Pubbl. Lun, 24 Feb 2025
Permane il diritto all´assegno sociale anche in caso di rinuncia al mantenimento da parte dell´ex coniuge
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Eleonora Giansanti
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Con l´Ordinanza n. 22755 del 18.01.2024, la Cassazione civile, sezione lavoro, ha riaffermato il principio secondo il quale il diritto alla corresponsione dell´assegno sociale prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, senza che assuma rilevanza la mancata richiesta, da parte dell´assistito, dell´importo dovuto dall´ex coniuge a titolo di assegno divorzile, non essendo previsto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole.
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Sommario: 1. Il caso; 2. L’assegno sociale; 3. Effettiva percezione del reddito; 4. Oggettività dello stato di bisogno; 5. Natura del sussidio statale; 6. L’auspicio di un intervento legislativo; 7. Conclusioni.
1. Il caso
La vicenda che qui interessa prende le mosse da una causa lavoro avente ad oggetto una domanda per l’ottenimento dell'assegno sociale INPS.
Il giudice di prime cure rigettava la domanda, per avere la ricorrente rinunciato all'assegno di mantenimento in sede di separazione consensuale e, dopo solo un mese, aver presentato all'INPS la domanda per il riconoscimento della provvidenza di cui trattasi.
La Corte d’appello confermava la sentenza di rigetto, rimarcando che, nella specie, l'ex coniuge della ricorrente percepiva più trattamenti pensionistici ed entrambi continuavano a convivere nell’originaria casa coniugale, con chiara incidenza favorevole sull'entità degli introiti mensili a disposizione.
Con un unico motivo di ricorso per Cassazione, la ricorrente lamentava violazione di legge per avere la Corte di merito escluso il suo stato di bisogno, sul presupposto, secondo l'interpretazione fatta propria nella sentenza impugnata, di non essersi la stessa attivata nei confronti del soggetto economico su cui gravava uno specifico obbligo di solidarietà nascente dal vincolo familiare, prima di rivolgersi alla solidarietà generale.
La Corte di cassazione, con l’ordinanza in commento, accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava per un nuovo esame alla Corte distrettuale in diversa composizione.
2. L’assegno sociale
L’assegno sociale è una protezione riconosciuta a tutti i soggetti che si trovino in uno stato di bisogno, supportato integralmente dalla fiscalità generale in virtù del principio di solidarietà sociale sancito nell’art. 2 della Costituzione.
Stabilisce la L. n. 335 del 1995, all’art. 3, comma 6: «Con effetto dal 1° gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a Lire 6.240.000, denominato "assegno sociale". Se il soggetto possiede redditi propri l'assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell'importo predetto, se non coniugato, ovvero fino al doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando il reddito del coniuge comprensivo dell'eventuale assegno sociale di cui il medesimo sia titolare. I successivi incrementi del reddito oltre il limite massimo danno luogo alla sospensione dell'assegno sociale. Il reddito è costituito dall'ammontare dei redditi coniugali, conseguibili nell'anno solare di riferimento. L'assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti.
Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del c.c. Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, nonché il proprio assegno e il reddito della casa di abitazione.
Agli effetti del conferimento dell'assegno non concorre a formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema contributivo ai sensi dell'art. 1, comma 6, a carico di gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura corrispondente ad un terzo della pensione medesima e comunque non oltre un ter5) dell'assegno sociale».
3. Effettiva percezione del reddito
Prima dell’ordinanza in commento, la giurisprudenza di merito avevano più volte sostenuto che, in sede di separazione personale, la rinuncia al mantenimento da parte del coniuge rivelasse uno stato di autosufficienza economica incompatibile con i requisiti richiesti dall’art. 3, c. 6, della L. 335/95. Tale interpretazione veniva giustificata con la necessità di scongiurare che gli obblighi di mantenimento del coniuge, a seguito di rinuncia all'assegno di mantenimento, finissero per essere addossati alla collettività. Ciò sul presupposto che l’assegno sociale, in quanto strumento di solidarietà pubblicistico e generale, soccorrerebbe solo residualmente, laddove non possano ovviare mezzi di solidarietà privatistica [1].
Al proposito, tuttavia, giova ricordare che la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, nel disciplinare i presupposti per la corresponsione dell’assegno sociale, stabilisce espressamente che « se il soggetto possiede redditi propri l’assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell’importo predetto» (ossia “fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a Lire 6.240.000”), e che, all’uopo, «il reddito è costituito dall’ammontare dei redditi […] conseguibili nell’anno solare di riferimento». L’assegno, infatti, «è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell’anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti».
Nell'interpretare tale disposizione, la Suprema Corte, già da tempo, ha affermato che, essendo il conguaglio strettamente connesso all’effettiva percezione di un reddito e non alla sua mera titolarità, è da ritenere che il reddito incompatibile con l’assegno sociale sia solo quello effettivamente acquisito al patrimonio dell’assistito. Una lettura costituzionalmente orientata della norma in esame esclude infatti, per la Corte, che si possa negare l’assegno a coloro che, pur essendo astrattamente titolari di un reddito totalmente o parzialmente incompatibile con l’assegno sociale, si vengano a trovare, in conseguenza della mancata percezione di fatto di tale reddito, nella medesima situazione reddituale di coloro che hanno diritto all'assegno sociale [2].
4. Oggettività dello stato di bisogno
Per altro verso, la stessa giurisprudenza di legittimità ha specificato che non può assumersi, sul richiedente l’assegno, un obbligo di preventiva escussione dell’eventuale soggetto obbligato. Tale conclusione, infatti, si porrebbe in contrasto con la lettera dell’art. 3, comma 6, cit., che valorizza, ai fini del diritto all’assegno, soltanto la circostanza che i redditi siano “effettivamente percepiti”, indipendentemente dalla prova che l’avente diritto si sia effettivamente (ed infruttuosamente) attivato per riscuoterli [3].
Non vi è, insomma, secondo la Cassazione, né nella lettera né nella ratio della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole. Al contrario, ai fini dell'assegno sociale, rileva lo stato di bisogno oggettivamente considerato [4].
D'altronde tale interpretazione, sempre a mente di tale impostazione, è in linea con la previsione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, secondo cui il reddito rilevante ai fini del diritto all'assegno «è costituito dall’ammontare dei redditi […] conseguibili nell’anno solare di riferimento» e quella immediatamente successiva, secondo cui l’assegno «è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato […] sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti». Tali previsioni, infatti, fanno desumere che all'assistito è richiesto soltanto di formulare una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell’assegno debba essere parametrata a quanto di tali redditi risulti “effettivamente percepito” [5].
Come si vede, conclude la Corte sul punto, la legge nulla prevede per quanto riguarda il coniuge separato. Anzi, in base alla disciplina sopra indicata, va del tutto escluso che ai fini del requisito reddituale previsto per l'assegno sociale possa assumere rilievo una mera pretesa, costituita dall'astratta possibilità di chiedere l'assegno di mantenimento a carico del proprio coniuge in sede di separazione. Ed infatti non si tratta di redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, né di assegni alimentari corrisposti a norma del c.c., ai quali soltanto, invece, la L. n. 335 citata attribuisce rilievo al fine del raggiungimento del requisito reddituale e della dimostrazione dello stato di bisogno [6].
5. Natura del sussidio statale
A ciò si aggiunga che l'assegno sociale rappresenta una prestazione di base avente natura assistenziale ed in quanto tale è volta ad assicurare "i mezzi necessari per vivere" (ai sensi dell'art. 38 Cost., comma 1) alle persone anziane che hanno superato una prefissata soglia di età e che non dispongono di tutela previdenziale per fronteggiare l'evento della vecchiaia.
Quello che qui rileva, secondo la Cassazione, è che il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l’intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi [7]. Basti ricordare, sottolinea la Corte, che l’art. 3 Cost. prefigura un generale impegno a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; che l’art. 38 Cost. enuncia il diritto di ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere al mantenimento e all'assistenza sociale; che l’art. 32 Cost., nell’attribuire il diritto alla salute ad ogni individuo, assicura cure gratuite agli indigenti; che l’art. 34 Cost. prevede che il diritto allo studio debba essere assicurato in modo che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, possano raggiungere i più alti gradi dell’istruzione; che gli artt. 31 e 37 Cost. delineano forme ampie e generalizzate di protezione per la maternità, l’infanzia e la gioventù, di aiuto e sostegno alla famiglia, nell'adempimento dei suoi compiti e di tutela e garanzia per la madre lavoratrice e l’adolescente lavoratore
[8].
Ciò vale quanto dire che, il rapporto tra prestazioni pubbliche di assistenza e obbligazioni familiari a contenuto latamente alimentare, va costruito sempre in relazione alla speciale disciplina che istituisce e regola la prestazione che si considera, alla quale sola bisogna riferirsi per comprendere in che modo sulla sua corresponsione possa incidere la sussistenza di eventuali obbligati al mantenimento e/o agli alimenti.
Opinare il contrario equivarrebbe appunto a supporre che l’obbligo dello Stato di provvedere ai bisognosi sussista solo in via sussidiaria; ciò che, escludendo in radice ogni possibilità di libera scelta tra le due forme di protezione, finirebbe per lasciare tali soggetti alla mercé delle vischiosità dei rapporti familiari, impedendo alla collettività di garantirne la personalità, l’autonomia e la stessa dignità, in spregio alla lettera e all'intonazione dei principi costituzionali dianzi ricordati [9].
Quanto detto naturalmente, secondo la Cassazione, non è d’ostacolo all'eventuale accertamento in concreto di condotte fraudolente che, simulando artificiosamente situazioni di bisogno, siano volte a profittare della pubblica assistenza. In mancanza di prove (anche presuntive) in tal senso, tuttavia, si deve escludere che si possa negare la corresponsione dell’assegno sociale a chi, pur avendo astrattamente diritto ad un reddito derivante da un altrui obbligo di mantenimento e/o di alimenti, non l’abbia in concreto e per qualsivoglia motivo percepito [10]. Ciò, come detto, per ragioni di stretto diritto positivo, correlate alle scelte discrezionalmente operate dal legislatore nel formularne la disciplina.
6. L’auspicio di un intervento legislativo
La giurisprudenza di legittimità è quindi concorde nel giudicare erronee quelle sentenze che, in carenza di qualsiasi previsione di legge, abbiano ritenuto che la semplice mancanza di richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato equivalga ad assenza dello stato bisogno ex L. n. 335 del 1995. Così opinando, conclude la stessa giurisprudenza, le Corti territoriali avrebbero in realtà introdotto nell'ordinamento l'ulteriore requisito, quale conditio iuris, dell'obbligo del richiedente l'assegno sociale di rivolgersi previamente al proprio coniuge separato e ciò, in caso di inottemperanza, con effetti inderogabilmente ablativi del diritto all'assegno sociale, pur nella accertata sussistenza dei requisiti esplicitamente dettati allo scopo dalla legge.
In realtà, la stessa disciplina non contiene alcuna indicazione in tale direzione, dal momento che essa non prevede che la richiesta di assegno di mantenimento al coniuge separato possa rilevare né ai fini dell'accesso al diritto, né ai fini della misura dell'assegno sociale. L’auspicio della Suprema Corte, allora, è che, allo scopo, subentri apposita disciplina di legge, non solo per esigenze di certezza e di legalità (valevoli già in sede amministrativa per orientare la condotta dell'INPS), ma soprattutto perché le situazioni dentro cui vanno valutati i rapporti tra i coniugi separati possono essere le più variegate ovvero essere integrate da una molteplicità di vicende concrete e di fatti soggetti a continue evoluzioni (vi possono essere livelli reddituali assai differenti; coniugi separati che si sono risposati, anche più volte; coniugi che optano per la casa coniugale; coniugi con figli o senza figli; con figli già esistenti oppure sopravvenuti alla separazione; coniugi ai quali è stata addebitata la separazione; coniugi che si separano davanti all'ufficio dello stato civile senza essere adeguatamente assistiti sul piano legale; ecc.).
Tali situazioni non si prestano, ad avviso della Corte di cassazione, ad essere valutate in sede giudiziale semplicisticamente e con la medesima chiave presuntiva, né si prestano ad un’univoca interpretazione in relazione alla tutela assistenziale di cui si discorre. Ciò a meno di non conferire alla disciplina profili di irrazionalità ma anche di trattare in modo uguale situazioni assai differenti proprio sul piano reddituale, che è quello cui la legge sull'assegno sociale conferisce rilievo predominante ai fini della tutela [11].
7. Conclusioni
Alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale analizzata, si può affermare che, in tema di diritto alla corresponsione dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della L. n. 335/1995, la circostanza di non aver richiesto all’ex coniuge alcun assegno di mantenimento o di avervi rinunciato, non può essere interpretata come insussistenza dello stato di bisogno quale requisito di accesso alla tutela assistenziale. In base alla legge, infatti, lo stato di bisogno viene desunto dalla mancanza di redditi o dall'insufficienza di quelli effettivamente percepiti al di sotto del limite massimo indicato dalla legge.
Analogamente, la stessa giurisprudenza di legittimità ha specificato che non può assumersi, sul richiedente l’assegno, un obbligo di preventiva escussione dell’eventuale soggetto obbligato, non sussistendo alcuna indicazione normativa circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole, laddove la condizione legittimante per l’accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua mera oggettività.
Secondo la Corte di cassazione, a tali argomentazioni va aggiunto il fatto che il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l’intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi.
Tuttavia, dal momento che, nella casistica giurisprudenziale, quello dell’incidenza dell’assegno di mantenimento coniugale su quello sociale è un tema ricorrente e sentito, la Suprema Corte auspica che intervenga presto disciplina legislativa contenente indicazioni precise in merito.
[1] Tra le tante: Trib. Ascoli Piceno, sent., 09 maggio 2017, n. 187; Trib. Torino, sent., 17 novembre 2017, n. 1709; Trib. Torino, sent., 16 marzo 2018, Trib. Parma, sentenza, 12 marzo 2019, n. 9, tutte in www.foroitaliano.it.
[2] Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza n. 6570 del 18.03.2010, in www.iussit.eu.
[3] Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza n. 24954 del 15.09.2021, in www.foroeuropeo.it.
[4] Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza n. 24954 del 15.09.2021cit.
[5] Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza n. 21573 del 20.07.2023, in www.dirittoegiustizia.it.
[6] Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza n. 14513 del 09.07.2020, in www.osservatoriofamiglia.it.
[7] Cassazione Civile, sez. lavoro, ordinanza n. 4224 del 04.12.2023, in www.ilsole24ore.com.
[8] Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza n. 24954 del 15.09.2021 cit.
[9] Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza n. 14513 del 09.07.2020, cit.
[10] Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza n. 24954 del 15.09.2021, cit.
[11] Cassazione Civile, sez. VI, ordinanza n. 14513 del 09.07.2020, cit.