Pubbl. Lun, 28 Ott 2024
La Cassazione sulla configurabilità del delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente
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Francesca Ranieri
Il presente contributo dà atto di un interessante arresto giurisprudenziale della Sesta sezione della Corte di Cassazione in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione, in particolare a proposito del delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Con la pronuncia in commento (n. 21104 del 2024), la Suprema Corte ha escluso la configurabilità di tale delitto nel caso di turbative perpetrate nell’ambito di concorsi pubblici, evidenziando come l’interpretazione letterale della norma - che fa riferimento alle sole procedure dirette a stabilire il contenuto del bando (o di altro atto equipollente) relativo a contratti di appalto pubblico - impedisca la riconducibilità di esse allo schema criminoso descritto dall’art. 353 bis c.p.
Sommario: 1. Premessa; 2. Il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353 bis c.p.); 3. Ratio e rapporti con il reato di turbata libertà degli incanti; 4. La questione oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione, n. 21104 del 2024, e la soluzione offerta; 5. L'orientamento minoritario in contrasto, fondato sulla genericità del precetto; 6. Osservazioni conclusive: un nuovo vuoto di tutela in prospettiva?.
1. Premessa
Con sentenza n. 21104 dell’11 aprile 2024 la Sesta sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla configurabilità del delitto previsto dall’art. 353 bis c.p. in caso di turbativa, volta a condizionare la libertà di scelta dell’Amministrazione, avvenuta nell’ambito di un concorso pubblico, richiamando per la soluzione del quesito le argomentazioni poste a fondamento dell’orientamento di legittimità elaborato sul punto con riferimento al delitto di turbata libertà degli incanti.
In particolare, nella sentenza in commento, la Suprema Corte, confermando un orientamento costante, ha escluso la sussistenza del reato in parola nel caso di specie, sottolineando come le disposizioni incriminatrici (artt. 353 e 353bis c.p.), alla luce delle nozioni tecniche cui rimandano (i.e. di “appalto pubblico”), siano finalizzate alla tutela del regolare svolgimento dei soli procedimenti volti all'acquisizione di beni e servizi e, per l’effetto, integrate soltanto nel caso in cui la turbativa investa tale tipologia di procedura.
2. Il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353 bis c.p.).
E’ opportuno, ai fini di questo excursus, tratteggiare i connotati essenziali del reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, precisandosi - come già accennato in premessa - che essi ricalcano, alla luce del rapporto di complementarietà sussistente fra i reati in esame (di cui si dirà), quelli della fattispecie prevista dall’art. 353 c.p.
Il reato in parola è collocato nel Titolo II, capo II, del Codice Penale, tra i delitti dei privati contro la P.A. ed è finalizzato alla tutela dell’interesse dell’Amministrazione a contrarre col miglior offerente, in ossequio ai principi fondamentali vigenti in materia di azione amministrativa.
Si tratta, come si evince chiaramente dalla formulazione della norma, di un reato comune a forma vincolata (al pari dell’art. 353 c.p.), suscettibile di essere posto in essere da chiunque agisca al fine di interferire con il regolare svolgimento del procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto di un bando o di altro atto equipollente, incidendo sulla libertà di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione, attraverso una delle condotte tassativamente elencate nel precetto (violenza, minaccia, doni, promesse, collusioni) o, comunque, ricorrendo ad altro mezzo fraudolento.
Quanto alla natura giuridica, il delitto di cui all’art. 353 bis c.p., rimasto immune dal dibattito che ha investito l’affine art. 353 c.p. (e che, in ogni caso, oggi può ritenersi superato)[1], è considerato pacificamente dalla giurisprudenza un reato di pericolo (una discussione di carattere classificatorio, al più, potrebbe sorgere rispetto alla sua eventuale riconducibilità alla categoria del pericolo concreto od astratto).
Per il suo perfezionamento, secondo l’orientamento dominante - accolto anche dalla sentenza in commento -, infatti, è sufficiente che sia data prova che la correttezza della procedura di predisposizione del bando di gara sia stata esposta dalla condotta dell’agente al concreto pericolo di condizionamento, non essendo necessario tuttavia che il contenuto di detto provvedimento risulti effettivamente idoneo ad incidere sulla scelta del contraente[2.
3. Ratio e rapporti con il reato di turbata libertà degli incanti
Il corretto inquadramento del descritto delitto comporta anche l’analisi dei suoi rapporti con la speculare fattispecie penale prevista dall'art. 353 c.p.
Deve subito sottolinearsi come il confronto tra le rispettive formulazioni codicistiche faccia emergere in modo cristallino la sostanziale sovrapponibilità delle condotte contemplate dalle disposizioni incriminatrici, che differiscono solo per quanto attiene alla fase del procedimento amministrativo la cui correttezza si prefiggono di garantire: mentre, da un lato, l’art. 353 c.p. si preoccupa di punire chiunque, con violenza o minaccia, con doni, promesse, collusioni o qualsivoglia altro mezzo fraudolento, impedisca o falsi lo svolgimento di una gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto della P.A., ovvero ne allontani gli offerenti, dall’altro lato, la successiva disposizione, colpisce la medesima turbativa, quanto a modalità di esecuzione, che investa, però, il segmento preliminare della procedura di gara, in cui è stabilito il contenuto del bando (ovvero di altro atto equipollente), e sia finalizzata a condizionare a monte la P.A. nella scelta del contraente.
Come anticipato, infatti - e come ribadito nella pronuncia della Corte di Cassazione che in questa sede si commenta -, la ratio dell’introduzione[3] del reato di cui all’art. 353 bis c.p. fu quella di evitare il rischio di un vuoto di tutela, derivante dall’impossibilità di ricomprendere nel delitto di turbativa degli incanti quei tentativi di condizionamento posti in essere nel corso della procedura diretta a stabilire il contenuto del bando di gara (si pensi, a titolo esemplificativo, al caso di un bando che presenti requisiti di partecipazione modellati su uno specifico offerente), anticipando pertanto il Legislatore la soglia di tutela penale al momento precedente l’effettiva indizione della gara ed addirittura estendendo l’incriminazione anche all’ipotesi in cui non si approdi ad alcun provvedimento formale.
Si legge, in particolare, nei lavori preparatori, ripresi puntualmente dalla giurisprudenza di legittimità nell’analisi di tale fattispecie di reato e delle questioni dalla stessa sollecitate, che la norma - ponendosi al servizio della libertà di concorrenza intesa quale bene funzionale ad assicurare ai pubblici poteri l’individuazione del migliore offerente - mira a prevenire la preparazione e l’approvazione di bandi personalizzati e calibrati proprio sulle caratteristiche di determinati operatori, punendo contegni orientati a favorire taluno degli interessati alla commessa a scapito di altri e a conculcare la parità tra i concorrenti e la libera dialettica economica[2]: una casistica che, pur palesando un chiaro disvalore penale, risulta non contemplata dalla disposizione incriminatrice prevista dall’art. 353 c.p. - anche in virtù degli indirizzi giurisprudenziali dominanti - la quale incrimina l’impedimento o la turbativa di una gara già avviata.
Le due fattispecie incriminatrici, quindi, contemplano un fenomeno criminoso sostanzialmente unitario, al quale offrono una risposta penale integrata, scindendo la tutela rispetto alle distinte fasi in cui l’interesse pubblico può essere inciso da condotte volte a realizzare condizionamenti e/o interferenze nell’ambito dei procedimenti amministrativi aventi ad oggetto la stipulazione di contratti tra privati e P.A.
4. La questione oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione, n. 21104 del 2024, e la soluzione offerta
La Suprema Corte, con la sentenza in esame - pronunciata nell’ambito di un procedimento penale in cui un soggetto era accusato di aver illecitamente interferito nell’iter di nomina a dirigente sanitario -, annullava con rinvio il provvedimento impugnato, ritenendo nel caso di specie non sussistenti gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 353 bis c.p. e, per l’effetto, assorbite anche le altre deduzioni difensive.
Sulla scia di un orientamento di legittimità costante[5], elaborato in relazione al delitto di turbata libertà degli incanti, ma estensibile anche all’art. 353 bis c.p. in virtù dell’analizzata complementarietà tra le fattispecie, la VI sezione penale della Cassazione ha evidenziato come sia la lettera della legge ad escludere la riconducibilità al reato de quo di quelle ipotesi in cui le condotte turbative siano tenute durante l'espletamento di procedure di concorso per l'accesso ai pubblici impieghi o di mobilità del personale tra diverse amministrazioni.
Le norme incriminatrici, infatti, fanno riferimento - precisano gli ermellini - a “nozioni tecniche dal significato infungibile”, quali quelle di “gara nei pubblici incanti” e di “licitazioni private per conto della P.A.”, in tal modo restringendo la rilevanza penale alle interferenze poste in essere esclusivamente nelle procedure finalizzate alla cessione di beni o all'affidamento all'esterno dell'esecuzione di un'opera o della gestione di un servizio.
Secondo la Suprema Corte, pertanto, è il dato testuale che osta alla configurabilità in ipotesi come quella oggetto della pronuncia de qua dei delitti di turbativa commessi ai danni della P.A.: superare i confini tracciati dalla formulazione codicistica, ritenendo punibili anche le turbative realizzate nel corso di concorsi pubblici darebbe luogo ad una forzatura rispetto all’autentico significato delle nozioni richiamate dalle norme (i.e. “gara nelle licitazioni private per conto di P.A.”), e, per l’effetto, ad una inaccettabile violazione del principio di legalità nelle sue diverse declinazioni (dalla determinatezza alla prevedibilità della norma penale).
Il principio di determinatezza, in particolare, esige che il precetto penale sia formulato in modo che la condotta punita, in tutti i suoi aspetti, risulti agevolmente riconoscibile dai consociati, cosicché nella sua attività intepretativa il giudice non rischi di sconfinare, al fine di colmare eventuali lacune o di dipanare incongruenze normative, “creando” diritto.
In ossequio, infatti, ai criteri che governano l’attività di intepretazione della legge, come sanciti dall’art. 12 delle Preleggi, non si può - innanzitutto - ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole: si può far ricorso al cd “spirito della legge”, e quindi ad indagare l’intenzione del legislatore, soltanto al fine di temperare l’interpretazione letterale e garantire che corrisponda alle ragioni di politica criminale sottese all’introduzione della norma.
L’art. 14 delle Preleggi vieta, inoltre, l’analogia in materia penale - seppure si registrano aperture rispetto alla possibilità di intepretazione analogica in bonam partem - , stabilendo che le leggi penali e quelle che fanno eccezione ai principi generali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
Nel caso di specie - ha osservato la Corte -, dovendosi interpretare l’art. 353 bis c.p. come funzionale all’ampliamento dei confini del penalmente rilevante già tracciati dall’art. 353 c.p., la fattispecie incriminatrice da esso contemplata si può dire integrata soltanto in quei casi in cui la P.A. sia impegnata nello svolgimento di una gara volta alla stipulazione di un contratto di “appalto pubblico”: non vi è dubbio, infatti, che la disposizione, parlando di gara nelle licitazioni private per conto di P.A., faccia riferimento alla suddetta nozione, del tutto avulsa all’ambito delle procedure pubbliche volte al reclutamento di personale.
Ritenere configurata la fattispecie incriminatrice in parola, pertanto, in ipotesi di condizionamento verificatesi durante concorsi pubblici - assolutamente non contemplati dalle norme penali analizzate - darebbe luogo ad un ampliamento della sfera del penalmente rilevante del tutto arbitrario.
5. L'orientamento minoritario in contrasto fondato sulla genericità del precetto
Secondo una voce isolata[6], richiamata nel caso di specie dal Procuratore ricorrente, la genericità del precetto delle fattispecie incriminatrici previste dagli articoli 353 e 353bis c.p. consentirebbe di ricondurre ad esse anche le ipotesi di turbamento del procedimento amministrativo volto a stabilire il contenuto di un atto finalizzato all’assunzione di personale nelle P.A., non potendosi ritenere così rigidamente definiti i contorni del fatto punibile in tali ipotesi di reato.
Addirittura, con particolare riferimento proprio al delitto in esame, qualche voce ha messo l’accento sull’assenza nella formulazione di esso dell'inciso “gara nelle licitazioni private per conto della P.A.” utilizzato dal legislatore nel delitto di turbata libertà degli incanti, interpretandola come una omissione intenzionale del Legislatore, mirata ad evidenziare il discrimine esistente fra le due fattispecie, stante proprio nella possibilità di commissione del reato di cui all’art. 353bis c.p., diversamente dall'altro, anche nell’ambito di concorsi pubblici.
Tuttavia, in contrasto con detta interpretazione si pone lo “spirito” della legge, che, come ampiamente analizzato nel presente contributo, nel caso del delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, è rappresentato dalla necessità di colmare il vuoto di tutela determinato dalla formulazione dell’art. 353 c.p.
6. Osservazioni conclusive: un nuovo vuoto di tutela in prospettiva?
La soluzione adottata dalla Sesta sezione della Corte di Cassazione, pur senza dubbio fondata su una ricostruzione convincente, lascia qualche interrogativo quanto al destino dei fatti esclusi: è innegabile, invero, il loro disvalore penale nonché la loro lesività rispetto agli interessi dello Stato oltre che dei privati partecipanti al concorso pubblico.
Dottrina e giurisprudenza avevano individuato, fino alla sua recente abrogazione, nel reato di abuso d’ufficio la fattispecie penale cui ricondurre le ipotesi di turbativa perpetrata nell’ambito di una procedura volta all’assunzione di personale nelle P.A., pur non senza qualche perplessità.
Come evidenziato da alcuni Autori[7], infatti, la tutela penale offerta dall'abolito reato di abuso d’ufficio, sarebbe risultata comunque insufficiente, richiedendo la fattispecie per la sua configurabilità la “violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità” che, ad onor del vero, con riferimento allo svolgimento dei concorsi pubblici, mancano nel nostro ordinamento.
Per la soluzione degli interrogativi posti dalla questione ivi esaminata, primo fra tutti se sussista in un reale vuoto di tutela per i fatti de quibus, bisognerà aspettare le pronunce della giurisprudenza, prima di merito e poi di legittimità, o un eventuale intervento definitivo del Legislatore; senza dimenticare, inoltre, l'attesa pronuncia sulla questione di costituzionalità avente ad oggetto proprio l'abolitio del reato di abuso d'ufficio, sollevata dalla Sezione Terza del Tribunale di Firenze con ordinanza del 24 settembre 2024.
[1] In relazione al quale si registravano pronunce di legittimità e posizioni dottrinarie di opposto segno, secondo cui in particolare la fattispecie andava inquadrata nei reati di evento inteso in senso naturalistico “dovendo essere accertato il verificarsi dell'impedimento della gara o del suo turbamento, e quindi la potenziale incidenza della condotta sul futuro risultato della gara” (cfr. Cass. pen., sez. VI, sent. n. 28970 del 2013).
[2] Si v. Cass. pen. Sez. VI, sent. n. 29267 del 2018.
[3] Art. 10 della L. n. 136 del 13 agosto 2010 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia).
[4] Si v. sul punto in particolare Cass. pen., sez. VI, n. 17876 del 2022, p. 3-4.
[5] Si v. da ultimo Cass. pen., sez. VI, sent. n. 38127 del 24/05/2023.
[6] Si v. Cass. pen., sez. VI, sent. n. 38127 del 24/05/2023.
[7] G. GATTA, Concorsi pubblici “turbati”: per la Cassazione è configurabile l’abuso d’ufficio ma non la turbativa d’asta: un esemplare caso di vuoto di tutela che si prospetta con l’abrogazione dell’art. 323 c.p., in Sistema penale, fasc. n.6/2023