Pubbl. Mar, 12 Nov 2024
Il superamento dei limiti di orario crea al lavoratore un danno risarcibile
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Sofia Greco
L´ordinanza della Corte di Cassazione n. 18390 del 5 luglio 2024 tratta un caso di violazione dei diritti del lavoratore in tema di riposi minimi, disciplinati dalla normativa europea e nazionale. Il contenzioso ha visto coinvolti una società di trasporti pubblici e un proprio dipendente che ha intentato una causa per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dal mancato rispetto dei riposi giornalieri e settimanali, come previsti dai Regolamenti CE 3820/85 e 561/06, nonché dall’art. 36 della Costituzione italiana.
Sommario: 1. Premesse; 2. Il caso; 3. I motivi del ricorso; 4. La normativa sui riposi compensativi; 5. Il risarcimento del danno da usura psicofisica; 6. Situazione normativa attuale; 7. Conclusioni.
1. Premesse
Nel sistema italiano, il diritto al riposo del lavoratore trova protezione all’art. 36 della Costituzione, che pone una riserva di legge sulla durata massima della prestazione lavorativa, in sintonia con i dettami europei.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 18390 del 5 luglio 2024, afferma che la violazione delle norme sull’orario di lavoro produce al lavoratore un danno presunto, che deve essere risarcito in via equitativa dal datore di lavoro, alla luce dei principi sulla responsabilità civile.
Il presente commento si concentra su una controversia giuslavoristica che ha coinvolto una società di trasporti pubblici (STP) e un suo dipendente (La. St.), relativa al mancato rispetto dei riposi minimi previsti e riconosciuti dal Regolamento CE n. 561/2006 e dall’art. 36 della Costituzione italiana
Il lavoratore, conducente di mezzi pubblici, lamentava di non aver usufruito delle 11 ore di riposo giornaliero e delle 45 ore di riposo settimanale tra il 2003 e il 2008. Sia il Tribunale di Brindisi sia, successivamente, la Corte d’Appello di Lecce avevano riconosciuto il diritto del dipendente al risarcimento per danno non patrimoniale.
Il caso è giunto alla Suprema Corte che, con l’ordinanza n. 18390/2024, ha confermato il diritto del lavoratore al risarcimento, per danno da usura psicofisica derivante dalla violazione della disciplina sui riposi.
2. Il caso
Nel primo grado di giudizio, il Tribunale di Brindisi ha riconosciuto al lavoratore il diritto a un risarcimento per l'omesso rispetto dei riposi minimi, ritenendo provato che STP non avesse concesso le 11 ore di riposo giornaliero e le 45 ore di riposo settimanale previste nel periodo 2003-2008.
Successivamente, la STP ha presentato appello presso la Corte d’Appello di Lecce che, pur riducendo l’importo del risarcimento, ha confermato il diritto vantato dal lavoratore.
La STP ha infine proposto ricorso per cassazione, invocando presunte violazioni nell'applicazione dell'onere della prova e nell'interpretazione della normativa sui riposi compensativi.
3. I motivi del ricorso
Il ricorso della STP si articolava in due motivi principali.
Il primo riguardava la presunta violazione dell’art. 2697 c.c., relativo all’onere della prova.
La STP sosteneva che il danno non fosse stato adeguatamente provato dal dipendente e che fosse stato illegittimamente attribuito al datore di lavoro l’onere di dimostrarne l’assenza, lamentando dunque che la Corte d’Appello avesse erroneamente posto a suo carico la dimostrazione dell’inesistenza del danno, invece che sul lavoratore quello di provarlo.
La Cassazione ha rigettato il primo motivo affermando che, una volta dimostrato l’inadempimento datoriale, il danno non patrimoniale è da considerarsi presunto, in linea con il diritto costituzionale al riposo. La Corte d’Appello aveva quindi ritenuto correttamente che spettasse al datore di lavoro, dimostrare l’eventuale fruizione di riposi compensativi adeguati. Questa interpretazione, conforme alla giurisprudenza consolidata della Cassazione (Cass. n. 15107/2013 e Cass. n. 18884/2019), ribadisce che il diritto al riposo, sancito dall’art. 36 Cost., costituisce un diritto fondamentale e la sua violazione comporta un danno presunto.
Il secondo motivo si basava su una presunta errata applicazione del Regolamento CE n. 561/2006 e dell’art. 36 della Costituzione, in merito alla computazione dei riposi compensativi. La STP sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe dovuto tenere conto dei riposi concessi nelle settimane successive a quelle in cui non era stato garantito il riposto al lavoratore.
La Cassazione ha respinto anche questo motivo, escludendo la possibilità di considerare frazionabili i riposi compensativi, in quanto il Regolamento CE n. 561/2006 richiede che essi siano goduti in modo continuativo e cumulato con i riposi ordinari, non frazionati arbitrariamente.
4. La normativa sui riposi compensativi
Il Regolamento CE n. 561/2006 stabilisce le modalità di fruizione dei riposi per i lavoratori mobili, in particolare per i conducenti di mezzi pubblici. Esso impone un riposo giornaliero di almeno 11 ore consecutive e un riposo settimanale di almeno 45 ore consecutive. In caso di mancata fruizione di tali riposi, è previsto un riposo compensativo, da concedersi continuativamente e attaccato ad altri periodi di riposo.
Il Regolamento disciplina dettagliatamente i periodi di guida, le interruzioni e i riposi dei conducenti, stabilendo che il periodo di riposo giornaliero non possa essere inferiore a 11 ore consecutive, salvo eccezioni, e che il riposo settimanale regolare debba durare almeno 45 ore consecutive.
La Cassazione, nel caso de quo, ha ribadito che il riposo compensativo, previsto per rimediare alla mancata fruizione dei riposi minimi, non può essere frazionato. Richiamando la giurisprudenza consolidata (Cass. n. 14710/2015 e Cass. n. 18884/2019), è stato chiarito che la normativa tutela il diritto del lavoratore al riposo come garanzia costituzionale, e che tale diritto non può essere derogato o compensato con riposi frammentati concessi successivamente.
5. Il risarcimento del danno da usura psicofisica
La questione centrale riguarda il riconoscimento del "danno da usura psicofisica", ossia un danno non patrimoniale derivante dal mancato rispetto dei riposi minimi.
Il "danno da usura psicofisica" è stato qualificato dalla giurisprudenza come un danno non patrimoniale distinto dal danno biologico, derivante dalla violazione continuativa dei riposi minimi previsti dalla legge e dai contratti collettivi.
In questo caso, la Cassazione ha ritenuto che il danno fosse dimostrato dalla frequenza e dalla durata delle violazioni, e che non potesse essere compensato con riposi concessi in modo sporadico o in maniera non conforme alla normativa.
La dimostrazione del mancato rispetto dei turni e dei riposi è elemento sufficiente a provare l’inadempimento datoriale e il danno subito, senza che l'eventuale consenso del lavoratore possa valere quale concorso al danno stesso.
Per la Cassazione, il costante superamento dell’orario di lavoro provoca un danno presunto, che non richiede una prova specifica del nocumento subito, da risarcirsi equitativamente in considerazione della gravosità della prestazione lavorativa e della durata della violazione nella concessione dei riposi.
Una volta accertata la violazione del diritto al riposo, spetta al datore di lavoro dimostrare eventuali fatti impeditivi, come la concessione di riposi compensativi adeguati.
L’obiettivo perseguito è una maggiore responsabilizzazione della parte datoriale, che è così tenuta a garantire una corretta gestione dei turni di lavoro e la fruizione di riposi da parte dei dipendenti. Quest'ultimo è un elemento indispensabile a garantire il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore e, dunque, la sicurezza non solo di costoro, ma anche degli utenti.
6. Situazione normativa attuale
Alla luce dell'ordinanza n. 18390/2024 della Cassazione, è opportuno richiamare anche i successivi aggiornamenti normativi introdotti a livello europeo che confermano e ampliano le tutele previste per i lavoratori mobili. Il Regolamento CE 561/2006 ha infatti subito significative modifiche, con l’adozione dei Regolamenti UE 2020/1054 e 2024/1258. Tali aggiornamenti hanno rafforzato le misure di sicurezza e le condizioni di lavoro degli autotrasportatori, includendo obblighi - per le imprese di trasporto - tesi a garantire che i conducenti usufruiscano dei periodi di riposo settimanale in alloggi adeguati e sicuri, e prevedendo l'estensione dell’uso dei tachigrafi intelligenti per il monitoraggio dei tempi di guida e di riposo. Queste normative puntano a migliorare ulteriormente la sicurezza stradale e le condizioni lavorative dei conducenti, applicando sanzioni per eventuali infrazioni commesse, anche se registrate in altri Stati membri.
7. Conclusioni
La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d’Appello di Lecce, ha ribadito il diritto dei lavoratori al risarcimento per danno da usura psicofisica. Una decisione che rafforza l’obbligo dei datori di lavoro al rispetto delle disposizioni europee, incentivando una gestione conforme dei turni di lavoro, per evitare che sicurezza stradale e salute psicofisica dei lavoratori vengano compromessi.
Si tratta di un ulteriore passo verso l’affermazione di condizioni di lavoro più rispettose della salute e della dignità dei lavoratori, con implicazioni pratiche importanti per le aziende che dovranno porre particolare attenzione nell’organizzazione e gestione dei turni di lavoro, onde evitare l'istaurazione di futuri e dispendiosi contenziosi da parte dei loro dipendenti.