Il decreto-Genova al vaglio della Corte costituzionale
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Camilla Della Giustina
La pronuncia n. 168/2020 della Corte costituzionale ha dichiarato come l´esclusione di ASPI sia legittima costituzionalmente. Nella propria pronuncia la Consulta affronta il problema delle leggi-provvedimento nonchè la previsione contenuta nel codice degli appalti pubblici all´art. 63.
Sommario: 1.Introduzione; 2.Le ordinanze di remissione; 3.La pronuncia della Corte costituzionale; 4.Le concessioni autostradali: cenni storici; 5.La Convenzione Unica tra ANAS e ASPI; 6.Le leggi provvedimento; 7.Decreto-Genova e Diritto Europeo: profili di frizione?; 8.Conclusioni.
1. Introduzione
Con sentenza n. 168/2020 la Corte costituzionale ha dichiarato che l’esclusione di ASPI (Autostrade per l’Italia S.p.A) è «dipesa sia dall’urgenza di avviare i lavori per ripristinare tempestivamente un tratto autostradale essenziale per i collegamenti nella regione, sia dai dubbi insorti sull’affidabilità del concessionario, alla luce della gravità dell’evento verificatosi e delle risultanze delle prime indagini amministrative».
La pronuncia della Corte costituzionale trae origine da diverse questioni di legittimità costituzionali prospettate con plurime ordinanze di remissione del TAR Liguria all’interno di un contenzioso amministrativo promosso da ASPI in qualità di concessionaria dell’autostrada A10 Genova-Savona.
Il metodo che verrà seguito nell’analizzare la pronuncia della Corte costituzionale inizierà, in un primo momento, dalla ricostruzione delle diverse ordinanze di remissione ad opera del TAR Liguria. I due paragrafi successivi saranno dedicati all’analisi delle concessioni autostradali.
L’ultima parte sarà dedicata sia all’analisi delle leggi-provvedimento sia ai profili di frizione che la disposizione sollevata mediante un’ordinanza di remissione ad opera del TAR Liguria pone rispetto al diritto dell’Unione europea.
Lo studio delle leggi-provvedimento si rende necessario in quanto la stessa Corte affronta il problema dal punto di vista della tipologia di scrutinio che essa stessa dovrà adottare proprio in considerazione della tipologia legislativa oggetto del sindacato di legittimità costituzionale.
Nel presente saggio, l’obiettivo che ci si pone con l’ultimo paragrafo è solamente quello di evidenziare gli aspetti maggiormente critici delle leggi-provvedimento, nonché alcune pronunce della Corte costituzionale rese in materia, senza alcuna pretesa di esaustività.
2. Le ordinanze di remissione
Il TAR Liguria ha sollevato con ordinanza[1] questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 3, 5, 6, 7, 8 e 8-bis e 1-ter, comma l, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2018, n. 130 con riferimento agli artt. 3, 24, 41 e 111 della Costituzione.
Nella ricostruzione del giudice a quo la violazione delle disposizioni costituzionali poc’anzi citate risulterebbe essere evidente, poiché l’esclusione di ASPI viene definita come irragionevole e violerebbe, quindi, l’art. 3 Cost. in quanto la stessa si fonda esclusivamente su un assunto definito come ipotetico concernente la «non certa irresponsabilità» della società concessionaria.
In secondo luogo, il giudice remittente evidenzia che le disposizioni censurate risulterebbero essere sostanzialmente delle misure punitive nei confronti della società concessionaria al punto da violare l’art. 41 Cost..
Precisamente, nella ricostruzione appena prospettata, l’assenza di accertamenti idonei a dimostrare la responsabilità dell’evento non risulterebbe essere giustificata dalla necessità di tutelare interessi contrapposti aventi rango costituzionale.
Infine, il giudice amministrativo sottolinea come l’intervento legislativo possieda natura cautelare posto che il fine ultimo è quello di escludere «un operatore ritenuto inaffidabile e responsabile di un grave inadempimento degli obblighi di manutenzione dell’infrastruttura, avrebbe implicato la necessità di un accertamento concreto circa l’effettiva responsabilità della società concessionaria, che al momento non risulta acclarata in alcuna sede giudiziale». Di conseguenza si realizzerebbe la violazione degli artt. 24 e 111 Cost.
Una terza ordinanza di remissione[2], sempre da parte del TAR Liguria, evidenzia come rilevanti ai fini del giudizio di legittimità costituzionale le questioni dallo stesso sollevate in quanto «la norma censurata avrebbe conformato i poteri del commissario straordinario nel senso della predeterminata esclusione della società ricorrente».
Il primo profilo di illegittimità costituzionale è dato, quindi, dalla violazione dell’art. 41 Cost. determinata da una eccessiva restrizione della libertà di iniziativa economica.
A tal proposito viene sostenuto, nell’ordinanza di remissione, che la natura cautelare sottesa all’intervento legislativo avrebbe dovuto possedere quale presupposto un accertamento, anche sommario, relativo alla responsabilità della società concessionaria e l’esplicazione dei motivi, per cui l’inaffidabilità di ASPI dovrebbe possedere ripercussioni anche su una società collegata alla stessa. Da questo deriverebbe la violazione dell’art. 111 Cost.
Con un’ulteriore ordinanza di remissione il TAR Liguria[3], oltre ai precedenti profili già menzionati nelle precedenti ordinanze, sottolinea che le disposizioni contenute nel decreto-legge di cui si discute violerebbero, altresì, gli artt. 23 e 97 Cost. poiché il legislatore, nella ricostruzione del giudice remittente, non avrebbe provveduto a svolgere un idoneo e sufficiente accertamento della responsabilità di ASPI e, di conseguenza, non sarebbe capace di giustificare l’adozione delle norme censurate.
Queste ultime, sottolinea il giudice a quo, «considerata la loro specificità oggettiva e soggettiva, nonché la loro capacità lesiva, integrando misure sanzionatorie, sarebbero legittime solo se supportate da un interesse pubblico, ritenuto del tutto assente nel caso di specie».
Viene, altresì, evidenziata quindi la violazione del principio di separazione dei poteri, di difesa e del giusto processo[4] poiché il legislatore nel caso di specie ha fatto ricorso ad una legge provvedimento avente natura sanzionatoria, esercitando in questo modo un potere di accertamento che non appartiene alla sua competenza e violando le garanzie processuali contenute negli artt. 24 e 111 co.1 Cost[5].
3. La pronuncia della Corte costituzionale
La Corte costituzionale nell’esaminare le diverse ordinanze di remissione evidenzia le motivazioni che hanno indotto il legislatore ad adottare le disposizioni oggetto di scrutinio.
Per il Giudice delle Leggi, infatti, le disposizioni sono state adottate a seguito del crollo del viadotto Polcevera (Ponte Morandi) con l’obiettivo di provvedere con urgenza alla gravità eccezionale che si era realizzata nonché di avviare il prima possibile le attività di ripristino di un tratto essenziale per la viabilità.
Alla luce di questo l’art. 1 co. 1 Dl. n. 109/2018[6] ha affidato al commissario straordinario il compito di garantire l’avvio dei lavori di demolizione e la conseguente ricostruzione del ponte in maniera tempestiva specificando altresì le modalità di azione[7].
In secondo luogo, la Consulta precisa che la circostanza in base alla quale il legislatore provvede a disciplinare una materia che, in caso contrario sarebbe stata oggetto di disciplina da parte dell’autorità amministrativa, determina quale conseguenza che sia la legge a sostituirsi all’atto provvedimentale ma che, nonostante detto cambiamento, la stessa non muti i propri tratti costitutivi.
Questa premessa risulta necessaria, poiché produce delle ripercussioni sui criteri che la Corte stessa deve adottare nel momento in cui procede nel proprio scrutinio di verifica della legalità costituzionale.
Durante lo svolgimento dello stesso, particolare attenzione deve essere dedicata alla eventuale motivazione che accompagna l’intervento legislativo[8].
A tal proposito, viene sottolineato come compito della Corte sia quello di verificare se la norma contenga interessi affidati alla discrezionalità legislativa e se questi siano regolati in maniera compatibile con la Costituzione.
Di conseguenza, il sindacato di costituzionalità, nel momento in cui investe una norma provvedimentale, diviene effettivo solamente nell’ipotesi in cui attinge «alla razionalità oggettiva della disposizione censurata, per come essa vive nell’ordinamento e per gli effetti che vi produce».
A seguito di questa premessa, la domanda che si pone il Giudice delle Leggi è se si possano identificare in maniera stringente e se siano identificabili, di conseguenza, interessi in grado di giustificare la legge, siano essi desumibili non solo in via interpretativa ma anche attraverso le concrete modalità di attuazione circa l’individuazione degli interessi oggetto di tutela.
La risposta a questo interrogativo che si legge nella sentenza in esame precisa come, «la decisione di non attivare la convenzione è dipesa sia dall’urgenza di avviare i lavori per ripristinare tempestivamente un tratto autostradale essenziale per i collegamenti nella regione, sia dai dubbi insorti sull’affidabilità del concessionario, alla luce della gravità dell’evento verificatosi e delle risultanze delle prime indagini amministrative. L’esclusione dello stesso concessionario dalla procedura negoziata, poi, è la naturale conseguenza della decisione di cui sopra e, inoltre, è funzionale anche a determinare una maggiore apertura del settore autostradale alla concorrenza da parte di operatori diversi dai concessionari».
In secondo luogo, viene precisato come la decisione assunta dal legislatore di affidare la ricostruzione a terzi, e non al concessionario, non può essere definita come irrazionale o sproporzionata poiché il concessionario, in qualità di custode del bene ed obbligato da un punto di vista contrattuale, avrebbe dovuto provvedere alla manutenzione dell’infrastruttura nonché a impedire e prevenire il disfacimento.
Di conseguenza, non viene avallata la tesi esposta dai ricorrenti del giudizio principale secondo cui si tratterebbe dell’inflizione di una sanzione ad ASPI in assenza di un accertamento circa la responsabilità del fatto.
Le norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, infatti, non sono preordinate a definire una responsabilità contrattuale o extracontrattuale in capo ad ASPI ma esplicano la volontà del legislatore, volontà che non può essere censurata, di provvedere alla ricostruzione, in maniera celere, anche per non arrecare alcun pregiudizio alla concessionaria.
Questo non costituisce «né un definitivo accertamento delle responsabilità, né, da parte del legislatore, un intento punitivo, ma costituisce una cautela per nulla irragionevole, che è poi la causa giustificatrice obiettivamente fondante l’intervento legislativo nel suo complesso».
La decisione assunta dal legislatore è stata quella di non ricorrere alla convezione per mezzo del concedente e, quindi, incaricare il commissario di procedere all’affidamento dei lavori per mezzo della procedura negoziata senza previa pubblicazione ex art. 32 Direttiva 2014/24/Ue[9].
La disposizione censurata dai ricorrenti risulta essere l’art. 1 co. 7 Dl. n. 109/2018[10] e viene ritenuta violativa degli artt. 3, 23, 24, 42, 97, 102, 103 e 111 Cost[11].
Precisamente, la ricostruzione offerta dai ricorrenti ritiene che sia costituzionalmente illegittimo escludere ASPI a priori impendendo, quindi, alla stazione appaltante di selezionare detto soggetto, anche nell’ipotesi in cui l’offerta di ASPI debba ritenersi preferibile alle altre.
Sempre nell’ordinanza di remissione, i giudici a quo sottolineano come il legislatore, in questo modo, avrebbe compresso in maniera illegittima la libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) nei confronti della società ricorrente nei giudizi principali sulla scorta di ragioni che i giudici remittenti ritengono essere inadeguate e carenti.
A fronte di queste censure, la Consulta evidenzia che sono proprio le ragioni solide di eccezionale gravità ed urgenza strettamente collegate con la tragedia accaduta a Genova e la relativa perdita di fiducia nei confronti del custode del bene ad escludere l’illegittimità costituzionale della scelta legislativa.
Precisamente viene ricordato che, «con essa, ancora una volta il legislatore, pur con norme di carattere provvedimentale, non ha affatto lacerato la trama dell’ordinamento, inserendovi disposizioni eccentriche rispetto alle regole di diritto comune che presidiano l’aggiudicazione dei lavori pubblici. Al contrario, per questa parte la norma censurata, pur con riferimento alla peculiare figura della procedura negoziata senza pubblicazione, ha dato seguito alla consolidata giurisprudenza civile e amministrativa, accordatasi alle speculari posizioni della Corte di giustizia[12] e formatasi, da ultimo, sull’art. 80 cod. contratti pubblici, reso in attuazione dell’art. 57 della direttiva 2014/24/UE in tema di contratti pubblici, che si riferisce a operatori colpevoli di «gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la [loro] integrità o affidabilità».
La Corte costituzionale provvede, anche, a distinguere i tratti che caratterizzano la finalità cautelare da quella punitiva.
La prima consente alla Pubblica Amministrazione di sottrarsi, nelle diverse ipotesi previste dall’ordinamento giuridico, a rapporti con soggetti che siano ritenuti in maniera ragionevole inaffidabili anche se gli stessi non siano stati condannati[13].
Le norme oggetto di giudizio, infatti, non hanno l’obiettivo di infliggere una sanzione ad ASPI in assenza di un accertamento di responsabilità del fatto ma fanno emergere la volontà del legislatore di provvedere in via cautelare. Questo non presuppone un accertamento della responsabilità in capo ad ASPI né da parte del legislatore ma integra una cautela, definibile come ragionevole[14].
4. Le concessioni autostradali: cenni storici
È evidente come la pronuncia in esame richieda di essere contestualizzata all’interno del quadro dei rapporti giuridici e degli obblighi concessori nel quale si evolvono i rapporti negoziali tra soggetti pubblici e privati.
Ricostruendo storicamente il rapporto peculiare intercorrente tra concedente e concessionario si rinvengono, in primo luogo, delle motivazioni storiche[15].
L’originaria convenzione che venne stipulata tra Azienda nazionale autonoma per le strade statali (ANAS) (concedente) e Autostrade Concessioni e Costruzioni S.p.A. (concessionario) vedeva quale due parti contraenti due soggetti aventi natura pubblicistica[16].
A seguito del perfezionamento del processo di privatizzazione[17] della società concessionaria emersero delle caratteristiche peculiari del rapporto e della convenzione al punto da sollecitare soventi interventi non solo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ma anche dell’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici (AVLP).
La prima nella propria segnalazione relativa allo stato delle concessioni pubbliche del marzo 2006[18] evidenziò come, nel settore autostradale, si registrino delle deroghe piuttosto significative rispetto al principio di concorrenza per due ragioni essenzialmente.
In primo luogo, tutte le concessioni erano state affidate senza una gara, in secondo luogo i concessionari avevano successivamente provveduto a disporre affidamenti diretti a imprese terze e ricollegabili agli stessi sotto un altro profilo.
L’AVLP, invece, nella segnalazione datata 8.6.2006 sottolineò come alla società concessionaria potessero essere imputate delle responsabilità omissive derivanti dalla mancata realizzazione degli investimenti pattuiti nella convenzione, nonché dalla carenza del dovere di vigilanza imputabile all’ANAS.
Successive ed ulteriori indagini condotte dall’AVLP evidenziarono come sussistessero sproporzioni nella gestione del concessionario delle dinamiche tariffarie, le quali spesso subivano una rideterminazione e conseguente aumento unilaterale sulla scorta di previsioni risultate successivamente non affidabili[19].
L’assetto dei rapporti appena ricostruito evidenziava «un indubbio sbilanciamento delle posizioni di forza, all’interno del vincolo concessorio, a favore della società concessionaria, avrebbe se pure in parte potuto trovare la sua giustificazione, appunto, soltanto nella sostanziale (originaria) comune matrice pubblicistica delle due parti del rapporto, dalla quale sarebbero scaturite garanzie di buon andamento tali da rendere sufficienti clausole convenzionali assai generiche e attività di vigilanza assai blande stanti i vincoli di economicità della gestione ricadenti sulla concessionaria[20]».
La trasformazione della natura di entrambi i poli della concessione, nonché la progressiva rilevanza riconosciuta al valore della concorrenza sia dall’ordinamento nazionale che sovranazionale[21], sono state le condizioni che hanno indotto il Legislatore a rinegoziare i rapporti relativi al settore delle gestioni autostradali oltre a siglare una Convezione unica tra ANAS e i concessionari al fine di riequilibrare, anche se in maniera parziale, le posizioni reciproche[22].
A tal proposito, la nuova disciplina avrebbe dovuto introdurre maggiori e stringenti obblighi di trasparenza, garanzia ed indipendenza gravanti sul concessionario e oggetto di un controllo maggiormente incisivo da parte del concedente, sarebbe dovuta essere presente anche la previsione circa la cessazione automatica del rapporto senza la previsione di alcun indennizzo nell’ipotesi di rifiuto della società concessionaria a sottoscrivere la nuova convenzione[23].
5. La Convenzione Unica tra ANAS e ASPI
L’accordo in vigore nel disciplinare e normare i rapporti tra ANAS e ASPI al momento del crollo del Ponte Morandi venne stipulato il 12.10.2017 e la scadenza, originariamente prevista, per la stessa sarebbe stata fissata al 2038.
La Convenzione, di cui si tratta, prevedeva quale procedimento di formazione il rilascio di un parere da parte da parte del Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida sulla Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS) e successivamente dell’esame da parte del CIPE ed infine delle competenti Commissioni parlamentari (art. 84 Dl. n. 262/2006).
Il parere che il NARS adottò ebbe carattere negativo in quanto la Convenzione venne ritenute come contraria ai principi e ai criteri generali di regolazione economica in particolare per quanto concerneva la percentuale annua di aumento delle tariffe[24].
La situazione di stallo che si venne a creare fu risolta dal Legislatore mediante l’approvazione generalizzata di detto schema di concessione unica, nonché di tutti gli altri già sottoscritti dalle parti con la legge di conversione n. 101/2008 la quale provvedeva a convertire il Dl. n. 59/2008.
L’aspetto peculiare che connota la materia delle concessioni autostradali è dato dalla natura mista del suo oggetto il quale possiede sia profili di natura pubblicistica che di natura negoziale.
Essa costituisce l’elemento distintivo della materia delle concessioni[25].
Di conseguenza, se è vero che il rapporto concessorio e le regole che dallo stesso derivano sono il risultato di una negoziazione tra le parti, la quale a sua volta affonda le proprie radici nella convenzione non si deve dimenticare non solo la natura pubblica del soggetto concedente ma anche la rilevanza pubblicistica degli interessi sottostanti al rapporto.
È evidente, quindi, come la disciplina applicabile sia quella civilistica alla quale deve essere affiancata quella contenuta nel Codice dei contratti pubblici[26] nonché delle norme stabilite in relazione alla concessione di lavori[27].
L’aspetto rilevante della Convenzione Unica del 2007, come successivamente integrata dall’atto aggiuntivo del 24.12.2013, è dato dalla previsione dei doveri esistenti in capo al concessionario ASPI, ossia, «attività e compiti necessari per l’esercizio delle autostrade» (art. 3) e «progettazione ed esecuzione degli interventi di adeguamento» della rete autostradale (art. 2).
Gli stessi possono essere, quindi, sintetizzati nelle obbligazioni sia di costruzione di nuove opere infrastrutturali di adeguamento sia di esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché di appropriato e costante controllo al fine di assicurare sia la conservazione delle rete autostradale sia il mantenimento di elevati standard di qualità e sicurezza del servizio.
Per quanto concerne il crollo del Ponte, l’art. 4 della Convenzione prevede che, alla scadenza il concessionario ha l’obbligo di trasferire la proprietà a titolo gratuito al concedente le autostrade che formano oggetto della concessione nonché le relative pertinenze in buono stato di conservazione e libere da gravami.
Un’interpretazione estensiva[28] presente in dottrina ritiene come detta disposizione costituirebbe la fonte dell’obbligazione per la società concessionaria di consegnare al concedente o all’eventuale concessionario subentrante tutta la rete autostradale e si tratterebbe, sempre secondo detta interpretazione, di una obbligazione accompagnata ex art. 1777 c.c. da quella accessoria di custodire il bene fino al momento del trasferimento della gestione[29].
6. Le leggi provvedimento
La motivazione con la quale la Corte costituzionale dichiara infondate le questioni giudicate ammissibili impone di trattare l’aspetto maggiormente significativo di questa pronuncia ossia la categoria delle leggi-provvedimento[30].
L’espressione legge-provvedimento possiede una risalente origine[31].
Si tratta di un concetto inizialmente elaborato per alludere alla funzione amministrativa del Parlamento italiano enucleando delle tipologie di leggi che contengono un comando individuale e definibile come non contrario a quello che è il diritto vigente e quindi non un comando generale assistito dalla previsione di una sanzione[32].
Rientrano in questa nuova tipologia le leggi con le quali si procede a classificare monumenti nazionali e opere pubbliche come strade nazionali, opere idrauliche e opere di bonifica oltre a leggi di dichiarazione di pubblica utilità o altre leggi per le concessioni[33].
Queste prime definizioni di leggi-provvedimento[34] hanno condotto ad analizzare la categoria delle leggi-provvedimento suddividendo le stesse in due insiemi ampi, ossia le leggi in senso materiale e le leggi in senso formale.
Le prime sono caratterizzate dal possedere un precetto giuridico, o un insieme di precetti, mentre le seconde possono essere definite come deliberazioni, pronunce, provvedimenti, contratti cioè atti che esprimono funzioni amministrative ma possiedono la forma della legge, poiché approvate dal Parlamento ma sono prive della capacità di innovare l’ordinamento giuridico.
In dottrina, è stato osservato come non sempre questa separazione possa definirsi assoluta, in quanto «può avvenire che uno stesso atto del Parlamento sia per certi rapporti soltanto, legge formale, cioè atto di amministrazione, per altri, legge materiale, cioè importi un regolamento giuridico[35]».
Una parte minoritaria della dottrina ritiene che, a queste due macro-categorie, si dovrebbe aggiungere un’altra previsione, ossia quella di leggi che nonostante siano generali ed astratte vengono promulgate per soddisfare esigenze particolari e scopi specifici e transuenti.
Si tratta di leggi la cui efficacia cesserebbe una volta raggiunte dette finalità[36].
Nonostante le differenze appena menzionate, le leggi-provvedimento possiedono dei tratti comuni che permettono di trattarle come un genere unitario[37].
In primo luogo, la legge-provvedimento contiene disposizioni finalizzate a realizzare un obiettivo e, quindi, viene promulgata al fine di regolare una determinata situazione[38].
Differenziandosi[39] dalle leggi-norma, le leggi-provvedimento possiedono quale caratteristica peculiare quella di ottenere in maniera immediata e diretta l’effetto giuridico che devono perseguire.
Con le leggi-provvedimento il legislatore si sostituisce ad alcuni poteri poiché egli fa «leva sull’autorità della legge e intendendone la valenza casuale in termini di strumento più forte attraverso il quale perseguire determinati risultati[40]».
Alla luce di questo, emerge come con legge-provvedimento[41] si intenda un atto solo formalmente legislativo ma concretamente amministrativo e, quindi, un atto che in quanto legge può essere definito come generale ed astratto ma, in realtà, lo stesso possiede i trattati del “provvedere” dato che assume il contenuto di atto amministrativo[42].
Proprio per le caratteristiche peculiari della legge-provvedimento, parte della dottrina ha ritenuto che si trattasse di una patologia nell’esercizio della funzione legislativa poiché la norma risulta essere caratterizzata dai requisiti di generalità ed astrattezza mentre il precetto provvede[43].
Da qui, quindi, l’emersione di diversi dubbi di legittimità costituzionale sia per la violazione del principio di separazione dei poteri sia per la violazione della riserva di giurisdizione[44].
Si tratta di dubbi che sono stati smentiti e che non hanno trovato accoglimento dall’elaborazione giurisprudenziale sia amministrativa che costituzionale.
Precisamente essa ha fatto propria la corrente dottrinaria in base alla quale la legge deve essere qualificata come tale «sulla base di criteri formali quali l’emanazione da parte dell’organo titolare della funzione legislativa di un atto formato mediante il procedimento legislativo e avente forza di legge anche se a contenuto sostanzialmente legislativo[45]».
Coerente con l’impostazione dottrinale appena menzionata è la circostanza secondo cui, le leggi-provvedimento possono essere ricondotte alla norma-fatto[46] poiché è solamente il legislatore a regolamentare il caso concreto[47].
Posto il concetto assai incerto di legge-provvedimento, si possono individuare almeno tre significati diversi che vengono attribuiti a detta espressione.
In primo luogo, si utilizza in senso descrittivo per indicare una particolare tipologia di leggi ossia leggi non contenenti norme generali e astratte ma prescrizioni personali e concrete[48].
In secondo luogo, legge-provvedimento designa il modello di legge che caratterizza la forma di Stato sociale[49].
Infine, l’espressione, a volte, viene adottata in senso prescrittivo ossia per indicare leggi che, proprio per il loro carattere personale e concreto, sarebbero vietate dalla Costituzione[50] e, in questo senso, alluderebbe a una patologia[51] determinata di alcuni atti legislativi[52].
Contrapposta a questa interpretazione dottrinaria è la consolidata giurisprudenza costituzionale che, nel tempo, ha provveduto a definire lo statuto giuridico delle leggi-provvedimento.
Precisamente la legittimità di queste leggi particolari dipende dalla mancata previsione in Costituzione della riserva di amministrazione[53] che, qualora presente, imporrebbe un divieto di adottare leggi dotate di contenuto particolare e concreto[54], di conseguenza la legge può «attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa[55]» e quindi può accadere che «in casi particolari, il legislatore provveda direttamente alla valutazione ed alla determinazione di scelte concrete che, altrimenti, in attuazione dei criteri dettati dal legislatore stesso, resterebbero affidate alla discrezionalità dell’amministrazione nell’apprezzamento del pubblico interesse[56]».
In tal senso è stato sostenuto che sia proprio la Costituzione italiana a richiedere degli interventi normativi mediante legge-provvedimento in attuazione non solo del principio di uguaglianza sostanziale ma, anche, al fine di perseguire finalità di giustizia sostanziale tipiche di un ordinamento democratico[57].
Un esempio sono le leggi aventi un contenuto generale ed astratto previste dall’art. 43 Cost[58]. in base al quale «ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, a enti pubblici o a comunità di lavoratori o utenti imprese o categorie di imprese che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale».
Il giudizio di legittimità, che la Corte costituzionale deve svolgere in relazione alla legge-provvedimento, possiede quale "criterio guida" il principio di ragionevolezza declinato in non arbitrarietà, proporzionalità, adeguatezza e congruità[59].
Precisamente, quello che la Consulta deve verificare in maniera assai stringente è se vi siano interessi, desumibili anche in via interpretativa, in grado di giustificare l’intervento del legislatore nonché se sia stata realizzata una scelta proporzionale rispetto all’obiettivo che il legislatore doveva conseguire[60].
Costituisce una costante dell’orientamento giurisprudenziale la considerazione secondo cui, nonostante il legislatore non sia gravato da alcun onere di motivazione nel momento in cui egli decide di disciplinare una data situazione con legge-provvedimento, è necessario che emergano i criteri ispiranti la legge-provvedimento e le relative modalità di attuazione della stessa[61].
Nonostante le leggi-provvedimento siano state ritenute costituzionalmente compatibili, pongono delle problematiche a causa appunto della loro natura ibrida ma anche dall’obiettivo che spesso le anima ossia «sottrarre al controllo del giudice l’atto incidente sulle posizioni giuridiche soggettive[62]».
In primo luogo, si può sottolineare che adottare leggi-provvedimento significa precludere ogni forma di partecipazione nell’adozione di una decisione la quale, solo formalmente, può essere definita come legislativa ma, sostanzialmente, è amministrativa.
In questo modo è evidente come vengano elusi i principi fondamentali che disciplinano il procedimento amministrativo, ossia il principio di partecipazione e di trasparenza[63].
Le leggi-provvedimento, infatti, seguono la disciplina contenuta negli artt. 70 e ss Cost., la quale non contiene le previsioni circa i diritti partecipativi dei privati, come nel caso del procedimento amministrativo e, oltre a questo, i principi di imparzialità e buon andamento vengono violati.
A tal proposito la Corte costituzionale affermò che, «il dovere di adesione obbligatoria a modelli di procedimento amministrativo del genere, con la attiva partecipazione concomitante perenne, cioè, dei soggetti privati, non è desumibile dalla disposizione dedotta (art. 97), non potendosi ravvisare costituzionalizzato, per le considerazioni più sopra esposte circa la portata dell'invocato parametro, il cosiddetto principio del "giusto procedimento[64]"».
In secondo luogo, la tutela del cittadino, dinnanzi all’adozione di una legge provvedimento, risulta essere sicuramente insufficiente se rapportato all’esperimento immediato di tutele[65] degli interessati garantito dal ricorso al giudice amministrativo[66], poiché nell’ordinamento italiano l’accesso alla Corte Costituzionale è indiretto e non immediato[67].
Si potrebbe, quindi, realizzare una tensione con il principio di effettività della tutela qualora la lesione riguardi situazioni giuridiche soggettive previste da norme sovranazionali.
Qualora si realizzasse questa fattispecie, il giudice interno dovrebbe disapplicare la legge-provvedimento, conformemente al primato dell’ordinamento sovranazionale sull’ordinamento italiano[68].
Questo rimedio potrebbe riflettere i propri effetti, anche, nei confronti delle regole processuali che governano il giudizio di legittimità costituzionale, precisamente quelle regole che comprimono il diritto di difesa del destinatario dell’atto[69].
La Corte costituzionale, a contrario, non ha mai affermato una lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale sostenendo a proposito che «il diritto di difesa concesso ai soggetti espropriati non risulterà annullato, ma verrà a connotarsi secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale[70]», ma è obbligatorio sottolineare come i soggetti destinatari della legge-provvedimento riceveranno tutela solamente dallo scrutinio stretto di legalità[71], ossia un sindacato maggiormente rigoroso rapportato alla natura provvedimentale dell’atto legislativo.
Ulteriore problematica che è stata ravvisata dalla dottrina concerne la considerazione secondo cui, nel momento in si adotta una legge al posto di un provvedimento amministrativo, «si è in presenza di “un’invasione di campo”, per cui la legge si appropria forzatamente dell’ambito giuridico tipico dell’amministrazione; potrebbe, in questo caso, anche configurarsi il vizio di eccesso di potere legislativo, quindi un vizio di legittimità dell’atto normativo a svantaggio di quello amministrativo, sempre che la Costituzione abbia determinato la sfera di riserva[72]».
La logica conseguenza di questa affermazione è che la legge-provvedimento elude il principio di legalità[73], poiché la norma che dovrebbe costituire il fondamento e il limite dell’azione amministrativa, cambia la propria ragion d’essere e diviene essa stessa gestione amministrativa.
Nonostante i numerosi dubbi sollevati dalla dottrina, il Giudice delle Leggi ha ritenuto legittime costituzionalmente le leggi-provvedimento a condizione che la scelta del legislatore possa definirsi come ragionevole[74] e la ratio deve essere individuata con riferimento «alla totalità dell’ordine giuridico e quindi con riguardo alla coerenza della norma in discussione con altre norme[75]» e, di conseguenza, per poter discorrere di legge-provvedimento è necessario che l’obiettivo che essa si prefigge sia quello di «superare in via legislativa l’inerzia dell’amministrazione nella individuazione delle modalità di salvaguardia[76]».
7. Decreto-Genova e Diritto Europeo: profili di frizione?
Nelle ordinanze di remissione n. 51, 52, 54 e 55 del 2020 del TAR Liguria viene prospettato come violativo degli artt. 3, 23, 24, 42, 97, 102, 103 e 111 Cost l’art. 1 co. 7 Dl. n. 109/2018.
Parte della dottrina[77] aveva sostenuto, ancora prima che la Consulta si pronunciasse sulla questione, che le soluzioni contenute nel decreto Genova per porre rimedio al crollo del viadotto Polcevera dell’autostrada A10 non potessero ritenersi compatibili con il diritto dell’Unione europea.
Le disposizioni che secondo questa impostazione dottrinaria rischiano di essere incompatibili con il diritto dell’Unione europea sono quelle relative alle attività di «demolizione, [...] rimozione, [...] smaltimento e [...] conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché [di] progettazione, [...] affidamento e [...] ricostruzione dell'infrastruttura e [di] ripristino del connesso sistema viario », ossia quelle attività rispetto alle quali sono stati conferiti poteri al Commissario straordinario per la ricostruzione.
Per quello che interessa, ai fini della presente trattazione[78], è stato sostenuto che l’art. 1 co. 7 del decreto - di cui si tratta - possiede una tecnica legislativa singolare. Precisamente questa disposizione stabilisce che, il ricorso alla procedura negoziata senza gara ex art. 32 della Direttiva 2014/24/UE[79] consente di individuare le società che possono partecipare alla gara medesima e, successivamente, essere quindi selezionate dal Commissario straordinario per la realizzazione delle menzionate attività.
Oltre a questo, viene previsto che il Commissario straordinario, sempre sulla scorta della medesima disposizione, possa affidare «la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle connesse, ad uno o più operatori economici diversi dal concessionario del tratto autostradale alla data dell'evento e da società o da soggetti da quest'ultimo controllati o, comunque, ad esso collegati, anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacché non può escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all'evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio».
Si tratta di una disposizione che solleva delle criticità.
In prima battuta, si segnala come le cause di esclusione dalle aggiudicazioni siano tassative. Oltre a questo, il vantaggio competitivo delle imprese sul mercato deve essere provato con indagini di mercato e l’urgenza del caso di cui si tratta sembra non essere idonea a giustificare l’esclusione dell’affidamento «del concessionario del tratto autostradale alla data dell'evento e da società o da soggetti da quest'ultimo controllati o, comunque, ad esso collegati[80]».
Infine, risulta essere di difficile comprensione la decisione di escludere Autostrade per l’Italia S.p.A. per due ordini di motivi. In primis, nella sistematica del decreto non si comprende a chi apparterebbe il nuovo viadotto o chi lo prenderebbe in gestione successivamente. In secundis non si capisce a chi gioverebbe l’esclusione di Autostrade S.p.A. nell’ipotesi in cui gli venissero affidate le attività menzionate nell’art. 1 co. 7.
A tal proposito, l’argomento che viene utilizzato per escludere il concessionario ex art. 32 della Direttiva 2014/24/UE è rappresentato dalla circostanza secondo cui «non può escludersi che sia responsabile, in relazione all'evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio».
Si tratta di una tesi che risulta essere difficilmente condivisibile, se si considera che sarebbe stato maggiormente giustificabile sia da un punto di vista giuridico che politico escludere Autostrade per l’Italia, poichè «politicamente, ben si sarebbe potuta giustificare la scelta di far rimuovere i “cocci” al “presunto colpevole”; giuridicamente, l'assenza di gara motivata alla luce dell'onere di mantenimento in sicurezza del sistema viario che grava (doverosamente) sul concessionario avrebbe consentito di effettuare, nelle more della demolizione e rimozione delle macerie, la procedura di selezione del soggetto chiamato a costruire il nuovo viadotto[81]».
8. Conclusioni
La sentenza n. 168/2020 si inserisce all’interno di quelle decisioni della Corte costituzionali con le quali viene affrontato il problema delle leggi-provvedimento. La decisione di dedicare un paragrafo alla questione della legge provvedimentale deriva dalla tipologia di scrutinio che la stessa Corte ha adottato ossia uno scrutinio strettamente connesso e collegato alla particolare tipologia di legge che deve giudicare e così facendo richiama il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale.
La tematica delle leggi-provvedimento possiede una problematicità che potrebbe essere definita come in re ipsa poiché strettamente collegata ad un atto legislativo, che possiede una natura duplice e contrastante dato che ha la veste formale della legge ma il contenuto tipico di un atto amministrativo.
Questa natura ibrida delle leggi-provvedimento possiede quale effetto primario una compressione delle tutele offerte, sia all’amministrato, sia al cittadino leso per due motivi differenti.
Al primo viene sottratta la possibilità di appellarsi alle garanzie tipiche del procedimento amministrativo e al secondo non si garantisce una protezione completa e satisfattiva violando in questo modo il principio di effettività della tutela giurisdizionale[82].
Per quanto concerne il prospettato contrasto tra l’art. 1 co.7 del Dl. n. 109/2018 rispetto al diritto europeo la Corte costituzionale ritiene come, con una tecnica decisoria alquanto innovativa, il contrasto non sussista poiché «le amministrazioni aggiudicatrici, a ciò nel caso di specie indirizzate dal legislatore, sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi. Esse, pertanto, ben possono essere obbligate dal legislatore a prediligere la via del ricorso al mercato al fine di eseguire un’opera, alla contraria opzione di esigerne l’esecuzione da parte di un soggetto che già vi sarebbe obbligato, ma che, come si vedrà, non è più reputato degno di fiducia (…) sulla base di questi principi, non sono fondate anzitutto le questioni di costituzionalità degli artt. 1, commi 3, 5, 7, 8, e 8-bis del d.l. n. 109 del 2018, come convertito, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., perché ASPI sarebbe stata spogliata della prerogativa di ricostruire il ponte attribuitale dalla concessione. Esse, infatti, si fondano sulla non corretta premessa che la convenzione fosse per tale parte opponibile alla discrezionalità della parte pubblica concedente nel percorrere una via alternativa, ritenuta più confacenti all’interesse pubblico».
Oltre a questo, il Giudice delle Leggi ritiene come la decisione di escludere ASPI dalla ricostruzione non possa essere ritenuta irragionevole, incongrua e sproporzionata data la situazione di eccezionale gravità. Ad essa deve essere aggiunto l’inadempimento del concessionario circa la manutenzione della struttura preordinata ad evitarne il perimento. Entrambi questi elementi sono quindi idonei, per il giudizio della Corte, a divenire la fonte dell’intervento legislativo.
[1] Ordinanza del 6 dicembre 2019 (reg. ord. n. 51 del 2020). Medesimi profili di illegittimità costituzionale venivano evidenziati con una successiva ordinanza del TAR Liguria ossia ordinanza 6 dicembre 2019 (reg. ord. n. 52 del 2020).
[2] Ordinanza del 6 dicembre 2019 (reg. ord. n. 53 del 2020).
[3] Ordinanza 6 dicembre 2019 (reg. ord. n. 54 del 2020).
[4] Il giudice del giudizio principale lamenta la lesione degli artt. 24, 102, 103, e 111 Cost.
[5] Successivamente è stata adottata un’ulteriore ordinanza di remissione avente un contenuto sostanzialmente analogo a quello di quelle precedentemente esposte. TAR Liguria, ordinanza 6 dicembre 2019 (reg. ord. n. 55 del 2020).
[6] «In conseguenza del crollo di un tratto del viadotto Polcevera dell'autostrada A10, nel Comune di Genova, noto come ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018, di seguito «evento», al fine di garantire, in via d'urgenza, le attività per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l'affidamento e la ricostruzione dell'infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sentito il Presidente della Regione Liguria, è nominato un Commissario straordinario per la ricostruzione, di seguito Commissario straordinario. La durata dell'incarico del Commissario straordinario è di dodici mesi e può essere prorogata o rinnovata per non oltre un triennio dalla prima nomina».
[7] Si tratta della disciplina contenuta nell’art. 1 co. 3, 5, 8, e 8-bis.
[8] «In linea di principio, il legislatore non abbia l’obbligo di motivare le proprie scelte (sentenza n. 14 del 1964), ugualmente ciò non gli è affatto precluso (sentenza n. 379 del 2004), ed anzi, specie a fronte di un intervento normativo provvedimentale, può proficuamente contribuire a porne in luce le ragioni giustificatrici, agevolando l’interprete e orientando, in prima battuta, il sindacato di legittimità costituzionale».
[9] Successivamente recepita nel nostro ordinamento dall’art. 63 del Codice dei Contratti pubblici. Si tratta di un istituto idoneo a rispondere anche ai casi di estrema urgenza determinati da eventi imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice ed idonei a impedire per questioni di tempo l’impiego delle procedure ordinarie di gara. A tal proposito è previsto che la stazione appaltante possa consultare direttamente gli operatori economici rispettando principi di trasparenza, concorrenza e rotazione nonché aggiudicare i lavori a chi tra i medesimi offra condizioni economiche maggiormente vantaggiose.
[10] «Il Commissario straordinario affida, ai sensi dell'articolo 32 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle propedeutiche e connesse, ad uno o più operatori economici che non abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste ultime controllate o, comunque, ad esse collegate, anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali. L'aggiudicatario costituisce, ai fini della realizzazione delle predette attività, una struttura giuridica con patrimonio e contabilità separati».
[11] In particolare le ordinanze che denunciano questi profili di illegittimità costituzionale sono l’ordinanza n. 51, 52, 54 e 55 del 2020.
[12] L’orientamento giurisprudenziale cui si fa riferimento stabilisce che qualora ricorrano gravi violazioni normative da parte di un operatore economico idonee ad integrare un considerevole illecito professionale o un grave inadempimento si determini l’esclusione di esso dalla gara anche qualora l’illecito non sia stato accertato in maniera definitiva in giudizio. Corte Giustizia UE C-41/18, Meca, C-267/18, D.A.C. SA.
[13] Richiamando una propria precedente pronuncia la Corte sottolinea che «il principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva è violato allorché la legge preveda una misura che costituisca, nella sostanza, una sanzione anticipata in assenza di un accertamento definitivo di responsabilità», ma non quando la norma risponde «a una logica in senso lato cautelare». Corte cost. 4.12.2019, n. 248.
[14] G. MARINO, Ponte Morandi: il “decreto Genova” non è incostituzionale, in Diritto&Giustizia, fasc. 145/2020, pp. 2-7.
[15] Il contratto di concessione e la sua relativa applicazione alle opere autostradali in origine possedeva una logica estremamente pubblicistica, infatti, storicamente la realizzazione delle infrastrutture si è attuata attraverso strumenti di diritto pubblico e grazie alle disponibilità finanziarie e di apparato dello Stato. È stato evidenziato che l’approntamento delle infrastrutture, storicamente, è fra le più antiche attività di disciplina dell’economia svolte da pubblici poteri, e non è mai venuta meno lungo il corso dei secoli» e «le opere infrastrutturali, per il loro alto costo, sono sempre state realizzate dai pubblici poteri». M.S. GIANNINI, Diritto pubblico dell’economia (1977), II ed., Bologna, 1995, p. 59.
Fino agli anni Novanta la gestione e la manutenzione dell’infrastruttura in questione era sotto il dominio pubblico e il legame tra poter pubblico e società autostradale poteva definirsi come duplice: l’apparato pubblico partecipava in maniera indiretta al capitale sociale della società concessionaria autostradale e con il provvedimento concessorio la struttura interministeriale conferiva i poteri necessari all’impresa per la gestione del tratto autostradale assicurandogli un diritto esclusivo non consentito ad altri operatori pubblici. Con la stagione delle privatizzazioni il venir meno della partecipazione pubblica non è stato affiancato da una modifica della dimensione pubblicistica della concessione. M. MACCHIA, Le concessioni autostradali: criticità e prospettive alla luce del quadro di regolazione europea, in Federalismi.it., fasc. 9/2020, p. 50.
[16] Si tratta della convenzione firmata il 18.9.1968, assegnata ex lege per mezzo delle leggi 24 luglio 1961, n. 729 e 28 marzo 1968, n. 385. Al momento della conclusione di detta convenzione la Società Autostrade era parte del gruppo IRI.
[17] Si tratta di un processo iniziato nel 1993 ma conclusosi solamente nel 1999. La progressiva privatizzazione venne attuata con la legge n. 537/1993 con la quale veniva affermata la natura privata delle attività svolte dai concessionari della rete autostradale, venivano incentivata la dismissione delle quote societarie da parte dell’IRTI nonché si provvedeva a regolamentare i rapporti economici intercorrenti tra concedente e concessionario abrogando di conseguenza l’obbligo di equilibrio economico e finanziario a carico del concessionario. L. SALTARI, A. TONETTI, Il regime giuridico delle autostrade. In Italia, in Europa e nelle principali esperienze straniere, Milano, Giuffrè, 2017 p. 45
[18] Si tratta della AS336 in data 28.3.2006, trasmessa al Parlamento e al Governo, in www.agcm.it
[19] O. PINI, Interessi pubblici e diritto comune nelle concessioni autostradali. Riflessioni sul caso del «Ponte Morandi», in Federalismi.it., fasc. 9/2020, pp. 92-131.
[20] . L. SALTARI, A. TONETTI, Il regime giuridico delle autostrade. In Italia, in Europa e nelle principali esperienze straniere, op., cit., pp. 16, 81.
A. BOITANI, A. PETRETTO, Privatizzazione e autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità: un’analisi economica, in Politica economica, 3/1999, pp. 271-273.
[21] CASSESE, La nuova costituzione economica, cit.; M. D’ALBERTI, A. PAJNO, Arbitri dei mercati, Bologna, il Mulino, 2010; F. CINTIOLI, Concorrenza, istituzioni e servizio pubblico, Milano, Giuffrè, 2010; AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini. Omaggio degli allievi a Sabino Cassese, Milano, Giuffré, 2008; M. D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna, il Mulino, 2008, part. pp. 33 ss.; M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, il Mulino, 2005; F. MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna, il Mulino, 2000; A. LA SPINA, G. MAJONE, Lo Stato regolatore, Bologna, il Mulino, 2000; S. CASSESE, C. FRANCHINI, I garanti delle regole. Le Autorità amministrative indipendenti, Bologna, il Mulino, 1996.
Si osserva come le concessioni sono state definite, in sede europea, quali contratti a titolo oneroso attraverso i quali una amministrazione aggiudicatrice affida l’esecuzione dei lavori o la prestazione e gestione dei servizi ad un operatore economico.
In altri termini, si tratta di un contratto che ha quale oggetto l’acquisizione dei lavori o dei servizi nonché il corrispondente corrispettivo ossia il diritto di gestire i lavori o i servizi. Sebbene il tentativo sia stato quello di pervenire ad una definizione comune di concessione continuano a sussistere innumerevoli differenze tra le discipline giuridiche nazionali in ambito europeo nel settore autostradale.
Quest’ultimo, infatti, non è mai stato destinatario di una disciplina europea di armonizzazione. L. SALTARI, A. TONETTI, Concessioni autostradali, in M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, vol. V, Concessioni di lavori e servizi. Partenariati. Precontenzioso e contenzioso, Milano, 2019, p. 166.
[22] Il quadro di riferimento è costituito dal dl. n. 262/2006 convertito successivamente in l. n. 286/2006 ed in seguito modificato dall’art. 1 co. 1030 della l. n. 296/2006 (ossia la legge finanziaria per l’anno 2007).
[23] Previsione successivamente rivista dalla l. n. 296/2006, la quale introdusse la previsione di un indennizzo al concessionario nell’ipotesi di decadenza e circoscrisse anche l’ambito di applicazione della disciplina ad evidenza pubblica delimitata solamente agli appalti di fornitura e servizi sopra soglia comunitaria.
[24] Si tratta del parere adottato in data 26.11.2007.
[25] A. MOLITERNI, Il regime giuridico delle concessioni di pubblico servizio tra specialità e diritto
comune, in Dir. amm., 4/2012, pp. 567 ss.; M.A. SANDULLI, Il partenariato pubblico-privato e il diritto europeo degli appalti e delle concessioni: profili della tutela, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1/2005, pp. 167 ss.; G. PERICU, A. ROMANO, V. SPAGNUOLO VIGORITA (a cura di), La concessione di pubblico servizio, Milano, Giuffrè, 1995; A. PIOGGIA, La concessione di pubblico servizio come provvedimento a contenuto convenzionalmente determinato. Un nuovo modello per uno strumento antico, in Dir. pubbl., 3/1995, pp. 567 ss.
[26] D.lgs. n. 50/2016.
[27] Artt. 142 e ss Dlgs. n. 163/2006. Oltre a queste fonti si ritiene come applicabile altresì il Dlgs. n. 285/1992 per quanto concerne le disposizioni che riguardano le regole di condotta gravanti sui soggetti incaricati della gestione stradale. Ci si riferisce in particolare modo all’art. 14 co.3 il quale statuisce che per le strade in concessione estende ai concessionari l’esercizio dei compiti previsti dal comma 1, tra i quali la manutenzione e il controllo tecnico dell’efficienza delle strade e delle relative pertinenze, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione.
[28] O. PINI, Interessi pubblici e diritto comune nelle concessioni autostradali. Riflessioni sul caso del «Ponte Morandi», op.,cit., pp. 99-101.
[29] La disciplina civilistica applicabile è data, non solo, dall’art. 1777 c.c., ma anche dall’art. 1218 c.c. ed infine dall’art. 1455 c.c. Alla luce di tutto questo è evidente che il debitore per liberarsi da responsabilità deve dimostrare il proprio adempimento o la non imputabilità a sé del fatto dannoso anche se ogni causa ignota rimane a suo carico.
[30] La Corte precisa infatti che l’esame delle questioni dichiarate come ammissibili «deve muovere dall’assunto dei rimettenti, per il quale il censurato Dl. n. 109 del 2018, come convertito, ha carattere provvedimentale» poiché contiene previsioni di contenuto particolare e concreto che incidono su un numero determinato di destinatari attraendo alla sfera legislativa quanto affidato all’autorità amministrativa. P. MASALA, Sentenza n. 168 del 2020, in Nomos, Le attualità nel diritto, osservatorio costituzionale, n. 2/2020.
[31] L’idea storica alla base di questo fenomeno risale alla fine dell’Ottocento momento nel quale lo Stato liberale, borghese e legislatore inizia a mostrare segnali di una crisi poiché incapace di conciliare i movimenti popolari di massa che progressivamente si organizzano nella forma del partito. Emerge, quindi, l’inadeguatezza del Parlamento, poiché non più capace di rispondere alle esigenze della società complessa nonché inadeguato nell’operare una sintesi di interessi confliggenti e differenti. È’ tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo che si coglie la trasformazione tra Stato liberale di diritto in Stato amministrativo, nel quale l’amministrazione diviene espressione della sovranità statale superando in questo modo la concezione dello Stato legislatore nell’accezione di «formalistico e astratto». M. NIGRO, Carl Schmitt e lo Stato amministrativo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1986, p. 1770. G. BERNABEI, Carattere provvedimentale della decretazione d’urgenza, Cedam, Padova, 2017, pp. 263-267.
Sempre da un punto di vista strettamente storico, si segnala che a seguito della Rivoluzione Francese si realizza una nuova concezione circa l’attività definibile come amministrativa in senso proprio in quanto viene superata l’idea precedente in base alla quale il potere pubblico esprimeva l’unicità del potere statale comprendente, sia il potere legislativo, sia il potere esecutivo che giudiziario. G.D. ROMAGNOSI, Istituzioni di diritto amministrativo, Il Mulino, Milano, 1814
A seguito di questo cambiamento, l’amministrazione possiede quale unico compito quello di eseguire le leggi a condizione che la stessa si astenesse in maniera rigorosa dall’aggiungere qualsiasi prescrizione ulteriore. L. MANNORI, B. SORDI, Storia del diritto amministrativo, Laterza, Roma-Bari, 2001.
[32] F. CAMMEO, Della manifestazione di volontà dello Stato nel campo del diritto amministrativo, in V. E. ORLANDO (a cura di) Primo trattato completo di diritto amministrativo, Società Editrice Libraria, Milano, 1907, p. 92.
Successivamente, con l’entrata in vigore della Costituzione italiana il dibattito muta scenario, in quanto la Carta costituzionale inaugura uno Stato democratico caratterizzato da una forma di governo parlamentare caratterizzata dal rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento.
Di conseguenza si afferma il principio in base al quale le attività amministrative devono rinvenire il proprio fondamento ed il proprio limite nella legge sulla scorta del principio di legalità. M. RUOTOLO, Crisi della legalità e forma di governo, in Rivista di diritto costituzionale, 2003; F. MERUSI, Il principio di legalità nel diritto amministrativo che cambia, in Dir. pubbl., n. 2/2007.
[33] O. RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative. Parte III: Facoltà create dalle autorizzazioni e concessioni amministrative, (1895-1896), in E. FERRARI, B. SORDI, Scritti giuridici scelti, III. Gli atti amministrativi, Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza di Camerino, Napoli, 1992, p. 650.
[34] Le difficoltà sono, altresì, nel cercare una locuzione da contrapporre a legge-provvedimento ossia «legge non provvedimentale» oppure la «legge senza altre aggettivazioni». In altri termini, «esiste la legge secondo il concetto di legge ed esiste una legge che devia rispetto al concetto, e per questa ragione viene chiamata legge-provvedimento, come qualcosa che unisce insieme due caratteri che in principio stanno separati (i caratteri, tutti o alcuni, della legge e quelli, tutti o alcuni, tipici di un atto ben diverso che appunto nel linguaggio giuridico corrente si chiama provvedimento)». G.U. RESCIGNO, Leggi-provvedimento costituzionalmente ammesse e leggi provvedimento costituzionalmente illegittime, in Diritto pubblico, fasc. 2/2007, p. 321.
[35] F. FERRARA, Trattato di diritto civile italiano, I, Athenaeum, Roma, 1921, p.101.
[36] C. ESPOSITO, Gli artt. 3, 41 e 43 della Costituzione e le misure legislative e amministrative in materia economica, in Giur. cost., 1962, p. 48.
[37] Si segnala che, è stato sostenuto come le leggi-provvedimento possiederebbero uno «schema costitutivo (e in questo senso come “matrice”) della loro individualità, del loro essere percepibili all’interno dell’esperienza come entità dotate di specifica rilevanza”; l’Autore prosegue affermando che “i tipi esprimono […] delle funzioni, e cioè il ruolo che l’oggetto è chiamato a svolgere nei confronti degli altri oggetti o che i singoli aspetti dell’oggetto vengono a svolgere fra loro». C. BEDUSCHI, Tipicità e diritto, Cedam, Padova, 1992, pag. 128,
[38] E. FORSTHOFF, Le leggi-provvedimento, in C. AMIRANTE (a cura di) Stato di diritto in trasformazione, Giuffrè, Milano, 1973, p. 111.
[39] Sul punto la dottrina non è univoca, poiché è stato ritenuto che «le leggi-provvedimento non possono nemmeno essere contrapposte alle cosiddette «leggi-norma» per definizione generali e astratte, dal momento che anche quelle, al pari di queste, costituiscono fonti del diritto assoggettate al medesimo regime e dotate della medesima forza di tutte le altre leggi ordinarie». L. A. MAZZAROLLI, L. PALADIN, D. GIRITTO, Diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, 2018, p. 197.
[40] R. DICKMANN, La legge in luogo di provvedimento, in Riv. trim. dir. pubbl., fasc. 4/1999, p. 923.
[41] Parte della dottrina ha trattato di «leggi in luogo del provvedimento» riferendosi a quella tipologia di atti che esaminano una situazione concreta che dovrebbe essere affrontata e realizzata dall’amministrazione. A. FRANCO, Leggi provvedimento, principi generali dell’ordinamento, principio del giusto procedimento (in margine all’innovativa sent. n. 143 del 1989 della Corte Costituzionale), in Giur. cost., 1989, II, p. 1056. R. DICKMANN, La legge in luogo del provvedimento, in Riv. trim. dir. pubbl., 1999, pp. 917-920. V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, Cedam, Padova, 1984, p. 32.
Le leggi, in luogo del provvedimento, si caratterizzerebbero «per il vincolo funzionale che le lega ad un provvedimento amministrativo: in particolare secondo [il giudice amministrativo] la categoria delle leggi di approvazione si connota “per il concorso della volontà legislativa con quella amministrativa nella definizione del contenuto dispositivo sostanziale definitivamente descritto nella legge e si risolve, quanto al rapporto degli effetti prodotti dai due atti ed al relativo regime degli stessi, nell’assorbimento dell’atto approvato nella legge che lo approva, della quale acquista il valore e la forza, formali e sostanziali”. In tale ambito le leggi in luogo di provvedimento possono essere definite con maggiore precisione come leggi che intervengono al posto di atti di altre autorità, ovvero sui contenuti di tali atti, modificandoli oppure integrandoli e alterandone parzialmente il regime giuridico». R. DICKMAN, Il Consiglio di Stato torna sulle leggi di approvazione di atti amministrativi, nota a Cons. St., sez. IV, 19 ottobre 2004, n. 6734, in Giorn. dir. amm., 2004, p. 1318
Si segnala che, l’osservatorio sulla legislazione della Camera dei Deputati ha definito le leggi-provvedimento nel Rapporto annuale sullo stato della legislazione come una particolare tipologia di leggi approvate dal Parlamento, seguendo lo stesso procedimento che viene utilizzato per quanto concerne le leggi istituzionali, le leggi di settore, le leggi intersettoriali, le leggi di manutenzione legislativa, le leggi di bilancio e le leggi di abrogazione generale.
Rapporto consultabile sul sito della Camera dei Deputati all’indirizzo internet www.camera.it.
Nel corso del tempo, si è realizzata un’ulteriore trasformazione, ossia si è passati dalle leggi-provvedimento, siano esse statali o regionali, ad una amministrazione per atti aventi forza di legge precisamente a decreti-legge aventi contenuto provvedimentale. Questi sono stati classificati in diverse categorie ossia decreti-legge autoapplicativi, decreti-legge di valutazione discrezionale, decreti-legge di approvazione ed infine decreti-legge ablatori. M. LOSANA, Leggi Provvedimento? La giurisprudenza costituzionale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 70.
[42] A. CODACCI PISANELLI, Legge e regolamento, in Scritti di diritto pubblico, Città di Castello, 1900, p. 4-7.
[43] F. ZAMMARTINO, Le leggi provvedimento nelle giurisprudenze delle Corti nazionali ed europee tra formalismo interpretativo e tutela dei diritti, in RivistaAIC, n. 4/2017.
[44] P. CARETTI, La “crisi” della legge parlamentare, in Osservatorio sulle fonti, n. 2/2010.
[45] S. SPUNTARELLI, L’amministrazione per legge, Giuffrè, Milano, 2007, p. 100.
[46] Le stesse non possono essere assimilate allo schema attributivo di potere ad un soggetto terzo da parte della norma ossia norma-potere-fatto. E. CAPACCIOLI, Manuale di diritto amministrativo, I, Cedam, Padova, 1983, p. 236
[47] Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 861/1997; Cons. Stato, sez. VI, sent., n. 173/1999.
[48] La legge-provvedimento ricorre ogni qualvolta che una legge disciplini, in maniera puntuale e concreta, una determinata fattispecie, ossia i caratteri propri dell’atto legge, cioè generalità e astrattezza, vengono sostituiti da quelli tipici dell’azione amministrativa. A. SARANDREA, Legge-provvedimento, in S. CASSESE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, Giuffrè, Milano, 2006, p. 3430.
Alla luce di questo vengono definite come leggi-provvedimento quelle leggi che incidono su un numero determinato di destinatari oppure possiedono un contenuto concreto e particolare. C. MORTATI, Le leggi provvedimento, Giuffrè, Milano, 1969, p. 3-7.
All’interno di detta categoria si possono distinguere tre diverse tipologie di leggi, ossia leggi che derogano al requisito della generalità e che, quindi, possono essere definite come leggi personali. Si tratta di una definizione non sempre accolta in dottrina, poiché alcuni sono soliti distinguere tra leggi contenenti norme singolari, ossia riguardanti un solo soggetto oppure un solo caso concreto e norme eccezionali. Per leggi singolari si dovrebbero intendere quelle norme «che riguarda(no) un solo soggetto, un solo oggetto, un solo caso» ossia leggi personali in senso stretto. F. MODUGNO, Norme singolari, speciali, eccezionali, in Enc. Dir., vol. XII, Giuffrè, Milano, 1964, p. 511. S. SPUNTARELLI, L’amministrazione per legge, op.,cit., pp. 172-175.
Altra tipologia di leggi sono quelle che derogano al requisito dell’astrattezza e che, quindi, sono preordinate a disciplinare comportamenti non ripetibili oppure un evento particolare, si tratta per l’appunto di leggi concrete come le leggi che disciplinano singoli eventi (mondiali, olimpiadi), ma anche le leggi «di approvazione» di precedenti atti amministrativi ad esempio le leggi mediante le quali vengono approvati alcuni piani sanitari regionali o le leggi regionali che approvano il calendario venatorio nonché tutte le leggi in qualche modo retroattive (leggi di sanatoria, di interpretazione autentica). G.U. RESCIGNO, Leggi-provvedimento costituzionalmente ammesse e leggi provvedimento costituzionalmente illegittime, in Diritto pubblico, fasc. 2/2007, pp. 319-345.
Infine, vi sono anche leggi che innovano l’ordinamento giuridico in modo diretto e possiedono quale unico effetto quello di applicare in maniera, estremamente rigorosa, la legislazione vigente, ossia le leggi esecutive.
L’effetto giuridico di queste ultime concerne la sfera giuridica dei destinatari e quindi lasciano immodificato l’ordinamento giuridico ma costituiscono, modificano o estinguono direttamente situazioni giuridiche soggettive. Lo schema che dette leggi seguono è: l’esistenza di una «legge-madre», la quale stabilisce che la sua attuazione avvenga mediante una «legge-figlia» e non mediante un atto amministrativo. G.U. RESCIGNO, Dalla sentenza n. 137/2009 della Corte costituzionale a riflessioni più generali sulle leggi-provvedimento, in Giurisprudenza italiana, fasc. 3/2010, p. 537.
[49] Con l’avvento dello Stato sociale la legge tende sempre di più a conformare in modo diretto le relazioni individuali ai principi della giustizia sostanziali recepiti dalla Costituzione, in questo modo la legge diviene lo strumento tramite il quale comporre interessi confliggenti. In questo modo «l’atto creativo del diritto legislativo – come è stato osservato – è l’esito di un processo politico nel quale operano numerosi soggetti sociali particolari (gruppi di pressione, sindacati, partiti).
Il risultato di questo processo, a più voci, è per sua natura segnato dai caratteri di occasionalità. Ciascuno degli attori sociali, quando ritiene di aver acquisito una forza sufficiente per spostare a proprio favore i termini dell’accordo, richiede l’approvazione di nuove leggi che sanciscano il nuovo rapporto di forze. E questa occasionalità è la perfetta contraddizione della generalità e dell’astrattezza delle leggi, queste ultime legate a una certa visione razionale del diritto, impermeabile al puro gioco dei rapporti di forza». G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Einaudi, Torino, 1992, p. 44.
Emerge come, l’affermazione dello Stato sociale abbia determinato la crisi della legge generale ed astratta, poiché le leggi-provvedimento sono funzionali per la concreta realizzazione dello Stato sociale. U. RESCIGNO, Corso di diritto pubblico, VII, Zanichelli, Bologna, 2002, p. 389. In senso contrario F. CINTOLI, Posizioni giuridicamente tutelate nella formazione della legge provvedimento e «valore di legge» in AA.VV., Legge in sostituzione di atto amministrativo. Atti preparatori e attuativi di atto legislativo. Responsabilità del legislatore e responsabilità dell’amministrazione e verso l’amministrazione, Giuffrè, Milano, 2001, pp. 112-120.
In tal senso, è stato sottolineato che «il riferimento allo Stato sociale, che in alcuni casi può effettivamente essere utilmente e ragionevolmente posto, è stato spesso utilizzato come un paravento dietro il quale il Legislatore ha trovato riparo per approvare leggi che con lo Stato sociale ben poco hanno a che fare». Le leggi-provvedimento, quindi, rivelerebbero anche nello Stato pluriclasse «un rapporto disturbato tra legislazione e amministrazione, tra potere politico e potere amministrativo». G. ARCONZO, Le leggi provvedimento e l’effettività della tutela giurisdizionale: quando non basta il giudizio di stretta ragionevolezza della Corte costituzionale, può pensarci l’Europa?, in Quad. reg., 2/2009, p. 638.
[50] Alcune ricostruzioni dottrinarie contrapposte alla consolidata giurisprudenza costituzionale ritengono che, l’art. 70 Cost. contenga al proprio interno un divieto rispetto alle leggi-provvedimento poiché detto articolo sembra far riferimento a un modello di legislazione necessariamente astratta, ossia «per categorie». V. CRISAFULLI, Fonti del diritto (diritto costituzionale), in Enc. Dir., XVII, Giuffrè, Milano, 1968, p. 949.
Dottrina contrapposta sostiene che, «la c.d. astrattezza, da intendersi come "ripetibilità nel tempo" del comando legislativo, costituisce caratteristica "naturale" ma non necessaria della legge, che, dunque, purch generale, ben può essere non normativa, ossia attinente ad un singolo ed individuato problema (la legge provvedimento, appunto)».
Sempre secondo detto orientamento dottrinario, non sussisterebbe nemmeno una violazione dell’art. 97 Cost., in quanto questo nell’imporre una riserva relativa di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici, allo stesso tempo, prevederebbe un divieto «di disimpegno totale, non certamente un divieto d'impegno totale» nei confronti del Parlamento. F. SORRENTINO, Le fonti del diritto, in G. AMATO, A. BARBARE (a cura di) Manuale di Diritto Pubblico, Il Mulino, Bologna, 1997, p. 117. A. VIGNUDELLI, Sulla separazione dei poteri nel diritto vigente, in Diritto & Questioni pubbliche, n.7/2007, p. 217.
[51] Dottrina che potrebbe essere definita come intermedia tra coloro che sostengono come le leggi-provvedimento siano conformi alla Costituzione e coloro che ritengono, invece, che debbano essere considerate come un fenomeno patologico dell’attività legislativa del Parlamento, ritiene come la legge-provvedimento rappresenterebbe un’anomalia, una deviazione rispetto al concetto e alla natura della legge definibile come ordinaria. In altri termini il concetto di legge-provvedimento unirebbe due caratteri, ossia la legge e il provvedimento, che in teoria dovrebbero essere scissi. G.U. RESCIGNO, Leggi-provvedimento costituzionalmente ammesse e leggi provvedimento costituzionalmente illegittime, op.,cit., p. 321.
[52] M. LOSANNA, Le «leggi provvedimento»? La Giurisprudenza costituzionale, op.,cit.
[53] In assenza appunto di questa riserva di amministrazione emerge come, il Parlamento possieda una potestà non solo formale ma anche libera nel fine da perseguire e come si possa affermare la legittimità delle leggi-provvedimento. Ulteriore considerazione che può essere svolta è che, i rapporti tra Governo e Parlamento possono essere rappresentati come «una separazione specializzata: tra i due organi vige infatti una separazione non specializzata, un bilanciamento, peraltro asimmetrico, nel senso che mentre le invasioni di campo del primo in materia legislativa sono tassative (artt. 76-77 Cost.), quelle del secondo in materia amministrativa sono virtualmente indeterminate». A. VIGNUDELLI, Sulla separazione dei poteri nel diritto vigente, op. cit., p. 220.
[54] Corte cost., nn. 248 e 347/1995; 492/2002; 267/2007; 139/2009.
[55] Corte cost., nn. n. 270/2010, 267/2007; 288/2008; 137/2009.
[56] Corte cost., n. . 306/1995.
[57] E. FORSTHOFF, Le leggi-provvedimento, in C. AMIRANTE (a cura di) Stato di diritto in trasformazione, op., cit., p. 105.
[58] A. MORELLI, Il decreto Ilva: un drammatico bilanciamento tra principi costituzionali, in Diritto penale contemporaneo, n. 1/2013.
[59] Corte cost., nn. 2/1997, 153/1997; 185/1998; 429/2002; 282/2005; 11/2007,103/2007, 267/2007; 241/2008, 288/2008; 270/2010.
[60] Corte cost., n. 270/2010.
[61] «E’ sufficiente che detti criteri, gli interessi oggetto di tutela e la ratio della norma siano desumibili dalla norma stessa, anche in via interpretativa, in base agli ordinari strumenti ermeneutici». Corte cost., n. 270/2010.
[62] G. ARCONZO, Contributo allo studio sulla funzione legislativa provvedimentale, Giuffrè, Milano, 2013, p. 251.
[63] M. MEZZANOTTE, Come eludere il giudicato amministrativo: brevi cenni sulle leggi personali di
ottemperanza, nota a Corte cost., sentenza 28 luglio 1999, n. 364, in Giur. it.,,2000, p. 7.
[64] Corte cost., n. 234/1985. In senso analogo, «il cosiddetto principio del giusto procedimento (in vista del quale i soggetti privati dovrebbero poter esporre le proprie ragioni, prima che vengano adottati provvedimenti limitativi dei loro diritti) non può considerarsi costituzionalizzato; all'opposto, fin dalla sentenza 2 marzo 1962, n. 13, la Corte ha rilevato che la esigenza in questione é stata molte volte derogata dal legislatore statale, dal momento che esso non é vincolato - diversamente dai legislatori regionali - "al rispetto dei principi generali dell'ordinamento, quando questi non si identifichino con norme o principi della Costituzione"». Corte cost., n. 23/1978.
[65] «Calato nell’ordinamento costituzionale, l’atto legislativo a carattere provvedimentale genera il sospetto che dietro l’intervento legislativo si nascondano arbitrarie discriminazioni, oppure si celi un pregiudizio per il diritto individuale alla tutela giurisdizionale». M. LOSANA, Questioni ambientali e “amministrazione per (atti aventi forza di) legge” (nota a Tar Campania, sentenza n. 1471/2016), in Rivista AIC, n. 2/2016. V. CRISAFULLI, Principio di legalità e giusto procedimento, in Giur. cost., 1962, p. 134.
Le leggi-provvedimento, incidendo in maniera diretta sulle situazioni giuridiche soggettive dei destinatari, presentano quali elementi distorsivi: la sottrazione a responsabilità giuridiche degli organi amministrativi e di governo, in quanto gli stessi vengono posti a riparo da azioni risarcitorie, viene evitato il controllo della Corte dei Conti ed infine precludono l’annullamento dell’atto da parte del giudice amministrativo. G. PEPE, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale tra atti politici, atti di altra amministrazione e leggi-provvedimento, in Federalismi.it, n. 22/2017, p. 20.
[66] L’aspetto delle tutele riconoscibili al ricorrente di un processo amministrativo non subisce una differenziazione tra la situazione del soggetto che per la prima contesta una legge-provvedimento rispetto alla situazione di colui il quale contesta la legge-provvedimento, a seguito di un percorso processuale, avente ad oggetto altri atti amministrati, i quali, sarebbero stati caducati dal giudice amministrativo se non fosse intervenuta una legge-provvedimento. A seguito della sopravvenienza di essa, il ricorrente vede precluso il raggiungimento del proprio risultato a causa della capacità della legge-provvedimento di assorbire in se stessa la questione. F. GUELLA, Le leggi-provvedimento come atti di non mera approvazione: dall’ipotizzata consequenzialità al referendum della legge di variazione delle circoscrizioni comunali alla riserva del sindacato alla giurisdizione di costituzionalità, in Osservatorio Costituzionale, fasc. 1/2018.
[67] V. SARCONE, L’opinabile (ma legittimo) fenomeno delle “leggi provvedimento”. Breve riflessione intorno a Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 26 febbraio 2009, n. 1140, in Amministrativamente, n. 3/2009.
Oltre a questo, il sindacato della Corte costituzionale può essere definito come meno satisfattivo per il cittadino rispetto a sindacato del giudice amministrativo, in quanto si tratta di accesso incidentale, il sindacato è di mera ragionevolezza, manca una previsione circa le misure cautelari, non si può impugnare la decisione assunta dalla Corte costituzionale ed, infine, non è esperibile il rimedio risarcitorio. R. MANFRELLOTTI, Qualche ombra sull’effettività della tutela giurisdizionale avverso le leggi provvedimento, in Giur. cost., 2010, pp. 3745-3749.
[68] G. TULUMELLO, Leggi-provvedimento e diritto dell’U.E.: nuovi percorsi di tutela, in La rivista nel diritto, 2012, pp. 151-158.
[69] Si tratta di un ragionamento conforme a quell’orientamento presente in dottrina, in base al quale le leggi-provvedimento contrasterebbero con la Costituzione nel momento in cui incidono in maniera negativa sulla sfera giuridica dei soggetti privati, in quanto agli stessi non sarebbe garantita l’applicazione delle norme in materia di giusto processo. G.U. RESCIGNO, Leggi-provvedimento costituzionalmente ammesse e leggi provvedimento costituzionalmente illegittime, op., ult., cit., p. 326.
[70] Corte cost., n. 289/2010.
[71] La dottrina ha sottolineato come, in realtà, lo scrutinio stretto di ragionevolezza sulle leggi provvedimento non si differenzi in maniera netta dal sindacato di ragionevolezza sulle leggi generali e astratte. Piuttosto, è stato ritenuto che un problema circa l’effettività della tutela si possa ravvisare nelle leggi che recepiscono provvedimento amministrativi, in quanto il TAR tende a riconoscere quale giudice naturale degli atti legislativi la Corte costituzionale. A. CERRI, Scrutinio più o meno rigoroso con riguardo a leggi provvedimento di sanatoria ed alla garanzia dei principi di uguaglianza, imparzialità e buon andamento, in Giur. cost., 1999, pp. 1137
Altra parte della dottrina ha sostenuto che, «di tanto in tanto si promette uno “scrutinio stretto” in quanto l’accrescimento o l’annullamento della distanza fra previo disporre e concreto provvedere pone di per sé un supplementare sospetto di incostituzionalità». C. PINELLI, In tema di scrutinio stretto sulle leggi-provvedimento, in Giur. cost., fasc. 5/2002, p. 3236.
[72] F. GABOARDI, L’equivocità delle leggi-provvedimento, in Il Diritto Amministrativo, p. 2.
In relazione alla possibile configurazione del vizio di eccesso di potere è la stessa Consulta a precisare che, lo scrutinio che lei stessa conduce è diretto a travolgere le scelte del legislatore, qualora «si “appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità, che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura, per così dire, sintomatica di eccesso di potere e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l’ordinamento assegna alla funzione legislativa». Corte cost., n. 313/1995, n. 81/1981, n. 121/2010.
[73] Il principio di legalità rapportato allo studio del diritto amministrativo richiede che l’azione della Pubblica Amministrazione, nel momento in cui esercita poteri autoritativi, deve trovare rinvenire il proprio presupposto legittimante nella volontà popolare espressa attraverso le leggi. M. SANTISE, Coordinate ermeneutiche di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2018, p. 1-5.
[74] Corte cost., n. 66/1992, n. 94/1995, n. 311/1995, n. 525/2000.
[75] E. BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici. Teoria generale e dogmatica, Giuffrè, Milano, 1971, p. 69.
[76] Corte cost. n. 275/2013.
[77] C. AMALFITANO, M. CONDINANZI, Concessioni autostradali e vincoli europei, in Rivista italiana di Diritto Pubblico comunitario, fasc. 6/2018, p. 953.
[78] Un altro elemento che risulta non essere convincente è costituito dall’art. 1 co.5 del medesimo decreto legge con il quale veniva previsto che « per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l'affidamento e la ricostruzione dell'infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, il Commissario straordinario opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea ».
L’aspetto peculiare concerne l’utilizzo dell’aggettivo «inderogabili», rapportato alle norme dell’Unione, il quale risulta essere infatti ridondante e privo di qualsiasi effetto cogente per la considerazione secondo cui, quando si tratta di diritto dell’Unione europea non è possibile distinguere tra norme inderogabili contrapposte a norme derogabili.
Si rammenta che il diritto dell’Unione europea risulta essere tutto inderogabile, a meno che esso disponga altrimenti. Ulteriore aspetto è la teoria dei contro-limiti che, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, deve essere attivata nell’ipotesi in cui si realizzi l’impossibilità di dare ingresso nell’ordinamento italiano il diritto dell’Unione. S. ROMBOLI, La nuova stagione dei controlimiti: il caso Taricco all’esame della Corte costituzionale, in ConsultaOnline, fasc. III/2016, R. CALVANO, La Corte costituzionale e i “Controlimiti” 2.0, in Federalismi.it, n. 1/2016, L. FEDERICI, Recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale tra teoria dei controlimiti e norme internazionali, in RivistaAIC, osservatorio costituzionale, fasc. 3/2018.
Nonostante le precisazioni appena riportare, la formulazione del decreto-legge rischia di collocare la figura del Commissario straordinario in un vuoto normativo.
[79] Vi è un motivo giuridico per il quale il Governo ha richiamato l’art. 32 della Direttiva e non il corrispondente articolo del Codice dei contratti pubblici ossia l’art. 63. Quest’ultima disposizione possiede, quale differenza, rispetto alla prima la previsione di obblighi procedurali come la consultazione di almeno cinque operatori economici nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza e rotazione. Di conseguenza la scelta di richiamare la norma di derivazione comunitaria perseguirebbe lo scopo di evitare gli obblighi di consultazione richiesti dalla disposizione di recepimento nazionale.
A prescindere da questo l’art. 32 della Direttiva richiede che sussistano tre presupposti in modo cumulativo affinchè si possa ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione, ossia: limitazione allo stretto necessario, l’estrema urgenza, l’imprevedibilità da parte dell’amministrazione aggiudicatrice dell’evento che rende necessario il ricorso alla procedura derogatoria. Questi requisiti devono essere provati dal soggetto che intende avvalersi di detta procedura in quanto la stessa integra un’eccezione alla disciplina degli appalti e quindi richiede che si proceda ad un’interpretazione restrittiva. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 15.10.2009 causa C-275/08, Commissione c.Germania, punto 68; ordinanza 20.6.2013, causa C- 352/12, Consiglio Nazionale degli Ingegneri, punto 50.
[80] L’AGCM nel momento in cui è intervenuta in sede di conversione del decreto-legge ha sostenuto che « è stata riconosciuta la facoltà di svolgere attività d'impresa diverse da quella principale (ovvero la costruzione e l'esercizio delle tratte autostradali assentitein concessione)». in www.agcm.it.
[81] C. AMALFITANO, M. CONDINANZI, Concessioni autostradali e vincoli europei, op., cit., p. 958.
[82] Le due possibili soluzioni che si prospettano possono articolarsi o nella dichiarazione di illegittimità costituzionale delle leggi-provvedimento adottate oppure nella possibilità di riconoscere ai cittadini lesi da questa particolare species di leggi l’accesso diretto alla Corte costituzionale. Probabilmente la prima soluzione sarebbe quella maggiormente conforme allo spirito alla Carta costituzionale italiana poiché si tradurrebbe nel rispetto dei principi costituzionali caratterizzanti il nostro ordinamento come principio di legalità, principio di separazione dei poteri, diritto di difesa. Entrambe, comunque, dovrebbero presupporre la presa di coscienza circa la compressione del diritto di difesa, concezione che attualmente possiede un’ampia riflessione dottrinale ma non anche il relativo seguito a livello giurisprudenziale.
Parte della dottrina ha precisato che la problematica delle leggi-provvedimento è data dall’abuso delle stesse, infatti, «è inconcepibile un ordinamento che non abbia un certo grado di stabilità e permanenza nel tempo il che vale a escludere che la formazione di un ordinamento giuridico propriamente detto possa essere interamente affidata ad una somma seriale di precetti individuali, esaurentisi ciascuno una tantum. Ma ne conseguenze che soltanto le cosiddette leggi-norma, generali ed astratte, debbono pur sempre comporre l’ossatura del diritto oggettivo; senza, però, che sia dato vietare a priori, in nome dell’art. 70 Cost. l’adozione di atti legislativi contenenti norme individuali, quali sono appunto le leggi-provvedimento». L. A. MAZZAROLLI, L. PALADIN, D. GIRITTO, Diritto costituzionale, op., cit., p. 198.
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