del bene assunta in concreto[39].

In sostanza, secondo questa linea di pensiero, il garante è obbligato in forza di un determinato vincolo con il bene, che può anche derivare da situazioni di fatto.

Tale teoria ha il merito di distinguere i meri obblighi di agire dagli obblighi di garanzia; tuttavia, si pone in aperto contrasto con il principio della riserva di legge, oltreché con il principio di tassatività, data l’eccessiva genericità dei criteri per individuare la posizione di garanzia, determinando così un’eccessiva espansione dell’area del penalmente rilevante.

In considerazione delle criticità manifestate dalle menzionate teorie, la dottrina maggioritaria[40] segue la concezione mista, che opera una sintesi tra criteri formali e sostanziali, richiedendo sia una base legale dell’obbligo di impedimento dell’evento sia l’effettiva presa in carico del bene.

Peraltro, si propone una lettura restrittiva e costituzionalmente orientata dell’art. 40 cpv. c.p.[41], alla luce dei principi di riserva di legge (che richiede la giuridicità dell’obbligo, dovendo derivare da una fonte formale), di tassatività (il quale richiede la specificità dell’obbligo), di solidarietà ex art. 2 Cost. (in forza del quale occorre la specificità dei beneficiari dell’obbligo di garanzia, che sono solo i soggetti incapaci di adeguata autotutela), di libertà ex art. 13 Cost. (che richiede la specificità dei destinatari dell’obbligo, che può gravare solo sui soggetti che si trovano in un particolare rapporto con il bene da proteggere o con la fonte di pericolo da controllare) e della responsabilità penale personale ex art. 27 Cost. (secondo cui è imprescindibile l’esistenza di poteri giuridici impeditivi, i quali consistono in poteri di vigilanza sull’insorgere di situazioni di pericolo e di intervento su tale situazione).

Alla luce delle menzionate coordinate ermeneutiche è possibile distinguere l’obbligo di garanzia sia dall’obbligo di attivarsi[42] (i cui destinatari sono privi di poteri impeditivi) che dall’obbligo di sorveglianza, che è l’obbligo giuridico gravante su determinati soggetti, privi di poteri giuridici impeditivi, di vigilare sull’operato di terzi per conoscere dell’eventuale commissione di reati, così da poter informare il garante o il titolare dei beni[43].

Inoltre, gli obblighi in esame vengono tradizionalmente distinti[44] in “obblighi di protezione” di determinati beni contro tutte le fonti di pericolo[45] e “obblighi di controllo” di determinate fonti di pericolo per proteggere tutti i beni ad esse esposti[46].

Una parte della dottrina[47] opera una tripartizione degli obblighi di garanzia, prevedendo, come terza tipologia, gli “obblighi di impedimento dei reati” posti in essere da un terzo (sottoposto ai poteri impeditivi del garante), con conseguente concorso del garante nei reati non impediti[48].

In ogni caso, sotto il profilo delle fonti della posizione di garanzia, la dottrina maggioritaria sembrerebbe orientata ad aderire alla menzionata concezione mista, “fortificata”, peraltro, da una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 40 cpv. c.p.

5. L’assunzione di fatto della posizione di garanzia

Sulla concezione da sposare al fine di individuare una fonte idonea a generare una posizione di garanzia non vi è sempre concordia tra dottrina e giurisprudenza.

Infatti, se la dottrina, come accennato, sembra orientata verso una concezione mista dell’obbligo di impedire l’evento (anche “leggendo” in un’ottica costituzionalmente orientata l’art. 40 cpv. c.p.), non può dirsi altrettanto della giurisprudenza, la quale in più di un’occasione ha ritenuto sufficiente l’assunzione in via di fatto della posizione di garante[49], in alcuni casi richiamando anche la teoria del “contatto sociale”[50].

Si inserisce in tale trend giurisprudenziale la sentenza della Cassazione Penale, Sez. V, 19 luglio 2021 (ud. 3 maggio 2021), n. 27905[51], avente ad oggetto un noto fatto di cronaca nera, la quale, richiamando la precedente giurisprudenza di legittimità, ha affermato: “altra fonte dell'obbligo di garanzia è quello dell'assunzione volontaria ed unilaterale dei compiti di tutela, al di fuori di un preesistente obbligo giuridico, fondato sul presupposto dell'assunzione di fatto dell'onere, della presa in carico del bene che ne accresce le possibilità di salvezza. Tale ambito ricorre in presenza di un'iniziativa spontanea nell'assunzione dei compiti di tutela …” (punto 3.1. della motivazione).

Precisa poi la Corte nella menzionata sentenza: “Oltre che in un'assunzione volontaria dell'obbligo, la fonte della posizione di garanzia può essere individuata, secondo un orientamento già tracciato dalla giurisprudenza di legittimità (anche civile), nella c.d. teoria del contatto sociale[52] (punto 3.4 della motivazione).

Prescindendo in questa sede da una critica alla sentenza[53], si sottolinea come in tale occasione la Suprema Corte richiami prima l’assunzione di fatto della posizione di garanzia, per poi evocare successivamente la teoria del “contatto sociale”, quasi a volerne individuare una copertura formale (rinvenibile nell’art. 2 Cost.).

Peraltro, anche altre recenti sentenze della giurisprudenza di legittimità hanno fatto riferimento all’assunzione in via di fatto della posizione di garante come fonte dell’obbligo giuridico di cui all’art. 40 cpv. c.p.[54].

La dottrina, dal canto suo, quando aderisce alla concezione sostanzialistico-funzionale della posizione di garanzia, ne subordina l’operatività al ricorrere di alcuni presupposti, richiedendo innanzitutto che l’intervento del garante determini o accentui un’esposizione a pericolo del bene da proteggere (perché tale intervento o induce ad affrontare un pericolo che altrimenti non si sarebbe corso o impedisce l’attivarsi di “istanze di protezione” alternative)[55]. Al fine di arginare l’indeterminatezza di tale figura, si richiede altresì: la particolare vulnerabilità del bene a causa della incapacità del titolare di proteggerlo, l’affidamento a un terzo della tutela del bene anteriormente alla verificazione della situazione di pericolo, la possibilità del garante di impedire la verificazione dell’evento e, infine, un’iniziativa spontanea e volontaria nell’assunzione dei compiti di tutela[56].

Tuttavia, come evidenziato nel precedente paragrafo, l’adesione alla teoria in esame si pone in aperto contrasto con il principio di legalità e, in particolare, con i corollari della riserva di legge e della tassatività, rimettendo l’identificazione della posizione di garanzia “nelle mani” del giudice.

Pertanto, parte della dottrina è andata alla ricerca di una copertura formale cui ancorare l’assunzione in via di fatto della posizione di garante, rinvenendone il fondamento nell’art. 2028 c.c.[57].

Nondimeno, tale teoria viene fortemente criticata[58], perché non tiene conto delle differenze sussistenti tra l’istituto della gestione d’affari altrui[59] e la posizione di garanzia. In particolare, si evidenzia che l’obbligo ex art. 2028 c.c. è un mero obbligo di attivarsi ai soli effetti civili, mancando dei requisiti (rispetto all’obbligo di garanzia) della preesistenza del rapporto giuridico tra soggetto e bene da tutelare e della sussistenza dei poteri-doveri impeditivi in capo al gestore[60].

Peraltro, il legislatore, nelle organizzazioni complesse[61], codificando precedenti orientamenti giurisprudenziali, ha mostrato di dare rilievo ad indici di fatto ai fini dell’individuazione della posizione di garanzia.

Infatti, nella materia della sicurezza sul lavoro, l’art. 2, lett. b del d.lgs. n. 81 del 2008 (T.U. in materia di sicurezza sul lavoro) identifica il datore di lavoro con “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Dall’utilizzo dell’avverbio “comunque” si desume la figura del datore di lavoro “di fatto”[62].

Tuttavia, in considerazione delle peculiarità del settore, permeato dal principio di effettività[63] (formalizzato dall’art. 299 del d.lgs. 81 del 2008)[64], probabilmente non è possibile desumerne un indice a favore della tesi dell’assunzione in via di fatto della posizione di garanzia al di fuori di tale ambito.

Sicché, presumibilmente consapevole delle criticità sottese alla concezione sostanzialistico-funzionale, la giurisprudenza, in alcune occasioni[65], àncora l’assunzione volontaria della posizione di garante alla teoria civilistica del “contatto sociale”[66], che trova il suo fondamento nel principio di buona fede, quale specificazione degli “inderogabili doveri di solidarietà sociale” di cui all’art. 2 Cost.

In particolare, si è in presenza di un “contatto sociale qualificato” quando, in assenza di un preesistente vincolo negoziale, un soggetto, per il raggiungimento di uno scopo meritevole di tutela (quale, ad esempio, la salute del paziente, nella relazione medico-paziente, qualificata, peraltro, come extracontrattuale dalla legge 8 marzo 2017, n. 24, c.d. legge Gelli-Bianco)[67], si affida ad un altro soggetto in ragione della sua professionalità ed esperienza, il quale dà spontaneo avvio all’esecuzione della prestazione, che ha ad oggetto la protezione del soggetto con il quale entra in “contatto”[68].

Dunque, in tal caso, il rapporto obbligatorio sorge non da un contratto, ma per effetto di un fatto giuridico (il “contatto”), che rientra tra gli ulteriori atti o fatti idonei a produrre obbligazioni “in conformità dell’ordinamento giuridicoex art. 1173 c.c.

Nonostante abbia origine in un fatto giuridico in senso stretto, il rapporto generato dal “contatto sociale” è soggetto alla disciplina contrattuale (e, conseguentemente, alla responsabilità da inadempimento ex art. 1218 ss. c.c.), nei limiti della compatibilità (non potendosi applicare, ad esempio, le norme del codice civile che presuppongono una formale intesa tra le parti, come gli artt. 1326 ss. c.c.).

Tuttavia, la trasposizione di istituti e principi da un settore dell’ordinamento a un altro non può avvenire automaticamente, senza considerare le peculiarità di ciascuna branca ordinamentale e i differenti interessi coinvolti nella fattispecie concreta, come si potrebbe desumere dalle differenti teorie elaborate sull’interpretazione di concetti civilistici richiamati da norme penali[69].

Dunque, è alla luce dei caratteri e dei principi che plasmano il diritto penale che va verificata la possibilità di far assurgere a fonte di una posizione di garanzia la teoria del “contatto sociale”.

Sul punto, viene in rilievo innanzitutto il principio di legalità, con i suoi corollari della riserva di legge e della tassatività della norma penale.

Sotto il profilo della riserva di legge, la teoria del “contatto sociale” non potrebbe rinvenire la sua fonte nell’art. 1372 c.c.[70], sorgendo per effetto non di un contratto, ma, come detto, di un fatto idoneo a produrre obbligazioni “in conformità dell’ordinamento giuridicoex art. 1173 c.c.

Trovando, quindi, il rapporto obbligatorio di protezione il fondamento giuridico nella clausola generale della buona fede[71], una copertura formale idonea ad erigere il “contatto sociale” a fonte di una posizione di garanzia potrebbe essere rinvenuta nell’art. 2 Cost.

Tuttavia, è sotto il profilo del principio di tassatività che il contrasto sembrerebbe insanabile, per l’eccessiva genericità dell’obbligo di agire.

Infatti, il ricorso a clausole generali (quale la buona fede), se può giustificare un controllo del giudice sugli atti di autonomia privata[72] (e, nel caso del “contatto sociale”, dar vita a nuove obbligazioni, ancorché di protezione), difficilmente potrebbe giustificare indebite ingerenze nella sfera della libertà personale dei cittadini, in spregio al principio di legalità.

Peraltro, queste considerazioni possono essere avvalorate anche alla luce delle “spinte sovranazionali”, che mirano ad un innalzamento del livello di garanzie dei principi ordinamentali, comportandone un rafforzamento quantitativo e qualitativo.

In quest’ottica viene in rilievo il principio di prevedibilità[73] delle conseguenze penali ex art. 7 CEDU, che riguarda non solo il momento formativo della disposizione, ma anche il momento interpretativo della stessa.

Senza tralasciare che la teoria del “contatto sociale” ha subito negli ultimi tempi una smentita (sia dal legislatore che dalla giurisprudenza) proprio in alcuni dei casi paradigmatici che ne hanno favorito la nascita[74].

Peraltro, la buona fede (dalla quale origina l’obbligazione di protezione) trova un limite nell’apprezzabile sacrificio richiesto alle parti del rapporto obbligatorio[75]; e tale limite potrebbe concretizzarsi proprio nel momento in cui da questo principio si voglia far discendere una posizione di garanzia.

Dunque, alla luce delle menzionate coordinate ermeneutiche e sposando un orientamento maggiormente garantista, si dovrebbe escludere che l’assunzione in via di fatto della posizione di garante possa ergersi a fonte dell’obbligo giuridico di impedire l’evento penalmente rilevante ex art. 40 co. 2 c.p.

Probabilmente, qualora si volesse andare alla ricerca di un fondamento normativo idoneo a giustificare la teoria dell’assunzione volontaria della posizione di garanzia, questo potrebbe esser rinvenuto nell’art. 2028 c.c., nonostante le criticità evidenziate.

Infatti, oltre all’identità del fondamento rispetto ai reati omissivi (rinvenuto nel principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.), l’istituto della negotiorum gestium dà vita ad obblighi di protezione[76], analogamente alla teoria del “contatto sociale”.

Tuttavia, differentemente da quest’ultima, la gestione di affari altrui potrebbe appagare le esigenze sottese ai principi di riserva di legge e di tassatività della norma penale, trovando una puntuale regolamentazione nel Codice civile agli artt. 2028 ss., nonché agli artt. 1703 ss. (essendo il gestore, ex art. 2030 c.c., soggetto alle stesse obbligazioni che deriverebbero da un mandato).

Resterebbe, tuttavia, il problema della mancata preesistenza del rapporto giuridico tra soggetto e bene da proteggere e dell’insussistenza dei poteri-doveri impeditivi in capo al gestore nella fattispecie di cui all’art. 2028 c.c.

In realtà, questo ostacolo ermeneutico potrebbe probabilmente essere superato affermando che il gestore assume volontariamente la gestione di un affare altrui e, solo dopo averla assunta, sorgono su di lui obblighi di protezione che potrebbero essere idonei a fondare una posizione di garanzia.

Del resto, non è detto che al momento dell’assunzione della gestione dell’affare altrui sia già insorta una situazione di pericolo per il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice suscettibile di conversione ex art. 40 cpv. c.p., potendo l’ingerenza del gestore considerarsi legittima anche in caso di mera tolleranza dell’interessato (e non, quindi, solo in caso di sua impossibilità)[77].

Peraltro, anche nella teoria del “contatto sociale” l’obbligo di protezione sorge successivamente al “contatto” tra i soggetti, in forza del quale il “soggetto debole” si affida al “soggetto forte” del rapporto, pur non essendoci ancora alcuna situazione di pericolo in atto.

In ogni caso, occorrerebbe comunque la verifica in concreto della sussistenza dei poteri giuridici impeditivi.

6. La dubbia configurabilità dell’epidemia colposa in forma omissiva

La difficoltà di configurare un reato omissivo improprio può derivare, oltreché dall’individuazione della fonte della posizione di garanzia, anche da incompatibilità strutturali della condotta descritta dalla fattispecie incriminatrice con il “meccanismo di equivalenza” di cui all’art. 40 cpv. c.p.

In alcuni casi, peraltro, per configurare un reato omissivo si segue la strada dell’interpretazione estensiva (restando, dunque, nel perimetro letterale della norma) della condotta tipica descritta dalla fattispecie incriminatrice, al fine di farvi rientrate anche comportamenti omissivi, con interpretazioni al limite del divieto di analogia in malam partem[78].

La menzionata operazione interpretativa risulta particolarmente difficoltosa in presenza di condotte ambivalenti, ricorrenti soprattutto nei reati colposi[79].

Tali questioni hanno interessato il delitto di epidemia colposa[80], incriminato per la prima volta dal Codice Rocco del 1930, la cui lungimiranza è testimoniata dalla recente pandemia da Covid-19, che ha riacceso i riflettori su un delitto che sembrava relegato alla penombra del dibattito dottrinale e giurisprudenziale[81].

In particolare, la condotta del delitto in esame[82] è descritta dall’art. 438 c.p. (a cui rinvia l’art. 452 c.p., che punisce la corrisponde fattispecie in forma colposa) e consiste nella “diffusione di germi patogeni” che determinano un pericolo diffusione di una malattia infettiva.

La possibilità di configurare il delitto di epidemia in forma omissiva ruota proprio intorno al significato da attribuire alla locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni”.

Sul punto, la Cassazione Penale, Sez. IV, con ordinanza 21 novembre 2024 (ud. 19 settembre 2024) n. 42614[83] ha rimesso alle S.U. la questione: “se il reato di cui agli artt. 438, comma 1 e 452, comma 1, n. 2 cod. pen. possa essere realizzato anche in forma omissiva”.

L’orientamento della giurisprudenza di legittimità[84] è contrario alla configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva, in quanto l’art. 438 c.p. evocherebbe una condotta commissiva a forma vincolata, di per sé incompatibile con il meccanismo di conversione di cui all’art. 40 co. 2 c.p.

In quest’ottica, quindi, la locuzione “mediante la diffusione di germi patogeni” indica una specifica modalità della condotta idonea a cagionare un’epidemia.

La citata ordinanza di rimessione, invece, ritiene che detto orientamento debba essere superato, in quanto il reato di epidemia colposa può realizzarsi anche in forma omissiva.

Infatti, seguendo questa linea di pensiero, “la diffusione di germi patogeni” indica solo l’utilizzo di uno specifico mezzo, appunto: i “germi patogeni[85].

Peraltro, la locuzione in esame circoscrive l’evento del reato, rendendo penalmente rilevante solo l’epidemia che riguarda le malattie infettive[86].

Dunque, in quest’ottica, il delitto di epidemia viene configurato come un reato di evento a forma libera, ma a “mezzo vincolato”, pienamente compatibile con la clausola di equivalenza di cui all’art. 40 co. 2 c.p.

A sostegno di questa conclusione, l’ordinanza di rimessione sottolinea come il legislatore costruisca le fattispecie incriminatrici come reati di evento a forma libera nei casi in cui intenda apprestare una tutela particolarmente intensa al bene giuridico oggetto di protezione, in ragione del suo rango elevato[87], come la salute pubblica (al cui presidio è posto il reato di epidemia).

Peraltro, in un “obiter dictum”, la Suprema Corte, equiparando il “diffondere” al “lasciar diffondere”[88], sembrerebbe delineare la possibilità che il mancato impedimento dell’epidemia possa rientrare tra i significati della condotta tipica descritta dall’art. 438 c.p., senza ricorrere alla clausola di equivalenza di cui all’art. 40 cpv. c.p.

Tuttavia, quando il legislatore ha inteso introdurre reati d’evento contro l’incolumità pubblica realizzabili anche in forma omissiva, senza bisogno di conversione ex art. 40 cpv. c.p., si è avvalso di formulazioni univocamente espressive di tale scelta (come nel reato di cui all’art. 437 c.p.)[89].

Inoltre, la possibilità di far confluire nel termine “diffondere” un significato così ampio da ricomprendere anche il “lasciar diffondere” i germi patogeni risulta difficilmente conciliabile con il verbo “cagionare”, che evoca una condotta commissiva. Diversamente opinando, infatti, si rischierebbe di sconfinare nell’analogia in malam partem.

Peraltro, la stessa Corte (probabilmente contraddicendosi) implicitamente sembrerebbe escludere la possibilità di configurare un’epidemia in forma omissiva senza ricorrere alla clausola di equivalenza di cui all’art. 40 cpv. c.p. quando (al punto n. 5.1. della motivazione dell’ordinanza in esame) richiama la giurisprudenza in tema di truffa “per silentium” a sostegno della dubbia incompatibilità tra reati di evento a forma vincolata e condotta omissiva. In tal modo, la Corte parrebbe voler affermare la compatibilità dell’art. 40 cpv. c.p. con i reati d’evento a forma vincolata, fortemente avversata dalla dottrina maggioritaria (pena la violazione del principio di legalità)[90].

In ogni caso, il richiamo alla giurisprudenza in tema di truffa “in forma omissiva”, seppur inteso come argomento a favore della possibilità di far rientrare nella condotta tipica di epidemia anche la forma omissiva della diffusione di germi patogeni (senza ricorrere all’art. 40 cpv. c.p.), deve ritenersi improprio.

Infatti, quando la giurisprudenza[91] e la dottrina[92] hanno inteso il “silenzio” come un “raggiro” ex art. 640 c.p.[93], il riferimento non era al “silenzio inerzia” (e neppure al “silenzio antidoveroso”, violativo di un semplice obbligo giuridico civilistico di informare), ma al “silenzio eloquente”, il quale, in rapporto alle circostanze del caso concreto, integra un comportamento concludente idoneo ad ingannare la persona offesa[94].

In tal caso, quindi, il raggiro non integra una condotta omissiva, ma un comportamento attivo, con significato e valore di dichiarazione.

In ogni caso, con l’informazione provvisoria del 10 aprile 2025[95], le Sezioni Unite hanno dato risposta affermativa al quesito sulla configurabilità dell’epidemia colposa in forma omissiva.

Al tempo in cui si scrive non sono state depositate le motivazioni della sentenza, ma è ragionevole presumere che la Suprema Corte abbia aderito alla tesi della configurabilità del delitto di epidemia in forma omissiva qualificandolo come reato di evento a “mezzo vincolato” e, dunque, non procedendo ad un’interpretazione estensiva della condotta tipica.

Pertanto, resta ferma l’incompatibilità dei reati di evento a forma vincolata con il “meccanismo di conversione” di cui all’art. 40 co. 2 c.p.

Probabilmente, la difficoltà nella selezione delle condotte penalmente rilevanti ex artt. 438 e 452 c.p. continuerà ad interessare l’accertamento del nesso di causalità (soprattutto in presenza di patologie dal carattere ubiquitario, come il Covid-19)[96] e dell’elemento soggettivo colposo (specie nei contesti pandemici)[97].

7. Conclusioni

Dalle considerazioni svolte emerge una tendenza giurisprudenziale ad allargare “le maglie” della clausola di equivalenza di cui all’art. 40 cpv. c.p., sia sotto il profilo delle fonti della posizione di garanzia (come nell’esaminata teoria dell’assunzione di fatto della posizione di garante) che su quello della compatibilità strutturale delle fattispecie commissive con la citata clausola (come nel caso dell’epidemia colposa in forma omissiva).

Tuttavia, se tale indirizzo estensivo sembra ragionevole nel caso della conversione dell’epidemia colposa in forma omissiva (anche in ragione del rango del bene tutelato), non può dirsi altrettanto nel caso dell’assunzione di fatto della posizione di garanzia, ancorché si richiami la teoria del “contatto sociale”.

Infatti, come evidenziato, non è possibile estendere automaticamente istituti e principi da un settore ordinamentale a un altro senza tener conto delle rispettive peculiarità.

A sostegno di questa considerazione, peraltro, potrebbe richiamarsi anche la difficoltà evidenziata da alcuni autori, in tema di truffa “per silentium” (pur volendo ammettere la compatibilità della clausola di cui all’art. 40 cpv. c.p. con i reati di evento a forma vincolata, qual è la truffa), di convertire i meri obblighi informativi di natura civilistica in obblighi di garanzia idonei a dar vita ad una responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento[98].

Dunque, al fine di individuare le fonti della posizione di garanzia, si dovrebbe preferire l’impostazione maggiormente garantista, che richiede una copertura formale dell’obbligo d’impedimento dell’evento penalmente rilevante, oltre alla verifica della sussistenza in concreto dei poteri impeditivi, in un’ottica costituzionalmente orientata dell’art. 40 cpv. c.p.

Solo in tal modo, invero, verrebbero soddisfatte le esigenze sottese al principio di legalità, il quale, seppur comune ad altre branche ordinamentali, nel settore penale esprime il massimo livello di garanzia, anche in considerazione del bene sul quale incidono le norme penali (la libertà personale ex art. 13 Cost.).

Infatti, la clausola di equivalenza di cui all’art. 40 co. 2 c.p. non può essere intesa come una “magica Porta di Ishtar[99] attraverso la quale veicolare indebite ingerenze nella libertà personale del cittadino.

In ogni caso, de iure condendo, si auspica la codificazione dei presupposti per la configurazione di una posizione di garanzia, al fine di evitare eccessive oscillazioni giurisprudenziali, quasi inevitabili di fronte a una clausola generale di incriminazione come quella esaminata.

In assenza di un intervento legislativo chiarificatore, tuttavia, resta determinante il ruolo della giurisprudenza, la quale dovrebbe ambire a costituire un punto di riferimento “rassicurante” per il cittadino, proprio come lo fu Virgilio per Dante, guidandolo e sostenendolo nell’attraversamento della soglia dell’Inferno: “Queste parole di colore oscuro vid’io scritte al sommo d’una porta; per ch’io: «Maestro, il senso lor m’è duro». Ed elli a me, come persona accorta: «Qui si convien lasciare ogni sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta…». E poi che la sua mano a la mia puose con lieto volto, ond’io mi confortai…” (Inferno, Canto III, 10-15, 19-20).


Note e riferimenti bibliografici

[1] Sui reati omissivi, ex multis, V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, X ed., Wolters Kluer CEDAM, Milanofiori Assago (MI), 2017, p. 127 ss.; G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale, VIII ed., Zanichelli editore, Bologna, 2019 p. 622 e ss.; G. Marinucci - E. Dolcini - G. L. Gatta, Manuale di Diritto Penale Parte generale, XI ed., Giuffrè, 2022, p. 287 ss.; R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale, XX ed., Neldiritto Editore, Molfetta (BA), 2023, p. 449 ss.; M. Fratini, Manuale sistematico di Diritto Penale, II ed. (2024-2025), Neldiritto Editore, Molfetta, 2024, p. 356 ss.

[2] Sul principio di buona fede V. F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, XIX ed., Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2019, p. 801; F. Caringella - L. Buffoni, Manuale di diritto civile, XII ed., Dike Giuridica Editrice, Roma, 2022, p. 569 ss., p. 877 ss. e p. 976 ss.; M. Fratini, Le obbligazioni. Teoria generale e applicazione giurisprudenziale, II ed., Neldiritto Editore, Molfetta, 2024, p. 102 ss.; M. Fratini, Il Contratto, Neldiritto Editore, Molfetta, 2024, p. 334 ss.

[3] Sulla portata immediatamente precettiva del principio di buona fede V. F. Caringella, Manuale ragionato di diritto civile, II ed., Dike Giuridica Editrice, Roma, 2020, p. 74 ss.

[4] Sul principio di legalità V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, cit., p. 3 ss.; R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale, cit., p. 5 ss.

[5] Sul carattere sussidiario del diritto penale V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale, cit., p. 28 ss.

[6] Sul punto, V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale, VIII ed., Zanichelli editore, Bologna, 2019 p. 622 e ss.; R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale, XX ed., Neldiritto Editore, Molfetta (BA), 2023, p. 449 ss.; M. Fratini, Manuale sistematico di Diritto Penale, II ed. (2024-2025), Neldiritto Editore, Molfetta, 2024, p. 356 ss., il quale evidenzia: “più una società è semplice, meno sono gli obblighi di agire imposti ai cittadini”.

[7] G. Fiandaca - E. Musco, op. cit. p. 622; sul punto, V. anche G. Marinucci - E. Dolcini - G. L. Gatta, Manuale di Diritto Penale Parte generale, XI ed., Giuffrè, 2022, p. 250, il quale richiama l’idea ottocentesca racchiusa nella formula: “la prevenzione dei pericoli compete, in linea di principio, allo Stato e l’aiuto al vicino e ai terzi costituisce un dovere solo morale, indifferente per il diritto penale”.

[8] Consacrato nell’art. 2 Cost., secondo cui: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

[9] In questi termini, F. Mantovani, op. cit. p. 128, il quale sottolinea che anche “il diritto penale dell’era tecnologica … ha comportato un progressivo aumento dei rischi per l’incolumità pubblica e per la vivibilità dell’ambiente. Con conseguente aumento della sfera anche degli illeciti omissivi (in materia di sicurezza sul lavoro, di circolazione stradale …) e la emanazione di un sempre maggior numero di norme cautelari di condotta, la cui violazione consiste sovente in atteggiamenti omissivi”.

[10] G. Fiandaca - E. Musco, op. cit., p. 624.

[11] A sostegno dell’eccezionalità dei reati omissivi V. R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte Generale, III ed., ita edizioni, Torino, 2023 p. 324, il quale sottolinea: “i reati omissivi, che presuppongono un obbligo di agire, sono un’eccezione, in quanto incidono in maniera molto più restrittiva sulla libertà del singolo rispetto ai reati commissivi, che, invece, presuppongono la violazione di un divieto di agire”.

[12] Sul punto, V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit. p. 128.

[13] Sul punto, V. G. Marinucci - E. Dolcini - G. L. Gatta, Manuale di Diritto Penale Parte generale cit. p. 251, dove si sottolinea: “L’avvento dello Stato sociale, e del governo pubblico dell’economia, ha comportato la crescita progressiva dei comandi di agire, la cui inottemperanza viene penalmente sanzionata per assicurare efficacia agli interventi e ai controlli degli organi pubblici. Nuovi impulsi al moltiplicarsi delle ipotesi di responsabilità omissiva sono venuti dalla crescita dei pericoli per beni fondamentali vecchi e nuovi (vita, salute, ambiente, etc.) creati dall’industrializzazione: per fronteggiare questi nuovi pericoli sono stati infatti imposti nuovi doveri di agire, la cui inottemperanza è sanzionata penalmente, nei confronti delle persone (i c.d. garanti) preposte alla conduzione delle attività pericolose”.

[14] Sul punto V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit., p. 129, il quale evidenzia: “l’azione appartiene all’essere, l’omissione al dover essere: è impensabile senza la norma impositiva dell’agire”. E fa l’esempio: “la differenza … tra “riposo” ed “ozio” non è individuabile sul piano naturalistico, ma solo nel fatto che il primo consiste in una “astensione” consentita dal lavoro e il secondo in una violazione di un dovere di lavorare”.

[15] Sulla compatibilità dei reati omissivi con il principio di offensività V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit., p. 216.

[16] Sul principio di materialità, V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit., p. 119.

[17] Così F. Mantovani, op. cit., p. 179, al quale si rinvia per un approfondimento sul principio di offensività. Sul principio di offensività V. anche R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit. p. 532 ss.

[18] Tant’è che il nostro ordinamento recepisce il c.d. “sistema del doppio binario”: per i soggetti socialmente pericolosi l’ordinamento prevede le misure di sicurezza e di prevenzione volte ad attutirne la pericolosità; la sanzione penale, invece, mira a punire fatti, cioè, esteriorizzazione di propositi criminosi. Sul “doppio binario” V. R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit. p. 1327 ss.

[19] Sul punto, V. F. Mantovani, op. cit., p. 129.

[20] A favore di tale tesi G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit., p. 626.

[21] Su tutti, V. F. Mantovani, op. cit., p. 129.

[22] Sul punto, V. R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte Generale cit. p. 376, il quale sottolinea: “Attraverso l’innesto della clausola dell’art. 40 cpv. c.p. su una fattispecie di parte speciale, infatti, l’ordinamento crea un comando rivolto non alla generalità dei consociati, ma a cerchie determinate di soggetti, titolari di ben precisi obblighi di garanzia per l’impedimento dell’evento dannoso”.

[23] F. Mantovani, op. cit., p. 130.

[24] Sugli elementi costitutivi dei reati omissivi propri V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 627.

[25] Sugli elementi costitutivi dei reati omissivi impropri V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 630; G. Marinucci - E. Dolcini - G. L. Gatta, Manuale di Diritto Penale Parte generale cit. p. 290.

[26] In questi termini, G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 636.

[27] Per un approfondimento sulla clausola di equivalenza V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit., p. 152 ss.

[28] G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 631.

[29] In questi termini, G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 632.

[30] Per un approfondimento sulla causalità omissiva V. R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit. p. 515 ss. Per una critica sull’utilizzo del metodo di accertamento causale elaborato dalle S.U. Franzese del 2002 anche nella causalità omissiva V. R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte Generale cit. p. 361 ss. Sulla prova del nesso di causalità V. P. Tonini – C. Conti, Manuale di procedura penale, XXV ed., Giuffrè, Milano, 2024, p. 29 ss.

[31] Sulla sfera di operatività dell’art. 40 co. 2 c.p. V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 632; V. anche G. Marinucci - E. Dolcini - G. L. Gatta, Manuale di Diritto Penale Parte generale cit. p. 290.

[32] Tale preclusione viene meno nel caso di concorso omissivo nel reato commesso da terzi, in quanto in tal caso l’art. 40 cpv. c.p. è in grado di combinarsi con qualsiasi fattispecie di parte speciale, anche di mera condotta o a forma vincolata. Sul punto V. R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte Generale cit. p. 376 ss.

[33] Sul principio di frammentarietà V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 32.

[34] Così G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 650, i quali definiscono la posizione di garanzia come “uno speciale vincolo di tutela tra un soggetto garante e un bene giuridico, determinato dall’incapacità (totale o parziale) del titolare a proteggerlo autonomamente”.

[35] Sulle fonti dell’obbligo di garanzia V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, cit., p. 155 ss.; R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit. p. 456 ss.

[36] In questi termini, G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 648.

[37] Sul punto, V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit., p. 157.

[38] Così F. Mantovani, op cit. p. 156.

[39] In questi termini, F. Mantovani, op cit. p. 157.

[40] Su tutti, V. R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit. p. 458 ss.

[41] F. Mantovani, op cit. p. 157.

[42] Gli obblighi di attivarsi possono assumere rilevanza solo in relazione ai reati omissivi propri, come nel caso dell’omissione di soccorso di cui all’art. 593 c.p. Sulla distinzione tra posizione di garanzia e obbligo di soccorso V. M. Fratini, Manuale sistematico di Diritto Penale cit., p. 368.

[43] A tal proposito, F. Mantovani, op cit. p. 159 richiama l’esempio dei sindaci per l’omesso impedimento dei reati commessi nell’ambito della società. Sulla responsabilità di amministratori e sindaci di società V. R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte Generale cit. p. 386 ss. e R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit. p. 1136 ss., i quali riportano, quanto alla responsabilità dei sindaci, il contrario orientamento giurisprudenziale. Per un approfondimento sulla responsabilità omissiva nei gruppi societari V. R. Blaiotta, Garanzia e colpa nei gruppi societari, in Sistema Penale, 27 aprile 2022.

[44] Segue la bipartizione degli obblighi di garanzia G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 652 ss.

[45] Si pensi al vincolo di protezione dei genitori nei confronti dei figli minori ex artt. 30 Cost. e 147 c.c.

[46] È il caso, ad esempio, degli obblighi dei proprietari di animali pericolosi volti a prevenire danni a terzi ex artt. 2052 c.c. e 672 c.p.

[47] F. Mantovani, op cit., p. 170. Contra G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 658, che riconducono l’obbligo di impedimento di reati da parte di terzi nell’alveo delle posizioni di controllo su fonti di pericolo.

[48] Sulla controversa responsabilità a titolo di concorso per omissione in capo agli appartenenti alle forze dell’ordine V. R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit. p. 1135; sulla discussa possibilità di configurare un concorso omissivo in diffamazione del “blogger” V. Simona Raffaele, Il concorso omissivo in diffamazione del blogger: e` responsabilita` colpevole?, in Giurisprudenza Italiana, Maggio 2023, p. 1154 ss.

[49] Cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 14/01/2021, n. 19558 (rv. 281171-01), in CED Cassazione, 2021; Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 18/04/2019, n. 39261 (rv. 277193-01), in CED Cassazione, 2019; Cassazione penale sez. IV - 29/01/2016, n. 34975, in Cassazione Penale 2017, 1, 233 (CED Cass. pen. 2016), secondo cui: “In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, purché l'agente assuma la gestione del rischio mediante un comportamento concludente consistente nella effettiva presa in carico del bene protetto”; Cassazione penale sez. IV - 23/10/2015, n. 2536, in Cassazione Penale 2016, 10, 3608 (CED Cassazione penale 2016).

[50] Cfr., ex multis, Cassazione penale sez. IV, 15/02/2018, n. 24068, in Guida al diritto 2018, 28, 85; Cassazione penale sez. IV - 02/12/2011, n. 13547 (rv. 253293), in CED Cassazione, 2012, secondo cui: “In tema di colpa professionale, una volta che un paziente si presenti presso una struttura medica chiedendo la erogazione di una prestazione professionale, il medico, in virtù del "contatto sociale", assume una posizione di garanzia della tutela della sua salute ed anche se non può erogare la prestazione richiesta deve fare tutto ciò che è nelle sue capacità per la salvaguardia dell'integrità del paziente”; Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 22/05/2007, n. 25527, in Dir. Pen. e Processo, 2008, 6, 748, nota di Piemontese, che afferma: “L' impegno di curare la sicurezza del rientro assunto dai gestori di un rifugio alpino nei confronti dei partecipanti ad una cena notturna consente di ravvisare, in caso di affidamento dell'incarico ad un accompagnatore esperto e conoscitore dei percorsi, il trasferimento a quest'ultimo di un obbligo di garanzia secondario o derivato, da parte dei soggetti precedentemente costituiti garanti ex contracto. È configurabile, peraltro, nei riguardi della guida una posizione giuridica di garanzia anche autonoma, per la possibilità di identificare nell'avvio convenuto della discesa guidata un'obbligazione "di fatto" o "da contatto sociale" verso i diretti destinatari della tutela, sufficiente a fondarne la responsabilità per l'omesso impedimento della morte di uno dei soggetti affidati alla sua tutela”.

[51] In Giurisprudenza penale, 20 luglio 2021, consultabile su www.giurisprudenzapenale.com. Per un commento alla sentenza V. R. Coppola, La posizione di garanzia nel rapporto di ospitalità: il caso Vannini, in Archivio Penale 2021, n. 3. Per un approfondimento sulle precedenti sentenze relative alla medesima vicenda V. anche M. Spina, Il “caso Vannini”. Brevi note su azione, omissione e obblighi di garanzia, in Archivio Penale n. 3, 2020.

[52] La Corte, peraltro, per circoscrivere i soggetti destinatari della posizione di garanzia, fa riferimento al “rapporto di ospitalità”, prevedendo: “il rapporto di ospitalità deve ritenersi rilevante come fonte di affidamenti protettivi individualizzati, perché lo spettro dei destinatari dell'obbligo di soccorso resta oggettivamente delimitato proprio dalla condizione di presenza nella stessa abitazione”; precisando altresì: “Invero, come si è detto, è sufficiente la considerazione della condizione di "ospite" nell'abitazione dei C. a caratterizzare la figura del V. come soggetto titolare del diritto di soccorso da parte dei soggetti "ospitanti" e, come si è detto, pacificamente titolari anche dello ius excludendi alios, nel senso che nessun altro sarebbe potuto intervenire a prestare soccorso senza il necessario consenso di questi ultimi”. Per una critica sul punto, V. R. Coppola, La posizione di garanzia nel rapporto di ospitalità: il caso Vannini, cit., p. 21.

[53] Per la quale si rinvia a R. Coppola, La posizione di garanzia nel rapporto di ospitalità: il caso Vannini, cit.

[54] Cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 21/11/2024, n. 2030 (rv. 287517-01), in CED Cassazione, 2025, secondo cui: “In tema di reati colposi omissivi, la posizione di garanzia in contesti di tipo parafamiliare può essere generata, oltre che da un'investitura formale, anche dall'esercizio, di fatto, delle funzioni tipiche del garante, mediante comportamento concludente di consapevole presa in carico del soggetto protetto che versi in uno stato di comprovato "deficit" psichico, tale da determinare, nei suoi confronti, quale titolare del bene protetto, un rapporto di dipendenza (Fattispecie relativa a una comunità organizzata secondo regole autoimposte, in cui un soggetto maggiorenne, indipendente e senza alterazione della capacità critica, pur se in condizioni di fragilità e vulnerabilità, era stato sottoposto ad intervento di rimozione di un nevo, dal quale erano derivate complicanze e, di conseguenza, il decesso)”; Cass. pen., Sez. IV, Sentenza, 25/05/2022, n. 21869 (rv. 283387-01), in CED Cassazione, 2022, secondo cui: “In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, purché l'agente assuma la gestione dello specifico rischio mediante un comportamento di consapevole presa in carico del bene protetto (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza di un obbligo di vigilanza in capo alla madre e alla sorella non conviventi di un soggetto maggiorenne, riconosciuto incapace di intendere e volere solo in esito al processo penale, in quanto ritenuto affetto da patologia dalle stesse non riconoscibile prima della commissione del reato)”.

[55] Sul punto, V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 654-655, i quali riportano l’esempio dell’alpinista che, grazie alla spontanea presenza della guida, decide di avventurarsi in una difficile scalata; e, ancora, della madre che non provvede per alcuni giorni ad allattare il bambino, confidando nell’intervento di una vicina che si è spontaneamente impegnata ad allattarlo in sua vece.

[56] Cfr. R. Coppola, La posizione di garanzia nel rapporto di ospitalità: il caso Vannini, cit. p. 18, che richiama anche l’orientamento giurisprudenziale che delinea tali requisiti.

[57] Sul punto V. R. Coppola, La posizione di garanzia nel rapporto di ospitalità: il caso Vannini, cit. p. 19, il quale richiama GRASSO, Il reato omissivo improprio, Milano, 1983, 274.

[58] Per una critica alla teoria della gestione di affari altrui come fonte dell’obbligo di garanzia V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit. p. 168.

[59] Sull’istituto della negotiorum gestio V. F. Caringella - L. Buffoni, Manuale di diritto civile, XII ed., Dike Giuridica Editrice, Roma, 2022, p. 1435 ss.; M. Fratini, Le obbligazioni. Teoria generale e applicazione giurisprudenziale, II ed., Neldiritto Editore, Molfetta, 2024, p. 539 ss.

[60] In questi termini, F. Mantovani, op. cit., p. 168, il quale sottolinea che l’applicazione dell’art. 2028 c.c. è preclusa altresì per l’incompatibilità del requisito della spontaneità (la norma recita: “senza esservi obbligato”) dell’intervento gestorio con l’obbligatorietà del soccorso imposto dall’art. 593 c.p. rispetto ai beni della vita e dell’incolumità personale e, quindi, per la prevalenza del soccorso obbligatorio rispetto al soccorso inizialmente facoltativo; e tale esclusione non può non valere a fortiori per gli altri beni personali e i beni patrimoniali.

[61] Sull’individuazione del soggetto attivo del reato nelle organizzazioni complesse V. R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit., p. 420 ss.; R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte Generale cit. p. 395 ss.

[62] In questi termini, R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit., p. 423. Sul datore di lavoro “di fatto” Cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. III, 11/07/2024, n. 30950, secondo cui: “In tema di sicurezza sul lavoro e responsabilità delle lesioni, il datore di lavoro è titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, da cui discende l'obbligo di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici, cui deve ottemperare sia vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza, sia esigendo dagli stessi lavoratori l'osservanza delle regole di cautela. Tale posizione di garanzia può essere generata sia da una " investitura formale" che dall'"esercizio di fatto" delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, secondo un criterio di ordine sostanziale e funzionalistico” (Massima redazionale, 2024), in https://onelegale.wolterskluwer.it/; o, ancora, Cass. pen., Sez. III, 07/06/2024, n. 32123: “In tema di sicurezza sul lavoro la posizione di garanzia, quindi, può essere generata sia da una "investitura formale" che dall'"esercizio di fatto" delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, secondo un criterio di ordine sostanziale e funzionalistico; la presenza di un gestore di fatto dell'azienda non esclude la responsabilità del datore di lavoro formale” (Massima redazionale, 2024), in https://onelegale.wolterskluwer.it/.

[63] Per un approfondimento sul principio di effettività V. P. Soprani, Art. 299 TUSL: il principio di effettività “a tutti i costi”, in Igiene & Sicurezza del Lavoro, n. 10, 1 ottobre 2024, p. 491; V. anche R. Guariniello, Le insidie della clausola di equivalenza, in Igiene & Sicurezza del Lavoro, n. 10, 1 ottobre 2024, p. 504.

[64] Secondo cui: “le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.

[65] Si veda, ad esempio, la menzionata la sentenza della Cassazione Penale, Sez. V, 19 luglio 2021 (ud. 3 maggio 2021), n. 27905, in www.giurisprudenzapenale.com, 20 luglio 2021.

[66] Sulla teoria del “contatto sociale” V. M. Fratini, Le obbligazioni. Teoria generale e applicazione giurisprudenziale, cit., p. 71 ss.

[67] Sulla responsabilità medica V. F. Caringella - L. Buffoni, Manuale di diritto civile, XII ed., Dike Giuridica Editrice, Roma, 2022, p. 741 ss.; M. Fratini, Manuale Sistematico di Diritto Civile, Neldiritto Editore, Molfetta, 2024 p. 993 ss.

[68] Si parla, a tal proposito, di “obbligazioni di protezione senza obbligo primario di prestazione”. Sul punto V. M. Fratini, Le obbligazioni. Teoria generale e applicazione giurisprudenziale, cit., p. 73 ss.;

[69] Sul punto V. F. Mantovani, G. Flora, Diritto penale. Parte speciale II: Delitti contro il patrimonio, IX edizione, Wolters Kluer, CEDAM, Milano, 2024, p. 15 ss., dove si evidenzia, sposando la tesi relativistica e alla luce del “principio di realtà”: “anche la definizione dei termini di origine privatistica costituisce un problema di interpretazione realistica, da risolversi in rapporto alle specifiche esigenze di tutela delle singole norme penali, considerate nel più ampio quadro della funzione del diritto penale e dell’ordinamento costituzionale”.

[70] Secondo cui: “il contratto ha forza di legge tra le parti”.

[71] Ormai divenuta una clausola immediatamente precettiva. Sul punto V. F. Caringella, Manuale ragionato di diritto civile, II ed., Dike Giuridica Editrice, Roma, 2020, p. 70 ss.

[72] Sulle “clausole generali nel diritto civile e il controllo del giudice sul contratto” V. M. Santise, Coordinate. Diritto civile, Merita Edizioni, Torino, 2024, p. 687.

[73] Sul principio di prevedibilità, V. R. Garofoli, Manuale di diritto penale parte generale cit., p. 16 ss.

[74] Si pensi alla responsabilità medica (qualificata come extracontrattuale dalla c.d. legge Gelli-Bianco, art. 7, co. 2, l. 24 del 2017) e alla responsabilità della P.A. (configurata, di recente, come extracontrattuale dall’A.P. 7/2021, sconfessando la teoria del “contatto sociale”). Sul punto V. F. Caringella - L. Buffoni, Manuale di diritto civile, XII ed., Dike Giuridica Editrice, Roma, 2022, p. 563. Sulla crisi della teoria del “contatto sociale” qualificato e la legge Gelli-Bianco V. M. Fratini, Le obbligazioni. Teoria generale e applicazione giurisprudenziale, II ed., Neldiritto Editore, Molfetta, 2024, p. 75.

[75] Sul limite dell’apprezzabile sacrificio V. F. Caringella - L. Buffoni, Manuale di diritto civile cit., p. 977.

[76] Sul punto, V. M. Fratini, Le obbligazioni. Teoria generale e applicazione giurisprudenziale cit. p. 82.

[77] Sull’ingerenza del gestore in caso di mera tolleranza dell’interessato V. F. Caringella - L. Buffoni, Manuale di diritto civile cit., p. 1436.

[78] Sulla differenza tra interpretazione estensiva e divieto di analogia in malam partem in materia penale V. F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale cit. p. 70 ss.

[79] Tradizionalmente si ritiene che si è in presenza di una condotta attiva in caso di violazione di un divieto di agire; mentre, la condotta omissiva ricorre quando si viola una norma di comando. Tuttavia nei casi più problematici si fa ricorso al “criterio dell’attivazione del rischio per il bene protetto”, secondo cui la condotta è attiva quando il soggetto agente ha innescato un fattore di rischio che porta all’evento lesivo prima inesistente; mentre, in presenza di una condotta omissiva, si rimprovera all’agente di non aver neutralizzato il fattore di rischio preesistente che porta all’evento. Sulle condotte a carattere ambivalente V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 659 ss.; M. Fratini, Manuale sistematico di Diritto Penale cit. p. 356 ss.; R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte Generale cit. p. 360.

[80] Sul delitto di epidemia V. G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale parte speciale, Volume 1, VI ed., Zanichelli editore, Bologna, 2021, p. 569; R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte speciale, IV ed. ita edizioni, Torino, 2024, p. 371 ss.

[81] Sul delitto di epidemia all’epoca della pandemia da Covid-19 V. L. Vitale, Epidemia colposa da Covid-19. La problematica relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo, in Diritto e Covid-19, Gian Andrea Chiesi – Maurizio Santise (a cura di), G. Giappichelli Editore, Torino, 2020, p. 323 ss.; V. anche Alexander Harry Bell, Il reato di epidemia nel contrasto della pandemia da covid-19. Problemi ermeneutici e rapporti con le fattispecie di omicidio, in Sistema penale 10/2022, p. 139 ss.

[82] Il delitto di epidemia, posto a protezione della salute pubblica, è collocato nel Libro II del Codice penale, Titolo VI (“Dei delitti contro l’incolumità pubblica”), Capo II nella forma dolosa (art. 438 c.p.) e Capo III nella forma colposa (art. 452 c.p.), che rinvia per la descrizione della condotta punibile all’art. 438 c.p. Sui delitti contro la pubblica incolumità V. G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale parte speciale, Volume 1 cit., p. 535 ss.; R. Giovagnoli, Manuale di diritto penale Parte speciale cit., p. 357 ss.

[83] Consultabile su www.giurisprudenzapenale.com, Alle Sezioni Unite la configurabilità dell’epidemia colposa in forma omissiva, 4 dicembre 2024. Per un commento all’ordinanza V. S. Zirulia, Rimessa alle Sezioni Unite la questione della configurabilità dell’epidemia in forma omissiva. Analisi dell’ordinanza e brevi considerazioni di ordine sistematico, in Sistema penale 1/2025, p. 155 ss.

[84] In particolare, la citata ordinanza di rimessione richiama Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 12/12/2017) 28/02/2018, n. 9133, in https://onelegale.wolterskluwer.it; e, ancora, Cass. pen., Sez. IV, Sent., (data ud. 04/03/2021) 24/05/2021, n. 20416, in https://onelegale.wolterskluwer.it.

[85] Sul punto, V. L. Vitale, Epidemia colposa da Covid-19. La problematica relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo cit., p. 327.

[86] In questi termini, Corbetta, Delitti contro l’incolumità pubblica, II, I delitti di comune pericolo mediante frode, in Trattato di diritto penale. Parte speciale, diretto da G. Marinucci e E. Dolcini, Padova, 2014, p. 85 richiamato da Alexander Harry Bell in Il reato di epidemia nel contrasto della pandemia da covid-19. Problemi ermeneutici e rapporti con le fattispecie di omicidio cit., p. 8.

[87] Sul punto, V. G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale Parte generale cit. p. 212. Per una critica all’orientamento secondo cui il legislatore costruisce fattispecie di evento a forma libera in ragione dell’importanza del bene protetto V. M. Mantovani, La responsabilità omissiva e l’argine delle fattispecie a forma vincolata, in Sistema penale, 19 febbraio 2025, il quale richiama sul punto G. GRASSO, Il reato omissivo improprio, Milano, 1983, p. 169.

[88] In particolare, l’ordinanza afferma testualmente al punto 5 della motivazione: “in consonanza con un orientamento dottrinario che ormai si fa fatica a definire minoritario, si conviene che il termine “diffondere” è espressione dal significato molto ampio che può ricomprendere le forme più diverse, non necessariamente implicanti un agire naturalisticamente positivo in quanto si può diffondere anche “lasciando che si diffonda”.

[89] In questi termini, S. Zirulia, Rimessa alle Sezioni Unite la questione della configurabilità dell’epidemia in forma omissiva. Analisi dell’ordinanza e brevi considerazioni di ordine sistematico cit. p. 158, il quale richiama l’esempio della fattispecie di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art. 437 c.p.), aggravata dalla verificazione di un infortunio o un disastro, dove ad essere incriminato è, tra l’altro, “chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”.

[90] Sul punto V. S. Zirulia, Rimessa alle Sezioni Unite la questione della configurabilità dell’epidemia in forma omissiva. Analisi dell’ordinanza e brevi considerazioni di ordine sistematico cit. p. 159, il quale richiama G. FIANDACA, Il reato commissivo mediante omissione, Giuffrè, 1979, p. 34-37; G. GRASSO, Il reato omissivo improprio, Giuffrè, 1983, p. 154-163.

[91] Si veda, ad esempio, Cassazione Penale, Sez. II, 16 novembre 2023 (ud. 3 ottobre 2023), n. 46209, in www.giurisprudenzapenale.com, 21 novembre 2023 (peraltro, richiamata nell’ordinanza in esame), secondo cui: “il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro non quando si risolve in un semplice silenzio “inerzia”, ma quando si configura come silenzio “eloquente” e, cioè, quando, in rapporto alle concrete circostanze del caso, cela un determinato comportamento concludente idoneo ad ingannare la persona offesa”. Per un commento alla citata sentenza V. A. Costantini, The Sound of Silence: la natura attiva della truffa “per omissione”, in Giurisprudenza italiana, Maggio 2024, p. 1152 ss.

[92] Su tutti, in dottrina V. G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale Parte Speciale, Volume II, tomo secondo. I delitti contro il patrimonio, VIII ed., Zanichelli editore, Bologna, 2023, p. 194 ss.; F. Mantovani – G. Flora, Diritto penale Parte speciale, II, Delitti contro il patrimonio, IX ed., Wolters Kluer CEDAM, Milano, 2024 p. 217. Per un approfondimento sulla truffa in forma omissiva V. anche A. S. Valenzano, Il rilievo dell’omissione nella truffa, in Archivio penale 2021 n. 2.

[93] Sulla truffa V. G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale Parte Speciale, Volume II, tomo secondo. I delitti contro il patrimonio, cit., p. 184 ss.; F. Mantovani – G. Flora, Diritto penale Parte speciale, II, Delitti contro il patrimonio cit. p. 214 ss.

[94] Sul punto V. A. Costantini, The Sound of Silence: la natura attiva della truffa “per omissione” cit., p. 1152 ss. Sulle modalità di manifestazione della volontà (dichiarazione espressa e tacita) e il silenzio circostanziato V. F. Caringella - L. Buffoni, Manuale di diritto civile cit., p. 219 ss.

[95] Consultabile su www.giurisprudenzapenale.com, 10 aprile 2025.

[96] Per un approfondimento sull’argomento, V. S. Zirulia, Nesso di causalità e contagio da Covid-19, in Sistema penale, 20 aprile 2022, il quale sottolinea che, sia in caso di causalità attiva che omissiva, il principale problema che pone il carattere ubiquitario del Covid-19 risiede nella difficoltà di escludere decorsi causali alternativi. Nel caso di condotte omissive, peraltro, la difficoltà è aggravata dal fatto che le misure e gli strumenti preventivi dei contagi appartengono al novero delle regole cautelari c.d. improprie: “esse, cioè, sono in grado di ridurre significativamente il rischio di contagio, ma non di azzerarlo”.

[97] Sul punto, V. P. Veneziani, La colpa penale nel contesto dell’emergenza COVID-19, in Sistema penale, 28 aprile 2022.

[98] V. A. Costantini, The Sound of Silence: la natura attiva della truffa “per omissione” cit. p. 1154, il quale richiama anche Leoncini, La truffa in assunzione ad un pubblico impiego, in Cass. Pen., 1999, 2485. Sul punto, V. anche A. S. Valenzano, Il rilievo dell’omissione nella truffa cit., p. 13.

[99] Tale metafora è efficacemente utilizzata da Cass. civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 13/12/2022) 23/02/2023, n. 5657 in relazione al giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c., dove si legge: “il giudizio di “immeritevolezza” di cui è menzione nell’art. 1322 c.c. non può mai trasformarsi in una magica porta di Ishtar attraverso la quale veicolare un inammissibile intervento del giudice sulla convenienza dell’affare” (punto 2.5.3 della motivazione). La sentenza è consultabile su https://onelegale.wolterskluwer.it.