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Pubbl. Mer, 12 Giu 2019

Il costo della polizza assicurativa concorre alla determinazione del tasso usurario

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Matteo Bottino
AvvocatoUniversità degli Studi di Genova


Il Tribunale di Torino, con Sentenza del 22 marzo 2019, torna ad esaminare i criteri di accertamento di usurarietà di un contratto di mutuo e le relative conseguenze sul piano civilistico: la non debenza degli interessi pattuiti e la gratuità del finanziamento.


Sommario: 1. Premessa; 2. Inquadramento; 3. La determinazione del tasso di interesse; del finanziamento normativo; 4. La vicenda; 5. La funzione delle Istruzioni della Banca d’Italia; 6. Tutte le spese rientrano della determinazione del costo del finanziamento; 6.1 Il requisito della connessione; 7. Le conseguenze dell’accertamento di usurarietà del contratto; 8. Conclusioni. 

1. Premessa

La definizione dei criteri onde stabilire se il tasso di interesse di un finanziamento sia da dichiararsi usurario o meno e le relative conseguenze, continuano ad essere fonte di dibattito nelle aule di giustizia italiane.

Nella sentenza in commento, il Giudice torinese accoglieva le richieste della parte attrice, la quale demandava al Tribunale l’accertamento dell’usurarietà del finanziamento stipulato e la conseguente ridefinizione del piano di ammortamento e dell’importo delle rate, sul presupposto che tutte le spese sostenute che siano riferibili alla concessione del prestito, debbano essere valutate ai fini del calcolo del T.A.E.G. da confrontare con il c.d. “tasso soglia”.

2. Inquadramento normativo

La questione della stipula di tassi di interesse usurari, ancor prima di essere una problematica di tipo economico e foriera di conseguenze civile, è prevista anzitutto come reato dall’art. 644 c.p., il quale  sancisce che chiunque si faccia dare o promettere, sotto qualsiasi forma, in corrispettivo di una prestazione di denaro, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000.  Il medesimo articolo, ai commi terzo e quarto, stabilisce inoltre che “La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

Il legislatore - onde fornire agli operatori economici un criterio oggettivo utile ad effettuare una valutazione circa la usurarietà degli interessi pattuiti - ha emanato la L. 108/1996, il cui art. 2 co. IV, ratione temporis applicabile al caso che in questa sede ci occupa[1], stabiliva che "il limite previsto dall'art. 644 c.p., comma 3, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione[2] pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà".

La previsione di un criterio che non fosse “interpretabile” o soggettivo, si è reso necessario al fine di garantire una maggior certezza e celerità delle iniziative commerciali, nonché onde prevenire l’insorgere di un eccessivo contenzioso,  anche alla luce dell’importante funzione che il credito (sia esso concesso alle aziende o ai consumatori) ha nello scenario economico italiano. Il problema dell’usura è infatti una questione che storicamente si tenta di contrastare, in quanto - oltre a danneggiare il singolo soggetto che la subisce – ha conseguenze negative sull’intero sistema economico[3].

Per quanto concerne le conseguenze sul piano civile, si deve far riferimento all’art. 1815 c.c., il quale “sanziona” la pattuizione di tassi usurari con la nullità della clausola che li abbia previsti e stabilendo quindi la gratuità del mutuo, trasformando così il contratto da oneroso a gratuito.

La rilevazione trimestrale dei tassi di interesse, ed il conseguente calcolo del Tasso Effettivo Globale Medio (T.E.G.M.) – il quale costituisce il riferimento per procedere alla determinazione del c.d. “tasso soglia” – ha reso altresì necessario che il legislatore specificasse con una norma di interpretazione autentica, che “ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”[4]. Pertanto le successive fluttuazioni dei tassi di interesse rilevati non avranno incidenza sulla liceità di un tasso di interesse che, per effetto di una diminuzione del tasso soglia, sia divenuto superiore a quest’ultimo, evitando così la sanzione della gratuità del mutuo concesso.

3. La determinazione del tasso di interesse del finanziamento

Conclusa la dovuta premessa normativa, è opportuno a questo punto comprendere su quali elementi debba fondarsi la determinazione del tasso di interesse pattuito dalle parti, a fronte della concessione del finanziamento. Il risultato di tale operazione dovrà poi essere confrontato con il “tasso soglia”, per verificare se lo stesso sia superiore (e quindi illecito) oppure inferiore (e quindi lecito) a quest’ultimo.

Come già anticipato, in tale calcolo devono essere considerate tutte le spese connesse al finanziamento, con la sola esclusione delle tasse ed imposte da pagarsi per legge. Tale previsione comporta che non debba farsi riferimento al Tasso Annuo Nominale (T.A.N.), in quanto questo rappresenta il tasso di interesse puro che si applica ad un finanziamento e che viene calcolato sul prestito su base annua.

Il valore che deve essere parametrato con il “tasso soglia” è invece il Tasso Effettivo Globale (T.E.G.), il quale è l’indicatore per eccellenza per la rappresentazione del costo globale di un finanziamento. Questo infatti, tiene conto di ogni esborso contrattualmente necessario e/o obbligatorio al fine dell’erogazione della somma di denaro concessa in prestito, tra cui figurano nella quasi totalità dei casi le spese di istruttoria della pratica, le spese di riscossione delle rate, le spese di garanzia e le spese di assicurazione[5].

Le determinazione delle voci di spesa da prendere in considerazione per la definizione del T.E.G. - che verrà poi parametrato al tasso soglia pubblicato trimestralmente in Gazzetta Ufficiale – ha un ruolo essenziale nell’accertamento giudiziale dell’usurarietà degli interessi pattuiti nel contratto di finanziamento. Tale calcolo – stante il carattere tecnico dell’operazione e dei vari risultati possibili – è normalmente affidato ad un Consulente Tecnico di Ufficio, il quale formulerà varie ipotesi e prenderà in considerazione diversi elementi. Viene poi demandato al Giudice il compito di allinearsi all’ipotesi di calcolo che – sulla base della normativa vigente e della giurisprudenza formatasi sull’argomento – ritiene più corretta.

4. La vicenda

La sentenza in esame, veniva emessa dal Tribunale di Torino a seguito dell’instaurazione del giudizio da parte di una cliente di una società finanziaria, la quale lamentava che – considerando tutte le spese sostenute - il finanziamento a lei concesso fosse stato stipulato a condizioni usurarie.

La società creditrice si costituiva in giudizio eccependo l’infondatezza delle domande formulate, con particolare riferimento alla impossibilità di includere nel calcolo del T.A.E.G. anche le spese sostenute per la stipula di un’assicurazione a garanzia. Richiamava a tal proposito le istruzioni della Banca d’Italia all’epoca vigenti (anno 2006), secondo le quali ai fini del rilevamento del T.E.G.M. non dovessero essere conteggiate le spese di assicurazione.

5. La funzione delle Istruzioni della Banca d’Italia

Il Tribunale riteneva infondate le difese della società finanziaria, rilevando come sia la normativa di riferimento, sia la giurisprudenza di merito e di legittimità, evidenziasse che le istruzioni della Banca d’Italia fossero rivolte esclusivamente agli operatori finanziari[6] e non potessero quindi essere utilizzate nella determinazione del tasso applicato ai singoli contratti stipulati.

Viene altresì evidenziato come la normativa di riferimento – stante la chiara elencazione delle voci di costo da prendere in considerazione - non lasci spazio ad interpretazioni. Parimenti, le istruzioni della Banca d’Italia non potrebbero in ogni caso vincolare il Giudice nella propria attività di accertamento, in quanto le stesse non possono certamente derogare ad una norma di rango primario[7], quali sono l’art. 644 c.p. e l’art. 2 della L. n. 108 del 1996.

6. Tutte le spese rientrano della determinazione del costo del finanziamento

Il tasso di interesse deve essere quindi determinato tenendo conto del costo totale sostenuto dal debitore per l’ottenimento del finanziamento e – quindi – negli esborsi a carico dello stesso devono certamente rientrare anche le spese di assicurazione. Tale conclusione è altresì confermata dalla lettura sistematica dell’art. 120 bis quinquies del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario)[8], il quale prevede che “«costo totale del credito» indica gli interessi e tutti gli altri costi, incluse le commissioni, le imposte e le altre spese, a eccezione di quelle notarili, che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il finanziatore è a conoscenza”, nonché “Nel costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte. Sono inoltre inclusi i costi della valutazione dei beni se essa è necessaria per ottenere il credito. Sono esclusi i costi di connessi con la trascrizione dell'atto di compravendita del bene immobile e le eventuali penali pagabili dal consumatore per l'inadempimento degli obblighi stabiliti nel contratto di credito.”

Viene dunque previsto che tutte le spese connesse o necessarie all’erogazione del finanziamento, o alla concessione a determinate condizioni, debbano essere computate al fine della valutazione di un’eventuale natura usuraria del contratto di mutuo.

6.1 Il requisito della connessione

Abbiamo visto come ogni esborso sostenuto dal debitore debba essere valutato dal Giudice per la determinazione del tasso effettivo applicato al finanziamento. Tale principio, però, si applica solo nel caso in cui tali spese siano direttamente connesse alla concessione del mutuo, in quanto in caso contrario queste devono essere escluse dal conteggio.

La sussistenza di un collegamento diretto con il finanziamento può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, ed è presunta nel caso di contestualità tra la spesa di assicurazione e l’erogazione del mutuo[9].

In forza di tale presunzione si integra un’inversione dell’onere della prova, non essendo il debitore a dover provare che una determinata spesa fosse collegata all’erogazione del mutuo, bensì il finanziatore, il quale dovrà fornire elementi che siano atti a dimostrare che il collegamento non sussiste.

La presunzione viene meno nel momento in cui una determinata spesa sia sostenuta successivamente e – quindi – non vi sia contestualità con la sottoscrizione del contratto di finanziamento. In tale ipotesi, l’onere probatorio seguirà il generale principio di cui all’art. 2697 c.c., e dovrà essere il debitore a fornire la prova che l’esborso di cui si richiede il computo, sia stato necessario ad ottenere il finanziamento alle condizioni pattuite.

7. Le conseguenze dell’accertamento di usurarietà del contratto

In ultimo si rende necessario analizzare quali siano le conseguenze e come viene modificato il contratto di finanziamento a seguito dell’accertamento dell’usurarietà del mutuo.

Ebbene nel caso in cui venga accertata una usurarietà originaria del tasso di interesse pattuito, la clausola che prevedeva la corresponsione di somme di denaro a titolo di interessi è nulla ai sensi dell’art. 1815 co. II c.c., il quale prevede che “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

Si tratta di una c.d. “nullità relativa” e di protezione, in quanto la nullità colpisce esclusivamente la singola clausola e non investe l’intero rapporto contrattuale. Invero, una diversa soluzione invece di tutelare il debitore da pratiche commerciali scorrette, creerebbe un ulteriore danno in capo allo stesso, in quanto in caso di declaratoria di nullità dell’intero contratto, il debitore dovrebbe restituire immediatamente l’intero importo ricevuto in prestito[10].

8. Conclusioni

A parere dello scrivente, il Tribunale di Torino ha correttamente interpretato ed applicato la normativa e la giurisprudenza formatasi relativamente al tema dell’usura. In particolare si vuole sottolineare come si sia correttamente discostata dalle conclusioni tratte dal CTU in merito alle conseguenze dell’accertamento dell’usura.

Invero, nella sentenza in commento, il Consulente Tecnico aveva suggerito al giudicante il ricalcolo dell’intero finanziamento applicando un tasso di interesse pari al rendimento minimo - registrato nei 12 mesi precedenti alla stipula del contratto - dei BOT annuali, ai sensi dell’art. 117 co. VII lett. a) T.U.B.[11].

Il Tribunale rilevava però come tale rimedio si applicasse esclusivamente ai casi di mancata indicazione del tasso di interesse e di ogni altro onere a carico del debitore (art. 117 co. IV, T.U.B), oppure nei casi di nullità derivanti dal “rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati” (art. 117 co. VI, T.U.B.). Nel caso di usura invece, trovava applicazione l’art. 1815 c.c. con la conseguente gratuità del mutuo e la non debenza di alcuna somma a titolo di interessi.

Note e bibliografia

[1] A seguito della modifica all’articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, introdotta dall’art. 8 co. V, lett. d),  D.L. 13 maggio 2011, n. 70 - attualmente in vigore – è stabilito che “Il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”.
[2] La rilevazione è effettuata dal Ministro del tesoro “sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 , nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale” (Art. 2 co. I L 07/03/1996 n. 108).
[3] Abbiamo avuto modo di affrontare su questa rivista la questione e l’evoluzione storica dell’approccio e del contrasto al fenomeno dell’usura, in un precedente articolo, a cui si rimanda per un approfondimento in tal senso. Vedi “Matteo Bottino, INTERESSI CORRISPETTIVI E MORATORI: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA, in Riv. Cammino Dirit.,3,2019”  (Link).
[4] Art. 1, co. I, D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, , (convertito nella L. 28 febbraio 2001, n. 24).
[5]Il calcolo del TAEG Tasso Annuo Effettivo Globale”, in CloudFinance.it, 22/6/2017 (Link).
[6]  In tale senso Corte d'Appello Torino, 20/12/2014 in il caso.it, 2014 secondo cui “Le Istruzioni della Banca d'Italia, di cui alla disciplina dell'usura, non sono dettate al fine di come debba essere conteggiato il TEG, ossia il tasso effettivo globale applicato dalla banca sulla singola operazione con il cliente, ma sono rivolte alle banche e agli operatori finanziari per rilevare il TEGM, ossia il tasso effettivo globale medio applicato per operazioni omogenee in un determinato periodo.[…] Le Istruzioni della Banca d'Italia, di cui alla disciplina dell'usura, non hanno alcuna efficacia precettiva nei confronti del giudice nell'ambito del suo accertamento del TEG applicato alla singola operazione, né debbono essere osservate dagli operatori finanziari quando stabiliscono il tasso di interesse di un determinato rapporto; e ciò sia perché le stesse non sono finalizzate a stabilire il TEG, sia perché sono disposizioni non suscettibili di derogare alla legge”
[7] In tal senso vedasi: Tribunale Massa, Sent., 11-10-2017, secondo cui “L'art. 2 della L. n. 108 del 1996 prescrive che la rilevazione.del Tasso Effettivo Globale Medio (T.E.G.M.) debba essere eseguita dal Ministero Economia e Finanza, "sentita la B.D.". In materia, quindi, il Legislatore ha attribuito all'Istituto di vigilanza bancaria esclusivamente un ruolo consultivo, ovvero soltanto il compito di acquisire dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio Italiano dei Cambi (U.I.C.) e dalla stessa B.D. ai sensi degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. n. 385 del 1993 ("Operatori del Credito"), i tassi (effettivi globali) da questi mediamente applicati nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura e di comunicare i valori medi derivanti da tale rilevazione al medesimo Ministero, che, una volta "...corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento", stabilisce i tassi soglia di ciascun trimestre eli pubblica senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale. In buona sostanza, l'art. 2 della L. n. 108 del 1996 conferisce alla B.D. il solo compito di "fotografare" l'andamento dei tassi medi di mercato, praticati da banche e intermediari finanziari sottoposti a vigilanza (comma 1), distinti per classi omogenee di operazioni "tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della natura, dei rischi e delle garanzie (comma 2)", spettando poi al Ministero la classificazione delle varie tipologie di operazioni e la rilevazione trimestrale dei T.E.G.M. relativi alle varie tipologie di operazioni (che, previa correzione "in ragione delle eventuali variazioni del tasso di sconto successive al trimestre di riferimento", vengono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale). Con particolare riferimento alla determinazione del tasso soglia, il Legislatore, attraverso disposizione di rango primario, non ha fatto pertanto alcun rinvio ad un aggregato di costi connessi al credito stabilito in via autonoma dalla norma secondaria.
Del resto, i primi D.M. attuativi dell'art. 2 della L. n. 108 del 1996, emanati il 23.09.1996 ed il 24.09.1997 (recanti la classificazione delle operazioni creditizie per categorie omogenee ed i T.E.G.M. dell'epoca), non prevedevano alcun compito per B.D. di predisporre specifiche istruzioni destinate agli operatori finanziari per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull'usura; né risulta che una norma di rango legislativo abbia attribuito in seguito all'Istituto di vigilanza bancaria tale funzione - di integrazione o specificazione normativa al fine di stabilire le voci di costo da prendere in considerazione ai fini della rilevazione del T.E.G.M., tanto meno derogatoria rispetto all'esaustiva elencazione ed omnicomprensiva contenuta nel comma 1 del citato art. 2 della L. n. 108 del 1996 (che fa espresso riferimento alle "commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse") […]
Non può dunque affermarsi un'automatica equiparazione tra le risultanze delle rilevazioni della B.D. e il T.E.G.M., sia dal punto di vista formale, atteso che questo è rilevato dal Ministero con decreto solo "sentita la B.D.", sia dal punto di vista sostanziale, perché la norma prevede comunque ipotesi di correttivi da apportarsi dal medesimo Ministero competente. Le cd. istruzioni della B.D. (rivolte soltanto alle banche ed agli operatori finanziari, non certo vincolanti per l'Autorità Giudiziaria), non possono quindi entrare in conflitto con la norma primaria (art. 644 c.p.), perché, a norma di Legge, le loro funzioni sono diverse: rispettivamente, quanto alle prime, quella di indicare criteri operativi destinati agli istituti bancari affinchè questi ultimi possano comunicare al Ministero i tassi medi dagli stessi praticati con riferimento alle varie classi omogenee di operazioni finanziarie, informazione in base alla quale il medesimo Ministero procede dapprima alla rilevazione del T.E.G.M., ai sensi dell'art. 2 comma 1 della L. n. 108 del 1996 (ovvero il Tasso Effettivo Globale Medio applicato per operazioni omogenee in un determinato periodo), per poi pubblicare i tassi soglia relativi alle stesse classi di operazioni (determinati attraverso la maggiorazione di "un quarto" del T.E.G.M. con aggiunta di "un margine di ulteriori quattro punti percentuali", a norma del comma 4 dello stesso precitato art. 2); quanto alla seconda (giova ribadire, la Legge), quella di stabilire le voci di costo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del T.E.G. di ciascuna categoria di operazione, ai sensi dell'art. 644 comma 4 c.p.

[8] Tale norma si riferisce al credito immobiliare ai consumatori, ma – secondo la sentenza in commento – il principio è di carattere generale e quindi applicabile anche al caso di specie.
[9] Vedasi in tal senso: Cass. civ. Sez. I Sent., 05/04/2017, n. 8806 (rv. 643727-01) “Ai fini della valutazione dell'eventuale natura usuraria di un contratto di mutuo, devono essere conteggiate anche le spese di assicurazione sostenute dal debitore per ottenere il credito, in conformità con quanto previsto dall'art. 644, comma 4, c.p., essendo, all'uopo, sufficiente che le stesse risultino collegate alla concessione del credito. La sussistenza del collegamento può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova ed è presunta nel caso di contestualità tra la spesa di assicurazione e l'erogazione del mutuo”; nonché Tribunale Roma Sez. IX, 15/06/2017, in Quotidiano Giuridico, 2017  “In tema di contratti bancari, in relazione ad un finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio gli oneri connessi alla polizza di assicurazione obbligatoria devono essere computati nel TEG ai fini della verifica del superamento del T.S.U.”
[10] In caso di nullità dell’intero contratto, rimarrebbe priva di giustificazione lo spostamento patrimoniale dal finanziatore al mutuatario e quindi si creerebbe una situazione di indebito di cui all’art. 2033 c.c., il quale prevede che “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”
[11] Il quale prevede che “In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione”.