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Pubbl. Gio, 5 Gen 2017

Associazioni dei consumatori e intervento nel giudizio promosso dal singolo consumatore

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Valeria Lucia


La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza n. 23304 del 16 novembre 2016, ha precisato la natura, i requisiti e i limiti dell’intervento delle associazioni dei consumatori nel giudizio promosso dal singolo consumatore.


Sommario: 1. Gli istituti processuali di riferimento. 2. Le Associazioni dei consumatori. 3. La sentenza impugnata. 4. Il ricorso in Corte di Cassazione e il controricorso delle Associazioni dei consumatori. 5. Il punto delle Sezioni unite.

1. Gli istituti processuali di riferimento.

Fondamentale importanza rivestono, ai fini di una esaustiva lettura della sentenza in commento, gli istituti dell’intervento del terzo nel processo, ai sensi degli artt. 105 e 267 c.p.c., e della sostituzione processuale, ai sensi dell’art. 81 c.p.c..

In particolare, con l’intervento del terzo chiunque può intervenire in un processo che pende tra altri soggetti, se vuole far valere nei confronti di una o più parti un suo diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo, o per sostenere le ragioni di una delle parti se sussiste un interesse personale. Ciò posto, quindi, l’intervento può essere di tre tipi: principale, quando è volto ad affermare un diritto in contrasto con quelli vantati da attore e convenuto; litisconsortile, quando il terzo vuole far valere un diritto autonomo ma che lo pone in una posizione uguale o parallela a quella di una delle parti; adesivo, quando l'interveniente prende parte al giudizio al fine di sostenere le ragioni di una delle parti in causa, per un proprio interesse.

Relativamente alla sostituzione processuale, l’art. 81 c.p.c. pone il principio della coincidenza tra il soggetto titolare del diritto fatto valere in giudizio e il soggetto legittimato ad agire in giudizio per la tutela del diritto stesso, indicando però, allo stesso, che, nelle sole ipotesi legislativamente previste, a causa della normale interferenza fra i rapporti giuridici, un soggetto può far valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio, al fine di tutelare il diritto del sostituto a non vedere pregiudicata la propria posizione giuridica.

2. Le Associazioni dei consumatori.

Le Associazioni dei consumatori sono delle organizzazioni che svolgono il compito di salvaguardare e difendere gli interessi dei consumatori. I riferimenti normativi sono presenti nel Codice del Consumo, e, in particolare, all’art. 3, che definisce il consumatore come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta” e all’art. 137, relativo all’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale e ai requisiti che le associazioni devono avere per essere iscritti. Dal punto vista processuale, l’art. 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281, “Legge Quadro sui diritti dei consumatori, ha introdotto la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti a tutela degli interessi collettivi. Tale azione, che non preclude quella individuale del singolo consumatore, ha carattere inibitorio e può, nei casi in cui ricorrano giusti motivi, svolgersi con la procedura d'urgenza.

3. La sentenza impugnata.

Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Genova confermava la condanna di un Istituto di credito al risarcimento del danno in favore di 25 risparmiatori, relativamente alla negoziazione di prodotti finanziari aventi ad oggetto obbligazioni Eur Parm 6,25% - 00/05 per responsabilità contrattuale dell’intermediario nei singoli contratti esecutivi del contratto quadro, oltre al difetto di legittimazione attiva dell’associazione dei consumatori e di un comitato, che avevano agito insieme ai singoli risparmiatori.

Relativamente al difetto di legittimazione, la Corte d’Appello adita motivava nel senso che le associazioni, quali enti esponenziali di interessi diffusi, avevano proposto la domanda in nome proprio e nell’interesse altrui, integrando una inammissibile ipotesi di sostituzione processuale, ai sensi dell’art. 81 c.p.c.. La Corte proseguiva, poi, specificando che, nel caso di specie, neppure può ravvisarsi una ipotesi di intervento volontario, dal momento che le parti intervenute non facevano valere un diritto proprio in giudizio, né tanto meno ad adiuvandum, difettando un interesse proprio a sostenere le ragioni di una delle parti.

4. Il ricorso in Corte di Cassazione e il controricorso delle Associazioni dei consumatori.

L’Istituto di credito proponeva Ricorso per Cassazione e le Associazioni dei consumatori, a loro volta, resistevano con controricorso.

La Corte, in via preliminare, ha ritenuto di dover esaminare la censura relativa alla legittimazione ad intervenire ad adiuvandum dell’Associazione e del Comitato e, con ordinanza n. 3323 del 19 febbraio 2015, la Prima Sezione civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per la rimessione della causa alle Sezioni unite.

In particolare, l’ordinanza di rimessione ha evidenziato la presenza di orientamenti giurisprudenziali, di legittimità e di merito, non univoci, relativamente alla natura dell’interesse che legittima all’intervento adesivo, oltre che il rilievo socio economico della questione giuridica oggetto del giudizio, in merito all’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum delle associazioni resisitenti, quali enti esponenziali dei diritti e degli interessi dei consumatori risparmiatori.

A sostegno della propria legittimazione, le controricorrenti hanno dedotto i propri Statuti, che individuano quale oggetto sociale, l’uno “la promozione della tutela individuale e collettiva dei consumatori da realizzarsi sia mediante assistenza sul piano tecnico e giuridico sia esercitando attività di rappresentanza anche attraverso la richiesta di legittimazione attiva e passiva nei giudizi civili e penali e nelle controversie arbitrali”, l’altro “la tutela degli interessi e diritti a qualunque titolo vantati dai soci nei confronti degli istituti di credito in ogni sede ivi compresa quella giudiziaria.”

5. Il punto delle Sezioni unite.

Ciò posto, la questione giuridica al vaglio delle Sezioni unite ha ad oggetto la legittimazione di un’associazione, che statutariamente si occupa di curare e promuovere la tutela dei diritti dei consumatori, ad intervenire ad adiuvandum in un giudizio individuale, promosso da una pluralità di singoli risparmiatori, i quali denunciano una lesione specifica di diritti a loro riconosciuti dalla legge in ragione dell’asimmetria informativa che caratterizza il rapporto risparmiatore / investitore ed intermediario.

Già dalla lettura delle disposizioni statutarie, le Sezioni unite hanno evidenziato che la Corte d’Appello avrebbe dovuto riconoscere la rappresentanza delle associazioni, essendo lo scopo statutario diffuso della difesa dei diritti economici dei risparmiatori e degli utenti bancari e la conseguente legittimazione ad agire.

Inoltre, sempre secondo le Sezioni unite, le associazioni non hanno agito ai sensi dell’art. 81 c.p.c., ma in veste di interventori ad adiuvandum, ritenendo che l’esito del giudizio avrebbe avuto degli effetti riflessi positivi o negativi giuridicamente apprezzabili nella loro sfera giuridica, dal momento che, nell’intervento ad adiuvandum non necessita la titolarità del diritto, ma esclusivamente la presenza di un interesse giuridicamente rilevante ad un esito favorevole della controversia, essendo, peraltro, agli atti un mandato rilasciato dai risparmiatori sia per la fase stragiudiziale sia per quella giudiziale.

Relativamente alla portata dell’art. 105, comma 2 c.p.c., con particolare riferimento alla natura dell’interesse legittimante l’intervento adesivo, le Sezioni unite hanno richiamato una recente pronuncia delle Sezioni (26 luglio 2016, n. 15422), la quale, a sua volta, ha statuito che “l’interesse richiesto per la legittimazione all’intervento adesivo dipendente nel processo in corso fra altri soggetti … deve essere non di mero fatto, ma giuridico, nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tale che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere – anche solo in via indiretta o riflessa – pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene control il suo avversario in causa.”

Sulla base di tale premessa, le Sezioni unite hanno individuato la legge applicabile al caso in esame, specificando che il giudizio è stato introdotto nel 2004, per cui la normativa di riferimento è quella prevista dalla legge n. 281 del 1998, con esclusione, pertanto, di quanto successivamente previsto dal Codice del Consumo e, in particolare, dall’art. 140-bis Cod. Cons., per cui sarebbe ipotizzabile la legittimazione ad agire anche delle associazioni non iscritte e/o dei singoli consumatori/utenti. Come già evidenziato in passato dalle Sezioni unite, infatti, prima dell’art. 140-bis Cod. Cons., la tutela degli interessi diffusi era condizionata dal fatto che il Legislatore attribuisse ad un ente esponenziale la tutela dei singoli componenti di una collettività, al punto da assumere tale interesse il rango di interesse collettivo.

In particolare, l’art. 3 della legge n. 218 del 1998 dispone che la legittimazione ad agire discende dalla qualità di ente esponenziale ope legis, attribuita in base al sistema previsto dal medesimo articolo e con un sistema di iscrizione in elenco “avente carattere costitutivo della legittimazione”, come da accertamento procedimentalmente disciplinato dal successivo art. 5, comma 2.

Partendo dalle illustrate premesse in diritto, le Sezioni unite osservano che, nel caso in esame, la circostanza dell’iscrizione nel predetto elenco neppure è stata allegata, evincendosi, peraltro, da uno scritto difensivo, una implicita ammissione dell’inesistenza dell’iscrizione stessa. Il rilievo di fatto appare dirimente nella misura in cui, “se in forza dell’art. 3 l. cit., le associazioni iscritte possono agire per la tutela collettiva degli stessi diritti (dichiarati fondamentali) riconosciuti ai consumatori, a maggior ragione possono intervenire nel giudizio promosso dal singolo consumatore.”

Ciò posto, anche in ragione dell’art. 24 Cost., le Sezioni unite proseguono affermando che “se quelle situazioni giuridiche appartengono anche al singolo (talchè se ne deve ammettere la tutelabilità in via individuale), dev’essere possibile, stante l’atipicità dell’azione inibitoria, ammettere che consumatori e utenti possano accedere individualmente anche alla tutela giurisdizionale a carattere preventivo, pur non essendo tale tutela espressamente prevista nell’art. 3.

Così argomentando, si verifica una tale connessione tra situazioni giuridiche per cui l’associazione iscritta può legittimamente intervenire, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., nel giudizio promosso dal consumatore per sostenere le ragioni connesse alle situazioni tutelabili ex art. 3, lettere a) e b).