Pubbl. Mer, 23 Lug 2025
Licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese: la Consulta cancella il tetto alle sei mensilità
Modifica paginaEditoriale a cura di Alessio Giaquinto

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 118 del 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del limite massimo di sei mensilità previsto per l’indennità risarcitoria nei licenziamenti illegittimi disposti da piccole imprese. La pronuncia afferma che tale tetto rigido viola i principi di uguaglianza, adeguatezza e personalizzazione del risarcimento, compromettendo la dignità del lavoratore e la funzione dissuasiva della sanzione. Pur lasciando intatto il dimezzamento degli importi, la Corte ha riaffermato che la tutela indennitaria non può essere standardizzata né commisurata esclusivamente al numero dei dipendenti.
Segnaliamo, per l'importanza della questione, la sentenza n. 118 del 2025, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015, nella parte in cui prevede che «l’ammontare delle indennità […] non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità» in caso di licenziamento illegittimo da parte di datori di lavoro che non raggiungono i requisiti dimensionali di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo).
La pronuncia si inserisce nel solco già tracciato dalla sentenza n. 183 del 2022, con la quale la Corte aveva segnalato l’inadeguatezza del sistema risarcitorio previsto per le imprese “sottosoglia”. Secondo la Consulta, la previsione di un tetto rigido e uniforme comporta «un’indennità stretta in un divario così esiguo […] da connotarla al pari di una liquidazione legale forfetizzata e standardizzata», incapace di garantire «un ristoro del pregiudizio sofferto dal lavoratore, adeguato a garantirne la dignità, nel rispetto del principio di eguaglianza».
La Corte ha ricordato che anche per le imprese di piccole dimensioni il legislatore può limitare la tutela reintegratoria, ma non può comprimere in modo eccessivo quella indennitaria, che deve restare «improntata ai canoni di effettività e di adeguatezza», tale da assicurare «la personalizzazione del danno subito dal lavoratore» e «una funzione deterrente nei confronti del datore di lavoro».
Particolarmente significativa è la considerazione secondo cui «il criterio del numero dei dipendenti non può costituire l’esclusivo indice rivelatore della forza economica del datore di lavoro», dovendosi considerare anche «fattori altrettanto significativi, quali il fatturato o il totale di bilancio».
La Corte, pur lasciando fermo il dimezzamento degli importi risarcitori per i datori “sottosoglia”, ha eliminato il limite massimo delle sei mensilità, riaffermando così il ruolo del giudice nella valutazione della congruità del risarcimento in relazione alla gravità del vizio del licenziamento.