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Pubbl. Gio, 10 Ott 2024

Il bonus della Carta Elettronica del Docente va riconosciuto anche ai precari con supplenze brevi

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Giuseppe Ferrante
AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Federico II



La questione circa il riconoscimento del beneficio economico alle “supplenze brevi” non è stata oggetto di analisi specifica da parte della Corte di cassazione, ma sono sempre di più i giudici di merito che estendono il bonus in tutti quei casi in cui la continuità della prestazione lavorativa del docente precario sia tale da elidere qualsiasi differenza con il lavoro svolto dal docente di ruolo.


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The bonus Carta Elettronica del Docente must also be recognised to precarious workers with short substitutes

The issue about the recognition of the economic benefit to ”short substitutes” has not been the subject of specific analysis by the Court of Cassation, but more and more judges of merit are extending the bonus in all those cases in which the continuity of the work performance of the precarious teacher is such that it elides any difference with the work performed by the tenured teacher.

Sommario: 1. Quadro normativo di riferimento. 2. Orientamento giurisprudenziale. 2.1. Sulla contrarietà ai precetti degli artt. 3, 35 e 97 Cost. 2.2. Rapporti tra l’art. 1, commi 121 e ss. della l. n. 107 del 13-7-2015 ed il C.C.N.L. di categoria. 2.3. Ulteriore incompatibilità dell’art. 1, comma 121, della l. n. 107 del 13-7-2015 con l’ordinamento comunitario. 3. Sul riconoscimento del beneficio alle "supplenze brevi". 3.1. La recente giurisprudenza di merito.

1. Quadro normativo di riferimento

La “Carta Elettronica del Docente” o più semplicemente la Carta del docente o ancora il bonus docenti, è una iniziativa prevista dalla Riforma della Buona Scuola (l. n. 107 del 13-7-2015) istituita con l’obiettivo di agevolare l’aggiornamento e la formazione dei docenti delle istituzioni scolastiche.

La legge, infatti, all’art. 1, comma 121 statuisce che “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale,  ovvero  a  corsi post lauream  o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile.”.

Il successivo comma 122 dell’art. 1 ha poi demandato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di definire i criteri e le modalità di assegnazione e di utilizzo del beneficio in questione.

Il d.P.C.M. n. 32313 del 23-9-2015 all’art. 2, comma 1 individua, quindi, i destinatari della Carta elettronica del Docente nei “… docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, hanno diritto all'assegnazione di una Carta, che è nominativa, personale e non trasferibile.”.

Con il successivo d.P.C.M. del 28-11-2016 (G.U. n. 281 del1’1-12-2016), il Governo ha confermato che “la Carta è assegnata ai docenti di ruolo a tempo indeterminato delle Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, i docenti dichiarati inidonei per motivi di salute di cui all'articolo 514 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati, i docenti nelle scuole all'estero, delle scuole militari”.

A tale impostazione normativa, si aggiunge l’art. 63 del C.C.N.L. del Comparto Scuola del 29-11-2007 il cui art. 1, comma 1 prevede che: “La formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale del personale, per il necessario sostegno agli obiettivi di cambiamento, per un’efficace politica di sviluppo delle risorse umane. L’Amministrazione è tenuta a fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio …”; al comma 2, invece, prevede che “Per garantire le attività formative di cui al presente articolo l’Amministrazione utilizza tutte le risorse disponibili, nonché le risorse allo scopo previste da specifiche norme di legge o da norme comunitarie. Le somme destinate alla formazione e non spese nell’esercizio finanziario di riferimento sono vincolate al riutilizzo nell’esercizio successivo con la stessa destinazione …”.

Il successivo art. 64 del C.C.N.L. del Comparto Scuola del 29-11-2007 prevede che “la partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisce un diritto per il personale in quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità ... per garantire efficacia nei processi di crescita professionale e personalizzare i percorsi formativi saranno favorite le iniziative che fanno ricorso alla formazione a distanza, all’apprendimento in rete e all’autoaggiornamento …”.

Nonostante il descritto quadro normativo e le norme contrattuali richiamate, ad oggi solo i docenti assunti a tempo indeterminato, con esclusione dei docenti assunti a tempo determinato, percepiscono il bonus di euro 500,00 destinato alla formazione professionale.

 2. Orientamento giurisprudenziale

Un primo arresto giurisprudenziale si è avuto a seguito di una pronuncia del Consiglio di Stato, il quale ha annullato il d.P.C.M. n. 32313 del 23-9-2015, sottolineando come una interpretazione costituzionalmente orientata della L. n. 107 del 13-7-2015, impone di riconoscere il bonus di euro 500,00 anche al personale assunto a tempo determinato, stante la contrarietà di detta esclusione rispetto ai precetti degli artt. 3, 35 e 97 Cost. e degli artt. 29, 63 e 64 del C.C.N.L. del Comparto Scuola del 29-11-2007 secondo cui l’obbligo formativo grava anche sui docenti precari (cfr. Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 1842 del 16-3-2022).

2.1. Sulla contrarietà ai precetti degli artt. 3, 35 e 97 Cost

Secondo il Consiglio di Stato l’esclusione dei docenti non di ruolo dal beneficio economico contrasta con il dettato degli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione.

In base alla disciplina normativa sopra descritta, il Ministero ha ritenuto che i docenti non di ruolo e con contratto a tempo determinato fossero esclusi dalla cerchia dei destinatari del beneficio con il conseguente svilupparsi di un sistema di formazione “a doppia trazione”: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta Elettronica del Docente; e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico.

Ma un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e a dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A.

Invero, la differenziazione appena descritta contrasta con l’esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studenti.  

In altre parole, è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un’altra aliquota di personale docente, la quale è, tuttavia, programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla: non può dubitarsi, infatti, che, nella misura in cui la P.A. si serve di personale docente non di ruolo per l’erogazione del servizio scolastico, deve curare la formazione anche di tale personale, al fine di garantire la qualità dell’insegnamento fornito agli studenti.

Invero, il diritto-dovere di formazione professionale e aggiornamento grava su tutto il personale docente e non solo su un’aliquota di esso, posto che in caso contrario si manterrebbero nell’insegnamento docenti non aggiornati né formati.

Dunque, non è corretto ritenere che l’erogazione della Carta Elettronica del Docente vada a compensare la maggiore gravosità dello sforzo richiesto ai docenti di ruolo in chiave di aggiornamento e formazione, poiché un analogo sforzo non può che essere richiesto anche ai docenti non di ruolo, a pena, in caso contrario, di creare un sistema “a doppio binario”, non in grado di assicurare la complessiva qualità dell’insegnamento.

Del resto, l’insostenibilità dell’assunto per cui il beneficio de quo sarebbe uno strumento per compensare la pretesa maggior gravosità dell’obbligo formativo a carico dei soli docenti di ruolo, si evince anche dal fatto che è erogato ai docenti part-time (il cui impegno didattico ben può, in ipotesi, essere più limitato di quello dei docenti a tempo determinato) e persino ai docenti di ruolo in prova, i quali potrebbero non superare il periodo di prova e, così, non conseguire la stabilità del rapporto.

L’irragionevolezza della soluzione seguita dalla P.A., inoltre, emerge ancora più chiaramente dalla lettura del d.P.C.M. del 28-11-2016 (G.U. n. 281 del1’1-12-2016) il quale, all’art. 3, individua tra i beneficiari della Carta anche “i docenti in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o altrimenti utilizzati”.

Seguendo l’opzione della P.A., vi sarebbero dei docenti che beneficerebbero dello strumento pur senza essere impegnati, al momento, nell’attività didattica, mentre altri docenti, pur svolgendo diversamente dai primi l’attività didattica, non beneficerebbero della Carta Elettronica del Docente e, quindi, sarebbero privati di un ausilio per il loro aggiornamento e la loro formazione professionale.

Il Consiglio di Stato, dimostrato il contrasto tra l’art. 1, commi 121-124 della L. n. 107 del 13-7-2015 e gli articoli della Costituzione sopra evidenziati, con la richiamata statuizione, ha risolto tale questione dando una interpretazione in chiave costituzionalmente orientata dell’art. 1, commi 121-124, tale da garantirne la conformità alla Costituzione e da dimostrare, al contempo, che tale esclusione dal beneficio non ha dato corretta attuazione alla succitata normativa primaria.

La previsione di una forma di sostegno economico correlata alla formazione dei docenti che sia limitata solo ai docenti a tempo indeterminato introduce, infatti, una palese discriminazione a danno dei docenti non di ruolo, laddove non prevede anche nei loro confronti l’erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e provoca altresì una chiara lesione del principio di buon andamento della P.A. rendendo operativo un sistema che va a favorire la formazione del solo personale docente di ruolo, a scapito della formazione del personale precario.

2.2. Rapporti tra l’art. 1, commi 121 e ss. della L. n. 107 del 13-7-2015 ed il C.C.N.L. di categoria

Il Consiglio di Stato si è anche pronunciato in merito al rapporto tra l’art. 1 commi 121 e ss. della L. n. 107 del 13-7-2015 ed il C.C.N.L. di categoria.

L’assunto secondo cui all’art. 1, commi 121 e segg., della L. n. 107 del 13-7-2015 debba riconoscersi, in virtù del criterio temporale, una prevalenza sulla disciplina “incompatibile” dettata dal preesistente C.C.N.L. di categoria non convince.

Infatti, i rapporti tra legge e contratto collettivo non possono ritenersi guidati dal criterio lex posterior derogat priori, ma da quello della riserva di competenza e dunque dalla riserva di una determinata materia alla contrattazione collettiva, quale fonte di disciplina dei rapporti di lavoro, entro i limiti fissati dalla legge statale (art. 2, comma 3, d.lgs. n. 165 del 30-3-2001) che rinvia alla suddetta contrattazione.

Nel caso di specie, in mancanza di una norma che abbia innovato e sottratto, rispetto al d.lgs. n. 165 del 30-3-2001, la materia della formazione professionale dei docenti alla contrattazione collettiva di categoria riservandola in via esclusiva alla legge (statale), non risulta corretto affermare la prevalenza della disciplina di cui all’art. 1, commi 121 e ss., della L. n. 107 del 13-7-2015 sulle preesistenti disposizioni del C.C.N.L. di categoria e, in specie, sugli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. del Comparto Scuola del 29-11-2007.

Ne discende che la questione dei destinatari della Carte Elettronica del Docente va riguardata tenendo conto anche della disciplina prevista in tema di formazione dei docenti dal C.C.N.L. di categoria, da leggersi non in chiave di incompatibilità, ma di complementarità rispetto al disposto dell’art. 1, commi 121-124, della L. n. 107 del 13-7-2015.

L’interpretazione di tali commi deve, cioè, tenere conto delle regole in materia di formazione del personale docente dettate dagli artt. 63 e 64 del C.C.N.L. di categoria: regole che pongono a carico dell’Amministrazione l’obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, “strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio” (comma 1, art. 63).

Non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la Carta Elettronica del Docente e, alla luce di ciò, si può affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato, così colmandosi la lacuna previsionale dell’art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 13-7-2015, che menziona i soli docenti di ruolo: sussiste, infatti, un’indiscutibile identità di ratio – la già ricordata necessità di garantire la qualità dell’insegnamento – che consente di colmare in via interpretativa la predetta lacuna.

2.3. Ulteriore incompatibilità dell’art. 1, comma 121, della L. n. 107 del 13-7-2015 con l’ordinamento comunitario

Da ultimo, la Corte di Giustizia, nella causa C-450/2021, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Tribunale ordinario di Vercelli, con ordinanza del 18-5-2022, ha dichiarato incompatibile con l’ordinamento comunitario l’art. 1, comma 121, L. n. 107 del 13-7-2015 con l’ordinamento comunitario.

La Corte, esaminata la questione a lei sottoposta, ha così statuito: “La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, mediante una carta elettronica che può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, ad altre attività di formazione e per l’acquisto di servizi di connettività al fine di assolvere l’obbligo di effettuare attività professionali a distanza.

La clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata “Principio di non discriminazione”, al punto 1 stabilisce quanto segue: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”.

Bisogna precisare, come ha fatto la Corte, che la situazione dei docenti assunti dal Ministero nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e quelli assunti a tempo determinato, sono comparabili dal punto di vista della natura del lavoro e delle competenze professionali richieste.

Secondo la Corte di Giustizia, quindi, “conformemente all’articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015, tale indennità è versata al fine di sostenere la formazione continua dei docenti, la quale è obbligatoria tanto per il personale a tempo indeterminato quanto per quello impiegato a tempo determinato presso il Ministero, e di valorizzarne le competenze professionali.

3. Sul riconoscimento del beneficio alle "supplenze brevi"

La questione circa il riconoscimento del beneficio economico alle supplenze “brevi” o temporanee non è stata oggetto specifico di analisi della pronuncia della giurisprudenza di legittimità.

Tuttavia, giova ricordare che, ai fini della “comparabilità” alla docenza di ruolo, la Cassazione si è posta il problema di individuare le tipologie di supplenze da considerare equipollenti o comunque sufficienti per l’erogazione del beneficio per cui è causa, ritenendo equo estendere il “bonus” alle tipologie di supplenza annuale (fino al 31 agosto) o fino al termine delle attività didattiche (30 giugno), senza escludere “la possibilità di assimilare estensivamente alla didattica “annuale”, di cui all’art. 4, co. 1 e 2 della L. 124/1999, il caso in cui la sommatoria di supplenze temporanee sia tale da completare un periodo pari a quello minimo proprio della figura tipica dei contratti fino al termine delle attività di didattiche” (cfr. Cass. civ., sez. Lav., sentenza n. 29961 del 27-10-2023).

Pertanto, si ritiene, in linea di principio, che la “Carta Elettronica del Docente” possa essere riconosciuta all’insegnante supplente che abbia svolto attività per un periodo rilevante nell’arco dell’anno scolastico, individuandolo quantomeno nel lavoratore al quale, ai sensi dell’art. 4, II comma, l. n. 124 del 3-5-1999, sia stata conferita supplenza temporanea fino al termine delle attività didattiche ovvero quella tipologia di supplenza funzionale alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti, che si sono resi di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico.

Risulterebbe quindi irragionevole escludere dal godimento del beneficio coloro che, di fatto, attraverso la sommatoria di plurime supplenze temporanee, si vengano a trovare nella medesima condizione di chi presti servizio per un periodo almeno pari a quello minimo previsto per la figura tipica dei contratti fino al termine delle attività didattiche, integrando un sistema che  “collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A. […]” (cfr. Cons. Stato, sez. VII, sentenza n. 1842 del 16-3-2022).

3.1. La recente giurisprudenza di merito

A tal proposito, il Tribunale di Padova ha recentemente ricordato che “la Corte di Cassazione, investita della questione in via pregiudiziale, con sentenza n. 29961 del 27 ottobre 2023 ha sottolineato come alla luce della “connessione temporale” esistente tra il diritto alla Carta elettronica e la “didattica annuale”, appare ingiustificata la limitazione del beneficio suddetto ai soli insegnanti di ruolo, con esclusione dei “docenti a tempo determinato che, essendo chiamati a lavorare sul medesimo piano didattico-temporale […] risultano quindi, da ogni punto di vista, comparabili”.

Appare evidente che, nell’ipotesi di “supplenze brevi”, la questione di diritto non verte sull’an debeatur, ma si ravvisa nella necessità di individuare dei criteri sulla base dei quali svolgere tale giudizio di comparazione e “a tal fine sono molteplici i parametri di comparabilità in concreto che possono assumere rilevanza orientativa, quale ad esempio il termine di durata di almeno 5 mesi (150 giorni) di prestazione lavorativa nell’anno scolastico, pari all’entità minima della prestazione di un docente di ruolo part-time ai sensi dell’art. 39 comma 4 C.C.N.L. e dell’art. 4.1 O.M. n. 55/1998 (cioè il 50% dell’orario di docenza dell’insegnante full-time), a cui la normativa riconosce il bonus in misura piena” (cfr. Tribunale di Padova, sez. Lav., sentenza n. 88 del 13-2-2024).

È dunque sufficiente, ai fini della integrazione del requisito della didattica annuale, essendo questo elemento fondamentale al fine di individuare il lavoratore comparabile, che il docente precario assegnatario di più supplenze temporanee (art. 4, comma 3, l. n. 124 del 3-5-1999) presti servizio per almeno 150 giorni nell’arco dell’intero anno scolastico.

Anche la Corte di Giustizia Europea, in una recente sentenza relativa alla ricostruzione di carriera, ha affermato che è irrilevante la quantità di lavoro prestata, in quanto ciò che conta è la durata del rapporto di lavoro, ponendo dunque le premesse per il riconoscimento del bonus anche in caso di una supplenza annuale “su spezzone”.

La Corte ha altresì osservato che “per quanto riguarda il carattere breve e discontinuo di taluni incarichi […] non vi è nulla che indichi che essi siano tali da modificare sostanzialmente le mansioni esercitate o i posti occupati, o anche la natura o le condizioni del lavoro effettuato” (cfr. Corte di Giustizia Europea, sentenza del 30-11-2023 nella causa C- 270/22).

Sono davvero molteplici i giudici di merito che riconoscono il beneficio economico di cui al presente ricorso anche nel caso di “supplenze brevi” (cfr. ex pluris, Tribunale di Vicenza, sez. Lav., sentenza n. 480 del 26-10-2023; Tribunale di Prato, sez. Lav., sentenza n. 7 del 17-1-2024; Tribunale di Lanciano, sez. Lav., sentenza n. 24 del 5-2-2024; Tribunale di Ivrea, sez. Lav., sentenza n. 511 del 17-9-2024).

Alle pronunce favorevoli dei giudici di primo grado, si è anche recentemente aggiunta la Corte d’Appello di Torino la quale ha statuito che ciò che rileva al fine della verifica sulla disparità di trattamento è la comparabilità delle mansioni, riportando in motivazione un passo della citata Cass. civ., sez. Lav, sentenza n. 29961 del 27-10-2023, nel quale si legge che “l’avere il legislatore riferito il beneficio all’anno scolastico non consente di escludere da un’identica percezione di esso quei docenti precari il cui lavoro, secondo l’ordinamento scolastico, abbia analoga taratura” affermando il principio di diritto secondo cui, il beneficio economico de quo spetta in tutti quei casi in cui la continuità della prestazione lavorativa sia tale da elidere qualsiasi differenza con il lavoro svolto dal docente di ruolo (cfr. Corte d’Appello di Torino, sez. Lav., sentenza n. 165 del 24-5-2024).


Note e riferimenti bibliografici