Pubbl. Mar, 4 Dic 2018
La residenza abituale del minore in tenera età
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Matteo Bottino
Con sentenza del 30 marzo 2018, numero 8042, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione risolvono la questione di giurisdizione concernente le disposizioni in merito al diritto di visita della figlia minore residente nel Regno Unito, da parte del genitore non collocatario, fondando la decisione sui c.d. ”criteri proiettivi”.
Il caso
Con la sentenza in commento le Sezioni Unite della Suprema Corte, a cui la Prima Sezione aveva rimesso la decisione vertendo entrambi i motivi di ricorso su questioni di giurisdizione, decidevano sul gravame proposto dal genitore non collocatario avverso la pronuncia della Corte di Appello di l'Aquila, con la quale veniva rilevato il difetto di giurisdizione del Giudice italiano, in favore di quello del Regno Unito, in ordine alle domande proposte in relazione all'affido condiviso della minore, di diversa regolametazione del diritto di visita e della determinazione del contributo di mantenimento da versare in favore della stessa. Vengono quindi individuate le circostanze di fatto e di diritto (c.d. indicatori proiettivi) che devono essere esaminate al fine di stabilire al Giudice di quale Stato spetti la giurisdizione.
Gli elementi emersi nel giudizio di Appello
La Corte territoriale individuava la residenza della minore nel Regno Unito, valutando come rilevanti le circostanze per le quali la madre collocataria e la figlia risiedessero stabilmente a Londra, e che tale situazione fosse conforme all'iscrizione delle stesse presso l'anagrafe degli italiani residenti all'estero (A.I.R.E.); inoltre la minore era seguita da un medico di base esercente in Londra e, per l'anno scolastico 2013/2014, era stata iscritta in un asilo nido londinese. Tutti gli elementi emersi, con particolare riferimento all'iscrizione al nido, inducevano a ritenere che la residenza abituale della figlia fosse da individuare nello Stato estero
Il motivi di ricorso
Il padre ricorreva in Cassazione affidando il gravame a due motivi:
1. Con il primo motivo veniva dedotto l'omesso esame di un fatto decisivo e, in particolare, la circostanza per la quale la minore - all'epoca di proposizione del ricorso - viveva con i nonni paterni in Italia, essendo nell'impossibilità giuridica di espatriare in forza del diniego del padre. Rilevava inoltre come la figlia non fosse mai rimasta per più di tre mesi consecutivi presso il domicilio londinese della madre ed inoltre, anche quest'ultima intratteneva ancora rapporti con l'Italia. Si sosteneva dunque la giurisdizione del Giudice nazionale, posto che la residenza di fatto della minore era in Italia e che, essendo quest'ultima nata fuori dal matrimonio, non era rilevante la residenza "de iure", bensi quella "de facto".
2. Con il secondo motivo il ricorrente si duoleva per la violazione degli artt. 8, 13, 14, 15 e 20 del Reg. CE n. 2201 del 2003, non avendo la Corte distrettuale individuato l’effettivo luogo di residenza della minore sulla base degli indici dettati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia “quali la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno, l’età del minore, l’origine geografica e familiare dei genitori, i rapporti familiari e sociali che genitore e minore intrattengono in quello stesso stato, il luogo, le condizioni di frequenza scolastica e le conoscenze linguistiche del minore”.
La sentenza e l'individuazione dei c.d. elementi proiettivi
La Suprema Corte, pur ritenendo ammissibile il ricorso prospettato, valutava privi di pregio i motivi dedotti, respingendo il gravame e confermando di conseguenza la statuizione della Corte territoriale. In particolare, veniva rilevato come non essendo in dubbio la collocazione della minore presso la madre e non essendo altresì contestata la residenza de iure del genitore collocatario nel Regno Unito, era del tutto inconferente - ai fini della determinazione della giurisdizione - la circostanza per la quale il padre non avesse fornito il proprio consenso all'espatrio della minore.
Per quanto concerne, invece, gli altri riscontri fattuali sopra esposti, la Cassazione evidenzia come tali fattori possano assumere rilievo solo in caso di un effettivo radicamento, ritenendo dunque di dover condividere la valutazione effettuata dalla Corte di Appello in merito ai lunghi periodi trascorsi dalla minore in Italia, definendoli come "elementi recessivi" e - quindi - privi di rilevanza nel caso specifico in cui l'ampiezza e l'elasticità, riscontrabile in fatto, delle relazioni familiari delle quali fruisce la minore, non sono idonei ad incidere sul radicamento della giurisdizione, proprio per la peculiarità della situazione. Invero, al fine della determinazione della effettiva residenza devono essere presi in considerazione elementi di tipo proiettivo, tra cui certamente rientrano - stante anche a tenera età della figlia, di soli due anni - l'iscrizione all'asilo nido presso la città estera e l'inserimento nel sistema pediatrico inglese della minore.
Tali “indicatori proiettivi” presentano dunque una indubitabile coerenza con il regime giuridico della residenza della madre all’estero, ex se applicabile in quanto la minore è nata fuori del matrimonio
"Al fine di accertare quale sia lo Stato in cui ha la residenza abituale un figlio di tenera età, nato da genitori non uniti in matrimonio che vivono in Paesi diversi, e di individuare in conseguenza il giudice nazionale dotato di giurisdizione al fine di assumere i provvedimenti riguardanti il minore, possono valorizzarsi indicatori di natura proiettiva, quali l'iscrizione del bambino presso l'asilo nido in un determinato Paese ed il godimento dell'assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato" ( Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 19-12-2017) 30-03-2018, n. 8042 )
L'interpretazione fornita è conforme ai principi che ispirano il nostro ordinamento e quello comunitario ogni qualvolta si discuta di un minore, in quanto il Giudice deve sempre valutare le circostanze del caso specifico ed assumere le relative decisioni nell'esclusivo interesse dello stesso. D'altra parte la Suprema Corte aveva già avuto modo di pronunciarsi, esprimendo il principio secondo il quale il criterio su cui deve essere definita la giurisdizione è quello della c.d. vicinanza, talmente pregnante da non cedere nemmeno di fronte al consenso esplicito del genitore alla proroga della giurisdizione.
"L'accettazione della giurisdizione italiana nell'ambito del giudizio di separazione personale non esplica alcun effetto nel successivo procedimento di modifica delle condizioni della separazione instaurato per ottenere l'affidamento di figli minori, sia perché quest'ultimo è un nuovo giudizio (come si evince anche dall'art. 12, par. 2, lett. a), del reg. CE n. 2201 del 2003), sebbene ricollegato al regolamento attuato con la decisione definitiva o con l'omologa della separazione consensuale non più reclamabile, in base al suo carattere di giudicato "rebus sic stantibus", sia perché il criterio di attribuzione della giurisdizione fondato sulla cd. vicinanza, dettato nell'interesse superiore del minore come delineato dalla Corte di giustizia della UE, assume una pregnanza tale da comportare l'esclusione della validità del consenso del genitore alla proroga della giurisdizione" ( Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 05/06/2017, n. 13912 )
In riferimento alle asserite violazioni del diritto comunitario e dei criteri elaborati dalla Corte di Giustizia Europea, gli Ermellini ribadiscono la necessità di adeguarli al caso di specie e alla peculiarità dell'accertamento di fatto da svolgere. Invero, viene rilevato come alcuni di essi non si rendano conretamente applicabili in quanto, a causa della tenera età della minore, non vi sono elementi oggettivi o soggettivi di radicamento che possano essere presi in considerazione. Inoltre, in assenza di un regime ad hoc che regoli l'affidamento della bambina, non si ci può esimere dal valorizzare gli elementi proiettivi emersi nel corso del giudizio, tra cui la volontà della madre collocataria - fondata su ragioni professionali e lavorative - di radicare il proprio nucleo familiare nel Regno Unito, volontà ribadita mediante l’iscrizione della minore all'assistenza pediatrica inglese e all'iscrizione presso la scuola della città in cui vivono.
In conclusione, l'assenza di elementi univoci che potessero contrastare le rilevanze emerse dall'esame degli elementi proiettivi, hanno portato la Suprema Corte a ritenere prive di pregio le doglianze mosse dal ricorrente, stabilendo quindi la giurisdizione del Giudice straniero.