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Pubbl. Lun, 27 Apr 2020

Il procedimento di localizzazione delle farmacie sul territorio comunale

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Aniello Iervolino
AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Federico II



Il presente focus pone l’attenzione sulla distribuzione delle sedi farmaceutiche sul territorio comunale. In particolare, si rileverà l’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato il procedimento di revisione della pianta organica delle farmacie, ponendo in risalto la funzione assunta in tale fattispecie dalla Regione, dal Comune, dall’ASL e dall’Ordine dei Farmacisti. Sarà, altresì, analizzata la natura ed il contenuto del provvedimento di revisione e come tali caratteristiche incidano sulle garanzie procedimentali dei titolari delle farmacie e sull’impugnabilità della deliberazione.


ENG This article focuses on the distribution of pharmaceutical sites in the municipal area. In particular, it will analyse the legal and regulatory evolution that affected the review process of the localization of pharmacies, highlighting the position taken by the Region, the Municipality, the ASL (Local Health Service) and the Order of Pharmacists in this respect. Moreover, it will investigate the nature and the content of the review provision and how these characteristics affect the procedural guarantees of the pharmacy owners and the contestability of the resolution.

Sommario: 1. La disciplina; 2. I pareri dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti: natura e portata; 3. La partecipazione al procedimento di revisione da parte dei titolari delle sedi farmaceutiche ed il contenuto della deliberazione comunale; 4. L’interesse ad agire avverso la deliberazione di revisione.

1. La disciplina.

La Legge madre delle farmacie è rappresentata dalla L. n° 475/1968.

Questa, nella sua primordiale versione, prevedeva, all’art. 1, comma 2, una distribuzione delle farmacie sul territorio “in modo che non vi sia più di una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 25.000 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni”.

Tale ripartizione si è così evoluta nel tempo: con la L. n° 362/1991 “Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 5.000 abitanti nei comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4.000 abitanti negli altri comuni”; da ultimo, il Legislatore, con l’art. 11 del D.L. n° 1/2012 (convertito con modificazioni dalla L. n° 27/2012), ha deciso di adottare una distribuzione sul territorio “universale”, prevedend una farmacia ogni 3.300 abitanti.

Singolare è che quest’ultimo D.L. abbia specificato anche il motivo per cui sarebbe stata necessaria una riduzione della proporzione farmacie/nr. abitanti affermando che “Al fine di favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge, garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico”.

Promuovendo l'incremento degli esercizi farmaceutici attraverso un parametro demografico meno stringente, il Legislatore ha inteso perseguire l’obiettivo di estendere, anche in questo settore, l’osservanza del principio comunitario della concorrenza e di quello costituzionale della libertà dell’iniziativa economica privata.

Il citato art. 11 si innesta in un disegno normativo più ampio, finalizzato ad imprimere un maggior grado di concorrenza e competitività in diversi ambiti [1].

Questa scelta da parte del nostro Legislatore non può, pertanto, essere compressa da iniziative regionali finalizzate ad una restrizione della concorrenza mediante l’aumento della predetta proporzione farmacia/nr. di abitanti.

Ed infatti, proprio qualche mese dopo l’entrata in vigore del D.L. n° 1/2012, il Giudice Amministrativo si è trovato a dirimere una questione di tale tenore, assumendo che, dati i conclamati obiettivi di tutelare la concorrenza e la libertà di iniziativa economica “non possono avere vigore norme regionali che alla normativa statale si oppongano, prevedendo limiti all'apertura di nuove farmacie mediante la sopravvivenza della pianta organica e di altri ostacoli alla concorrenza[2].

L’aumento del numero delle sedi farmaceutiche in ogni territorio comunale, così come motivato dal Legislatore, ha anche inciso sull’approccio (più flessibile) del Giudice Amministrativo nel valutare la legittimità del provvedimento di istituzione della nuova sede: “"La circostanza, poi, che la localizzazione della nuova sede possa incidere sul bacino di utenza di una sede preesistente non costituisce di per sé un motivo d'illegittimità della scelta (…) (Cons. Stato Sez. III, 03-11-2016, n. 4614)..." (Consiglio di Stato, Sez. III, 27 aprile 2018, n. 2562)." (cfr. T.A.R. Sicilia, Sez. III, n. 1154/2018 cit.)[3].

La pronuncia, all’evidenza, legittima la decisione comunale di allocazione di una sede farmaceutica in una zona già di competenza di un’altra farmacia; ciò perché le ragioni poste a base del D.L. n° 1/2012, in particolare lo stimolo alla concorrenza, rendono recessivo l’interesse commerciale delle farmacie preesistenti in confronto all’ampio potere discrezionale dell’Ente di distribuire le diverse sedi.

Per quanto attiene, invece, al secondo motivo di cui all’art. 11, D.L. n° 1/2012, ossia alla necessità di garantire una più capillare presenza delle farmacie sul territorio, l’intento del Legislatore non è stato quello di provocare una dislocazione delle sedi sull’intero territorio comunale, bensì di garantire una maggiore fruibilità del servizio da parte della cittadinanza e, di conseguenza, una più agevole accessibilità alla sede[4].

Tutto ciò, utilizzando sempre come parametro di valutazione la tutela della concorrenza e della libertà di iniziativa economica.

Ragioni di natura sistematica, infatti, impongono una riflessione anche sul grado di priorità che il Legislatore del 2012 ha inteso soddisfare.

Non è trascurabile che i principi di politica economica prima menzionati siano posizionati, nel corpo del testo normativo, prima del soddisfacimento dell’esigenze dei cittadini di accedere più facilmente al servizio farmaceutico.

La giurisprudenza, attraverso la lettura piana dell’art. 11 del D.L. n° 1/2012, ha ritenuto che “la prescritta finalità di migliorare l'accessibilità degli utenti al servizio farmaceutico non può di per sé rendere recessiva quella di favorire la concorrenza; non è secondario che l'art. 11, comma 1, si apra con una dichiarazione di intenti del Legislatore che antepone la seconda, nel senso di favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti, aventi i requisiti di legge, nonché di favorire le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche garantendo al contempo una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico ..." (C.d.S., Sez. III, sent. 2851/2014)[5].

È, dunque, chiaro che il Comune, nella sua attività pianificatoria, non è obbligato a localizzare le sedi in zone pressoché disabitate o lontane dal centro per il sol fatto che queste aree non sono mai state “servite” da alcuna farmacia[6]. E tale decisione, come in precedenza osservato, risulta pienamente conforme alla ratio sottesa alla citata riforma.

Così si è espressa la giurisprudenza sul punto: “La riforma, in altri termini, vuole realizzare l'obiettivo di assicurare un'equa distribuzione sul territorio e, solo in via aggiuntiva, introduce il criterio che occorre tener altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate [7].

Un’eccezione al criterio demografico è rappresentata dall’art. 104 del r.d. n° 1265/1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie) che, modificato dall’art. 2 della L. n° 362/1991, ha stabilito: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, quando particolari esigenze dell'assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità lo richiedono, possono stabilire, in deroga al criterio della popolazione di cui all’art. 1 della legge 2 aprile 1968, n. 475 e successive modificazioni, sentiti l'unità sanitaria locale e l'ordine provinciale dei farmacisti, competenti per territorio, un limite di distanza per il quale la farmacia di nuova istituzione disti almeno 3.000 metri dalle farmacie esistenti anche se ubicate in comuni diversi. Tale disposizione si applica ai comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e con il limite di una farmacia per comune”.

La norma prevede che le nuove farmacie debbano essere posizionate ad almeno 3.000 metri di distanza dalle altre, anche quando queste non siano situate nello stesso Comune.

Tale evenienza è soggetta a molteplici limitazioni: innanzitutto, è possibile applicare la disposizione solo ai Comuni con una popolazione massima di 12.500 abitanti; devono sussistere conclamate esigenze topografiche e di viabilità; è necessario che le Regioni acquisiscano il parere obbligatorio ma non vincolante dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti.

L’elemento che maggiormente rileva è, dunque, l’esistenza di particolari condizioni topografiche e di viabilità che possono essere rappresentate, ad esempio, dalla necessità di localizzare una sede farmaceutica in una frazione montana di un paese il cui nucleo principale è situato a valle. In tal caso, sarebbe giustificata l’istituzione di una nuova sede farmaceutica.

La Regione, nell’esplicare tale potere pianificatorio, è stata accompagnata, nel tempo, da una solida e costante giurisprudenza che ha rilevato che “l'apprezzamento delle particolari esigenze dell'assistenza farmaceutica in rapporto alle situazioni ambientali, topografiche e di viabilità atte a giustificare l'istituzione di una nuova sede farmaceutica secondo il criterio della distanza, in deroga al normale criterio demografico, ai sensi dell'art. 104 R.D. 27 Luglio 1934 n. 1265 e ss.mm., costituisce esplicazione di potestà discrezionale tecnico-amministrativa, non sindacabile in sede di legittimità se non per evidente erroneità o per macroscopici vizi logici (ex multis: Cons. Stato, IV Sezione, 5 Luglio 1989 n. 453)[8].

Pertanto, come vedremo anche per la discrezionalità con la quale il Comune può decidere la distribuzione territoriale delle farmacie, anche la Regione gode di un ampio potere nei casi in cui può derogare all’art. 1, L. n° 475/1968.

Di primo acchito, sembra che l’art. 104 del r.d. n° 1265/1934 deroghi a quanto stabilito dall’art. 11 del D.L. n° 1/2012 sovvertendo l’ordine di priorità tra accessibilità alle farmacie e tutela dei principi di concorrenza e di libertà di iniziativa economica.

Questo assunto è vero solo in parte perché, a rigor di logica, il mentovato D.L., così orientato alla salvaguardia dei principi economici, avrebbe potuto e dovuto abrogare la disposizione del regio decreto qualora lo avesse ritenuto in completo contrasto con il proprio disegno.

L’art. 104 del r.d., infatti, può essere considerato una sorta di fictio legis, perché lo scopo principale non è quello di agevolare l’accessibilità pubblica alle sedi farmaceutiche, bensì quello di tutelare le esigenze economiche di farmacie che, situate in contesti territoriali particolari, servono un numero già ridotto di abitanti.

Il Legislatore ha compreso che, in assenza dell’art. 104 del regio decreto del 1934 si sarebbe verificata una “guerra tra poveri” tra la farmacia già presente in questo ambito territoriale ed una istituita solo a breve distanza dall’altra. Pertanto, è evidente la ratio pratica sottesa alla continua vigenza di questa disposizione: ridurre la competitività in un certo contesto (che, si ricorda, può coinvolgere anche più di un Comune).

La distanza di 3.000 metri come eccezionalmente prevista mirerebbe, dunque, a tutelare due interessi tra loro contrapposti: “pubblico, da un lato, a garantire la maggior vicinanza della farmacia agli utenti, e privato, dall’altro ad una gestione economica della farmacia, che potrebbe essere compromessa dall’apertura di nuovi punti vendita[9].

A tal proposito, è richiamabile anche una pronuncia del T.A.R. che così ha disposto: “la misura di 3.000 metri posta dall'art. 104 del RD 1265/1934 per ottenere la deroga al criterio della popolazione non vada intesa come un limite assoluto. La norma formula in realtà una presunzione di non interferenza tra due o più farmacie situate in un contesto con popolazione ridotta. 26. Sotto entrambi i profili (popolazione e distanza), l'interesse tutelato è quello economico delle farmacie precedentemente insediate, che vengono protette dal rischio di un eccesso di competizione. La norma non può tuttavia essere interpretata in modo da produrre risultati in contrasto con i principi proconcorrenziali ormai accettati dall'ordinamento nazionale. È necessario che nelle fattispecie concrete sia raggiunto un equilibrio basato sulla regola della proporzionalità. Se dunque è possibile garantire la non interferenza tra due farmacie quando la distanza sia inferiore a 3.000 metri, questa soluzione deve essere preferita[10].

Una fattispecie che ha destato più di una perplessità è stata l’eliminazione, ad opera dell’art. 11, comma 1, lett. c) del D.L. n° 1/2012, della necessità della pianta organica delle farmacie così come prevista dall’originale versione dell’art. 2 della L. n° 475/1968.

Il D.L. ha sostituito l’originario comma 1 dell’art. 2 della predetta Legge (che prevedeva: “Ogni comune deve avere una pianta organica delle farmacie nella quale e' determinato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse, in rapporto a quanto disposto dal precedente articolo 1 La pianta organica dei singoli comuni e' stabilita con provvedimento definitivo del medico provinciale, sentiti il consiglio comunale interessato e il consiglio provinciale di sanità (…)”) stabilendo che: “Ogni comune deve avere un numero di farmacie in rapporto a quanto disposto dall'articolo 1. Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”.

La disposizione novellata pare eliminare in radice la necessità di attribuire una “competenza territoriale” ad ogni singola farmacia, confacendosi all’orientamento liberalista dell’impianto normativo del D.L. n° 1/2012 che, come anzidetto, legittima persino la sovrapposizione[11] geografica e demografica di due sedi farmaceutiche.

La citata eliminazione è anche suffragata da una nota del Ministero della Salute[12] che, sollecitato da diverse Regioni sul tale specifica questione, ha affermato che “la modifica [normativa] è inequivocabilmente diretta ad eliminare la “pianta organica” delle farmacie e delle procedure alla stessa correlate”.

Tutto ciò sarebbe in evidente armonia con la ratio del D.L. n° 1/2012 e con chi riteneva che la pianta organica non fosse altro che uno strumento penalizzante per l’iniziativa poiché “pone limiti all’iniziativa privata nell’ambito della distribuzione dei farmaci e solo in via mediata una disciplina panificatrice dell’attività economica[13].

In realtà, seppure abolita la dicitura “pianta organica”, la disposizione non è mutata, addebitando al Comune l’obbligo di porre in essere un’attività pianificatoria finalizzata a stabilire precisamente quali siano le aree ove collocare le nuove farmacie; tutto questo con la conclamata finalità di garantire “un’equa distribuzione sul territorio”.

Attraverso quale strumento amministrativo l’Ente può rispondere alla predetta esigenza se non attraverso la definizione di una pianta organica?

Se da una parte il Legislatore ha velatamente tentato di abolire la pianta organica delle farmacie, dall’altra la giurisprudenza ne ha sottolineato l’essenzialità, così pronunciandosi: “Correttamente il giudice di primo grado ha richiamato la giurisprudenza granitica della Sezione terza del Consiglio di Stato (a cominciare dalla sentenza 3 aprile 2013, n. 1858) secondo cui, sebbene la nuova legge non faccia riferimento alla pianta organica, compete comunque al Comune "la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome"[14].

È, dunque, evidente che la novellata disposizione non fa, comunque, a meno di un provvedimento pianificatorio utile a localizzare e distribuire sul territorio le sedi farmaceutiche e che, per consuetudine, viene chiamato ancora “pianta organica” [cfr. tutta la giurisprudenza di cui alle note].

La vera novità introdotta dal D.L. n° 1/2012 è l’organo competente ad attuare questo strumento pianificatorio; infatti, dopo che tale potere è traslato da Comuni e Province alla Regione per effetto dell’art.1, comma 2, lett. l) del D.P.R. n. 4/1972, il D.L. del 2012 ha chiaramente delegato il Comune, previo ascolto dell’Ordine dei Farmacisti e dell’ASL, a pianificare la distribuzione sul territorio della sede farmaceutica[15].

Di tal guisa facendo “Il legislatore […] avrebbe inteso eliminare un passaggio meramente burocratico e formalistico (l’istituzione della nuova sede da parte dell’organo da sempre titolare), concentrando il potere istitutivo in capo ai Comuni, peraltro da sempre titolari – al di là degli aspetti formali – di quello che è stato individuato […] come il “livello decisionale effettivo[16].

Più precisamente, l’organo comunale competente ad espletare tale incombenza è la Giunta; infatti, in base all’art. 42 del TUEL, il Consiglio Comunale è l’organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo competente esclusivamente a produrre atti a carattere strategico e programmatico.

La Giunta, invece, ha competenza residuale per gli atti di amministrazione che non siano stati riservati al Consiglio e che non rientrino - ai sensi delle leggi o degli statuti - nelle competenze del Sindaco, del Presidente della Provincia, degli organi di decentramento, del segretario o dei funzionari dirigenti. Tale competenza della Giunta ha carattere generale e si estende, secondo giurisprudenza granitica, anche alle ipotesi di individuazione delle sedi farmaceutiche [17].

Non hanno, dunque, alcun potere decisorio neanche i Dirigenti comunali ai quali compete soltanto l’attività di gestione, esecutiva ed attuativa dell’indirizzo fornito dalla Giunta stessa[18].

2. I pareri dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti: natura e portata.

Il novellato art. 2 della L. n° 475/1968 richiede al Comune, nella fase di redistribuzione territoriale delle sedi farmaceutiche, di “sentire” l’ASL e l’Ordine dei Farmacisti competenti per territorio.

La ratio della norma è stata quella di affidare all’A.S.L., con le sue strutture di servizio, ed all’Ordine dei Farmacisti, in quanto rappresentativo di tutti i farmacisti, il compito di eventualmente integrare e/o modificare l’assetto territoriale proposto dal Comune in ragione delle loro specifiche competenze e delle esperienze di vita quotidiana sul territorio.

Per quanto concerne l’organo competente ad emanare il parere, la disposizione, così come rinnovata, non prevede alcunché; così facendo, si lascia all’autonomia dell’organismo coinvolto la decisione di affidare tale compito all’organo ritenuto più opportuno.

Pertanto, le osservazioni dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti possono essere legittimamente prodotte sia dal solo Presidente che dall’intero Consiglio Direttivo.

Il Comune, dunque, è obbligato a richiedere e ottenere un parere - non vincolante[19] – all’ASL ed all’Ordine dei Farmacisti.

Ma qual è la reale portata di questi pareri?

La loro funzione è così descritta dalla giurisprudenza: “"la norma che prevede, in sede di istituzione di nuove sedi farmaceutiche, l'acquisizione del parere dell'Ordine dei farmacisti e dell'ASL competente non attribuisce agli stessi un potere di concertazione o co-decisione, ma, piuttosto, la facoltà di rappresentare esigenze e formulare proposte, con il compito di fornire, ciascuno per quanto di propria competenza, elementi di conoscenza e giudizio al Comune (e non viceversa) riguardo alle esigenze del territorio e del servizio sanitario" (Cons. di St., sez. III, 7 gennaio 2016 n. 22)[20] .

I pareri appena citati non hanno, quindi, valore decisorio ai fini della ridefinizione della pianta organica, risultando delle mere opinioni che rischiano di ingolfare inutilmente il procedimento di revisione comunale.

A supporto di tale osservazione sovviene una sentenza del Consiglio di Stato che sradica qualsivoglia valore attribuito ai “pareri” stabilendo che “conferiscono un apporto conoscitivo e valutativo all'Amministrazione, ma non implicano che la stessa sia chiamata a confutarli se di contrario avviso”[21].

Il contributo fornito dai succitati Enti è così evanescente ai fini della riorganizzazione delle sedi farmaceutiche che i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che l’Ordine dei Farmacisti e l’Asl non possono essere coinvolti in giudizio poiché i loro pareri non hanno alcun valore vincolante per il Comune: “L'Ordine dei farmacisti e la ASL territoriali non sono controinteressati in senso tecnico, in quanto esprimono un parere obbligatorio ma non vincolante, che resta quindi esterno al modulo decisionale dell'istituzione della nuova sede farmaceutica[22].

I pareri dei succitati organismi non hanno alcuna portata lesiva e non possono, dunque, essere autonomamente impugnati.

In una vicenda giudiziaria nella quale il ricorrente aveva impugnato con il ricorso un provvedimento lesivo e, con successivi motivi aggiunti, un atto privo di portata lesiva, il Tribunale Amministrativo partenopeo si è così espresso: “devono, quindi, essere dichiarati inammissibili i motivi aggiunti proposti dal ricorrente avverso la detta nota (…) poiché come già rilevato priva di valenza provvedimentale e dunque non idonea a ledere effettivamente la sfera giuridica del ricorrente[23].

Le pronunce giurisprudenziali appena richiamate sminuiscono, pertanto, il valore sostanziale dei pareri di ASL e Ordine dei Farmacisti.

Parallelamente a queste sentenze, si è sviluppato un orientamento granitico che ha anche declassato, da motivo di illegittimità del provvedimento a mera irregolarità sanabile, il vizio procedimentale in cui il Comune incorrerebbe qualora, in violazione dell’art. 2 della L.n° 475/1968, abbia richiesto i pareri solo successivamente alla pubblicazione della deliberazione di revisione; ciò, a patto che i pareri siano positivi.

Pertanto, pur assumendo i predetti pareri ex post, l’azione amministrativa del Comune è legittima poiché l’esito positivo delle osservazioni dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti sana la carenza procedimentale creatasi: “È ben vero dunque che, come afferma l'appellante, nel caso in esame i pareri avrebbero dovuto essere acquisiti prima di adottare la delibera di localizzazione della nuova sede farmaceutica. Il Collegio peraltro, pur riconoscendo che la procedura seguita dall'Amministrazione é stata irrituale, richiama un precedente della Sezione in termini (19 settembre 2013, n. 4668), che ha valorizzato la circostanza che i pareri espressi dall'Azienda Sanitaria e dall'Ordine dei Farmacisti non avevano mosso osservazioni critiche né proposto alternative o introdotto contributi istruttori di alcun tipo, limitandosi ad esprimere - motivatamente - assenso rispetto alle scelte operate dall'Amministrazione; con la conseguenza che la mancata preventiva acquisizione dei pareri in questione non aveva inciso sulla scelta dell'Amministrazione che, verosimilmente, non sarebbe stata diversa neppure se i pareri fossero intervenuti tempestivamente. La fattispecie corrisponde in pieno a quella oggetto del presente giudizio in cui i pareri, che andavano acquisiti al procedimento prima della delibera di giunta, sono stati chiesti successivamente alla stessa ma, una volta rilasciati, si sono limitati ad avallare le scelte effettuate dall'Amministrazione. Pertanto, come condivisibilmente affermato dal giudice di primo grado, quand'anche tali pareri fossero stati acquisiti preventivamente non avrebbero in alcun modo influenzato il processo decisionale, non avendo formulato obiezioni ovvero proposte alternative atte, anche potenzialmente, ad incidere sulla decisione finale.”[24].

Tale ultimo orientamento, sebbene analizzi un vizio procedimentale, dovrà inevitabilmente coordinarsi con quello poc’anzi richiamato, che - ancora più tranchant - non attribuisce alcun valore ai pareri dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti.

L’obiettivo (dichiarato) della giurisprudenza è quello di semplificare, nel tempo, il procedimento di revisione della pianta organica delle sedi farmaceutiche, abolendo i predetti pareri perché - come si è già visto al primo paragrafo (cfr. ampio potere alle Regioni di distribuire sul territorio le farmacie ai sensi dell’art. 104 del r.d. n° 1265/1934) e come si vedrà al paragrafo 4 di questo commento - ai Comuni è attribuito una quasi illimitata discrezionalità nel distribuire le farmacie sul proprio territorio.

3. La partecipazione al procedimento di revisione da parte dei titolari delle sedi farmaceutiche ed il contenuto della deliberazione comunale.

Come visto nella parte finale del primo paragrafo, la deliberazione di revisione della pianta organica delle farmacie avviene ad opera della Giunta Comunale.

Questo provvedimento, ai sensi dell’art. 2, comma 2 della novellata L. n° 475/1968, deve essere emanato “entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall'Istituto nazionale di statistica”.

Tale disposizione è chiara e non ammette deroghe.

L’unica eccezione possibile può rinvenirsi nel caso in cui nell’anno dispari successivo sia emanata una deliberazione di annullamento d’ufficio della revisione di pianta organica dell’anno pari precedente.

È noto che il provvedimento di annullamento ex art. 21 nonies, L. n° 241/1990 abbia efficacia retroattiva [25] e, pertanto, esplicherebbe i propri effetti a partire dall’anno pari precedente.

Venendo al provvedimento comunale, questo giunge a valle di un’istruttoria effettuata dall’Ente e, come visto, sottoposto al parere obbligatorio ma non vincolante dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti.

L’art. 2 della L. n° 475/1968 non prevede la partecipazione al procedimento di revisione di altri soggetti.

Per poter comprendere se sia opportuna, o meno, l’apporto endoprocedimentale dei titolari delle sedi farmaceutiche occorre verificare la natura della deliberazione di revisione ed eventualmente valutare l’applicabilità dell’art. 7 della L. n° 241/1990.

La necessità di porre in essere uno strumento pianificatorio che possa anche assumere il nome di pianta organica è stata già rilevata nel primo paragrafo di questo scritto. Pertanto, la deliberazione comunale assurge a vero e proprio strumento urbanistico ed assume valenza pianificatoria.

Se la deliberazione di revisione della pianta organica acquisisce tale valore, automatica conseguenza è la non necessaria partecipazione al procedimento di qualsiasi soggetto giuridico, inclusi i titolari della farmacie insistenti sul territorio comunale.

L’art. 13, L. n° 241/1990, infatti prevede l’esclusione dell’applicazione degli articoli precedenti (incluso l’art. 7) “nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione”.

Su questa fattispecie la giurisprudenza amministrativa è stata più volte sollecitata ed ha costantemente affermato che: “Il provvedimento di revisione della pianta organica è un atto generale di pianificazione, funzionale al miglior assetto delle farmacie sul territorio comunale al fine di garantire l'accessibilità dei cittadini al servizio farmaceutico (ex multis,Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017, n. 652 ). Trattandosi di atto di pianificazione, e dunque di atto programmatorio, finalizzato alla tutela dell'interesse pubblico alla corretta disciplina del servizio farmaceutico, non sussiste l'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento ai singoli farmacisti in ragione dell'espressa esclusione di cui all'articolo 13, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (in tal senso, ex multis, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 29 luglio 2016, n. 20819; Consiglio di Stato, Sez. III, 24 novembre 2012, n. 5952)[26].

La partecipazione del privato al procedimento di revisione è, dunque, esclusa.

La natura del provvedimento come poc’anzi delineata incide anche sul suo contenuto poiché l’Ente non è tenuto a motivare in maniera esaustiva le decisioni programmatorie prese: “secondo la giurisprudenza di questa Sezione l'atto di revisione della pianta organica delle farmacie, in quanto atto programmatorio a contenuto generale, non necessita in via generale di una analitica motivazione calibrata sulle singole situazioni locali (Cons. Stato, Sez. III, 10/4/2014 n. 1727; 29/1/2014 n. 454). È infatti sufficiente l'esternazione dei criteri ispiratori adottati dall'autorità emanante, che vanno ricercati negli atti del procedimento complessivamente inteso in base ai quali è possibile verificare se detti criteri siano legittimi, congrui e ragionevoli e se il provvedimento sia coerente con essi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10/4/2014 n. 1727)[27].

Alla luce di questa giurisprudenza, la deliberazione giuntale di revisione della pianta organica è legittima anche solo recando, nella parte motiva, i criteri amministrativo - urbanistici che hanno ispirato il Comune nella decisione finale; questi sono rinvenibili in tutti gli atti prodromici alla stessa deliberazione, che, pertanto, può anche essere motivata “per relationem”, con il semplice richiamo dei suddetti atti come previde, nel lontano 1987, il Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza n° 326 del 03.06.1987 e come confermato dal recente orientamento [28].

La deliberazione deve anche contemplare l’elenco delle strade che ogni singola farmacia, ipoteticamente, deve servire, con annesso grafico.

Nel caso in cui dovesse emergere una discrepanza tra la parte descrittiva e quella grafica, la giurisprudenza ha tenuto a precisare che: “È principio inveterato che nel caso di contrasto tra planimetrie/grafici e relazioni descrittive di un piano o di un titolo edilizio, deve essere accordata preminenza ai primi, dal momento che la volontà precettiva dell'amministrazione deve intendersi racchiusa nella planimetria o nel grafico, che fissano le caratteristiche tecniche dell'intervento pianificatorio o edilizio progettato, mentre la relazione descrittiva riveste solo funzione illustrativa ed integrativa dell'opera da realizzare, perché possa essere correttamente eseguita (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 4 maggio 1994 n. 4280; Consiglio di Stato, Sez. V, 2 aprile 1966 n. 563 e 26 maggio 1962 n. 460)[29].

L’orientamento appena richiamato, in presenza di indicazioni grafiche chiare, non fa assurgere a motivo di illegittimità non solo, come è ovvio, qualsivoglia omissione di natura descrittiva ma, anche, l’eventuale divergenza tra grafici e parte descrittiva, svilendo la portata di tale contrasto e prevedendo espressamente la prevalenza dei primi rispetto ai secondi.

4. L’interesse ad agire avverso la deliberazione di revisione.

A questo punto, occorre comprendere fin dove sia ammissibile, o meno, l’impugnazione della deliberazione di revisione da parte dei titolari delle farmacie.

Per quanto inerisce alla legittimazione attiva, nulla questio, poiché il farmacista, potendo risultare leso dal mentovato provvedimento, è titolare di una posizione giuridica qualificata che lo differenzia dal resto della comunità.

Sull’interesse ad agire, invece, sussiste un contrasto giurisprudenziale.

L’orientamento minoritario, è “salvifico” dell’interesse del farmacista a cercare di preservare le condizioni di mercato preesistenti e, di conseguenza, a far valere l’illegittimità della deliberazione di revisione.

Così si è espresso, nel 2013, il T.A.R. Cagliari: “La giurisprudenza di questa Sezione è costante nel senso di ritenere che "sussista l'interesse del singolo farmacista, titolare di sede, alla razionale distribuzione territoriale degli esercizi farmaceutici e quindi a censurare il procedimento di revisione della pianta organica e la nuova delimitazione delle sedi farmaceutiche, qualora ritenga che i relativi procedimenti non si siano svolti nel rigoroso rispetto della normativa che li disciplinano, con la conseguenza che i titolari di sedi farmaceutiche hanno interesse a ricorrere contro il provvedimento che accresce il numero delle farmacie della pianta organica, nonché avverso i provvedimenti che, modificando i confini delle sedi, vengano ad incidere sulla sede di titolarità dei medesimi" (T.A.R. Sardegna, Sez. I, 18.05.2007, n. 971)[30].

Questa sentenza mira, sulla scorta della ratio liberalista del D.L. n° 1/2012, a tutelare la posizione economica del farmacista che si ritenga leso dalla nuova distribuzione territoriale, facendo prevalere tale ultimo interesse, senza tener conto della natura del provvedimento impugnato.

A tale orientamento se ne oppone un altro, di più recente “conio” ma divenuto presto maggioritario, che restringe l’ambito di impugnabilità della zonizzazione delle sedi farmaceutiche.

Di seguito, uno stralcio delle sentenze più rilevanti: “Nell'organizzazione della dislocazione territoriale del servizio farmaceutico, il Comune gode di ampia discrezionalità in quanto la scelta conclusiva si basa sul bilanciamento di interessi diversi attinenti alla popolazione, attuale e potenzialmente insediabile, alle vie e ai mezzi di comunicazione, alle particolari esigenze della popolazione, per cui la scelta conclusiva è sindacabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità ovvero della inesatta acquisizione al procedimento degli elementi di fatto presupposto della decisione (Cons. Stato, sez. III, 27 aprile 2018, n. 2562; id. 22 novembre 2017, n. 5446; id. 30 maggio 2017, n. 2557; Cons. St., sez. III, 22 marzo 2017, n. 1305; Cons. Stato Sez. III, 22-11-2017, n. 5443; Cons. Stato Sez. III, 22-11-2017, n. 5446; Cons. Stato Sez. III, 30-05-2017, n. 2557), non potendo il giudice amministrativo sostituire la propria valutazione di opportunità a quella resa dall'Amministrazione comunale[cfr. nota n° 26].

Nei medesimi termini, questo Tribunale ha disposto che: “Va premesso che le scelte effettuate nell'individuazione delle zone nelle quali dislocare le farmacie sono espressione di un'ampia discrezionalità e, in quanto tali, sono sindacabili solo per gravi ed evidenti errori di valutazione dei presupposti ed irragionevolezza (cfr., tra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 30.7.2018, n. 5051). Invero, come affermato costantemente in giurisprudenza, "la scelta del legislatore statale di attribuire ai Comuni il compito di individuare le zone in cui collocare le farmacie risponde all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio corrispondente agli effettivi bisogni della collettività alla quale concorrono plurimi fattori diversi dal numero dei residenti, quali in primo luogo l'individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, le correlate valutazioni di situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie, le quali sono frutto di valutazioni ampiamente discrezionali, come tali inerenti all'area del merito amministrativo, rilevanti ai fini della legittimità soltanto in presenza di chiare ed univoche figure sintomatiche di eccesso di potere, in particolare sotto il profilo dell'illogicità manifesta e della contraddittorietà" (Consiglio di Stato, sez. III, 20.3.2017 n. 1250).[31].

Ed ancora, “il sindacato del giudice amministrativo sulle scelte operate dall'Ente locale, dunque, incontra il limite della macroscopica illogicità o irragionevolezza, essendo sottratto al vaglio del giudice il merito delle scelte amministrative (tra le altre, T.a.r. Puglia Lecce, II, 1° agosto 2016, n. 1309; II, 28 giugno 2013, n. 1546)[32].

Le sentenze appena citate tengono in estrema considerazione la valenza pianificatoria che assume la deliberazione di revisione e lo fanno utilizzando anche aggettivi limitativi dell’impugnabilità dell’atto.

Secondo questa giurisprudenza, infatti, al fine di considerare sussistente l’interesse ad agire, non basta il profilarsi delle figure sintomatiche dell’illogicità e della contraddittorietà ma che tali vizi siano “macroscopici”, “chiari ed univoci”.

In buona sostanza, queste pronunce cercano di porre in risalto l’ampia discrezionalità nelle scelte urbanistiche riconosciute alla P.A., sottratte al sindacato di legittimità, salvo i suddetti casi eccezionali.

Tale orientamento si innesta nel più ampio disegno del Giudice Amministrativo, finalizzato a sminuire l’importanza di questo provvedimento pianificatorio, avendo considerato legittima la sovrapposizione di parte delle zone di competenza di due sedi farmaceutiche e ritenuto pressoché impercettibile l’apporto collaborativo dell’ASL e dell’Ordine dei Farmacisti.

5. Conclusioni

All’esito di questo commento, emerge un quadro normativo che viene costantemente messo in discussione dalla giurisprudenza.

Sussistono, infatti, una serie di incongruenze che necessitano di essere chiarite perché se, da una parte, l’obiettivo dichiarato è quello di liberalizzare il mercato farmaceutico tutelando l’iniziativa economica privata (e snellendo il procedimento di revisione attraverso la degradazione dei pareri di ASL e Ordine dei Farmacisti), dall’altra sussistono limiti di carattere processuale (giustificati dalla natura pianificatoria e, dunque, discrezionale ed insindacabile della deliberazione di revisione della pianta organica) che non permettono al titolare di una farmacia di far valere la propria posizione giuridico - economica nei confronti di un atto che mal distribuisce le sedi sul territorio comunale.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Consiglio di Stato sez. III, 19.06.2018, n° 3743

[2] T.A.R. Friuli-Venezia Giulia - Trieste, sez. I, 03.09.2012, n° 338

[3] T.A.R. Sicilia - Palermo, sez. III, 29.10.2018, n° 2205

[4] Consiglio di Stato, sez. III, 07.11.2019, n° 7620

[5] Consiglio di Stato, sez. III, 23.01.2017, n° 270

[6] Consiglio di Stato, sez. III, 04.10.2017, n° 4629; Consiglio di Stato, sez. III, 27.04.2018, n°  2562; Cons. Stato, sez. III, 03.11.2016, n° 4614

[7] Consiglio di Stato, sez. III, 07.08.2019, n° 5617; T.A.R. Umbria - Perugia, sez. I, 29.07.2019, n° 409

[8] Consiglio di Stato, sez. III, 13.05.2011, n° 2904; T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. II, 12.03.2014, n° 244; T.A.R. Puglia - Lecce, sez. II, 26.10.2010, n° 2339

[9] Il contingentamento dell'iniziativa economica privata. Il caso non unico delle farmacie aperte al pubblico”, a cura di Monica Delsignore, ed. Giuffrè, pag. 111

[10] T.A.R. Lombardia - Brescia, sez. I, 21.03.2019, n° 266

[11] Consiglio di Stato, sez. VI, 24.04.2019, n° 2653

[12 ] Nota del Ministero della Salute del 21.12.2012

[13]Aspetti pubblicistici dell’apertura e gestione delle farmacie”, a cura di F. Levi, in La disciplina giuridica della licenza di commercio, in Atti del XVIII Convegno di studi amministrativi, pagg. 141 e ss.

[14] Consiglio di Stato, sez. III, 24.05.2018, n° 3136

[15] Consiglio di Stato, sez. III, 09.01.2020, n° 207

[16] Consiglio di Stato, sez. III, 28.11.2018, n° 6757; Consiglio di Stato, sez. III, 28.06.2016, n° 2827

[17] L’accesso al farmaco”, a cura di Alice Cauduro, in Ledizioni, pag. 104

[18] T.A.R. Campania - Salerno, sez. I, 27.01.2020, n° 142

[19] T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 02.03.2020, n° 974

[20] T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 30.07.2018, n° 5051

[21] Consiglio di Stato, sez. III, 26.10.2017, n° 4946

[22] Consiglio di Stato, sez. III, 16.01.2018, n° 223

[23] T.A.R. Campania - Napoli, sez. VI, 03.12.2015, n° 5588; T.A.R. Sicilia - Catania, IV, 10.06.2015, n° 1578; T.A.R. Campania - Napoli, sez. VIII, 16.12.2011, n° 5866; T.A.R. Campania - Salerno, sez. II, 25.07.2019, n° 1420

[24] Consiglio di Stato, sez. II, 24.05.2018, n° 3136; Consiglio di Stato, sez. III, 06.07.2018, n° 4138; Consiglio di Stato sez. III, 17.12.2015, n° 5694; T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, 23.02.2017, n° 2775

[25] ex multis, T.A.R. Campania - Napoli, sez. IV, 03.04.2012, n° 1527

[26] T.A.R. Puglia - Bari, sez. II, 06.09.2019, n° 1187; T.A.R. Sardegna - Cagliari , sez. I, 02.03.2016, n° 200; T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 08.10.2014, n° 5193

[27] Consiglio di Stato, sez. III, 19.09.2019, n° 6237; T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 08.01.2018, n° 100; Consiglio di Stato, sez. III, 07.08.2019, n° 5617

[28] T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 03.01.2019, n° 38

[29] T.A.R. Campania - Napoli, sez. II, 24.09.2018, n° 5575

[30] T.A.R. Sardegna - Cagliari, sez. I, 03.09.2013, n° 600; più recentemente, Consiglio di Stato, sez. III, 09.10.2018, n° 5795

[31] T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 03.01.2019, n° 38; Consiglio di Stato, sez. III, 24.01.2018, n° 475, Consiglio di Stato, sez. III, 27.04.2018, n° 2562

[32] T.A.R. Puglia - Lecce, sez. II, 22.05.2018, n° 880