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Pubbl. Ven, 28 Apr 2023

La Cassazione sulla particolare tenuità del fatto nei giudizi pendenti al momento dell´entrata in vigore della riforma Cartabia

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Andrea Magaglio
Laurea in GiurisprudenzaLibera Università Maria Santissima Assunta



L´art. 131-bis c.p., così come novellato dall´art. 1 co. 1, lett. c) del d.lgs. 150/2022, trova applicazione anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, relativi a reati commessi in precedenza.


ENG The art. 131-bis criminal code, as amended by art. 1 co. 1, lit. c) of Legislative Decree 150/2022, is also applied in proceedings pending at the date of entry into force of the amendment, relating to crimes committed previously.

Sommario: 1. La particolare tenuità del fatto nel diritto penale; 2. Art. 131- bis c.p. “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”: nozione generale e ratio legis; 3. Il D.Lgs. n. 150/2022 riforma l’art. 131-bis c.p.: nuovo limite all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità; 4. La Corte di Cassazione si pronuncia sulle questioni di diritto intertemporale poste dal nuovo art. 131-bis c.p. (Corte di Cassazione, sez. VI, con sentenza n. 7573/2023); 5. Conclusioni. 

1. La particolare tenuità del fatto nel diritto penale

Ancor prima dell’introduzione dell’art. 131-bis c.p., avvenuta con d.lgs. 28/2015, nel codice penale italiano era già presente il riferimento alla tenuità del fatto o del danno arrecato al bene giuridico tutelato, tanto nella parte generale, quanto nella parte speciale, limitandosi tuttavia a prevedere esclusivamente una diminuzione di pena.

A titolo esemplificativo, basti pensare all’art. 62 co. III n. 4 c.p., il quale, nell’ambito dei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, prevede una circostanza attenuante nel caso in cui sia stato “[...] cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità [...]”; ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro “[...] l’aver agito per conseguire o l’aver comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità”.

Può essere altresì menzionato l’art. 323-bis c.p., il quale prevede una circostanza attenuante per alcuni delitti contro la Pubblica Amministrazione (ad esempio, per il peculato oppure per la concussione), con contestuale diminuzione di pena, qualora il fatto commesso risulti di particolare tenuità.

La particolare tenuità del fatto è stata altresì presa in considerazione dalla normativa di settore. Si pensi all’art. 73 co. V, T.U. n. 309/1990 delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope: tale disposizione prevede l’applicazione di pene più lievi qualora i fatti previsti dallo stesso art. 73 del T.U. siano di lieve entità, in relazione ai mezzi, alle modalità o alle circostanze dell'azione ovvero alle qualità e quantità delle sostanze.

Diversa invece, la disicplina dettata dalle disposizioni che regolano il processo penale minorile, laddove la particolare tenuità del fatto assume rilevanza al fine di consentire al giudice di non pervenire ad una sentenza di condanna nei confronti dell'imputato. Nello specifico, l’art. 27 D.P.R. 448/1988 prevede che, dietro richiesta del Pubblico Ministero, qualora dalle indagini preliminari risulti la tenuità del fatto e l’occasionalità del comportamento, il giudice possa emettere sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto.  

2. Art. 131- bis c.p. “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”: nozione generale e ratio legis

Ispirandosi, tra l'altro, alla disciplina processuale penale minorile, il legislatore, con d.Lgs. n. 28/2015, ha introdotto nel codice penale l’art. 131-bis, rubricato “Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto” la cui formulazione originaria recitava “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.

La ratio di tale disposizione va rinvenuta da un lato nel rispetto del principio di offensività, sussidiarietà e proporzionalità della pena; dall’altro lato nell’individuazione di uno strumento di deflazione dei carichi giudiziari, rispecchiando nel contempo una concezione della pena quale extrema ratio, volta alla rieducazione del reo, ai sensi dell’art. 27 Cost. In altri termini, la norma mira ad escludere la punibilità relativamente a tutte quelle fattispecie che, nonostante configurino in astratto ipotesi di reato, in concreto risultano espressive di un minimo grado di offensività.

Giova sottolineare, che è ormai pacifico che tale istituto, alla luce della sua natura sostanziale di causa di non punibilità, presuppone comunque la realizzazione di un fatto di reato, integrato di tutti i suoi elementi (oggettivi e soggettivi, compresa l'offesa). Da ciò discende la distinzione tra la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. ed il concetto di inoffessività, il quale attiene invece ad un fatto che non integra reato. 

Il legislatore del 2015, se nel primo comma dell’art. 131-bis c.p. ha assegnato rilevanza alle modalità della condotta ed alla tenuità del danno o del pericolo, nel secondo comma si è preoccupato invece di indicare i criteri utili al fine di determinare la particolare tenuità dell’offesa, specificando che quest’ultima non si configura quando l’autore abbia agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà,  oppure quando abbia adoperato sevizie o profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, ovvero quando la condotta abbia cagionato, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

L’art. 131-bis c.p., a seguito dell’avvicendarsi di alcuni interventi legislativi tra il 2019 ed il 2020, oggi prevede altresì al terzo comma che l’offesa non possa essere ritenuta di particolare tenuità relativamente a tutti quei delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazione sportive, ovvero per i delitti previsti dagli articoli 336, 337 e 341 bis c.p., quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, nonché per il delitto previsto dall'articolo 343 c.p..

Ebbene, alla luce di quanto finora detto, è chiara la notevole potenzialità dell’istituto in chiave deflativa, consentendo di evitare la celebrazione di processi per fatti di reato che l’ordinamento non ha interesse a perseguire e punire in ragione proprio dell’esiguità dell’offesa stessa.

3. Il D.Lgs. n. 150/2022 riforma l’art. 131-bis c.p.: nuovo limite all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità

L’istituto della particolare tenuità del fatto è stato investito dalla riforma del sistema penale introdotta con il d.lgs. n. 150/2022, attuativo della l. 134/2021 (c.d. Riforma Cartabia) recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di celere definizione dei procedimenti giudiziari.

Come si evince dalla stessa legge delega, tale riforma, relativamente all’istituto ex art. 131-bis c.p., ha voluto perseguire tre principali obiettivi: prevedere una diversa modalità di determinazione delle ipotesi in presenza delle quali è possibile applicare la disicplina della particolare tenuità del fatto; procedere ad un ampliamento delle ipotesi in cui l’offesa possa essere ritenuta di particolare tenuità; riconoscere rilevanza alla condotta susseguente al reato tenuta dal reo ai fini della valutazione della particolare tenuità dell’offesa.

Ecco allora che l’art. 1 co. I let. c) d.lgs. 150/2022 ha provveduto a modificare la disciplina dell’istituto ex art. 131-bis c.p. prevedendo, quale limite all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità, non più la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, bensì la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, sola o congiunta a pena pecuniaria.

Trattasi di un notevole ed importante cambiamento rispetto alla disciplina previgente che comporta un consistente ampliamento dello spettro applicativo dell’art. 131-bis c.p.: il limite applicativo della suddetta causa di esclusione della punibilità sarà infatti calibrato non più sul massimo edittale, bensì sul minimo edittale di ciascun reato. Per comprendere la portata innovativa di tale riforma, basti pensare che, alla luce di tale novella, oggi può applicarsi tale strumento deflattivo a reati quali ad esempio il furto aggravato ex art. 624 c.p., oppure alla ricettazione ex art. 648 c.p.: delitti per i quali, prevedendo una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni, non poteva applicarsi l'originaria formulazione dell’art. 131-bis c.p.

Il d.lgs. n. 150/2022 ha apportato una seconda modifica all'istituto in esame, dando rilevanza, ai fini dell’applicabilità di quest'ultimo, alla condotta del reo susseguente al reato. In altri termini, ai sensi del nuovo primo comma dell'art. 131-bis c.p., il giudice dovrà valutare la gravità del reato non solo alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ma anche alla luce della condotta tenuta dal reo nel momento successivo alla commissione del reato. Anche in questo caso è chiaro come l'intento del legislatore sia stato quello di ampliare l’ambito di applicazione della causa di esclusione della punibilità in esame, prendendo in considerazione non più solo la modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo, ma anche profili attinenti alla capacità a delinquere del reo includenti la condotta susseguente al reato[1].

4. La Corte di Cassazione si pronuncia sulle questioni di diritto intertemporale poste dal nuovo art. 131-bis c.p. (Corte di Cassazione, sez. VI, con sentenza n. 7573/202)

La novella apportata con il d.lgs. 150/2022 è entrata in vigore il 30 dicembre 2022 e, in assenza di una disposizione transitoria, si è posto il problema della possibilità o meno di un’applicazione retroattiva di tali novità a giudizi ancora pendenti relativi a fatti di reato commessi in epoca anteriore alla suddetta data.

Relativamente a tale problematica si è di recente pronunciata la Corte di Cassazione, sez. VI, con sentenza n. 7573/2023.

Nel caso specie, il ricorrente, condannato (ante riforma) sia in primo grado sia in appello per calunnia ex art. 368 c.p., tra i vari motivi di ricorso alla Suprema Corte chiedeva altresì l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. così come novellato dal d.lgs. 150/2022.

La Corte di Cassazione, accogliendo esclusivamente tale motivo di ricorso, ha risposto favorevolmente al quesito dell’applicazione retroattiva del nuovo art. 131-bis c.p. [...] in ossequio al preciso indirizzo esegetico formulato dalle Sezioni Unite della Cassazione in occasione dell’entrata in vigore del nuovo istituto quando la questione della deducibilità dell’istanza di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. per la prima volta in cassazione venne definita in senso positivo, in quanto norma afferente ad un istituto di diritto penale sostanziale, dunque ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen.: ne consegue il riconoscimento dell’applicazione retroattiva dell’art. 131-bis cod. pen. alle nuove figure criminose desumibili quoad poenam anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della riforma aventi ad oggetto reati commessi prima di quella data”.

Detto in altri termini, ad avviso della Suprema Corte, la questione dipende dalla natura sostanziale o processuale che si deve riconoscere alla nuova previsione: in quanto norma afferente ad un istituto di diritto sostanziale[2] è ammessa l'applicazione retroattiva dell'art. 131-bis c.p., così come modificato dal d.lgs. 150/2022. 

Al riguardo, giova precisare che sia dottrina che giurisprudenza sono sempre stati unanimi nell'affermare che l'istituto in esame vada ricondotto nell'alveo del diritto penale sostanziale. Si è infatti osservato che la particolare tenuità del fatto appartenga alla categoria delle cause di non punibilità in senso stretto: la declaratoria di non punibilità, infatti, presuppone la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del fatto tipico, compresa l’offesa. Nonostante ciò, l'imputato si ritiene non punibile alla luce di quei principi di proporzione e di economia processuale che stanno alla base dell'istituto stesso. 

Il Supremo Collegio continua osservando anche che “[...] non vi è ragione di non riconoscere pure per la parte della nuova disposizione che prevede la possibilità per il giudice di tenere conto della condotta del reo susseguente al reato, in quanto concernente ad un presupposto per l’applicazione di quell’istituto di diritto penale sostanziale”.

Alla luce di tali motivazioni, la Corte di Cassazione ha concluso procedendo con l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, dichiarando l'imputato non punibile ex art. 131-bis c.p., facendo leva su una serie di elementi riconosciuti a favore di quest'ultimo: la sussistenza dei requisiti di applicabilità dell'art. 131-bis c.p., così come novellato d.lgs. 150/2022; l'assenza di particolari espedienti nello svolgimento dell'attività criminosa; la sua incensuratezza; l'aver tenuto un comportamento corretto in giudizio; l'aver adempiuto all'obbligazione pecuniaria cui era tenuto verso la persona offesa (comportando, in tal modo, la revoca della costituzione di parte civile). 

5. Conclusioni

A seguito della c.d. riforma Cartabia, lo spettro applicativo dell'art. 131-bis c.p. si è notevolmente allargato. Oggi è possibile riconoscere l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ad una serie di reati in precedenza esclusi, poiché, pur prevedendo un minimo editale pari o inferiore a due anni, sono puniti con una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni. A ciò si aggiunga che, per effetto di tale riforma, ai fini della valutazione della particolare tenuità dell'offesa, il giudice è tenuto a prendere in considerazione non più solo le circostanze relative al momento della commissione del reato, ma anche la condotta susseguente alla realzizazione dell'illecito tenuta dall'imputato. 

Lo scopo perseguito dalla riforma Cartabia di ampliare l'ambito applicativo della particolare tenuita del fatto è stato ancora di più accentuato dalla pronuncia della Corte di Cassazione, sez. VI, con sentenza n. 7573/2023, laddove è stata confermata l'applicazione reatroattiva della nuova formulazione dell'art. 131-bis c.p., ovvero a tutti quei giudizi ancora pendenti alla data di entrata in vigore della novella, relativi a reati commessi in precedenza cui è possibile oggi appliccare la suddetta causa di esclusione della punibilità così novata. 

Alla luce di tutto ciò, è chiaro che il nuvo art. 131-bis c.p. sia, ancora di più oggi, un rilevante strumento di deflazione dei carichi giudiziari. 


Note e riferimenti bibliografici

[1] V. Cass. pen., Sez. V, n. 660/2019. 

[2] Cass. pen. SS.UU. n. 13681/2016.