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Pubbl. Mer, 19 Lug 2023

Il delitto di fatturazione fraudolenta

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Marco Taffarello
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Torino



L´emissione di fatture per operazioni inesistenti: elementi di base e criticità della norma dedicata all´incriminazione di fatti prodromici all´evasione


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The crime of fraudulent billing

The issue of invoices for non-existent operations: basic elements and criticality of the standard dedicated to the incrimination of facts prior to evasion

Sommario: 1. Il reato: primi cenni introduttivi; 2. Le fatture e gli altri documenti per operazioni inesistenti; 3. La nozione di falso e l'inesistenza dell'operazione, 4. Soggetti attivi; 5. La condotta tipica; 6. L'elemento soggettivo; 7. Conclusioni.

1. Il reato: primi cenni introduttivi

L’emissione di fatture per operazioni inesistenti - anche detta fatturazione fraudolenta - è un reato disciplinato dall’art. 8 d.lgs. 74/2000 (noto come "Legge antiriciclaggio"), consistente nella condotta di colui che, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette fatture o documenti di analoga natura relative a prestazioni inesistenti. La pena prevista dalla norma è della reclusione da quattro a otto anni[1].

La fattispecie incriminatrice presenta le seguenti peculiarità: a) il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è un reato comune che può, quindi, essere commesso da chiunque; b) si tratta di un reato di pericolo, istantaneo e di mera condotta che, quindi, si perfeziona con la semplice condotta posta in essere dall’agente, indipendentemente dal verificarsi di un evento di danno; c) l’elemento soggettivo è rappresentato dal dolo specifico, in quanto, reato caratterizzato da una specifica finalità dell’azione dell’emittente; d) bene giuridico tutelato della norma è la salvaguardia della pretesa impositiva dello Stato – e, di conseguenza, il corretto adempimento delle obbligazioni tributarie – avente ad oggetto l’esatta percezione dei tributi.  

La fattispecie prevista dall’art. 8 d.lgs. 74/2000 anticipa la rilevanza penale alle condotte preannuncianti la possibile commissione di un reato di dichiarazione fraudolenta mediante elementi fittizi ex art. 2 d.lgs. 74/2000: il documento falso è infatti plausibilmente destinato ad essere indicato nella dichiarazione dell’utilizzatore, il quale si sottrarrà all’esatto adempimento dell’obbligazione tributaria[2].

Si tratta di una forma di frode fiscale che rappresenta una minaccia sia per l'integrità del sistema fiscale che per l'intero sistema economico. Dal punto di vista economico, la fatturazione fraudolenta ha un impatto negativo sull'economia dello Stato. Le transazioni fittizie o inesistenti creano false enrate e spese nelle registrazioni contabili delle imprese coinvolte, alterando la realtà finanziaria e rendendo difficoltoso il monitoraggio delle transazioni economiche effettive. Ciò può comportare una distorsione delle statistiche economiche, un aumento dell'evasione fiscale e una riduzione delle entrate fiscali per per lo Stato, che potrebbero essere utilizzate per finanziare servizi pubblici essenziali. 

2. Le fatture e gli altri documenti per operazioni inesistenti

L’oggetto materiale del reato è circoscritto a due categorie di atti: le fatture e gli altri documenti di analoga natura, per tali intendendosi a norma dell’art. 1, co. 1 lett. a), d.lgs. 74/2000 le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie.

Scendendo più nel particolare, fatture sono quelle «dichiarazioni di scienza, che si inserisce nella fase esecutiva conseguente alla conclusione di un contratto, e che è volta a fornire documentazione probatoria al contratto stesso e della relativa cessione di un bene o prestazione di un servizio»[3].                               

Più difficile è la classificazione della seconda classe di documenti rilevanti per la configurabilità del reato in esame. Un importante punto di partenza è dato dal citato art. 1, co. 1 lett. a), d.lgs. 74/2000, il quale, precisa come essi debbano comunque avere in base alle norme tributarie, rilievo probatorio analogo a quello della fattura. La ratio di questa norma sembra essere quella di delimitare l’ambito applicativo della disposizione e, allo stesso tempo, lasciare aperto il novero delle possibilità di individuazione dei documenti rilevanti ai fini fiscali[4]. Anche al fine di chiarire questa difficile classificazione, la giurisprudenza costituzionale ha poi elaborato – tuttora continua ad elaborare - una elencazione di documenti assimilabili alle fatture. A titolo esemplificativo e non esaustivo si possono citare: le ricevute fiscali, le ricevute per le spese mediche, gli scontrini fiscali, le schede carburante, le ricevute per interessi su mutui, ecc. 

3. La nozione di falso e l'inesistenza dell'operazione

I documenti sopra menzionati acquistano rilevanza in relazione al reato di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000 solo se relativi ad operazioni inesistenti.

Operazioni inesistenti, sono da intendersi, ai sensi dell’art. 1, co. 1 lett. a), d.lgs. 74/2000 le operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi. La norma contempla tre diverse ipotesi di inesistenza: l’inesistenza oggettiva (materiale – assoluta o relativa – ovvero giuridica), la sovrafatturazione e l’inesistenza soggettiva. La tipicità del fatto è invece esclusa quando la prestazione sia stata effettuata ma il relativo corrispettivo sia indicato in fattura in misura inferiore a quella reale (cd. sotto-fatturazione)[5]

Le prime delle tre categorie è quella dell’inesistenza oggettiva, nelle forme della inesistenza materiale (sia essa assoluta o relativa) ovvero giuridica. Si ha inesistenza materiale assoluta quando si documenta un’operazione mai posta in essere nella realtà; si ha, invece, inesistenza materiale relativa nel caso in cui la prestazione sia stata realmente effettuata ma per quantitativi inferiori rispetto a quelli indicati. L’inesistenza giuridica si ha invece quando si rappresenta nel documento contabile un negozio giuridico apparente, ossia diverso rispetto a quello effettivamente posto in essere.

Si parla di sovrafatturazione quando le fatture o gli altri documenti contabili sono relativi ad operazioni realmente effettuate ma recano l’indicazione di un corrispettivo maggiore di quello effettivamente versato: nel linguaggio le cd. “fatture gonfiate”. 

Terza ed ultima ipotesi di falsità è quella della inesistenza soggettiva[6] che si ha quando le fatture o gli altri documenti contabili oggetto di imposizione fiscale riferiscono di un’operazione realmente avvenuta ma tra parti diverse da quelle effettive[7]. Il delitto, inoltre, è configurabile anche in caso di fatturazione in cui non siano stati individuati il soggetto o i soggetti che abbiano erogato la prestazione: la fattura emessa da un soggetto diverso da quello che ha realmente eseguito la prestazione, permette a quest'ultimo di non emettere fattura e, quindi, non risultando come debitore IVA, viene fraudolentemente esonerato dal versamento della stessa[8].

In alcuni casi, può comunque essere difficile stabilire in modo definitivo se un'operazione commerciale sia effettivamente inesistente o se la fattura è stata emessa in modo fraudolento. Questo, unito all'ambiguità delle definizioni legali e alla mancanza di linee guida, possono chiaramente generare interpretazioni diverse da parte delle autorità competenti, con gravi riflessi negativi in capo agli operatori economici. 

4. Soggetti attivi

Il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è un reato comune che può, quindi, essere commesso da chiunque e non solo da soggetti detentori di partita IVA obbligati, in quanto tali, all’emissione di fatture e documenti equipollenti. Oltre al dato letterale, volutamente indirizzato ad un numero assai ampio di destinatari - la norma punisce espressamente “chiunque” -, questa conclusione può anche ricavarsi dalle seguenti considerazioni: a) la genericità espressa dalla norma nell’individuazione dei documenti che possono essere oggetto di falsità, permette di ricomprendere tra questi anche documenti non riservati esclusivamente a soggetti titolari di partita IVA [9]; b) l’emissione di una fattura falsa ben potrebbe provenire da un soggetto non autorizzato al suo rilascio, sarebbe in questi casi illogico non ritenere penalmente perseguibile l’autore della condotta; c) la fattura può, infine, essere emessa da società estere che ricoprono il ruolo di “cartiere[10]” e che, proprio perché estere, non hanno una posizione IVA nel nostro Paese[11]

5. La condotta tipica

Il fatto tipico consiste nell’emettere o rilasciare fatture, o documenti di analoga natura, relative ad operazioni inesistenti. È opportuno precisare che, trattandosi di reato di pericolo, la norma non richiede che all’emissione di fatture inesistenti consegua l’effettivo utilizzo del documento falso tramite la presentazione della dichiarazione fraudolenta, e quindi, l’evasione fiscale del terzo utilizzatore, essendo sufficiente la semplice condotta posta in essere dall’agente[12].

Detto questo, è però bene specificare come il reato non trovi il suo momento consumativo nell’istante in cui si “confeziona” la falsa fattura - non rilevando la sola detenzione del falso -, bensì quando tale documento esca dalla disponibilità dell’emittente e sia consegnato (o trasmesso) all’eventuale futuro utilizzatore. È infatti attraverso questa fuoriuscita (e il conseguente pervenimento del documento nella disponibilità del destinatario) che si verifica la messa in pericolo del bene finale tutelato dalla norma, oggetto di una tutela anticipata, mediante la punizione di comportamenti propedeutici all’evasione fiscale[13].      

Molto spesso la condotta punita dall’art. 8 d.lgs. 74/2000 viene, di fatto, reiterata dall’agente nel corso dello stesso periodo di imposta attraverso l’emissione e la consegna di plurimi documenti fiscali falsi. La norma, prevedendo casi del genere, stabilisce che l’emissione di una pluralità di fatture inesistenti nello stesso periodo d’imposta - sia nei confronti dello stesso soggetto che nei confronti di differenti soggetti -, dà luogo ad un unico reato[14]. Una simile previsione, avente come scopo il contenimento del trattamento sanzionatorio, si è resa necessaria per via della mancanza di un momento unificante quale quello costituito dalla presentazione della dichiarazione, il quale invece caratterizza il delitto di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000, la cui unicità deriva per l’appunto, ancorché siano utilizzate più fatture, dall’unicità della dichiarazione[15]. La ratio di tale previsione è stata anche chiarita dalla Relazione al d.lgs. 74 del 2000 ove si legge che, in considerazione della «evidente interconnessione tra l’emissione di falsa documentazione e l’utilizzazione della stessa al fine di avvalorare dichiarazioni mendaci è apparso necessario introdurre opportuni correttivi volti ad evitare che, al di là della diversa strutturazione delle due ipotesi criminose[…], si determini una troppo marcata disparità di trattamento sanzionatorio tra emittente e utilizzatore, in danno del primo, tale da dare esca a sospetti di violazione del principio di cui all’art. 3 Cost […]. In tale ottica, poiché dal versante dell’utilizzatore l’impiego di più fatture o documenti falsi a supporto di una medesima dichiarazione mendace da comunque luogo ad un unico reato, si è previsto, al comma 2 dell’articolo 8, che anche nei confronti dell’emittente la formazione di una pluralità di fatture o documenti falsi nel medesimo periodo di imposta (non import  se a favore dello stesso o di diversi soggetti) integri un solo episodio criminoso anziché tanti reati quanti sono i documenti emessi»[16].

Alla luce di quanto fin qui detto in riferimento al comma secondo dell’art. 8 d.lgs. 74/2000, può ulteriormente dirsi: i) il medesimo periodo d’imposta costituisce il limite varcato il quale la reiterata emissione di documenti falsi integra una pluralità di reati (eventualmente legati dal vincolo della continuazione)[17]; ii) il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti è un reato eventualmente abituale, e quindi pur suscettibile di essere consumato con una singola condotta, rimane unico anche laddove le azioni tipiche vengano ripetute nel tempo; iii) nel caso di una pluralità di fatture false nel medesimo periodo di imposta, permanendo la consumazione del reato sino al momento dell’ultima emissione, la prescrizione inizierà a decorrere dall’emissione dell’ultima fattura[18].

6. L'elemento soggettivo 

Il delitto di cui all’art. 8 d.lgs. 74/2000 è punibile esclusivamente a titolo di dolo.

L’elemento soggettivo della fattispecie non si esaurisce, però, nella coscienza e volontà di emettere o rilasciare documenti fiscali ideologicamente falsi attestanti operazioni inesistenti, ma richiede qualcosa in più. Il quid pluris è rappresentato dalla finalità dell’agente di consentire ai terzi – di regola al soggetto utilizzatore i documenti contabili - l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Finalità chiaramente comprensiva – considerato il bene giuridico tutelato dalla norma - anche del fine di consentire ai terzi il conseguimento di un indebito rimborso, o il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta. 

L’elemento psicologico è, dunque, costituito dal dolo specifico che, non richiede il necessario raggiungimento dell’obiettivo prefissato, essendo sufficiente il compimento dell’atto tipico supportato dalla specifica finalità evasiva, a prescindere poi dall’effettivo conseguimento dell'illecito stessa[19]. L'evasione di imposta non è infatti elemento costitutivo del delitto di fatturazione fraudolente, ma carattezza il dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell'agente[20].

 

7. Conclusioni

Analizzati gli elementi fondamentali e talune criticità della cd. fatturazione fraudolenta, nonché appurata la pericolosità e dannosità per l'intero sistema economico, alcune considerazioni ulteriori appaiono necessarie. 

In primo luogo, alla luce della ratio anticipatoria che accompagna l'art. 8 d.lgs. 74/2000 nonché della sua classificazione come reato di mero pericolo, la pena prevista dalla legge appare eccessivamente severa rispetto alla gravità dell'azione. A parere del presente autore non si spiega perchè vada punita così duramente una condotta che, a ben vedere, potrebbe anche non sfociare in un'evasione fiscale. Sarebbe forse più appropriato, ed ugualmente dissuasivo, adottare misure amministrative e sanzioni fiscali per affrontare il problema. 

In secondo luogo, per contrastare il reato di fatturazione fraudolenta, le autorità italiane hanno rafforzato i controlli fiscali e adottato misure preventive. L'Agenzia delle Entrate, che è l'organismo fiscale italiano, dispone di strumenti di monitoraggio e analisi delle operazioni commerciali (anche collaborando con le istituzioni finanziarie) per individuare transazioni sospette o irregolari. Inoltre, sono stati introdotti obblighi di documentazione e registrazione delle operazioni commerciali per ridurre il rischio di frode. Seppur da un lato tali strumenti sono da apprezzare nella misura in cui rendono più difficoltosa la manovra delittuosa, dall'altro, possono richiedere un significativo aumento del carico amministrativo, burocratico e quindi un maggior utilizzo di tempo, risorse e costi in capo alle imprese, specialmente quelle di piccole dimensioni. Questo potrebbe essere percepito come un ostacolo alla libera attività economica e alla competitività delle imprese, nonché creare un clima di sfiducia ed incertezza per le imprese legittime comunque sottoposte a stringenti controlli. 


Note e riferimenti bibliografici

[1] Il co. 2 bis prevede una pena che va da un anno e sei mesi a sei anni nel caso in cui l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture sia inferiore ad € 100.000

[2] A. GIARDA, A. PERINI e G. VARRASO, La nuova giustizia penale tributaria, CEDAM, 2016

[3] G.L. SOANA, I reati tributari, Giuffré, 2023

[4] B. SANTAMARIA, La frode fiscale, Giuffré, 2011

[5] E. MUSCO e F. ARDITO, Diritto penale tributario, Zanichelli, 2021

[6] Così Cass. Pen., Sez. III, 01.03.2023, n. 16576, in CED Cassazione 2023, secondo cui «In tema di reati tributari, il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche nel caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, in cui l'operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e non vi sia, tuttavia, corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura o altro documento fiscale rilevante e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione, in quanto, anche in tal caso, è possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma, ovvero consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto»

[7] E.D. BASSO e A. VIGLIONE, I reati tributari, Giappichelli, 2013

[8] In tal senso Cass. Pen. Sez. III, 01.03.2023, n. 16576, in CED Cassazione 2023

[9] V. NAPOLEONI, I fondamenti del nuovo diritto penale tributario, IPSOA, 2000

[10] Per cartiere si intendono quelle imprese illecite create con l’unico o prevalente scopo di immettere sul mercato documentazione fittizia.

[11] A. D’AVVIRO e M. GIGLIOLI, I reati tributari, IPSOA, 2012

[12] In tal senso Cass. Pen., Sez. III, 06.12.2006, n. 40172; Cass. Pen. Sez. III, 11.06.2004, n. 26395, in CED Cassazione 2006 e 2004, secondo cui «La emissione di fatture per operazioni inesistenti […] si configura come un reato di pericolo astratto, atteso che mira a tutelare l’interesse dello Stato a non vedere ostacolata la propria funzione di accertamento fiscale anticipando la soglia dell’intervento punitivo rispetto al momento della dichiarazione ed essendo svincolata dal conseguimento di una effettiva evasione […]»

[13] In tal senso Cass. Pen., Sez. III, 18.04.2002, n. 1145, in Wolters Kluwer 2022

[14] Art. 8, comma II d.lgs 74/2000 “L’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato

[15] A. GIARDA, A. PERINI e G. VARRASO, La nuova giustizia penale tributaria, CEDAM, 2016

[16] Relazione al D.lgs. n. 74 del 2000, par. 3.2.1, in Camera.it

[17] A. LANZI e P. ALDROVANDI, Diritto penale tributario, CEDAM, 2020

[18] In tal senso Cass. Pen. Sez. III, 07.03.2013, n. 10558, in CED Cassazione 2013, secondo cui «Il termine di prescrizione del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti inizia a decorrere, per l’unità del reato previsto dall’art. 8, comma secondo, del d.lgs. 10 marzo 200, n. 74, non dalla data di commissione di ciascun episodio ma dall’ultimo di essi, anche nel caso di rilascio di una pluralità di fatture nel medesimo periodo di imposta»

[19] M. DI SIENA, La nuova disciplina dei reati tributari. Imposte dirette e IVA, GIUFFRÉ, 2000

[20] Così Cass. Pen., Sez. III, 09.11.2022, n. 4662, in CED Cassazione 2022, secondo cui «Ai fini della configurabilità del dolo richiesto dall'art. 8 del D.lgs. 74 del 2000, occorre che l'emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non essendo peraltro necessario che il terzo realizzi effettivamente l'illecito intento, posto che l'evasione di imposta non è elemento costitutivo del delitto di emissione di fattura o altri documenti per operazioni inesistenti, ma caratterizza il dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell'agente»