Il contratto preliminare di compravendita di fabbricato da costruire e la fideiussione
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Aurora Di Maio
Con ordinanza del 8 febbraio 2023, n. 3817, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la domanda di nullità del contratto preliminare di compravendita di immobile da costruire per mancanza della fideiussione prescritta dalla legge non possa essere accolta, se la domanda è proposta dopo l’ultimazione dei lavori e se non si è verificata l’insolvenza del costruttore.
Sommario: 1. Introduzione. I fatti - 2. Inquadramento normativo. La tutela apprestata all’acquirente di immobile da costruire - 3. Quando non si applicano le tutele previste dal d.lgs. 122/2005. Gli immobili “sulla carta” - 4. Tra nullità e abuso del diritto - 4.1. (Segue) Il principio di diritto della Cassazione.
1. Introduzione. I fatti
La vicenda su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza in esame, riguarda due persone che hanno concluso un preliminare di vendita di immobile da costruire il 24 giugno 2011 con una società costruttrice, versando a titolo di caparra confirmatoria un importo pari ad euro 50.000,00. Tale contratto risultava essere nullo ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. 122/2005 in quanto non era stata consegnata la fideiussione dal venditore e, pertanto, i compratori hanno agito in via monitoria chiedendo al Tribunale di Monza, il 10 giugno 2013, la restituzione delle somme versate con ciò dimostrando di non voler procedere alla conclusione dell’affare. La nullità è stata fatta valere dagli attori quando ormai l’immobile era stato ultimato e finanche ottenuto il certificato di agibilità; in particolare già nel mese di Marzo del 2011, quindi ancor prima della stipula del preliminare, la società costruttrice aveva ottenuto il rilascio del permesso di costruire, nel 2013 a febbraio l’immobile ormai ultimato e il mese successivo richiesta l’agibilità. A seguito di detta richiesta i promissari acquirenti eccepiscono la nullità del preliminare nel mese di aprile, al termine del quale il certificato è ormai rilasciato per silenzio-assenso, ma gli stessi procedono ugualmente in via monitoria dinanzi al Tribunale.
Per questi motivi, rilasciato e notificato il decreto ingiuntivo dal Tribunale adito, la società costruttrice propone opposizione al fine di ottenere la revoca del provvedimento e, in via riconvenzionale, domanda la declaratoria di legittimità del recesso da essa esercitato – con la conseguenziale trattenuta delle somme versate a titolo di caparra confirmatoria– sostenendo che i contraenti non avessero adempiuto agli obblighi assunti perché, chiamati dinanzi al notaio rogante l’atto di trasferimento dell’immobile ormai realizzato, non si sono mai presentati. Il Tribunale con la sentenza n. 60/2015 rigetta l’opposizione e non accoglie la domanda della società costruttrice confermando il decreto ingiuntivo opposto e condannando la stessa al pagamento integrale delle spese del giudizio sull’assunto che i contraenti, nei due anni trascorsi, avessero dato corso agli impegni assunti con il preliminare al tempo stipulato.
La società in questione, certa della legittimità di quanto da essa era stato sostenuto, propone appello con atto di citazione notificato il 7 luglio 2015 per i seguenti motivi: «a) erronea, contraddittoria e carente motivazione in ordine alla valutazione della sussistenza dei presupposti per l'operatività̀ della nullità̀ indicata dal D.lgs. n. 122 del 2005, art. 2 [...] ; b) l'omessa o carente motivazione con riguardo all'ammissibilità̀ del procedimento monitorio, per assenza di declaratoria di nullità̀ del contratto preliminare e conseguente inesistenza dei requisiti per l'adozione del decreto ingiuntivo; c) l'omessa o carente motivazione con riferimento al rigetto della proposta domanda riconvenzionale, atteso l'adempimento del promittente alienante e l'inadempimento dei promissori acquirenti, con il conseguente legittimo esercizio del diritto di recesso»[1].
I promissari acquirenti si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame e hanno, a loro volta, proposto appello incidentale accolto dalla Corte d’appello di Milano la quale, riconfermava la decisione pronunciata in primo grado e ricondannava la società costruttrice al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio[2].
A seguito dell’iter procedimentale descritto attori e convenuto giungono all’ultima fase del contenzioso: la società propone ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione avverso la sentenza pronunciata in appello a cui i soggetti in questione hanno continuato a resistere proponendo il proprio controricorso. L’ otto febbraio di quest’anno la Suprema Corte si pronuncia sulla causa posta al vaglio del suo giudizio emanando il principio di diritto, senza precedenti, riportato in epigrafe.
2. Inquadramento normativo. La tutela apprestata all’acquirente di immobile da costruire
Il contratto che ha ad oggetto l’acquisto di diritti su di un immobile che ancora non sia venuto ad esistenza è, senza dubbio, una fattispecie negoziale che merita particolare attenzione, considerando la posizione, certamente debole, dell’acquirente. La causa del negozio è mista in quanto si compone sia del fine indiretto, quale il finanziamento della società costruttrice attraverso il pagamento del prezzo da parte dell’acquirente, che quello diretto dello scambio del bene una volta realizzato. Il venditore-costruttore utilizza i proventi ricevuti in virtù della promessa di acquisto per iniziare, od ultimare, i lavori progettati con la conseguenza che, gli sarà anche più agevole ricorrere ad eventuale credito bancario. Il rischio in cui incorre il promissario acquirente è quello di subire gli effetti di uno stato di crisi, eventualmente insorto in capo alla società costruttrice, dal quale derivi l’impossibilità di ultimare i lavori e la mancata attribuzione del diritto di proprietà, o altro diritto reale, atteso.
Per tali ragioni il legislatore, con il d.lgs. n. 122 del 20 giugno 2005[3], ha dettato specifiche disposizioni volte a tutelare il soggetto, persona fisica, che sia interessato all’acquisto di un immobile la cui realizzazione sia affidata ad una società costruttrice: la normativa ha, anzitutto, determinato quali siano i requisiti minimi della tipologia contrattuale[4] in esame e, in particolare, con l’art. 2 del citato decreto, ha imposto l’obbligo in capo al promissario venditore di consegnare, al promissario acquirente, una fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato da quest’ultimo fino al momento in cui sia realizzato l’effetto traslativo del diritto di proprietà o altro diritto reale pattuito, da poter escutere nella sola ipotesi di stato di crisi della società costruttrice[5]. Con l’obiettivo di rendere la tutela introdotta ancora più cogente si è altresì stabilito che la mancata consegna di detta fideiussione sia causa di nullità del contratto posto in essere.
Non solo il legislatore, ma altresì la giurisprudenza, ha contribuito, fin dall’emanazione della prima normativa in materia, a fornire spunti interpretativi dai quali ricavarne dei correttivi da applicare alla stessa in species per quanto concerne la nullità di siffatti tipi di contratti nel caso di mancata consegna della fideiussione da parte del venditore-costruttore, o di mancanza dei requisiti stabiliti per essa. Infatti, in ordine alla durata, si è ritenuto che i requisiti richiesti dal d.lgs. 122/2005 non sarebbero stati rispettati se si fosse stabilita una data certa, entro la quale far valere la fideiussione, che fosse stata anteriore a quella di stipula del definitivo o, comunque, anteriore all’avvenuto trasferimento del diritto in capo all’acquirente; diversamente «la garanzia fideiussoria potrebbe essere conforme al dettato legislativo anche se agganciata ad un termine fisso, coincidente con la data di stipula del definitivo, purché al contempo venga pattuita una possibilità di proroga o di rinnovo automatico, in caso di ritardo nel trasferimento della proprietà dell’immobile, dipendente in via esclusiva dalla volontà del promissario acquirente»: se così non fosse «il promissario acquirente rimarrebbe sfornito di tutela qualora per qualsiasi ragione non venisse rispettato il termine per la stipula del definitivo, in quanto la garanzia fideiussoria scadrebbe ugualmente»[6].
A fronte dei tanti dubbi interpretativi e delle tante difficoltà concrete presentatesi nel corso degli anni, il legislatore è intervenuto nuovamente in materia di acquisto di immobili da costruire con il
il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, emanato con d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155. Rinviando alle sedi più opportune per una disamina puntuale delle singole modifiche apportate[7], ciò che può essere, anzitutto, considerata come la disposizione di maggior rilievo è certamente quella contenuta nell’art. 388 ai sensi del quale «il contratto preliminare o l’analogo contratto dovrà̀ essere sottoscritto e stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata». In questo modo si è voluti intensificare la tutela apprestata all’acquirente sia per quanto concerne il rispetto dei requisiti richiesti per il contratto sia in ordine all’obbligo di stipula della fideiussione. Proprio in merito a quest’ultima si è deciso altresì che i soggetti legittimati al rilascio della stessa fossero solo le banche e le imprese assicurative escludendo dal novero di questi gli intermediari finanziari iscritti all’Elenco speciale ex art. 107 del TUB (d.lgs. 385/1993). Altra importante novità riguarda l’escussione della fideiussione: dall’entrata in vigore della novella, la garanzia non avrebbe più coperto soltanto l’eventuale stato di crisi della società costruttrice ma altresì l’ipotesi in cui non sia stata stipulata, a favore dell’acquirente, la polizza assicurativa prevista dall’art. 4 del d.lgs. 122/2005. Si tratta di una polizza indennitaria, di durata decennale, volta alla copertura dei «danni materiali e diretti all’immobile e ai terzi, derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, che si siano manifestati successivamente alla stipula del contratto traslativo». Pertanto, si tratta di una nuova ipotesi di nullità che può incidere sulla validità del preliminare di acquisto di immobile da costruire che, come nel caso di mancata consegna della fideiussione, può essere fatta valere dal solo acquirente ma, in questo caso, in un momento successivo alla promessa di acquisto in occasione del trasferimento del diritto pattuito[8]. In altri termini, lo stato di crisi del costruttore non è più l’unica condizione che legittima l’escussione della fideiussione potendo così il promissario acquirente far leva sull’inadempimento degli obblighi derivanti dalla stipula del preliminare (o altro contratto idoneo), quale appunto quello della consegna della polizza in questione.
3. Quando non si applicano le tutele previste dal D.lgs. 122/2005. Gli immobili “sulla carta”
La Corte territoriale ha, al tempo, rigettato l’appello –proposto dalla società costruttrice destinataria del decreto ingiuntivo che la condannava alla restituzione delle somme versate dai promissari acquirenti– pronunciandosi, d’accordo col giudice di primo grado, in merito a talune disposizioni e ragioni fondanti della disciplina dettata in materia di acquisto di immobili da costruire.
Una di queste riguarda la generalità delle tutele accordate all’acquirente, previste dal D.lgs. 122/2005, le quali, si è sostenuto, debbano estendersi a tutti i diritti patrimoniali acquistati su detti immobili e per i quali sia stato già richiesto il permesso a costruire ma, l’edificazione non sia stata ancora conclusa e cioè, essendo ancora in uno stadio tale da non permettere il rilascio del certificato di agibilità. Diversamente, quando si tratta di cd. immobile “sulla carta”, le stesse tutele previste dalla normativa non si applicano.
Si ricordi che il punto in questione è stato rimesso alla Corte Costituzionale dal Tribunale di Siena nel 2018[9], il quale riteneva che le tutele accordate dal D.lgs. 122/2005 si sarebbero dovute applicare anche quando, per gli immobili da costruire oggetto di un contratto preliminare tra persona fisica e società costruttrice, non fosse stato già richiesto il permesso a costruire, all’uopo lamentando una disuguaglianza di trattamento in violazione dell’art. 3 della Costituzione. La Corte richiamata, pronunciandosi in merito[10], ha anzitutto sostenuto che la scelta del legislatore di delimitare l’ambito applicativo della normativa circa gli immobili da costruire non è irrispettosa del principio di uguaglianza; anzi tale scelta, corrisponde alla ratio, fondata, di tutelare taluni acquirenti rispetto ad altri considerata la particolare operazione economica da porre in essere che non può qualificarsi alla stregua di una tradizionale compravendita e, pertanto, rientra «nella discrezionalità del legislatore perimetrare l'apparato delle garanzie in esame riferendole alla compravendita di immobili la cui futura costruzione già si collochi nell'alveo del rispetto della normativa urbanistica, per essere stato almeno richiesto il permesso di costruire»[11].
La stessa Corte ha ritenuto, poi, che le due fattispecie poste al vaglio del suo giudizio– acquisto di immobile futuro per il quale sia stato richiesto il permesso e non– non fossero tra di loro omogenee e quindi comparabili. Il fondamento di tale decisione è stato riscontrato nel presupposto che –per stabilire una non uniformità della normativa applicabile– necessariamente le situazioni prese in considerazione devono essere, tra di loro, omogenee; solo in questo caso possono rilevarsi le differenze in ordine al trattamento dell’una e dell’altra e, pertanto, valutare la ratio delle scelte operate dal legislatore al fine di decretarne un’ingiusta disparità di trattamento.
Segnatamente la Corte ha specificato che l’acquisto di immobile “sulla carta” (in assenza della richiesta di permesso a costruire) si configura come un’operazione maggiormente rischiosa rispetto alla fattispecie per cui si applica il D.lgs. 122/2005; questa sicuramente non illecita né meramente aleatoria ma di cui, l’acquirente, non può non essere a conoscenza dei relativi rischi e, pertanto, anche quando la fattispecie negoziale imponga specifici obblighi informativi perché rientri nell’alveo applicativo della normativa dettata dal codice del consumo, non può giovare delle tutele apprestate all’acquirente di immobile da costruire per il quale sia stato, invece, già richiesto il relativo permesso. Secondo la Corte la tutela rimane quella codicistica e cioè, quella dettata dall’art. 1472, al secondo comma, cod. civ. per il caso in cui “la cosa non viene ad esistenza”[12].
Ritornando sulla vicenda esaminata, la Corte d’appello di Milano ha rilevato che, nel caso di specie, non si trattava di un’immobile “sulla carta” in quanto la società costruttrice, ancor prima della stipula del preliminare, aveva già chiesto il relativo permesso e di conseguenza la normativa in esame, essendo applicabile alla fattispecie negoziale posta in essere da attori e convenuto, risultava essere violata per mancata consegna della fideiussione rendendo nullo il negozio concluso.
4. Tra nullità e abuso del diritto
Altra questione su cui si è pronunciata detta Corte territoriale riguarda la possibilità di sanare la nullità del contratto preliminare per omessa consegna della fideiussione e – conseguenzialmente– la legittimità dell’esercizio dei diritti riconosciuti al promissario acquirente dalla normativa in esame nell’ipotesi di violazione di quest’ultima.
Si ricordi che ai sensi dell’art. 6 del D.lgs. 122/2005 il contratto in parola deve contenere «gli estremi della fideiussione...»[13], qualificandola come un suo elemento indefettibile senza il quale, non solo sarebbe nullo, ma verrebbe meno lo scopo dell’intera disciplina, quale quello di tutelare il contraente debole. Al riguardo il legislatore ha utilizzato l’espressione «obbligo del costruttore» e non già di «diritto dell’acquirente» a ricevere la fideiussione, motivo per il quale quest’ultimo non ne può disporre e pertanto, rinunziarvi[14]. Quest’ultima, al tempo dell’entrata in vigore della normativa, era già una tesi sostenuta dal Notariato, seppur mancante di una disposizione la cui introduzione è stata adoperata con il successivo D.l. n. 47 del 28 marzo 2014, convertito con legge n. 80 del 23 maggio 2014[15]. Segnatamente con l’art. 10-quater, comma 1, lett. a) si è introdotto il comma 1-bis all’art. 5 del precedente decreto, ai sensi del quale «l’acquirente non può rinunciare alle tutele previste dal presente decreto; ogni clausola contraria è nulla e deve intendersi come non apposta». In merito alla nullità del contratto per mancato rilascio della fideiussione si è altresì sostenuto che – nonostante sia relativa perché può essere fatta valere solo dalla parte con apposita istanza[16]– non si possa ammettere nessuna forma di sanatoria o di convalida[17].
Di contro detta nullità non può essere fatta valere nel caso in cui i promissari acquirenti non intendano più acquistare il diritto in ordine all’immobile ancora da realizzarsi; la tutela apprestata dal legislatore riguarda segnatamente la possibilità di vedersi reintegrato il patrimonio investito per l’affare laddove l’insolvenza del venditore-costruttore sia tale da non garantirgli il trasferimento del diritto pattuito e, pertanto, non può la nullità servire da strumento di tutela anche per l’eventuale mutamento della propria volontà. A tal proposito si tratterebbe di un vero e proprio abuso di posizione giuridica soggettiva[18]. Ancora, si ritiene essere «manifestamente abusiva» l’azione di nullità fatta valere dall’acquirente quando si dimostri che abbia assunto comportamenti poco corretti e ciò in virtù del principio di buona fede oggettiva che, non solo deve persistere al momento dell’esecuzione del contratto preliminare, ma in ogni sua fase successiva. «L’esercizio abusivo della facoltà̀ di invocare la nullità̀ del contratto per liberarsi dal vincolo contrattuale può essere desunta da: esplicita rinuncia alla fideiussione che, seppur non ammessa dalla legge, è in grado di ingenerare un incolpevole affidamento in capo al venditore costruttore; manifestazione della volontà di recedere dal contratto preliminare; non dichiarata intenzione di volersi avvalere della nullità del preliminare; assenza di una situazione di crisi in capo al venditore»[19]. Si ricordi inoltre che la fideiussione può essere escussa solo se al verificarsi dello stato di crisi della società costruttrice il contratto preliminare sia ancora in vigore e l’acquirente abbia comunicato al costruttore la propria volontà di recedere o che il competente organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la volontà di subentrare nel contratto preliminare; «pertanto, se il preliminare si è sciolto prima della situazione di crisi, non sono possibili né il recesso dell’acquirente, né il subentro degli organi della procedura, sicché la garanzia non può essere escussa dall’acquirente, dovendo ritenersi che il meccanismo di garanzia presupponga che il contratto sia in vigore»[20].
In altri termini, il tipo di nullità previsto dal legislatore della normativa in esame, viene a qualificarsi come un vizio “strutturale”, in quanto “genetico”, del contratto preliminare seppur abbia ad oggetto la mancata prestazione di una garanzia volta all’adempimento degli obblighi assunti con lo stesso (segnatamente la restituzione delle somme anticipate dal promittente acquirente). «Per l'effetto, si determina un singolare caso di interferenza tra regole di comportamento e regole di validità (c.d. nullità per inadempimento)»[21].
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Milano ha dato ossequio ai precedenti giurisprudenziali per quanto concerne l’impossibilità di sanare la nullità del contratto preliminare fatta valere dai compratori, ritenendo l’azione da loro esercitata imprescrittibile – giustificando così il tempo trascorso dalla stipula fino a quello in cui il vizio sia stato eccepito– e all’uopo rilevando che, quandanche si fosse preso in considerazione il comportamento dei compratori che comunque addivenivano alla stipula in mancanza della fideiussione, quest’ultima non può intendersi come rinunciata stante il divieto ex art. 5, comma 1-bis, D.lgs. 122/2005.
In ultimo, quello degli appellati di chiedere la restituzione della somma versata a titolo di caparra confirmatoria è, secondo la Corte territoriale, un diritto soggettivo loro attribuito e riconosciuto dall’ordinamento, il cui esercizio– corredato, nel caso di specie, dal comportamento da loro posto in essere secondo correttezza e buona fede, senza imputazione di alcun inadempimento e senza rilevare possibili atti emulativi– non può qualificarsi come abuso della propria situazione giuridica soggettiva e/o del processo avviato. Considerata a tutti gli effetti l’invalidità del preliminare si spiega anche il rigetto della domanda riconvenzionale, proposta in appello dalla società costruttrice, circa la declaratoria di legittimità del proprio recesso e la trattenuta della caparra versata dai promissari acquirenti, stante, tra l’altro, la messa in vendita dell’immobile in questione ancor prima che gli stessi fossero stati chiamati dinanzi al notaio rogante per la stipula del definitivo.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rilevato che detta ultima iniziativa posta in essere dalla società costruttrice non può considerarsi come un atteggiamento volto, implicitamente, a negare la validità del preliminare stipulato con i promissari compratori condividendone la denunciata nullità; al più, la condotta poteva assurgere solo da motivo fondante il rigetto della domanda riconvenzionale avanzata dal venditore al fine di ottenere la declaratoria di avvenuta risoluzione del contratto per inadempimento imputabile ai promissari acquirenti. In altri termini, posto che l’essersi attivati per la vendita del bene a terzi non costituisce garanzia della relativa alienazione e considerato che, comunque, successivamente il venditore ha invitato gli acquirenti alla stipula del definitivo, la condotta de qua avrebbe potuto legittimare i promissari a non presentarsi per detta stipula – e quindi escludere il difetto funzionale sopravvenuto (per effetto dell’esercizio legittimo del diritto di recesso di cui all’art. 1385 cod.civ.)– ma non avrebbe potuto invece, qualificarsi alla stregua di un riconoscimento implicito del vizio genetico del contratto preliminare.
4.1. (Segue) Il principio di diritto della Cassazione
Il giudice di secondo grado, in accordo con quanto sostenuto in primo grado, ha statuito che l’omessa consegna della fideiussione ha reso nullo il contratto preliminare stipulato tra la società costruttrice e i promissari acquirenti –nonostante tale vizio fosse stato eccepito dopo ben due anni dalla promessa di acquisto– indipendentemente dalla circostanza, fatta valere dal convenuto e ammessa pacificamente dagli attori, che i lavori fossero stati ormai ultimati e finanche ottenuto il relativo certificato di agibilità; ciò in quanto la legge impone la validità della garanzia, e di conseguenza la sua possibile escussione, fino al momento in cui si sia realizzato l’effetto traslativo pattuito, ben potendo verificarsi lo stato di insolvenza del venditore-costruttore anche nelle more del trasferimento.
Ebbene, la nullità di protezione accordata dalla normativa in materia di immobili da costruire sembra essere, alla luce dell’iter procedimentale descritto, la questione principale su cui i giudici dei diversi gradi del contenzioso esaminato sono stati chiamati a pronunciarsi; in realtà detta questione ha da sempre sollevato dubbi, sia in dottrina che in giurisprudenza, circa la sua reale potenzialità ed efficacia a sanzionare il venditore-costruttore che risulti essere inadempiente. Quest’ultimo ben potrebbe liberarsi dal vincolo assunto con la promessa di vendita e, dopo aver ricevuto le somme da parte del promissario acquirente, vendere il bene futuro a terzi disposti a pagarne un prezzo maggiore. La possibilità di azionare la nullità risulta essere, pertanto, l’unica “minaccia” esperibile dall’acquirente al fine di indurre il costruttore a procurargli la fideiussione richiesta dalla legge; ciò comportano che, in molti casi, le parti si accordino per evitare detta garanzia, e relativi costi, ponendo in essere dei negozi suscettibili di una nullità che ben potrebbe essere, talvolta, sfruttata opportunatamente da acquirenti incorsi in un ripensamento al compimento dell’affare[22].
Con una risalente giurisprudenza di merito già si era affermato che nel prospetto di quest’ultima ipotesi– e segnatamente ad immobile ormai ultimato seppur in mancanza della fideiussione– l’esercizio dell’azione di nullità consiste in un vero e proprio abuso di diritto[23]. La stessa Corte di Cassazione è stata più volte chiamata a pronunciarsi su casi che, seppur diversi in punto di fatto, possono essere ricompresi in ordine allo stesso punto di diritto; all’uopo ha sostenuto che la nullità del preliminare avente ad oggetto immobile da costruire per omessa garanzia accessoria richiesta dalla legge, può ancora essere fatta valere prima dell’avvenuto trasferimento se il promittente venditore risulti essere insolvente e sempre che risulti altrimenti pregiudicato l’interesse del promissario acquirente[24]; allo stesso modo si è pronunciata, in tempi recenti, sostenendo che l’interesse dell’acquirente alla declaratoria di nullità del preliminare stipulato con il venditore-costruttore, mancante della garanzia prevista dalla legge, è elemento dal quale desumere la validità dell’azione esperita[25].
Alla luce dei precedenti giurisprudenziali esposti è possibile giungere alla comprensione delle motivazioni assunte dalla Cassazione con l’ordinanza n. 3817 pronunciata l’otto febbraio di quest’anno. Invero la stessa Corte richiama le sue precedenti pronunce in merito alla questione ,in species quella relativa al caso in cui la fideiussione sia stata rilasciata dopo la stipula del preliminare ma senza che, nelle more, il venditore sia risultato essere inadempiente– e quindi senza pregiudicare in alcun modo l’interesse del promissario acquirente alla cui tutela è volta la nullità di protezione prevista dal D.lgs. 122/2005– sostenendo al riguardo che l’esercizio della relativa azione costituisca abuso del diritto[26]. Postulato che si tratti di un caso di specie diverso da quello ad oggetto dell’ordinanza esaminata– in quanto la società costruttrice non ha mai rilasciato la fideiussione ai promissari acquirenti– la Corte ha ritenuto che il principio al tempo sostenuto abbia una portata tale da giustificare anche la soluzione adottata per il caso de qua. Segnatamente si ritorna sul dibattito circa lo scopo della nullità di protezione prevista dalla normativa in esame: le ragioni che giustificano tale previsione non possono dirsi ancora sussistenti quandanche i lavori siano stati ultimati e non c’è più il rischio, per il promissario acquirente, che il venditore possa essere insolvente. Da ciò ne consegue che l’esercizio dell’azione di nullità in tal caso non è più coerente con lo scopo perseguito dalla norma «bensì è stato indirizzato al raggiungimento di uno scopo ultroneo: quello di sciogliersi dal vincolo contrattuale per sopravvenuto mutamento dei propositi dei promissari acquirenti»[27].
Secondo la Corte – posto che l’interessa ad agire deve corrispondere all’esigenza di perseguire un fine utile, giuridicamente apprezzabile e non altrimenti realizzabile senza l’intervento del giudice– l’azione esercitata dai promissari dopo l’ultimazione dei lavori non risulta essere più assistita dall’interesse tutelato dalla nullità di protezione in esame e, di conseguenza, è indubbia anche la carenza dell’interessa ad agire.
È chiaro che il legislatore tutela l’acquirente di un immobile in corso di realizzazione perché, nell’ipotesi di insolvenza del costruttore, questo non potrebbe rivendicare un’esecuzione in forma specifica ma nel caso di specie, l’immobile ultimato è a tutti gli effetti un fabbricato ormai esistente, motivo per il quale, le parti in causa, ben avrebbero potuto agire diversamente per ottenere il trasferimento del diritto promesso. Venuto ad esistenza il bene non trovano più ragione le tutele della normativa dettata in materia di immobili ancora da costruire e le parti possono concludere un tradizionale contratto di compravendita[28]; a fronte del fabbricato ormai ultimato non ci sarebbe nessuna ragione che giustifichi il sacrificio dell’interesse del costruttore e legittimi l’azione di nullità che, evidentemente, nasconda in realtà “un recesso per pentimento” lesivo della clausola di buona fede oggettiva[29].
In altri termini deve ormai ritenersi un principio di diritto quello secondo il quale, sia stata o meno rilasciata la fideiussione in un tempo successivo alla stipula del preliminare ,o altro contratto idoneo– che abbia ad oggetto un immobile futuro per il quale sia stato già richiesto il permesso a costruire– , al fine di decretare l’abuso del diritto è necessario verificare se l’immobile oggetto del negozio sia stato ultimato. «Laddove ciò fosse, verrebbero meno le ragioni di "speciale" tutela in favore del soggetto debole, che non è più in pericolo (recte che non corre più il pericolo che la norma ha inteso scongiurare)».
[1] Cass. civile, Sez. II, 8 febbraio 2023, ordinanza n. 3817.
[2] Corte d’Appello di Milano, sentenza n. 285 del 19 gennaio 2018.
[3] Il d.lgs. 122/2005 si applica alle promesse di acquisto di immobili da costruire da parte di persone fisiche il cui possesso della proprietà o altro diritto reale non è immediato. Il venditore deve essere un “costruttore” che agisce nell’esercizio di attività di impresa. La normativa ha riguardo non solo al contratto preliminare ma anche ad ogni altro tipo di contratto, compreso quello di leasing, che abbia come effetto l’acquisto della proprietà, o altro diritto reale, di un immobile da costruire; sono ricompresi anche i contratti stipulati con le cooperative edilizie, attraverso i quali si assumono «obbligazioni con la cooperativa medesima per ottenere l'assegnazione in proprietà o l'acquisto della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire per iniziativa della stessa». (artt. 1-2-6 del d.lgs. 122/2005). Per un approfondimento sulla normativa in questione, all’indomani della sua emanazione, si vedano AA.VV., L’acquisto di immobili da costruire, Milano, Giuffrè, 2005; Rizzi, La nuova disciplina dell’acquirente di immobili da costruire, in Notariato, 2005, 433 ss.; Aprile, Acquisti di immobili da costruire: nuova tutela, in Fallimento, 2005, 1117 ss.; AA.VV. (a cura di Sicchiero), La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Padova, Cedam, 2005; Petrelli, Gli acquisti di immobili da costruire, Milano, Ipsoa, 2005; Casarano-Baldi-Timpano, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Milano, Il Sole 24 Ore, 2005; Palombella, La tutela degli acquirenti immobiliari, supplemento a Dir. giust., 2005, 28; Barale, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire: dall’esperienza francese alla nuova normativa italiana, in Contr. e impr./Europa, 2005, 810 ss.; Luminoso, La tutela degli acquirenti di immobili da costruire (d. lgs. 20 giugno 2005, n. 122), Torino, Giappichelli, 2005, appendice a La compravendita, 4a ed., Torino, Giappichelli, 2004; Triola, Vendita di immobili da costruire e tutela dell’acquirente. Dopo il d. lgs. 20 giugno 2005 n. 122, Milano, Giuffrè, 2005.
[4] La scelta del legislatore di stabilire i requisiti minimi del contratto rispondono all’esigenza di tutelare il contraente debole garantendo, così, la completezza non solo del suo contenuto ma altresì dell’informazione resa allo stesso acquirente; non a caso nella Relazione Illustrativa del d.lgs. 122/2005 si legge che tale prescrizione serve a «rendere più trasparente l’operazione negoziale e consentire al promissario acquirente di acquisirne una completa rappresentazione, così da porsi al riparo dai possibili pregiudizi conseguenti ad una stesura approssimativa e lacunosa del testo contrattuale».». Sul punto cfr. Caradonna, Validi i preliminari di immobili ’’sulla carta’’ ma senza le tutele del d. lgs. n.122/2005, Giur. it., 2011, 2278.
[5] Ai sensi dell’ art. 1, lett. c), del D.lgs. 122/2005, «per "situazione di crisi"[...] deve intendersi [...] la situazione che ricorre nei casi in cui il costruttore sia sottoposto o sia stato sottoposto ad esecuzione immobiliare, in relazione all'immobile oggetto del contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa»; per un approfondimento sul punto si veda Luminoso, L’acquisto di immobili da costruire e le nuove tutele legali, in AA.VV., Tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, Milano, Giuffrè, 2005, 12.
[6] Trib. Firenze, Sez. III, 25 novembre 2014, in www.altalex.it.
[7] Sul punto si veda Cfr. CNN, Il decalogo del Notariato sulle nuove tutele per gli acquirenti di immobili in costruzione, 14 marzo 2019, in www.notariato.it.
[8]Gli estremi della polizza assicurativa indennitaria decennale dovranno quindi indicarsi nell’atto definitivo di compravendita. L’ escussione della fideiussione sarà possibile dal momento in cui il Notaio rogante attesti la l’omessa consegna di detto documento da parte del costruttore. La validità della fideiussione cessa nel momento in cui il fideiussore ricevi copia dell’atto di trasferimento in cui vi siano riportati gli estremi della polizza; per un approfondimento sul punto si veda A. Ferrucci, La consegna della polizza ex art. 4, D.lgs. 20 giugno 2005, n. 122 come presupposto di validità nella circolazione degli immobili, in riv. Notariato, 1 novembre 2022, 6, 568 ss.
[9] Con ordinanza del 23 giugno 2015, n. 28.
[10] Corte Cost., 19 febbraio 2018, n. 32, in DeJure e in D&G, 2018, 13 ss., con nota di Marino, Immobili da costruire: se non è stato ancora chiesto il permesso di costruire la tutela è solo quella codicistica; analogamente Cass., Sez. II, 10 marzo 2011, n. 5749; «Il D.lgs. n. 122 del 2005, art. 2, non si applica altresì alla ristrutturazione minore, cioè senza demolizioni, ricostruzioni o sostituzioni di elementi dell'edificio e senza alterazione di volumetria e superficie, non potendosi, in tali ipotesi, ritenere che venga realizzato un immobile nuovo e diverso rispetto a quello preesistente». Cass., Sez. III, 26 agosto 2020, Ordinanza n. 17812.
[11] Corte Cost., 19 febbraio 2018, cit. Per completezza è bene precisare che la Corte Costituzionale è giunta a conclusioni opposte rispetto a quelle riportate, per quanto concerne il diritto di prelazione riconosciuto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 9 e 1, comma 1, lett. d), del D.lgs. 122/2005 all’acquirente di immobile da costruire nell’ipotesi di esecuzione forzata nei confronti del suo venditore-costruttore e relativa vendita forzata del bene in questione, qualora egli stesso, il suo coniuge o un parente prossimo vi abiti: il Tribunale di Verona, con l’ordinanza n. 24 del 2 ottobre 2020, ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale lamentando la violazione dell’art. 3 della Costituzione nella parte in cui, talune disposizioni non garantissero detta prelazione anche nel caso di immobile per i quali, al momento dell’acquisto, non fosse stato ancora richiesto il permesso a costruire (immobili “sulla carta”). La Corte Costituzionale ha accolto la tesi sostenuta dalla Tribunale territoriale, dichiarando l’illegittimità delle disposizioni richiamate nell’ipotesi fatta valere, sull’assunto che «proprio la mancanza della tutela offerta dalla fideiussione rende l’acquirente “su carta” ancor più bisognoso della protezione offerta dal diritto di prelazione. In una situazione in cui difficilmente può recuperare, con gli ordinari strumenti civilistici, quanto ha corrisposto al costruttore, oramai insolvente, a titolo di anticipazione del prezzo (o addirittura come pagamento integrale del prezzo, se l’acquisto definitivo era avvenuto ed era stato poi reso inefficace), risulta palesemente irragionevole negare all’acquirente che abiti nell’immobile, sottoposto a vendita forzata, il diritto a essere preferito a parità di condizioni, offrendo peraltro nuovamente un prezzo nell’ambito di tale vendita». Corte Cost., sentenza dell’ 24 febbraio 2022, n. 43, Anche chi acquista “sulla carta” ha diritto alla prelazione, in AA.VV., Monitore della Giurisprudenza costituzionale, Forum di Quaderni Costituzionali Rassegna, 1, 2022, 48 ss.
[12] «Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio, la vendita è nulla, se la cosa non viene ad esistenza». Sul punto si veda Marino, Immobili da costruire: se non è stato ancora chiesto il permesso di costruire la tutela è solo quella codicistica, in D&G, 2018, 13 ss.
[13] Il notaio rogante deve altresì attestare la conformità della fideiussione al modello standard emanato con Decreto Ministeriale. A seguito del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, il legislatore consapevole dei tempi non brevi entro i quali sarebbe stato emanato detto decreto, ha stabilito che nelle more ti tale emissione «il contenuto della fideiussione e della polizza assicurativa sarà determinato dalle parti nel rispetto di quanto previsto dalle richiamate disposizioni». Il Decreto Ministeriale che ha predisposto il modello standard della fideiussione e polizza indennitaria è stato infatti emesso solo il 16 settembre 2022 (n. 193).
[14] Cfr. Delle Monache, La garanzia fideiussoria negli acquisti di immobile da costruire (fra obbligo e onere), in Riv. dir. civ., 2009, 613 ss.
[15]Le altre modifiche apportate dal D.l. 47/2014: l’art. 9 del precedente decreto è stato novellato, dall’art. 10-quater, comma 1, lett. b), nella parte in cui si prevedeva che l’acquirente avesse la prelazione nell’acquisto dell’immobile sottoposto ad esecuzione forzata solo se avesse adibito lo stesso ad abitazione principale per sé o, in alternativa, per un suo parente di primo grado. A seguito della novella l’acquirente avrebbe potuto adibire l’immobile in questione, e per lo stesso fine, anche per il proprio coniuge; detta disposizione è stato introdotto anche all’art. 10, dall’art. 10-quater, primo comma, lett. c), permettendo, ora per allora, di sottrare l’azione revocatoria fallimentare per gli atti a titolo oneroso di immobili da costruire se l’acquirente si fosse impegnato, nei sei mesi successivi al momento dell’acquisto o di ultimazione dei lavori, a stabilirvi la residenza propria, di un parente od affini entro il terzo grado e, in aggiunta, del proprio coniuge.
[16] «Il predetto vizio può essere fatto valere dall’acquirente, in quanto unico soggetto a ciò contrattualmente legittimato, prima della conclusione del trasferimento immobiliare, verificandosi, in difetto, la decadenza dall’eccezione di invalidità del negozio». Trib. Padova, sez. II, 10 gennaio 2013, reperibile online all’indirizzo dejure.it.
[17] Trib. La Spezia, sent. del 9 giugno 2016, n. 477, reperibile online all’indirizzo dejure.it.
[18] Trib. Monza, Sez. III, 3 settembre 2015, reperibile online all’indirizzo dejure.it.
[19] Trib. Teramo, 14 ottobre 2015, reperibile online all’indirizzo dejure.it.; sull’abuso del diritto si vedano ex multis S. Romano, Abuso del diritto (diritto attuale), in Enc. dir., Giuffrè, Milano, 1958, 166 ss.; U. Natoli, Note preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento giuridico italiano, Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 18 ss; C. Scognamiglio, L’abuso del diritto, Contratti, 2012, 5 ss.
[20] Trib. Bologna, 18 marzo 2015, reperibile online all’indirizzo dejure.it.
[21] Cass. civile, Sez. II, 8 febbraio 2023, cit. (3.3)
[22] Cfr. M. Rizzuti, Nullità e sanatorie nei contratti per l’acquisto di immobili da costruire: fra tutela della parte debole e contrasto all’abuso del diritto, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, febbraio 2022, 16, 1520 ss.
[23] Trib. Monza, 3 settembre 2015, reperibile online all’indirizzo https://dejure.it.; a considerazioni opposte è giunto il Trib. La Spezia, 9 giugno 2016, sopra richiamato, secondo il quale se anche la fideiussione fosse rilasciata a distanza di poco tempo dal perfezionarsi del preliminare quest’ultimo non sarà comunque ritenuto valido.
[24] Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha ritenuto valida l’azione di nullità, non qualificandosi come abuso di diritto, per il sol fatto che la fideiussione rilasciata dopo la stipula del preliminare, e prima del completamente dell’opera, avesse ad oggetto un importo inferiore rispetto alle somme anticipate dal promissario acquirente. Cass., Sez. II, ord. del 18 settembre del 2020, n. 19510.
[25] Nel caso di specie la Corte di Cassazione ha riconosciuto detto interesse in capo all’acquirente poiché, se anche l’immobile fosse stato ultimato in mancanza di fideiussione, il promittente alienante aveva subito la trascrizione di un pignoramento immobiliare. Cass., sez, II, sent. del 12 luglio 2022, n. 21966.
[26] Cass., Sez. II, sent. del 22 novembre 2019, n. 30555, reperibile online all’indirizzo dejure.it.
[27] Cass. civile, Sez. II, 8 febbraio 2023, cit.
[28] Si ricordi inoltre la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui quando il legislatore accorda un tipo di nullità relativa, volta a tutelare un interesse particolare (e non generale), l’interprete deve saper circoscrivere il suo ambito applicativo ai soli casi in cui detto interesse venga davvero coinvolto e, quindi, debba essere in concreto tutelato dalla nullità, «determinandosi altrimenti conseguenze distorte o anche opportunistiche». Cass., Sez. U., sent. del 16 gennaio 2018, n. 898, reperibile online all’indirizzo dejure.it.
[29] Cfr. Cass. civile, Sez. II, 8 febbraio 2023, cit.