Responsabilità precontrattuale. La Corte di Cassazione ne afferma la natura contrattuale.
Modifica paginaLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14188/2016, torna ancora una volta sulla natura della responsabilità precontrattuale, affermandone la natura contrattuale da contatto sociale, in aperta discontinuità con la giurisprudenza tradizionale.
Indice: 1. Il nuovo principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 14188/2016. - 2. Il fatto. - 3. La controversa natura della responsabilità precontrattuale: contrattuale o extracontrattuale? I due regimi a confronto. - 3a. L’orientamento tradizionale: la responsabilità precontrattuale è di natura aquiliana. - 3b. I primi segnali del mutamento dell’orientamento consolidato: le sentenze della Corte di Cassazione n. 24438/2011 e n. 27648/2011. - 3c. Una nuova presa di posizione a favore della natura contrattuale della responsabilità precontrattuale: la sentenza della Corte di Cassazione n. 14188/2016. - 4. Prospettive future.
1. Il nuovo principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 14188/2016.
"Nei contratti conclusi con la pubblica amministrazione, il dispiegamento degli effetti vincolanti per le parti, al di là della formale stipula di un accordo negoziale, è subordinata all'approvazione ministeriale ai sensi dell'art. 19 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, da effettuarsi con un provvedimento espresso adottato dall'organo competente nella forma solenne prescritta dalla legge, la cui esistenza non può desumersi implicitamente dalla condotta tenuta dall'amministrazione, sicché, ai fini del perfezionamento effettivo del vincolo contrattuale, pur se formalmente esistente, non è sufficiente la mera aggiudicazione pronunciata in favore del contraente, come pure la formale stipula del contratto ad evidenza pubblica nelle forme prescritte dalla legge (artt. 16 e 17 del decreto cit.); l'eventuale responsabilità dell'amministrazione, in pendenza dell'approvazione ministeriale, deve essere, di conseguenza, configurata come responsabilità precontrattuale, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 cod. civ., inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale da "contatto sociale qualificato", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell'art. 1173 cod. civ. e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell'art. 1174 cod. civ., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., con conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 cod. civ.".
2. Il fatto.
La vicenda sottesa alla sentenza in commento è relativa ad un contratto di appalto stipulato tra una Pubblica Amministrazione ed una società. Tale contratto era stato, più nello specifico, stipulato ma non approvato ai sensi dell’art. 19 del r.d n. 2440/1923, con la conseguente impossibilità di produrre effetti tra le parti.
Dalla mancata approvazione derivava pertanto una responsabilità di natura precontrattuale a carico della Pubblica Amministrazione.
La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione rappresenta una “recente” acquisizione nel nostro panorama giurisprudenziale.
In passato, si riteneva infatti che la Pubblica Amministrazione non potesse incorrere in responsabilità precontrattuale, in considerazione del fatto che l’attività negoziale dell’Amministrazione è soggetta ad un preciso sistema di controlli previsto dalla legge, con la conseguenza che il privato non poteva fare legittimo affidamento sulla conclusione e l’efficacia del contratto fino a quando questo non fosse stato definitivamente approvato[1].
Questa impostazione tradizionale venne progressivamente superata, affermandosi la concezione secondo la quale la responsabilità precontrattuale non dovesse ancorarsi ad una pretesa alla stipula e all’approvazione del contratto, bensì ad un corretto comportamento della Pubblica Amministrazione.
Una volta stipulato il contratto, infatti, l’ Amministrazione assume la veste di un contraente privato, sottoposto, in quanto tale, al rispetto delle regole di correttezza e buona fede sancite dagli artt. 1337 e 1338 cc.
Art. 1337 c.c., Trattative e responsabilità precontrattuale.
Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.
Art. 1338 c.c., Conoscenza delle cause di invalidità.
La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.
Non si può in ogni caso non sottolineare la peculiarità di questa forma di responsabilità precontrattuale, che va a colpire i comportamenti tenuti da una delle parti (l’ente pubblico) quando, in realtà, il contratto è già stato concluso, ma è, in quanto sottoposto alla condizione sospensiva dell’approvazione, inefficace.
L’illecito precontrattuale in questione si ravvisa dunque nel comportamento dell’Amministrazione che ritarda o non si adopera per richiedere l’approvazione del contratto o, ancora, che si adopera per impedire l’approvazione dello stesso, così ledendo il legittimo affidamento del privato[2].
3. La controversa natura della responsabilità precontrattuale: contrattuale o extracontrattuale? I due regimi a confronto.
Fatta questa premessa, occorre soffermarsi sulla natura della responsabilità precontrattuale in generale.
La ratio di questa disciplina è quella di tutelare la libertà negoziale delle parti impegnate nelle trattative, imponendo loro di comportarsi secondo regole di correttezza e buona fede.
La natura controversa di questa forma di responsabilità deriva dal fatto che i soggetti in questione non sono tra loro né perfetti estranei, né parti di un accordo già concluso, ma soggetti che hanno instaurato delle trattative, creando vicendevolmente un affidamento e un’ aspettativa in merito alla conclusione del contratto.
L’obbligo imposto in capo a ciascuna delle parti, tuttavia, non è quello di concludere il contratto, ma quello di condurre seriamente la trattativa, astenendosi dal porre in essere comportamenti sleali e inutilmente dilatori.
Come osservato da autorevole dottrina[3], chi manifesta l’intenzione di concludere un contratto e poi recede, è responsabile non per il fatto del recesso in sé, ma per non aver soppesato questa eventualità. Pertanto, chi inizia le trattative con delle riserve, ha il dovere di buona fede di manifestare queste perplessità, in modo tale che la controparte possa regolarsi di conseguenza.
A fronte del particolare rapporto che lega le parti nella fase precontrattuale, diventa complesso comprendere se si tratti di una responsabilità di natura contrattuale o aquiliana[4].
Le conseguenze ricollegabili alla qualificazione nell’uno o nell’altro senso non sono di poco conto.
Le due tipologie di responsabilità presentano infatti numerose differenze, tra le quali si possono ricordare le seguenti:
- Termine di prescrizione: ordinario decennale ex art. 2946 cc nella responsabilità contrattuale, speciale quinquennale ex art. 2947 cc nella responsabilità aquiliana.
- Onere della prova: nella responsabilità contrattuale, il danneggiato è tenuto soltanto ad allegare l’inadempimento, spettando poi alla controparte provare di aver adempiuto o di non aver potuto adempiere per impossibilità della prestazione dovuta a causa a lui non imputabile, mentre nella responsabilità extracontrattuale spetta al danneggiato provare tutti gli elementi dell’illecito aquiliano (il danno, l’ingiustizia del danno, il nesso di causalità tra il fatto e il danno, l’elemento soggettivo del dolo o della colpa).
- L’art. 2056 cc non richiama, tra le norme dettate per la responsabilità contrattuale e applicabili alla responsabilità extracontrattuale, l’art. 1225 cc ai sensi del quale “se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione”.
- Capacità del danneggiante: nel caso della responsabilità contrattuale è necessario che il danneggiante abbia la capacità di agire, mentre nell’illecito aquiliano è sufficiente la capacità di intendere e di volere.
- Operatività della mora: mentre nella responsabilità contrattuale è necessaria la costituzione in mora ai sensi degli artt. 1219 n.2 e 3 e 1222 cc, nella responsabilità aquiliana vige la regola della mora ex re ai sensi dell’art. 1219 n.1 cc.
3a. L’orientamento tradizionale: la responsabilità precontrattuale è di natura aquiliana.
Secondo l’orientamento quasi unanime in dottrina e in giurisprudenza, la responsabilità precontrattuale sarebbe da inquadrare nella responsabilità extracontrattuale.
Questa scelta poggia sulla considerazione che ciò che viene in rilievo nella responsabilità precontrattuale non è un particolare interesse individuale (quello del creditore), ma un generale interesse della vita di relazione, ovvero l’interesse alla libertà negoziale[5], la cui lesione configurerebbe una violazione del generale principio di neminem ledere, piuttosto che di un’obbligazione vera e propria.
A sostegno di questa tesi, si osserva infatti che è solamente con la conclusione del contratto che sorgono a carico delle parti delle obbligazioni, la cui violazione determina una responsabilità da inadempimento ex art. 1218 cc.
3b. I primi segnali del mutamento dell’orientamento consolidato: le sentenze della Corte di Cassazione n. 24438/2011 e n. 27648/2011.
La tesi della natura aquiliana della responsabilità precontrattuale è stata tuttavia sottoposta ad una revisione critica già in passato, da parte di due sentenze risalenti al 2011.
La sentenza n. 24438/2011[6] riguarda una fattispecie relativa all’erronea scelta del contraente di un contratto di appalto, divenuto inefficace per effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione da parte del giudice amministrativo.
In questa pronuncia, la Corte di Cassazione ha affermato che la responsabilità configurabile in capo alla Pubblica Amministrazione, pur non essendo qualificabile né come extracontrattuale, né come contrattuale, si avvicina di più a quest’ultima poiché consegue al “contatto” tra le parti nella fase procedimentale anteriore alla stipula del contratto e si fonda sulla violazione del dovere di buona fede e correttezza per avere leso l’interesse del privato, qualificabile non in termini di interesse legittimo, ma di diritto soggettivo alla regolarità e legittimità dell’aggiudicazione.
La sentenza n. 27648/2011 ha poi stabilito che, nell’ambito della responsabilità precontrattuale, la parte che agisce in giudizio per il risarcimento del danno subito nella fase precedente alla stipula del contratto, non è tenuta a provare il dolo o la colpa dell'autore dell'illecito, versandosi in una delle ipotesi previste dall'art. 1173 cc, come nel caso di responsabilità da contatto sociale, di cui la responsabilità precontrattuale costituisce "una figura normativamente qualificata" [7].
Le due sentenze del 2011 prendono quindi posizione per la prima volta a favore della natura contrattuale della responsabilità precontrattuale, restando tuttavia isolate, fino ad arrivare alla recentissima sentenza n.14188/2016.
3c. Una nuova presa di posizione a favore della natura contrattuale della responsabilità precontrattuale: la sentenza della Corte di Cassazione n. 14188/2016.
La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, afferma in chiave critica che la tradizionale riconduzione della responsabilità precontrattuale alla responsabilità aquiliana sembra ancorata ad una visione dicotomica delle obbligazioni: da un lato le obbligazioni da contratto, dall’altro le obbligazioni da delitto.
Osserva tuttavia che ai sensi dell’art. 1173 c.c., è possibile individuare una terza tipologia di obbligazioni, ovvero quella derivante “da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”, categoria che, se adeguatamente considerata, permetterebbe di attribuire il giusto rilievo a quelle situazioni peculiari “non inquadrabili né nel torto né nel contratto e – tuttavia – singolarmente assimilabili più alla seconda fattispecie, che non alla prima” .
Le situazioni peculiari cui fa riferimento la Suprema Corte sono quelle derivanti da un contatto sociale qualificato tra soggetti, che già nel diritto romano post-classico prendeva il nome di “quasi contractus” e che è stato poi ricostruito dalla dottrina tedesca come “rapporto obbligatorio senza obbligo di prestazione”.
La responsabilità da contatto sociale è stata accolta nel nostro ordinamento con riferimento a numerose fattispecie.
È stata, per esempio, applicata al rapporto tra il medico dipendente di una struttura ospedaliera e il paziente.
In questa ipotesi, infatti, l’unico rapporto di natura contrattuale intercorre tra il paziente e l’ospedale a seguito dell’accettazione, mentre tra paziente e sanitario può essere individuato solamente un contatto sociale qualificato, derivante dalla “presa in carico” del paziente stesso e che comporta l’insorgere di obblighi di informazione e di protezione, la cui violazione dà origine ad una responsabilità di natura contrattuale.
Parimenti, in tema di incidenti scolastici, nel caso del danno arrecato dall’alunno a se stesso, la responsabilità dell’insegnante viene ricostruita come responsabilità da contatto sociale (e quindi contrattuale) derivante dal fatto che il precettore assume degli obblighi di protezione e vigilanza nei confronti degli alunni affidati alle sue cure.
In questi casi, si ha dunque tra due soggetti un contatto che, pur non essendo qualificabile come contratto vero e proprio, fa sorgere in capo alle parti un obbligo di protezione e salvaguardia, riconducibile al principio di correttezza e buona fede.
È proprio la rivalutazione del principio di buona fede, cui è stato riconosciuto valore costituzionale, essendo ritenuto espressione del principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., che consente di ritenere che in capo a ciascun soggetto sia ravvisabile l’ obbligo di agire in modo da preservare gli interessi della controparte. Tale obbligo, che potrebbe non essere stato esplicitato in alcun modo, è comunque sempre sussistente, tanto che la violazione dello stesso genera di per sé un inadempimento vero e proprio, con conseguente obbligo di risarcimento del danno derivatone, a titolo di responsabilità contrattuale.
La teoria della responsabilità da contatto sociale, che non era stata finora accolta (fatta eccezione per le due sentenze del 2011) con riferimento alla responsabilità precontrattuale, viene ora dalla Suprema Corte applicata anche a questa ipotesi.
In particolare la sentenza, che si occupa dei rapporti tra P.A e privato, sottolinea che la responsabilità contrattuale da contatto sociale ricorre, non nell’ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione abbia posto in essere un’attività illegittima (circostanza che darebbe luogo ad una responsabilità aquiliana), ma nell’ipotesi in cui il danno derivi dalla violazione di regole procedimentali.
Ciò che rileva è la lesione dell’affidamento del privato, con il quale la P.A ha già concluso un contratto, per quanto non ancora efficace.
Pubblica Amministrazione e privato non sono, in altre parole, estranei e la violazione del principio di buona fede non rappresenta una lesione del generale dovere di “alterum non laedere”, ma rappresenta una violazione di una vera e propria obbligazione.
4. Prospettive future.
Se è chiara la presa di posizione della Suprema Corte con la sentenza 14188/2016, occorrerà tuttavia attendere i prossimi sviluppi della giurisprudenza.
Come già visto, i precedenti del 2011, non seguiti dalla giurisprudenza successiva, dimostrano che non sarebbe prudente assegnare ad un’unica sentenza il valore di una vera e propria svolta giurisprudenziale.
Un dato però è certo: l’incertezza giurisprudenziale non può che riverberarsi negativamente sull’ esigenza di certezza del diritto.
Sarebbe dunque auspicabile, a questo punto, un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite sulla vexata quaestio.
Note e riferimenti bibliografici
[1] C. MASSIMO BIANCA, Diritto civile, Volume III “Il contratto”, Milano, Giuffrè Editore, 2000, pag. 178.
[2] Come chiarito dalla Corte di Cassazione, Sez. I, con la sentenza 12 maggio 2015 n. 9636, “la responsabilità precontrattuale della P.A non è responsabilità da provvedimento, ma da comportamento e presuppone la violazione dei doveri di correttezza e buona fede nella fase delle trattative e della formazione del contratto, sicché non rileva la legittimità dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo di aggiudicazione o in altri provvedimenti successivi, ma la correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto”.
[3] F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Italiane, 2013, pag. 881.
[4] A onor del vero, è stata prospettata anche la tesi secondo la quale si tratterebbe di un tertium genus di responsabilità, del tutto distinto dalle altre. Questa tesi, che presenta il merito di superare la tradizionale diatriba, non affronta tuttavia il problema della disciplina applicabile.
[5], C. MASSIMO BIANCA, Diritto civile, Volume III “Il contratto”, Milano, Giuffrè Editore, 2000, pag. 158.
[6] Cass. Sez. I, sent. 21/11/2011 n. 24438
[7] Cass. Sez. I, sent. 21/12/2011 n. 27648 : “Come si è già osservato, la responsabilità precontrattuale, nella quale v'è certamente un contatto sociale qualificato dallo stesso legislatore, con la previsione specifica di un obbligo di buona fede, presenta tutti gli elementi dell'art. 1173 c.c., sicchè deve ritenersi che l'attore, il quale intenda far valere tale responsabilità, abbia l'onere di provare solo l'antigiuridicità del comportamento (la violazione dell'obbligo di buona fede) e il danno.
Il motivo, pertanto, deve essere rigettato in base al principio che, in tema di responsabilità precontrattuale, la parte che agisca in giudizio per il risarcimento del danno subito ha l'onere di allegare, e occorrendo provare, oltre al danno, l'avvenuta lesione della sua buona fede, ma non anche l'elemento soggettivo dell'autore dell'illecito, versandosi - come nel caso di responsabilità da contatto sociale, di cui costituisce una figura normativamente qualificata - in una delle ipotesi previste nell'art. 1173 c.c..”