Pubbl. Sab, 30 Apr 2022
La Cassazione sui presupposti per la partecipazione a un´ associazione finalizzata al narcotraffico
Modifica paginaLa Corte di Cassazione, con la sentenza del 10 marzo 2022, n. 8312, si è pronunciata, ancora una volta, sui requisiti essenziali per identificare le differenti modalità di partecipazione attiva ad un gruppo criminale di narcotraffico, specie nell´ipotesi di rapporti di parentela, laddove sia opportuno accertare e qualificare il tipo di contributo prestato dal parente in favore del sodalizio finalizzato allo spaccio di stupefacenti
Sommario: 1. La composizione strutturale del sodalizio dedito al narcotraffico; 2. La qualificazione della condotta partecipativa al gruppo di narcotraffico; 3. Il pactum sceleris e la stabilità del vincolo associativo.
1. La composizione strutturale del sodalizio dedito al narcotraffico
Il Supremo Collegio, con sentenza n. 8312 del 23 novembre 2021, depositata il 10 marzo 2022, è intervenuto nuovamente in materia di associazione dedita al narcotraffico[1], segnatamente per i suoi presupposti, indispensabili per la configurabilità del delitto de quo.
Ciò posto, l’attività ermeneutica della Cassazione si è, da sempre, concentrata, in modo significativo, sugli elementi costitutivi dell’associazione di narcotraffico; in particolare, questi possono essere individuati nell’esistenza di un gruppo criminoso che è strutturalmente composto da tre o più soggetti, ovverosia organizzato, anche gerarchicamente[2].
In verità, la relazione intersoggettiva che si costituisce fra i membri del gruppo s’incentra, a sua volta, sul vincolo associativo – costituente il patto associativo - che condiziona i partecipi ad essere parte attiva del gruppo criminale, anche nell’ipotesi in cui l’accordo associativo criminoso sia scaturito informalmente, anche se non concomitante alla formazione della societas scelerum.
Proprio per questo motivo, l’elemento dirimente per l’istituzione del sodalizio finalizzato allo spaccio di stupefacenti risiede nell’indeterminato programma criminoso[3] ideato e perseguito dai sodali.
Questo piano consiste nella realizzazione di una serie indefinita ed indeterminata di reati concernenti lo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope; pertanto, le attività criminose devono compiersi in modo coordinato fra i partecipi, i quali predispongono, nei riguardi dell’associazione di riferimento, un contributo personale, apprezzabile e non sporadico per il raggiungimento delle prerogative associative; ingenerando, in tal modo, un apporto effettivo e consapevole, in termini di stabilità partecipativa, all’unione delittuosa[4].
2. La qualificazione della condotta partecipativa al gruppo di narcotrafficanti
La questione controversa, oggetto della decisione che si commenta, verte sulla qualificazione della condotta di partecipazione, la quale non può ritenersi integrata per la mera manifestazione di una detta disponibilità di un soggetto - partecipe all’associazione di narcotraffico, seppur ricopra una posizione apicale – neanche per la comunanza di intenti fra le parti, in quanto il partecipe deve assolutamente fornire un contributo volontario, consapevole e continuativo, giammai occasionale, altresì funzionale per le attività previste dal sodalizio, favorendo oggettivamente il potenziamento e rafforzamento – in termini operativi – dell’associazione dedita al narcotraffico[5].
In considerazione di tale assunto, nell’ipotesi in esame, la Corte di Cassazione ha stabilito che dal rapporto di parentela con taluni membri del sodalizio di narcotraffico non può dedursi l’inserimento stabile nell’associazione criminale di un parente, sebbene questi sia a conoscenza degli affari delittuosi svolti dagli altri componenti della famiglia, perché per attribuirgli la penale responsabilità, a titolo di partecipazione all’associazione, deve manifestare la consapevolezza di compimento un’attività funzionale ed apprezzabile per garantire forza e vita all’associazione criminale.
La decisione della Corte si sofferma, inoltre, sul requisito del vincolo associativo che, invero, non può ricavarsi unicamente per la partecipazione del singolo autore al compimento dei reati-fine del sodalizio criminoso, quali la vendita, la cessione e il commercio, poiché questa specifica modalità di condotta non è idonea – specialmente ai fini processuali e probatori – a dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’avvenuta adesione del soggetto al gruppo dedito al narcotraffico, in quanto codesta associazione potrebbe anche servirsi, indipendentemente dai singoli partecipi, di individui assoldati occasionalmente, i quali non sono minimamente consapevoli tanto della sussistenza di un realtà criminale stabile, organizzata, con struttura inveterata, quanto della loro funzione operativa in favore della stessa associazione, in qualità di aderenti ad essa[6].
3. Il pactum sceleris societatis e la stabilità del vincolo associativo
In merito al requisito essenziale del patto fra gli associati, non è richiesto, come s’è detto, che risulti espresso, giacché – per le finalità probatorie – l’esistenza dell’accordo può essere desunta al netto delle modalità esecutive dei reati-scopo compiuti, per la tipologia dei rapporti intercorrenti fra gli autori, per la ripartizione dei compiti e dei ruoli fra coloro che si associano, con l’intendimento di raggiungere il condiviso obiettivo di costituire e gestire una proficua attività di commercio di droga[7].
Quanto alla solidità del vincolo associativo, il giudice può accertare la presenza di questo parametro mediante una ricostruzione della commissione dei singoli reati-fine, anche in considerazione dell’indeterminatezza del progetto delittuoso, al fine di distinguere le varie modalità di partecipazione all’associazione e, dunque, frazionare le singole posizioni, anche nelle ipotesi di concorso di persone per i singoli delitti commessi e, di contro, valutare oggettivamente le condotte poste in essere da coloro che sono stabilmente collegati al nucleo associativo; accertamento indispensabile per quantificare l’operatività del sodalizio dedito al narcotraffico[8].
A tal proposito, si osserva che il profilo discretivo fra il delitto di associazione finalizzata al narcotraffico - previsto all’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990 – e il concorso di persone nel reato (continuato) di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti è da individuarsi nella differente stabilità del pactum sceleris, cioè il condiviso intento di realizzare una moltitudine di reati[9].
Per quel che riguarda la verifica, in termini di apprezzabilità, della sistematicità e continuità dell’attività di vendita di droga, può avvenire anche se la cessione di stupefacenti sia accertata mediante l’uso di strumenti investigativi, come intercettazioni telefoniche e ambientali, laddove tali attività, seppur apparentemente sporadiche, siano collegate probatoriamente alle altre condotte contestate; pertanto, in questo modo, non è indispensabile ricostruire ogni singolo episodio criminoso - specie se tali attività siano state realizzate dai medesimi – qualora siano avvinti da continuità cronologica[10].
[1] G. AMATO, I reati in materia di stupefacenti: l’associazione a delinquere, in Reati in materia di immigrazione e stupefacenti, in Trattato teorico pratico di diritto penale, a cura di Caputo e Fidelbo, Torino, 2011, 453 ss.; ID., Teoria e pratica degli stupefacenti, Roma, 1996; A. BASSI, La disciplina sanzionatoria in materia di stupefacenti, Padova, 2010; G. CRISTOFORI, Associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, in Trattato di diritto penale, diretto da Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, Torino, 2015; P. DUBOLINO, Il codice delle leggi sugli stupefacenti, Piacenza, 1992; G. FLORA, Il nuovo sistema delle incriminazioni, in FLORA G. (a cura di), La nuova normativa sugli stupefacenti, Commento alle norme penali del testo unico, a cura di Flora, Milano, 1991, 1; G. LEO, L’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (Art. 74 D.P.R. 309/1990), in Trattato di Diritto Penale, Parte Speciale, IV, I delitti contro l’incolumità pubblica e in materia di stupefacenti, diretto da Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, Torino, 2010, 702 ss.; S. MILONE, L’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope: un’indagine sugli aspetti più controversi della fattispecie nel diritto vivente, tra paradigmi teorici e prassi giurisprundenziale, in Stupefacenti e diritto penale: un rapporto di non lieve entità, Torino, a cura di Morgante, 2015, 225 ss.; F.C. PALAZZO, Consumo e traffico degli stupefacenti. Profili penali, Padova, 1993; M. RONCO, Stupefacenti (diritto penale), in Enc. giur., vol. XXX, Roma, 1993; N. RUSSO, Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope in Gli stupefacenti: disciplina ed interpretazione. Legislazione e orientamenti delle Corti Superiori, a cura di Licata, Russo, Recchione, Torino, 2015, 385 ss.
[2] Sulla teoria dell’organizzazione si rinvia a S. ALEO, Istituzioni di diritto penale, Milano, 2016, 453 ss.
[3] G. INSOLERA, T. GUERINI, Diritto penale della criminalità organizzata, Torino, 2022, 106 ss.
[4] Cass. pen., Sez. IV, 2 ottobre 2013, Ric. Alberghini, in CED. Cass., rv. 257582; Cass. pen., Sez. VI, 3 dicembre 2013, n, 7387.
[5] Cass. pen., Sez. VI, 17 luglio 2019, n. 34563.
[6] Cass. pen., Sez. VI, 22 ottobre 2003, n. 49556.
[7] Cass. pen., Sez. VI, 24 settembre 2012, n. 9061.
[8] Cass. pen., Sez. II, 4 ottobre 2016, n. 53000; Cass. pen., sez. II, 31 marzo 2016, n. 19435. Contra: Cass. pen., 25 febbraio 2016, n. 48568.
[9] Cass. pen., Sez. VI, 6 aprile 2017, n. 28252.
[10] Cass. pen., Sez. III, 2 dicembre 2014, n. 14954.