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Pubbl. Mer, 30 Nov 2022

La Cassazione si pronuncia sulla posizione di garanzia dell´infermiere

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Federica Coppola
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Salerno



La pronuncia n.21449/2022 concerne un´ipotesi di responsabilità per omicidio colposo a carico di personale infermieristico per aver cagionato, in cooperazione tra loro, la morte di un paziente intervenuta durante l´attività di monitoraggio del decorso post - operatorio a cui erano adibiti. Per il tramite di tale pronuncia la sez. IV della Cassazione conferma il filone interpretativo consolidatosi in tema di posizione di garanzia dell´infermiere e dei criteri di accertamento del nesso condizionalistico ex artt. 40 e 41 c.p.


ENG This judgement concerns a case of culpable liability act by paramedics who, by reason of their failure or refusal to take actions, caused the death of a patient during the postoperative course in which they were assigned. The Supreme Court conferms the interpretative trend about the parmedics guarantee position and the assessment of the causal link ex artt. 40 e 41 c.p.

Sommario: 1. La vicenda processuale 2. La ricostruzione delle questioni dogmatiche sostanziali 3. L’evoluzione della giurisprudenza e la soluzione della Corte nel caso di specie 4. Considerazioni conclusive.

1. La vicenda processuale

Con la sentenza n. 21449, dep. 01 giugno 2022, la sez. IV della Cassazione si è espressa in merito alla configurabilità della responsabilità per omicidio colposo, ex artt. 40 e 589 c.p., di due infermieri di turno presso una struttura ospedaliera per aver cagionato, in cooperazione tra loro, la morte di un paziente intervenuta durante il decorso post operatorio di cui dovevano controllarne lo svolgimento.

In particolare, si è evidenziata la sussistenza di un’ipotesi di colpa generica e specifica ascrivibile ai suddetti soggetti consistita nell’aver omesso l’effettiva ed adeguata cura del paziente, nello specifico con riferimento al monitoraggio delle funzioni vitali, con una condotta qualificabile di completa inerzia, nonostante indici sintomatici concreti della necessità di prestazioni sanitarie immediate. Emergono, come risulta dalla cartella clinica, evidenti segni di uno sviluppo post operatorio critico, tra cui ad es. l’emissione di secrezioni schiumose.

È esclusivamente a seguito dell’insistenza dei genitori della vittima che gli infermieri hanno adito il medico di guardia, il quale si è limitato ad osservare il paziente. Dal progressivo verificarsi dell’inerzia dei soggetti summenzionati si è poi verificata la morte del paziente per ipotassemia, la quale ha determinato il problema cardiaco e quindi l’edema polmonare.

La Corte di Appello confermava il giudizio di responsabilità di entrambi gli imputati pronunciato dal Tribunale, avvalorando la sussistenza del nesso causale tra le condotte colpose ascritte ai vari imputati e la morte del soggetto.

La sentenza di condanna della Corte di Appello è stata oggetto di censure, dinanzi la Corte di Cassazione, per quanto concerne il profilo della violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 40 c.p. in quanto si è evidenziato che, pur eventualmente sussistendo la posizione di garanzia in capo agli infermieri, dovesse escludersi che, nel caso di specie, l’evento mortale fosse in concreto prevedibile ed evitabile. Nello specifico, si è sottolineato come gli infermieri non potessero prescrivere e somministrare terapie; dunque, solo la condotta del medico di guardia, che avesse adottato le necessarie terapie, avrebbe potuto evitare l’evento.

2. La ricostruzione delle questioni dogmatiche sostanziali

Nell’affrontare la questione sottoposta all’attenzione della Cassazione è necessario operare preliminarmente una disamina in merito alla configurazione della posizione di garanzia degli infermieri e, in particolare, la sussistenza della responsabilità colposa sub species omissiva ex artt. 40 e 589 c.p. nelle ipotesi di cooperazione multidisciplinare diacronica nell’attività sanitaria lato sensu intesa.

La condotta degli infermieri si inserisce in un momento del decorso post operatorio rispetto al quale sono intervenute plurime condotte causalmente idonee a cagionare l’evento, ascrivibili a più soggetti, ovvero i due infermieri di turno ed il medico di guardia.

In primis, è necessario evidenziare come non possa in alcun modo escludersi la sussistenza di una posizione di garanzia riferibile agli infermieri. È opinione largamente consolidata quella secondo cui trattasi di posizione di protezione, quale obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso o pericoloso del bene giuridico della salute, quest’ultima da intendersi in termini di vita ed integrità psico – fisica di un individuo. Dalla configurazione di tale vincolo di tutela rafforzato tra personale paramedico e paziente è possibile sussumere l’ipotesi di responsabilità nell’ambito della clausola di conversione di cui all’art. 40 cpv. c.p., quale ipotesi di reato omissivo improprio o c.d. commissivo mediante omissione.

La figura infermieristica ha subito nel corso dell’evoluzione normativa ed ermeneutica una profonda modifica per quanto concerne la qualificazione della natura del tipo di attività svolta, tant’è che da una mera funzione subordinata e ausiliaria del medico si è giunti al riconoscimento di una professione dotata di autonomia decisionale e valutativa, seppur differente qualitativamente e quantitativamente da quella del medico.

Si è superata la caratterizzazione dell’infermiere quale mero esecutore materiale dei compiti assegnatagli dal medico, così come prefissato nel D.P.R. 13.03.1974 n.225 e D.P.R. n.761/1971, e si è consacrata la natura autonoma della professione infermieristica con la l. n. 251 del 2000, privando tale soggetto di qualsiasi vincolo di subordinazione rispetto al personale medico stricto sensu inteso.

Nel contesto attuale, quindi, il fondamento della posizione di garanzia dell’infermiere è desumibile dalla lettura in combinato disposto dell’art. 1 l. n. 251/2000[1], degli artt. 1 e 6 del Codice deontologico dell’infermiere del 2009[2], e dell’art. 40 cpv. c.p.

Per quanto concerne lo specifico caso in esame, la condotta omissiva degli infermieri si ravvisa nell’astensione dalle adeguate attività di monitoraggio del paziente preordinate all’intervento tempestivo del medico di guardia; il personale paramedico, infatti, avrebbe dovuto allertare tempestivamente e adeguatamente il medico dei sintomi dell’edema. Nonostante gli evidenti indici sintomatici di problematiche post operatorie, desumibili dal quadro clinico delineatosi, e come avvalorato dalle perizie effettuate nel corso della vicenda processuale, gli imputati si sono astenuti dall’eseguire qualsiasi prestazione sanitaria a favore del paziente, e da questa condotta è derivato il ritardo dell’intervento del medico di guardia.

Per quanto concerne la categoria dogmatica dell’addebito soggettivo, quale profilo di attribuibilità psicologica del fatto all’autore, emergono profili di colpa tanto generica quanto specifica; in particolare, l’addebito per colpa professionale in capo agli infermieri si intende, rispettivamente, quale violazione di regole di diligenza, prudenza e perizia astrattamente riferibili a tali soggetti nell’iter dell’attività sanitaria in cui sono coinvolti, nonché quale violazione delle specifiche leges artis di pertinenza dell’attività infermieristica tipica, sub species di monitoraggio e controllo post operatorio della degenza del paziente.

Alla luce di tali coordinate ermeneutiche si evidenzia, nel caso in esame, un tipico esempio di responsabilità dell’infermiere nei casi di cooperazione multidisciplinare diacronica. Tale situazione ricorre ogniqualvolta la prestazione sanitaria si esplica attraverso il contributo di più soggetti dotati di competenze diverse ed in momenti cronologicamente distinti[3]. Tali plurimi interventi sono collegati da un nesso teleologico, ovvero dalla comune finalità di tutela della salute, lato sensu intesa in termini di vita ed integrità psico – fisica del paziente. L’orientamento ermeneutico consolidato in subiecta materia esclude la sussistenza di un principio di affidamento sic et simpliciter, nel senso che si esclude la possibilità per ciascuno dei soggetti coinvolti nell’attività plurisoggettiva di affidarsi alla correttezza dell’attività altrui, nell’ottica di evitare il rischio di una eccessiva deresponsabilizzazione dei soggetti soprattutto nell’esercizio dell’attività medico – chirurgica, quale ipotesi paradigmatica di attività rischiosa ma giuridicamente autorizzata dall’ordinamento poiché socialmente utile. Ragione per la quale, nel contesto attuale, si avalla la tesi del c.d. principio di affidamento temperato[4] o relativo[5], nel senso che ciascuno dei soggetti coinvolti deve adoperarsi ogni qualvolta vi siano elementi circostanziali tali da far emergere la non correttezza dell’altrui attività, da cui l’obbligo giuridico di impedire l’evento infausto che altresì derivi dall’altrui attività scorretta.

È in questi termini che emerge la correlazione tra le considerazioni suevidenziate in tema di principio di affidamento ed il concetto della c.d. continuità della posizione di garanzia, ovvero concorso di posizioni di garanzia, nel senso che non è invocabile l’affidamento da parte del soggetto che è in colpa in quanto non ha adempiuto agli obblighi di impedire l’evento inerenti alla propria posizione di garanzia[6].

Al di là delle considerazioni effettuate in relazione alla condotta omissiva colposa degli infermieri, è necessario altresì porre l’attenzione sul tema delle condotte colpose indipendenti. In particolare, nel caso di specie le condotte degli infermieri risultano ciascuna idonea a contribuire causalmente alla determinazione dell’evento infausto, in quanto entrambi gli infermieri hanno adottato lo stesso modus operandi di astensione e ritardo nel monitoraggio, intervento, ed informazione al medico di guardia delle condizioni critiche del paziente nel decorso post operatorio.

Nell’ipotesi in esame opera la regola in tema di causalità condizionalistica di cui all’art. 40 c.p., nel senso che ciascuna delle condotte risulta quale antecedente causalmente idoneo ad evitare l’evento poiché, attraverso il giudizio controfattuale di c.d. eliminazione mentale, può affermarsi che dall’eliminazione delle condotte degli stessi l’evento non si sarebbe verificato. Trattasi di accertamento della causalità c.d. doppiamente ipotetico in quanto al giudizio controfattuale di eliminazione mentale segue l’accertamento dell’efficacia salvifica della condotta alternativa doverosa. In altri termini, alla condotta colposamente omessa il giudice deve sostituire l’attività doverosa per vagliarne l’efficace attitudine ad evitare l’evento infausto. Tale efficacia salvifica della condotta si declina quale capacità di evitare l’evento infausto, nonché di rallentarne il decorso ovvero diminuirne l’intensità, sulla base del criterio dell’alta probabilità logica o credibilità razionale.

Non può invocarsi nel caso di specie l’eccezione alla regola di cui al co. 2 dell’art. 41 c.p., in tema di cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento, quali circostanze idonee ad esplicare efficacia interruttiva del nesso causale rispetto ad altri antecedenti.

Le cause sopravvenute indipendenti devono presentare caratteristiche precipue per produrre l’efficacia interruttiva del nesso causale tra l’evento e le condotte antecedenti degli agenti. Superata la tesi tradizionale che considera cause interruttive quelle che attivano un nuovo processo eziologico, in ragione del rischio di considerare la norma quale inutile superfetazione della regola di cui all’art. 40 cpv. c.p., l’evoluzione ermeneutica ha condotto ad avallare la tesi secondo cui si tratti di circostanze che intervengono nello stesso processo eziologico attivato dalla precedente condotta dell’agente, ma che comportano una deviazione dall’iter in modo del tutto anomalo ed imprevedibile. Trattasi, ad esempio, di un comportamento assolutamente eccentrico del sanitario intervenuto successivamente nel decorso causale dell’evento, quale circostanza eccezionale, atipica, abnorme, fattore eterogeneo diverso da quello generato dalla condotta del primo soggetto. In particolare, l’interruzione del nesso causale si ravvisa ogniqualvolta la condotta successiva di altro sanitario introduce «un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli di competenza del garante originario»[7], ipotesi non aderente al caso di specie oggetto della sentenza della Cassazione.

Nell’ipotesi in oggetto, infatti, la mancata adozione da parte del medico di guardia, successivamente intervenuto rispetto alle condotte degli infermieri, della scelta terapeutica adeguata alla cura del paziente in condizioni ormai critiche, non può considerarsi quale causa sopravvenuta interruttiva del nesso causale, in quanto non abnorme o assolutamente eccentrica rispetto all’iter causale attivato dagli antecedenti anzidetti.

3. L’evoluzione della giurisprudenza e la soluzione della Corte nel caso di specie

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso proposto sui motivi indicati.

In particolare, la Suprema Corte ritiene «del tutto improponibile giuridicamente» il motivo della difesa secondo cui non sussiste la posizione di garanzia degli infermieri in quanto è «compito cautelare essenziale» degli stessi la tutela della salute del paziente, sub species quale vigilanza e controllo del decorso post operatorio al fine di garantire il tempestivo intervento del medico[8].

In questa sede non si discute della diversa «autonomia diagnostica e valutativa dell’infermiere»[9] ma emerge ictu oculi l’inosservanza all’obbligo ex lege per l’infermiere di tutela della salute contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità, quale «espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost.[10]». Tutti gli operatori di una struttura sanitaria, quindi, sono considerati ex lege portatori di una posizione di garanzia, sub species di protezione, in ossequio al principio di solidarietà ex art. 2 Cost. e di tutela della salute ex art. 32 Cost[11].

Di seguito, si conferma la responsabilità omissiva colposa degli infermieri sulla base del giudizio controfattuale in merito all’efficacia salvifica della condotta alternativa lecita, rectius doverosa. In particolare, se il paziente fosse stato adeguatamente controllato nel decorso post operatorio, la somministrazione del potassio effettuata tempestivamente dal medico di guardia avrebbe evitato la morte del paziente.

In sintesi, ciascuna delle condotte omissive ascrivibili agli infermieri ha contribuito a determinare causalmente la morte del paziente. Se il personale paramedico imputato avesse adeguatamente monitorato il paziente, e di conseguenza avesse avvertito tempestivamente il medico, quest’ultimo avrebbe potuto scegliere le terapie più idonee e, in base ad un giudizio controfattuale che tiene conto delle peculiarità del paziente concreto e delle conoscenze scientifiche astratte, si sarebbe potuto evitare l’evento infausto.

Risulta principio di diritto acquisito, richiamato dalla Corte in esame come valevole anche nei casi di personale paramedico[12], quello secondo cui, in tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare diacronica, «ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio»[13].

In definitiva, la colpevole omissione delle condotte doverose di monitoraggio ed assistenza del paziente nel iter post operatorio, da cui derivi l’omessa tempestiva e adeguata avvertenza al medico di guardia, è ritenuta correttamente concausa dell’evento. Nell’occasione, la Corte conferma il principio secondo cui «in caso di condotte colpose indipendenti non può invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti la altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità».

4. Considerazioni conclusive

In definitiva emerge chiara la scelta della Cassazione di adeguarsi al filone interpretativo consolidatosi in subiecta materia circa il riconoscimento della posizione di garanzia dell’infermiere e della conseguente affermazione del principio di equivalenza causale delle condotte colpose indipendenti, in particolare con l’esclusione dell’efficacia interruttiva del nesso causale per opera della successiva condotta colposa del medico.

Nell’ipotesi in esame, infatti, risulta evidente il profilo colposo della condotta omissiva degli infermieri, i quali si sono astenuti dalla doverosa attività di monitoraggio nel momento post operatorio, da cui è derivato il ritardo dell’intervento del medico di guardia. Il ritardo ascrivibile a quest’ultimo in relazione alla scelta terapeutica riguardante la somministrazione del farmaco idoneo ad interrompere la crisi in cui è incorso il paziente non assurge a circostanza causale tale da interrompere il nesso eziologico tra la condotta colposa precedente degli infermieri e l’evento infausto verificatosi hic et nunc. Tale condizione causale, infatti, si inserisce tipicamente nel decorso eziologico attivato dalle condotte antecedenti degli infermieri, e non si configura in alcun modo secondo le caratteristiche precipue di cui all’art. 41 co. 2 c.p., ovvero quale circostanza anomala e abnorme rispetto al regolare iter causale instauratosi ab initio.


Note e riferimenti bibliografici

[1] La L. n.251 2000 ha ad oggetto la Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche e all’art. 1 prevede espressamente che «gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili  professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi  dell’assistenza».

[2] L’art. 1 del Codice deontologico dell’infermiere afferma che «l’infermiere è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica»; l’art. 2 del cod. cit. afferma che «l’infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della collettività e si impegna a tutelarla con attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione».

[3] Sull’attività sanitaria quale atto soggettivamente complesso v. E. De Murtas, Il trattamento medico- chirurgico diacronicamente plurisoggettivo: profili penalistici, in Dir. e salute, 10/2020, 40, secondo cui «l’originario modello di tutela della salute, concepito in una dimensione tipicamente individuale (…) è stato sostituito da un approccio plurisoggettivo ed interdisciplinare, coincidente con l’espandersi inarrestabile di procedure che prevedono l’intervento di una pluralità di sanitari in rapporti di cooperazione reciproca, ciascuno portatore di competenze specifiche».

[4] Espressione di G. Marinucci – G. Marrubini, Profili penalistici del lavoro medico chirurgico in equipe, in Temi, 1968, 217 e ss.; F. Mantovani, La responsabilità del medico, in Riv. it. med. leg., 1980, 21.

[5] Espressione di A. Palma, La divisione del lavoro in ambito sanitario tra principio di affidamento e dovere di controllo, in Criminalia, 2009, 592 e ss.;

[6] Cfr. A. Massaro, Responsabilità penale del medico in colpa e causalità nella responsabilità penale del medico di base, nota a Cass. pen. sez. IV 14.12.2017, n.3896, in Giur. it., 7, 01.07.2018, 1695 e ss. (verificare i riferimenti), secondo cui «il principio di affidamento può essere invocato solo da chi si sia conformato alle regole cautelari di cui è diritto destinatario e non già da chi abbia tenuto una condotta negligente».

[7] Cfr. A. Vallini, Colpa medica, cause sopravvenute e competenza per il rischio: qualcosa di nuovo, anzi d’antico, in Dir. pen. proc., 12, 01.12.2015, 1537, (verificare i riferimenti) nota a Cass. pen. sez. IV n.33329, 05.05.2015; v. altresì A. Massaro, Responsabilità penale del medico – colpa e causalità nella responsabilità penale del medico di base, op. cit., 1695 e ss., secondo cui «sempre più spesso la giurisprudenza precisa che deve trattarsi di una causa sopravvenuta che inneschi un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto a quello attivato dalla prima condotta, o, comunque, estranea alla sfera di rischio gestita dal garante». In giurisprudenza v. ex multis Cass. sez. IV 06.06.2017 n. 33770 in Guida dir., 44/2017, 82; Cass. pen. sez. IV 16.05.2017 n. 28010 in Guida dir., 38/2017, 68; Cass. pen. sez. IV 05.05.2015 n. 33329, in Guida dir. 40/2015, 73.

[8] Sul punto cfr. V. Amendolagine, La responsabilità professionale dell’equipe sanitaria derivante da medical malpractice, in Danno e Resp., 4, 01.07.2021, 517, secondo cui «rientra nei compiti propri non solo del sanitario, ma anche dell’infermiere, controllare le condizioni del paziente, al fine di salvaguardare la salute, essendo, anche il personale paramedico onerato della vigilanza sul decorso della malattia anche nella fase della convalescenza post – operatoria, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, di un tempestivo intervento del medico»; ex multis Cass. 13.05.2011 n.24573.

[9] Cfr. M.A. Federici, Osservazioni sui compiti dell’infermiere nei riguardi del paziente, in Giur.it., 5, 01.05.2012, 1130, nota a Cass. sez. IV 13.05.2011 n.24573, secondo cui «non è infatti in discussione (né lo potrebbe essere) una comparazione tra gli spazi valutativi e decisionali dell’infermiere rispetto al medico, ma solo l’obbligo per l’infermiere, anche solo in caso di dubbio ragionevole (qui, fondabile non foss’altro che per le reiterate indicazioni dei parenti), di chiamare l’intervento del medico di turno, cui poi compete la decisione ultima».

[10] Sul punto cfr. Cass. sez. IV n. 39256 del 29.03.2019, rv. 277192 – 01; Cass. sez. IV n.9628 del 02.03.2000 rv. 217477; Cass. sez. IV n. 2192 del 10.12.2014, rv. 261776.

[11] Cfr. Cass. Sez. IV 02.03.2000 n.9638 in Cass. pen. 2002, 574, secondo cui «gli operatori, medici e paramedici, di una struttura sanitaria sono tutti ex lege portatori di una posizione di garanzia – espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex art. 2 e 32 Cost., nei confronti  dei pazienti affidati, a diversi livelli, alle loro cure o attenzioni, e, in particolare, sono portatori della posizione di garanzia che va sotto il nome di posizione di protezione, la quale, come è noto, è contrassegnata dal dovere giuridico incombente al soggetto di provvedere alla tutela di un certo bene giuridico contro qualsivoglia pericolo atto a minacciarne l’integrità».

[12] Cfr. L. Siliquini Cinelli, Estensione della colpa medica all’infermiere. Il commento, in Danno e Resp., 1, 01.01.2012, p.19.

[13] Cfr. Cass. Sez. IV n. 46824 dep. 19.12.2011 rv. 25140; Sez. IV n.41317 del 09.11.2007 rv. 237891. Sul punto v. in particolare Cass. sez. III 03.11.2021 dep. 03.01.2022 n.1 da cui si ricava il principio di diritto secondo cui «in tema di colpa professionale, laddove ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario (compreso il personale paramedico) è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune e unico, senza che possa invocarsi il principio di affidamento da parte di colui che non abbia osservare una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, fatta salva l’affermazione dell’efficacia salvifica della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità» con nota di F. COPPOLA, I profili di responsabilità penale del medico nei casi di cooperazione multidisciplinare diacronica: il punto della Cassazione, in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2532 – 9871, fasc.06/2022.