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Le Sezioni unite su confisca di prevenzione e tutela dei diritti dei terzi
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Pubbl. Mer, 3 Dic 2025

Le Sezioni unite su confisca di prevenzione e tutela dei diritti dei terzi

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Aldo Andrea Presutto
AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Parthenope



La Sentenza n. 37200/2025 delle Sezioni Unite Penali segna una cesura dogmatica nel diritto della prevenzione, superando il formalismo probatorio del Codice Antimafia (Art. 52 D.Lgs. n. 159/2011). Per i crediti risarcitori (ex Art. 2043 c.c.), l´anteriorità non è più legata alla ”data certa” del titolo, ma al fatto generatore dell´illecito. Questo atto di nomofilachia sancisce il primato della sostanza sulla forma, garantendo la tutela sostanziale della vittima incolpevole e allineando il sistema italiano ai principi di proporzionalità costituzionale e alla Direttiva (UE) 2024/1260. Il suo fulcro è stabilire che la tutela del credito leale è presupposto di legittimità della confisca.


ENG

The Italian Supreme Court in plenary session on confiscation of prevention and protection of the rights of third parties

The Joint Criminal Sections Ruling No. 37200/2025 marks a dogmatic break in preventive law, overcoming the formalistic standard of proof within the Anti-Mafia Code (Art. 52 D.Lgs. n. 159/2011). For compensation claims (ex Art. 2043 c.c.), anteriority is no longer tied to the ”certified date” of the legal instrument, but to the generating fact of the tort. This authoritative ruling establishes the supremacy of substance over form, ensuring the substantive protection of the blameless victim and aligning the Italian system with constitutional proportionality principles and Directive (EU) 2024/1260. Its core tenet is that the protection of a lawful claim is a prerequisite for the legitimacy of confiscation.

Sommario: 1. Prolegomena: autonomia assiologica e bilanciamento; 2. Contesto comparativo e onere probatorio; 3. Caso critico, crediti da fatto illecito; 4. Principio di diritto delle Sezioni Unite; 5. Locus sistemico dell’art. 52; 6. Conclusioni dogmatiche e prospettive sistemiche

1. Prolegomena: autonomia assiologica e bilanciamento

Il diritto della prevenzione, nel suo imperativo costituzionale e sovranazionale di esercitare una funzione neutralizzatrice sulla ricchezza di genesi illecita, affida alla confisca di prevenzione – nucleo dogmatico del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. Codice antimafia)[1]– uno statuto di eccezionale vis ablatoria. Tale misura, ontologicamente preventiva e patrimoniale[2], si radica sulla mera pericolosità sociale del proposto e sulla sproporzione patrimoniale, prescindendo da un accertamento penale definitivo. L'autonomia assiologica della misura rispetto al giudizio di responsabilità penale genera una perenne conflictio iuris con le posizioni giuridiche soggettive dei terzi, la cui tutela è demandata al rigoroso filtro selettivo iscritto nell’articolo 52 del codice[3]. La complessa crisi interpretativa sulla data certa del credito, culminata nell'intervento di nomofilachia della sentenza n. 37200 del 2025[4], impone una rilettura approfondita del locus sistemico di tale bilanciamento.

2.  Contesto comparativo e onere probatorio

L'istituto della confisca di prevenzione italiano si distingue nettamente nel panorama giuridico europeo per la sua autonomia assiologica rispetto alla condanna penale. Mentre ordinamenti come quello tedesco (ove l'ablazione si concentra nella confisca penale, Verfall, strettamente correlata alla sentenza di condanna) o lo spagnolo tendono a concentrare l'accertamento dei diritti dei terzi all'interno o in stretta correlazione con il giudizio penale, la peculiarità italiana, risiedendo nella sua natura preventiva e antecedente alla condanna, ha imposto la creazione di una procedura concorsuale autonoma (ex Artt. 57 ss.) e, soprattutto, l'adozione di un filtro selettivo sull'ammissione dei crediti (art. 52). L'onere probatorio, particolarmente gravoso e ad alta intensità di diligentia quaesita, espone il terzo a standard di verifica non sempre riscontrabili con la medesima incidenza negli altri frameworks europei. Questa asimmetria dogmatica conferisce all'articolo 52 una centralità ineludibile nell'analisi della tutela patrimoniale.

L’articolo 52, operando come presidio a tutela della massa attiva confiscabile, subordina l'ammissibilità al passivo al requisito oggettivo della data certa anteriore al sequestro e al requisito etico-soggettivo della dimostrazione della buona fede e della non strumentalità del credito all’attività illecita. La giurisprudenza di legittimità ha elevato il benchmark della buona fede, specialmente per gli operatori professionali, stabilendo che essa si risolve in un dovere di diligenza qualificata (diligentia quaesita) che trascende la mera ignoranza colpevole, imponendo un'investigazione attiva sull'affidabilità del proposto e l'osservanza rigorosa della normativa antiriciclaggio[5].

Tale rigore ermeneutico ha generato un dissidio dogmatico rilevante. Alcuni autori[6] hanno sostenuto che l'onere imposto al terzo di dimostrare l'inconsapevolezza riguardo la strumentalità si traduca in un onere probatorio di fatto negativo, ovvero la dimostrazione di un difetto di non colpevolezza. Questo meccanismo, pur inserito in un procedimento formalmente non penale, introduce un sospetto di contiguità che impone al terzo una prova liberatoria, ponendosi in potenziale frizione con il principio di non colpevolezza e trasformando l'onere di prova in un gravame eccessivamente sproporzionato. Questa persistente asimmetria dogmatica all'interno dell'articolo 52 è stata altresì analizzata da un parte della dottrina  evidenziando le tensioni tra la tutela patrimoniale generica e i requisiti di ammissione specifici del codice antimafia[7].

3. Caso Critico: crediti da fatto Illecito

Il campo di maggiore criticità si è manifestato in relazione ai crediti da fatti illeciti (responsabilità aquiliana, ex art. 2043 c.c.). L'obbligazione risarcitoria sorge ex lege al momento in cui il fatto generatore si perfeziona, identificabile nella realizzazione degli elementi costitutivi dell'illecito (condotta, evento di danno, nesso di causalità e elemento soggettivo). La prassi giudiziale ante-2025 era divisa sulla possibilità di equiparare questo fatto generatore all'atto avente data certa anteriore richiesto dall'art. 52, co. 1.

Il contrasto è stato cristallizzato nel caso Kebbouche Abdelfateh, dove il Giudice Delegato del Tribunale di Torino aveva escluso i crediti risarcitori. Nonostante i fatti illeciti (furti aggravati e uso fraudolento di carte di credito) fossero avvenuti tra il 9 marzo e il 4 maggio 2021 – dunque anteriormente al sequestro di prevenzione del 22 giugno 2021 – l'accertamento definitivo del danno e la conseguente liquidazione erano intervenuti con sentenza penale del 22 ottobre 2021 (successiva al sequestro).

La motivazione formalistica del Tribunale era incardinata sull'assunto che l'espressione "atti aventi data certa anteriore" dovesse essere interpretata in senso tassativo e restrittivo: la sentenza non era vista come ricognitiva di un diritto già sorto, bensì come l'atto costitutivo della sua certezza opponibile in sede concorsuale. Questa lettura ha imposto il sacrificio definitivo sul patrimonio delle vittime in buona fede, in nome di una priorità della forma documentale sulla sostanza del diritto risarcitorio preesistente.

La Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite Penali, con la Sentenza n. 37200 del 2025, è intervenuta per risolvere la crisi ermeneutica generata dal caso, stabilendo un principio di diritto che riafferma il primato della sostanza giuridica sulla forma processuale.

Il requisito dell’anteriorità di cui all'articolo 52, comma 1, D.Lgs. n. 159/2011, per i crediti derivanti da fatto illecito, deve intendersi riferito al momento in cui l’evento lesivo si è verificato, ossia al fatto generatore dell'obbligazione risarcitoria, e non al momento in cui il credito è divenuto liquido ed esigibile per effetto della sua quantificazione giudiziale successiva.

Con tale statuizione, le Sezioni Unite hanno corretto il vulnus interpretativo, riconoscendo alla sentenza valore meramente ricognitivo del diritto già sorto ex lege al momento dell'illecito. Questo intervento ha ristabilito la coerenza assiologica del sistema, garantendo che la tutela del terzo, fondata sul diritto al risarcimento (art. 24 Cost.) e sulla protezione della proprietà (art. 1 Prot. 1 CEDU), non fosse pregiudicata dal mero timing processuale.

Nonostante l'indubbia valenza etica e sistematica della correzione, la pronuncia introduce nuove criticità operative per la magistratura di merito.

L'ancoraggio dell'anteriorità al fatto generatore – un fatto la cui prova non è formalizzata da un atto ex art. 2704 c.c. – amplifica l'onere istruttorio per il Giudice Delegato. Questi dovrà compiere un'indagine accurata e retrospettiva sulla cronologia dei fatti, aumentando la discrezionalità del giudizio di merito nella ricostruzione della historia facti, esponendo il giudizio di prevenzione a maggiori complessità rispetto alla verifica documentale del credito negoziale.

La dottrina, ponendo l'accento sull'efficacia delle misure ablatorie, ha paventato il rischio che l'eccessiva elasticità sull'anteriorità possa indirettamente diluire la massa confiscabile e compromettere l'interesse pubblico all'ablazione definitiva[8]. È fondamentale, dunque, che la Magistratura di merito mantenga un controllo rigoroso sulla prova del fatto generatore, per evitare che la soluzione sostanzialistica generi nuove forme di strumentalità occulta al passivo.

Orbene, la Sentenza n. 37200/2025 costituisce una correzione dogmatica imprescindibile che ha riallineato la tutela del terzo ai principi costituzionali ed europei. Essa impone, tuttavia, un aumento della sofisticazione ermeneutica in sede di merito, esigendo un'attenta calibrazione tra la tutela sostanziale del diritto e l'imperativo di non vanificare la ratio di prevenzione. Il campo di maggiore criticità ermeneutica nell'applicazione dell'articolo 52, comma 1, del c.d. Codice antimafia si è cristallizzato in relazione ai crediti da fatti illeciti (responsabilità aquiliana, ex art. 2043 c.c.). L'obbligazione risarcitoria, per sua natura, sorge ex lege al momento in cui il fatto generatore si perfeziona con il concorso degli elementi costitutivi dell'illecito[9]. La prassi giudiziale di merito e di legittimità ante-2025 è stata tuttavia profondamente divisa sulla corretta interpretazione del requisito dell'atto avente data certa anteriore al sequestro in rapporto a tale peculiare tipologia di crediti, dando origine a una conflictio iuris in seno alla Corte di Cassazione.Questo filone giurisprudenziale propendeva per una lettura tassativa e restrittiva dell'articolo 52, comma 1, postulando che il credito risarcitorio fosse opponibile al sequestro solo ove risultasse già accertato e liquidato mediante un titolo formale che avesse conseguito la data certa in epoca anteriore al sequestro[10]. La ratio decidendi di tale orientamento si radicava su due pilastri fondamentali: il formalismo probatorio di diritto civile e la funzione di garanzia della misura di prevenzione. L'interpretazione faceva leva sull'articolo 2704 c.c.[11], ritenendo che la nozione di "atto avente data certa" dovesse essere interpretata in senso stretto. Di conseguenza, la sentenza di condanna, se successiva, era vista non come una mera ricognizione di un diritto, ma come l'atto costitutivo della certezza opponibile in sede concorsuale. Questa visione era tesa a massimizzare la tutela della massa ablatoria pubblica, prevenendo il rischio di simulazioni o frodi al passivo attraverso l'asserzione di fatti la cui verificabilità cronologica era debole. Questa tendenza è stata rappresentata da pronunce come quella della Cassazione, Sezione I, nel 2022 (c.d. Sentenza Anemone)[12].L'orientamento contrapposto muoveva da una prospettiva sostanzialistica del diritto, ritenendo che l'obbligazione risarcitoria, in quanto obbligazione ex lege, avesse una natura ontologicamente preesistente rispetto al titolo giudiziale. La ratio decidendi di questa tendenza si fondava sull'esigenza di tutelare il terzo incolpevole e sul principio di efficacia causale dell'illecito: si sosteneva che la fonte dell'obbligazione fosse il fatto illecito (ex art. 2043 c.c.), e non l'accertamento giudiziale. Pertanto, la sentenza, anche se posteriore al sequestro, era considerata avere una funzione meramente dichiarativa, ricognitiva e liquidativa di un diritto già acquisito. Si sottolineava, in questo contesto, come il formalismo estremo sacrificasse il diritto fondamentale del terzo (art. 24 Cost.) in nome di un timing processuale, ponendosi in netta frizione con i principi di civiltà giuridica. Questa linea è stata rappresentata da pronunce come quella della Cassazione, Sezione VI, del 2023 (c.d. Sentenza Associazione antiracket)[13].Il palese e irrisolto contrasto interpretativo sulla nozione di "atto avente data certa", unitamente ai rigidi dinieghi espressi dai tribunali di merito[14] , ha generato una profonda aporia sistemica. Tale crisi ermeneutica ha reso indispensabile l'intervento chiarificatore e compositivo delle Sezioni Unite Penali, il cui giudizio di nomofilachia, concretizzatosi nella sentenza n. 37200 del 2025[15], si pone come la soluzione definitiva volta ad armonizzare gli orientamenti contrastanti.

4. Il Principio di Diritto delle Sezioni Unite 

L'intervento nomofilattico della Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite Penali, con la Sentenza n. 37200 del 2025[16] ha rappresentato un'autentica cesura dogmatica con la giurisprudenza precedente in materia di anteriorità dei crediti da fatto illecito. La pronuncia ha risolto l'aporia interpretativa sull'articolo 52 del c.d. Codice antimafia, abbandonando il rigore formalistico in favore del diritto sostanziale.Il principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite ha segnato una netta linea di demarcazione con l'orientamento precedentemente definito come "rigido". Tale orientamento, basato su un'interpretazione strettamente letterale dell'articolo 52, comma 1, del D.Lgs. n. 159/2011 e dell'articolo 2704 c.c., riteneva il credito risarcitorio opponibile solo se già cristallizzato in un atto formale idoneo avente data certa prima del sequestro di prevenzione.

La cesura dogmatica risiede nell'abbandono del tempo della prova formale (tempus probationis) per adottare il tempo della generazione dell'obbligazione (tempus generationis).

Il contrasto con la prassi antecedente (spesso consolidata in alcune sezioni della Cassazione e nei tribunali di prevenzione) è massimo:

  • Orientamento Rigido Superato: la tutela del terzo era subordinata a un criterio estrinseco (la data del titolo). La sentenza di accertamento del danno era di fatto considerata costitutiva della opponibilità, portando alla sistematica esclusione dei crediti da illecito se la sentenza interveniva in epoca successiva all'ablazione.
  • Principio Sostanziale Vigente: la Suprema Corte, affermando il primato del fatto generatore, ha stabilito che l'oggetto della prova per il giudice è l'antecedenza inequivocabile del fatto illecito stesso.

La Suprema Corte ha stabilito che il requisito dell’anteriorità di cui all'articolo 52, comma 1, del D.Lgs. n. 159/2011, per i crediti derivanti da fatto illecito (ex art. 2043 c.c.), deve essere ontologicamente riferito al momento in cui l’evento lesivo si è verificato, vale a dire al fatto generatore dell'obbligazione risarcitoria, e non al momento in cui il credito sia divenuto liquido ed esigibile per effetto della sua quantificazione giudiziale successiva.

Il decisum è una vera e propria rivoluzione dogmatica che evita la sistematica penalizzazione della vittima [17](Cfr. il caso Kebbouche Abdelfateh, in cui i fatti erano anteriori al sequestro, ma l'accertamento successivo).

La giustificazione dogmatica del decisum è profondamente ancorata al diritto civile e alla teoria dell'obbligazione. L'obbligo di risarcimento sorge ex lege per effetto della realizzazione degli elementi costitutivi della fattispecie dannosa[18] (ex art. 2043 c.c.: condotta, danno ingiusto, nesso di causalità e elemento soggettivo).

Le Sezioni Unite hanno sancito che, coerentemente con la natura del danno aquiliano, la sentenza di condanna non ha natura costitutiva del diritto, ma svolge una funzione meramente dichiarativa, ricognitiva e liquidativa. Essa si limita ad accertare e a quantificare un diritto che era già sorto nel patrimonio del terzo danneggiato.

Questa impostazione valorizza il principio di immanenza del diritto di credito nel patrimonio della vittima: il diritto non è generato dal titolo giudiziale, ma esiste in potenza sin dal danno ingiusto. L'adozione del criterio del fatto generatore è l'unica via per garantire la proporzionalità della confisca: riconoscendo l'esistenza del diritto sin dalla sua genesi, si impedisce che la confisca, pur legittima, si traduca in una indebita espropriazione del diritto risarcitorio del terzo, mantenendo l'equilibrio richiesto dai principi costituzionali ed europei.

La Suprema Corte si è allineata implicitamente alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), che, nell'interpretare l'articolo 1 del Protocollo Addizionale n. 1 (diritto al rispetto dei beni), esige che la misura ablativa non imponga al terzo un onere individuale eccessivo e realizzi un "giusto equilibrio" tra l'interesse pubblico (lotta alla criminalità) e la salvaguardia dei diritti fondamentali del terzo incolpevole (Cfr. Corte EDU, Arcuri c. Italia e S.C. c. Italia). Solo riconoscendo l'anteriorità sostanziale del diritto si può affermare l'incolpevolezza del terzo, condizione imprescindibile per la legittimità convenzionale della confisca.

Il principio del fatto generatore ha immediate e significative ricadute pratiche sui procedimenti di verifica dei crediti. Il cambiamento centrale è il passaggio dalla verifica documentale alla ricostruzione storica e sostanziale.

Prova Richiesta al Creditore: il creditore non può più limitarsi a depositare un titolo avente data certa, ma è chiamato a provare in modo stringente la sussistenza del fatto generatore e la sua anteriorità al sequestro, fornendo:

  • la prova dell'evento lesivo (es. denunce, referti medici, verbali di polizia, ricostruzioni tecniche).
  • il nesso causale e l'elemento soggettivo (doloso o colposo) dell'illecito, anche se il titolo di accertamento è successivo.

Valutazione del Giudice di Prevenzione: Il giudice delegato o il tribunale, coadiuvato dall'amministratore giudiziario, non si concentra sulla data di un documento, ma sulla verosimiglianza storica e probatoria dell'illecito. Questo esige un controllo rigorosissimo e un'attività istruttoria di natura quasi penale o civile di cognizione, al fine di evitare che l'elasticità temporale si trasformi in un veicolo per nuove simulazioni al passivo o per l'inserimento di crediti fittizi post-sequestro.

La soluzione delle Sezioni Unite è stata ampiamente accolta nella dottrina italiana come un necessario riallineamento sistemico.[19]

L'analisi più completa sulla tematica della confisca e dei diritti dei terzi, con particolare enfasi sui profili critici, è rintracciabile nella monografia di Francesco Menditto, Le confische di prevenzione e penali. La tutela dei terzi, che ha storicamente inquadrato i limiti del formalismo e le esigenze di garanzia.

Sul Rischio di Riduzione della Massa Confiscabile, autori attenti all'efficacia profilattica della confisca (come lo stesso Menditto) hanno espresso preoccupazione. Il criterio del fatto generatore, pur tutelando il terzo, sposta la sfida probatoria, aumentando il rischio che la massa definitivamente confiscabile sia erosa da pretese risarcitorie la cui prova è demandata a una complessa e talvolta lacunosa ricostruzione storica. Si pone il tema del giusto bilanciamento tra la funzione riparatoria [20](pro-vittima, sostenuta da autori come A. Rossi e V. Bove) e la funzione ablatoria di neutralizzazione della ricchezza illecita.

L'Obbligazione Aquiliana nel contesto preventivo: la Sentenza chiarisce che il diritto preventivo non può alterare la struttura dell'obbligazione civile: il diritto risarcitorio è un bene che nasce al momento del danno. In questo senso, la norma antimafia deve cedere alla logica civilistica dell'immanenza del diritto. La confisca può colpire solo ciò che è illecito nel patrimonio del proposto, e il patrimonio si intende al netto delle passività sorte prima della presunzione di illiceità, anche se queste passività sono state accertate solo successivamente.

Confronto con le Esperienze Europee: L'approccio sostanzialistico adottato è in linea con la tendenza manifestata in diverse giurisdizioni europee e dalle Direttive UE (es. Direttiva 2014/42/UE) che, nell'ambito delle confische estese, esigono la tutela effettiva dei terzi incolpevoli, dislocando la verifica sull'effettiva insussistenza di collusione e sull'antecedenza sostanziale del diritto del terzo, piuttosto che sul mero formalismo della "data certa". Tale allineamento rafforza la coerenza del sistema italiano con gli standard di tutela multilivello dei diritti.

5. Il Locus sistemico dell'art. 52 

La Sentenza n. 37200/2025 delle Sezioni Unite non è un mero intervento di nomofilachia, ma un’autentica cesura dogmatica che riconfigura il locus sistemico dell'Articolo 52, comma 1, del D.Lgs. n. 159/2011, determinando la definitiva crisi del formalismo probatorio a favore di un sostanzialismo giuridico[21] che aderisce alla genesi ontologica del diritto di credito.

L'imposizione del criterio del fatto generatore per i crediti nascenti da responsabilità aquiliana (ex art. 2043 c.c.) sancisce il superamento definitivo del dualismo tra il tempo della prova formale (tempus probationis, rigidamente ancorato all'atto avente data certa ex art. 2704 c.c.) e il tempo della generazione dell'obbligazione (tempus generationis)[22]. La dogmatica del diritto della prevenzione, influenzata dalla priorità di neutralizzare frodi e simulazioni al passivo, aveva storicamente sacrificato la sostanza del diritto risarcitorio alla certezza documentale[23].

La Suprema Corte ha riconosciuto che la funzione di garanzia della confisca non può alterare la struttura dell'obbligazione civile: il diritto al risarcimento, in quanto bene che sorge ex lege al momento del danno ingiusto, è ontologicamente preesistente. Il diritto preventivo, in questo specifico ambito, cede alla logica civilistica dell'immanenza del credito nel patrimonio del terzo, a condizione che quest'ultimo abbia agito con la richiesta diligentia quaesita (buona fede qualificata)[24].

L’impatto dogmatico più significativo risiede nella de-formalizzazione del filtro selettivo oggettivo. La sentenza riduce drasticamente la funzione di screening documentale dell'articolo 52, comma 1. Il requisito dell'anteriorità non è più soddisfatto per presunzione (derivante dalla data certa), ma deve essere accertato nel merito in via retrospettiva.

Questa virata dogmatica, pur necessaria per il rispetto dei principi costituzionali ed europei (Art. 1 Prot. 1 CEDU), determina una riconfigurazione del rischio: il sistema abbandona il rischio di ingiustizia sostanziale (esclusione della vittima incolpevole) per accettare il rischio di espansione del passivo. Viene meno il presidio formale che, pur rigoroso, operava come baluardo contro l'espansione della massa passiva[25], rendendo l'art. 52 meno un filtro e più un onere di cognizione estesa per il Giudice Delegato.

L'adozione del criterio del fatto generatore introduce immediate e gravose sfide operative per i Tribunali e gli Amministratori Giudiziari:

  1. Rischi Probatori Accresciuti: il terzo creditore è ora chiamato a provare la cronologia e gli elementi costitutivi del fatto illecito stesso (condotta, evento dannoso, nesso causale) in un contesto cautelare e preventivo, che non è attrezzato per una cognitio penale o civile di merito[26]. Il Giudice deve compiere una complessa indagine retrospettiva (historia facti), basandosi su prove che potrebbero essere lacunose o non definitive (denunce, referti medici, verbali di polizia), accrescendo la discrezionalità e il rischio di errore giudiziale nella ricostruzione fattuale.
  2. Aumento del Carico Istruttorio: l'obbligo di svolgere una complessa cognitio retrospettiva per ogni istanza risarcitoria trasforma la verifica del passivo in un mini-giudizio di quasi-merito per ogni singolo credito ex art. 2043 c.c. Ciò si traduce in un significativo aggravio del carico di lavoro per le Sezioni Misure di Prevenzione e per gli Amministratori Giudiziari, che devono istruire fascicoli con complessità istruttorie tradizionalmente estranee al procedimento di prevenzione.
  3. Ricadute sui Creditori Concorsuali: la potenziale espansione del passivo a crediti la cui prova del fatto generatore è per sua natura meno certa e documentata rispetto, ad esempio, a un credito ipotecario o chirografario con data certa, comporta un rischio di diluizione per gli altri creditori legittimi. L’immissione di crediti da fatto illecito su base sostanzialistica può ridurre percentualmente la capacità di recupero degli altri creditori in sede di riparto, aumentando la complessità gestionale e concorsuale dell'Amministrazione Giudiziaria.

La  Sentenza n. 37200/2025, pertanto,  è un correttivo dogmatico imprescindibile per l’allineamento sistemico e la tutela dei diritti fondamentali.[27] Essa, tuttavia, sposta la difesa della massa confiscabile dal piano del formalismo documentale a quello della qualità probatoria e del rigore istruttorio, esigendo dalla Magistratura l'applicazione di una diligentia interpretativa e fattuale di altissimo livello per garantire il corretto bilanciamento tra la funzione riparatoria e l'imperativo di neutralizzazione criminale[28].

La Sentenza in commento  pur risolvendo un contrasto dogmatico sul requisito dell'anteriorità, ha un impatto che travalica la mera questione interpretativa, imponendo una profonda riconfigurazione operativa su tutti i pilastri del sistema. Questa svolta, necessaria per garantire il principio di proporzionalità della misura preventiva e il principio di ragionevolezza costituzionale[29], colpisce principalmente tre categorie: la magistratura, investita dell'onere di accertamento; la vittima, al centro della rinnovata tutela del diritto; e il sistema nel suo complesso, costretto a gestire una nuova distribuzione del rischio.

Il superamento del filtro documentale basato sull'articolo 2704 c.c. comporta un incremento dell'onere istruttorio per i Giudici Delegati e l'Amministrazione Giudiziaria, che non è più in grado di limitarsi alla facile verifica di un atto formale avente data certa. Il giudice deve ora assumere un ruolo attivo di accertamento retrospettivo dei fatti, operando una complessa cognitio finalizzata a verificare la cronologia sostanziale e gli elementi costitutivi dell'illecito (ex art. 2043 c.c.), anche in assenza di un titolo giudiziale definitivo[30].

Questa attività, che richiede una profonda immersione nella ricostruzione fattuale (historia facti), espone le Sezioni Misure di Prevenzione – che non sono strutturalmente equipaggiate per una tale estensione della cognizione di merito – a un inevitabile aggravio del carico processuale. Il rischio è che la validità del filtro oggettivo dipenda eccessivamente dalla discrezionalità interpretativa del giudicante e dalla complessità del materiale probatorio fornito dal terzo, esigendo un rigore istruttorio finora richiesto solo in sede di cognizione penale o civile[31].

Per le vittime e i creditori da fatto illecito, la Sentenza n. 37200/2025 è un'essenziale garanzia di giustizia sostanziale e un'affermazione della prevalenza del diritto sostanziale sulla forma processuale. Viene definitivamente sancita la possibilità di ammissione dei crediti, anche se la sentenza di condanna o di accertamento è intervenuta successivamente al sequestro, eliminando la storica penalizzazione che gravava sul terzo incolpevole.[32]

Il rovescio della medaglia risiede nel nuovo onere probatorio imposto alla vittima: non basta più presentare il titolo, ma è indispensabile allegare e dimostrare con prova stringente l'antecedenza causale del fatto generatore. La tutela del credito, pur non più condizionata dal timing processuale, rimane rigidamente legata al superamento del filtro della buona fede qualificata (diligentia quaesita), in quanto il terzo è chiamato a dimostrare non solo l'anteriorità del danno, ma anche la propria totale estraneità al circuito criminale del proposto[33].

La decisione della Suprema Corte comporta una riconfigurazione del rischio sistemico. Il sistema di prevenzione, pur guadagnando in coerenza assiologica e allineamento europeo, accetta il rischio di una potenziale espansione della massa passiva a crediti la cui prova è per sua natura meno certa e verificabile rispetto, ad esempio, a un credito ipotecario[34].

L'Articolo 52 si configura così come un filtro sostanziale di merito la cui efficacia non è più garantita da un automatismo formale, ma è interamente demandata alla qualità del controllo istruttorio. Il nuovo equilibrio sistemico consiste nell'affermazione che l'efficacia della lotta antimafia non può essere ottenuta a costo della lesione dei diritti fondamentali. La Sentenza fissa il principio: la tutela del credito leale è un presupposto di legittimità della confisca, ed esige che l'imperativo di neutralizzazione della ricchezza illecita sia perseguito senza ledere la sfera giuridica dei terzi non collusi[35].

In conclusione, la sentenza n. 37200/2025 non solo chiarisce il diritto, ma impone alla Magistratura e agli Amministratori Giudiziari un decisivo salto di qualità operativo e una maggiore diligenza ermeneutica per garantire che l'apertura al criterio sostanzialistico non diventi un nuovo veicolo di simulazione, mantenendo intatta la ratio di prevenzione.

6.  Conclusioni dogmatiche e prospettive sistemiche

La Sentenza n. 37200/2025 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite Penali non è un mero esercizio di self-correction giurisprudenziale, ma si impone come l'atto conclusivo di una storica crisi ermeneutica. La pronuncia costituisce un atto di nomofilachia fondativo che ridefinisce l'equilibrio tra l'imperativo di contrasto alla criminalità organizzata e la tutela dei diritti fondamentali.

Il fulcro dell'innovazione è rappresentato dal principio di diritto enunciato in termini perentori, che risolve la conflictio iuris sull'Articolo 52 del Codice Antimafia «in tema di verifica dei crediti sui beni oggetto di sequestro di prevenzione, il requisito dell'anteriorità, ai sensi dell'articolo 52, comma 1, del D.Lgs. n. 159/2011, deve ritenersi soddisfatto, per i crediti nascenti da responsabilità aquiliana (ex Art. 2043 c.c.), provando l'antecedenza del fatto generatore dell'illecito rispetto alla data del sequestro, prescindendo dal requisito della data certa del titolo o del documento che lo accerta.[36]»

Questa statuizione sancisce la definitiva prevalenza della sostanza sulla forma, un passaggio cruciale che consente al sistema di superare la rigidità formalistica che penalizzava le vittime. Si afferma la logica civilistica dell'immanenza del credito – il diritto al risarcimento come bene che sorge ex lege al momento del danno [37]– in un contesto cautelare preventivo, garantendo in concreto la tutela del diritto sostanziale della vittima incolpevole.

L'operazione ermeneutica della Corte trova il suo irrinunciabile fondamento nel diritto multilivello, realizzando un pieno allineamento assiologico dell'ordinamento italiano.

Sotto il profilo costituzionale, l'abbandono del criterio della data certa si giustifica pienamente con il principio di proporzionalità e il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), evitando che il diritto al risarcimento sia compresso da un arbitrio cronologico del procedimento. Tale scelta garantisce la tutela giurisdizionale effettiva (art. 24 e art. 111 Cost.), in coerenza con la giurisprudenza della Corte Costituzionale che esige il massimo rigore nel bilanciamento tra efficacia della misura e garanzia dei diritti (Cfr. Sentt. n. 94/2015 e n. 26/2019)[38]. La Corte rafforza così la funzione preventiva della confisca senza violare i diritti patrimoniali dei terzi estranei all’attività criminosa.

Sotto il profilo europeo, la tutela sostanziale del terzo incolpevole è un imperativo imposto dall'articolo 1 del Protocollo Addizionale n. 1 della CEDU (libero godimento dei beni). La giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Cfr. Arcuri c. Italia e S.C. c. Italia) ha costantemente richiesto che la misura ablativa non si traduca in un onere sproporzionato[39]. L'intervento della Cassazione anticipa e garantisce la piena coerenza del modello italiano con la logica di tutela rafforzata imposta dalla Direttiva (UE) 2024/1260 sul recupero e la confisca dei beni.

L'implicazione operativa principale della Sentenza consiste nella necessità di sviluppare protocolli istruttori avanzati in sede di merito per verificare retrospettivamente la cronologia del fatto generatore, distinguendo i crediti genuini dai tentativi di abuso. L'evoluzione della prassi giudiziaria sarà cruciale per calibrare la rigorosità del controllo istruttorio, che rappresenta il nuovo baluardo contro l'espansione del passivo. L'applicazione della Direttiva UE 2024/1260 fungerà da banco di prova per l'effettiva tutela dei terzi incolpevoli in un contesto di crescente cooperazione internazionale, mentre non sono esclusi futuri interventi della Corte Costituzionale volti a valutare la proporzionalità e ragionevolezza dei requisiti residuali, come la diligentia quaesita.

In sintesi dogmatica, la Sentenza n. 37200/2025 stabilisce che la tutela del credito leale è un presupposto di legittimità della confisca. L’efficacia della funzione preventiva – elemento nevralgico della lotta antimafia – deve perseguire l'obiettivo di neutralizzare la ricchezza illecita senza ledere la sfera giuridica dei terzi incolpevoli, configurando un nuovo e imprescindibile equilibrio tra la profilassi antimafia e la tutela sostanziale dei diritti fondamentali. Il suo fulcro è il definitivo superamento del formalismo probatorio e l'inaugurazione di una nuova stagione di tutela sostanziale dei diritti dei terzi.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione).

[2] Cfr. Corte Cost. sent. n. 24/2019, che ne sancisce la natura ibrida; Cass. S.U. n. 4880/2014, Rv. 260381.

[3] D.Lgs. 159/2011, art. 52, comma 1.

[4] Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza n. 37200 del 2025 (R.G.N. 29938/2024), provvedimento che risolve il caso sollevato dal Tribunale di Torino nei confronti di Kebbouche Abdelfateh.

[5] Cfr. Cass. Pen., Sez. 6, n. 50018/2015, Rv. 265073; Cass. Pen., Sez. 6, n. 36690/2015, Rv. 265111, che qualificano la buona fede come diligenza qualificata.

[6] Rossi, A. (2024). La crisi del principio di non appartenenza al terzo incolpevole nel D.Lgs. 159/2011. Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale (2024), 112 ss.

[7] Art. 2043 del Codice Civile

[8]Menditto, F. (2023). La confisca di prevenzione tra efficacia e garanzie: profili critici della tutela dei terzi. Diritto Penale Contemporaneo (2023), 205 ss.

[9] Cfr. la struttura dell'illecito e i suoi elementi costitutivi: condotta, evento di danno, nesso causale ed elemento soggettivo.

[10] Interpretazione restrittiva basata sul rigore formalistico dell'Art. 2704 c.c. esteso al diritto di prevenzione

[11] Art. 2704 del Codice Civile (Data della scrittura privata nei confronti dei terzi).

[12] ⁵ Cfr. Cass. Pen., Sez. 1, Sentenza n. 13837 del 2022 (orientamento rappresentativo formalistico)

[13] Cfr. Cass. Pen., Sez. 6, Sentenza n. 13359 del 2023 (orientamento rappresentativo sostanzialistico)

[14] Cfr. Ritenuto in Fatto della Sentenza 37200/2025 (R.G.N. 29938/2024), che illustra il caso risolto dalle Sezioni Unite, come nel caso Kebbouche Abdelfateh, in cui l'accertamento giudiziale era intervenuto successivamente al sequestro, determinando l'esclusione del credito

[15] Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza n. 37200 del 2025 (R.G.N. 29938/2024).

[16] Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza n. 37200 del 2025 (R.G.N. 29938/2024).

[17] Cfr. Ritenuto in Fatto della Sentenza 37200/2025

[18] Cfr. Cian, G. e Trabucchi, A., Istituzioni di Diritto Civile, Cedam, Padova, o manuali civilistici equipollenti, sul momento genetico dell'obbligazione risarcitoria e la struttura dell'illecito aquiliano (ex Art. 2043 c.c.)

[19] Menditto, F. (Ultima edizione). Le confische di prevenzione e penali. La tutela dei terzi, Giuffrè, Milano (Monografia di riferimento).

[20] Cfr. la discussione sulla proporzionalità e la tutela dei terzi in Rossi, A. 2024; Cfr. Trinchera, T. (2025). Patrimoni sproporzionati e automatismi presuntivi: la Corte EDU richiama i giudici italiani al rispetto delle garanzie in materia di confisca di prevenzione. Sistema Penale; Brignone, C. (2024). Orientamenti giurisprudenziali recenti sui confini (incerti) dei diritti di difesa del terzo intestatario. Sistema Penale.

[21] Cfr. Rossi, A., La crisi del principio di non appartenenza al terzo incolpevole nel D.Lgs. 159/2011, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale (2024), 112 ss

[22] Cfr. Cian, G. e Trabucchi, A., Istituzioni di Diritto Civile, Cedam, Padova, per la distinzione dogmatica sul momento genetico dell'obbligazione risarcitoria

[23] Cfr. Manna, A., La confisca nel Codice antimafia, in Archivio Penale, ove l'Autore analizza l'evoluzione e la conflictio iuris delle misure patrimoniali

[24] Cfr. Cass. Pen., Sez. 6, n. 50018/2015, Rv. 265073, che qualifica la buona fede come dovere di diligenza qualificata (diligentia quaesita).

[25] Cfr. Menditto, F., Le confische di prevenzione e penali. La tutela dei terzi, Giuffrè, Milano (Monografia di riferimento), che evidenzia come il formalismo fosse inteso a proteggere la massa attiva.

[26] Cfr. Brignone, C., Orientamenti giurisprudenziali recenti sui confini (incerti) dei diritti di difesa del terzo intestatario, in Sistema Penale (2024), sul mutamento della prova e l'aumento della discrezionalità

[27] Cfr. Trinchera, T., Patrimoni sproporzionati e automatismi presuntivi: la Corte EDU richiama i giudici italiani al rispetto delle garanzie in materia di confisca di prevenzione, in Sistema Penale (2025), che sottolinea il dovere di allineamento

[28] Cfr. Menditto, F., La confisca di prevenzione tra efficacia e garanzie: profili critici della tutela dei terzi, in Diritto Penale Contemporaneo (2023), 205 ss., sulla tensione tra efficacia ablatoria e garanzie.

[29] Cfr. Manna, A., Le misure di prevenzione e la confisca allargata, Milano, che inquadra la necessità di allineamento del Codice Antimafia al diritto europeo e ai principi costituzionali

[30] Cfr. Rossi, A., La crisi del principio di non appartenenza al terzo incolpevole nel D.Lgs. 159/2011, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale (2024), 112 ss

[31] Cfr. Brignone, C., Orientamenti giurisprudenziali recenti sui confini (incerti) dei diritti di difesa del terzo intestatario, in Sistema Penale (2024), che analizza l'aumento della discrezionalità nel giudizio

[32] Cfr. Menditto, F., Le confische di prevenzione e penali. La tutela dei terzi, Giuffrè, Milano, che evidenzia i limiti del formalismo in relazione ai principi di garanzia

[33] Cfr. Cass. Pen., Sez. 6, n. 50018/2015, Rv. 265073, sul concetto di buona fede qualificata (diligentia quaesita).

[34] Cfr. Menditto, F., La confisca di prevenzione tra efficacia e garanzie: profili critici della tutela dei terzi, in Diritto Penale Contemporaneo (2023), 205 ss., sulla tensione tra efficacia ablatoria e garanzie.

[35] Cfr. Trinchera, T., Patrimoni sproporzionati e automatismi presuntivi: la Corte EDU richiama i giudici italiani al rispetto delle garanzie in materia di confisca di prevenzione, in Sistema Penale (2025).

[36] Cfr. Cass. S.U., 37200/2025. La Corte ha risolto il contrasto sorto sulla base del dettato dell'Art. 52, comma 1, D.Lgs. n. 159/2011

[37] Cfr. Di Majo, A., La tutela civile dei diritti, per l'inquadramento dogmatico del diritto al risarcimento

[38] Cfr. Corte Cost., n. 94/2015, in tema di necessità di bilanciamento e garanzia dei diritti nel procedimento di prevenzione

[39] Cfr. Corte Cost., n. 94/2015, in tema di necessità di bilanciamento e garanzia dei diritti nel procedimento di prevenzione