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Pubbl. Gio, 4 Gen 2024
Sottoposto a PEER REVIEW

Il capitale sociale: la disciplina emergenziale

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Claudia Migliazza
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Catanzaro Magna Græcia



Il presente contributo mira ad analizzare, seppur brevemente, la disciplina storica ed attuale del capitale sociale, con particolare riferimento alla disciplina emergenziale contemplante la sterilizzazione delle perdite. Scopo principale è quello di verificare, effettivamente, cosa rimane del capitale sociale, alla luce della disciplina introdotta durante la crisi pandemica e che, ormai, da tre anni è prorogata dai vari decreti “Milleproroghe”.


ENG

Social capital: the emergency discipline

This paper aims to analyze, albeit briefly, the historical and current discipline of social capital, with particular reference to the emergency discipline contemplating the sterilization of losses. The main purpose is to verify, effectively, what remains of the share capital, in the light of the discipline introduced during the pandemic crisis and that, by now, for three years is extended by the various decrees ”Milleproroghe”.

Sommario: 1. Premessa: evoluzione storica della disciplina del capitale sociale 1.1. La disciplina giuridica del capitale sociale nell’ordinamento italiano  2. Il dibattito sul capitale sociale: crisi dell’istituto? 3.La disciplina dell’emergenza: il Decreto Liquidità (D.L. 23/2020) 3.1. Interpretazione: la tesi estensiva e la tesi restrittiva 4.Il decreto “Milleproroghe” 5. Nuova disciplina: applicazione alle società cooperative 6. Alcune conclusioni: cosa rimane del capitale sociale?

1. Premessa: evoluzione storica della disciplina del capitale sociale

Il capitale sociale, insieme al capitale intellettuale e culturale, - e all’interno del genus capitale umano – costituisce una delle nuove forme di capitale emergente in età moderna[1]. Questo può essere inteso come sinonimo di “rete”, inteso in tre diverse accezioni: un insieme di valori condivisi all’interno di una data collettività, una o più relazioni sociali di reciprocità e fiducia[2].

L’idea di capitale cui si fa riferimento nasce dalla relazione tra rete e cultura: una relazione di continua tensione tra i poli e di osmosi reciproca[3].

Il termine in origine è inteso come un insieme di macchinari all’interno di una fabbrica, ad un ammontare di denaro, a un conto in banca o alla somma di beni prodotti e destinati a nuova produzione[4]. Le differenti determinazioni dell’espressione, susseguitesi nel tempo, hanno lasciato invariato il significato originario, ossia quello di risorse materiali utilizzabili per la produzione di beni e servizi destinati al mercato[5].

Nel corso degli ultimi decenni, tuttavia, si è affermata un’idea di capitale diversa da quella nota, infatti, questo è costituito da elementi intangibili e legati alla persona e, quindi, al soggetto[6]. Nasce, così, la concezione tripartita: 1) intellettuale; 2) culturale; 3) sociale.

Fondamentale, in tema, è la relazione che intercorre con l’azione sociale, infatti, il capitale «esemplifica una tipologia di agire sociale – economico – nell’ambito della quale ogni previsione circa l’effettivo verificarsi dell’azione […] è sottoposta al controllo certo della “razionalità formale”»[7].

In definitiva, il capitale è un’azione strumentale in vista dello scopo perché è guadagno, e il guadagno non può esistere a prescindere da calcoli razionali[8].

Nella sua evoluzione, accanto all’agire inteso secondo razionalità formale e strumentale, si aggiungono: quello razionale rispetto al valore, quello effettivo e quello tradizionale[9]. In sintesi, il concetto di capitale sociale intellettuale e culturale viene spiegato come un insieme di risorse sempre meno tangibili e sempre più legate al concetto di agente anziché al bene prodotto[10].

Oggi, l’istituto in esame può essere definito come «uno strumento analitico per la spiegazione di processi sociali (per lo più) di trasformazione, formalmente interattivi e sostanzialmente congiuntivi»[11]. Per quanto attiene, poi, alle dimensioni, queste sono, essenzialmente, tre: strutturale – che corrisponde all’adattamento[12]; congiuntiva – che corrisponde alla socializzazione[13]; relazionale – che corrisponde alla cooperazione [14].

In questa accezione, il capitale sociale «differisce dalle altre forme di capitale umano in quanto di solito si forma e viene tramandato mediante meccanismi culturali, come la religione, la tradizione e le abitudini inveterate[15].

Per quanto concerne la sua regolamentazione, teoricamente, non ha bisogno di regolazione – intesa come un qualcosa esterno ad esso – piuttosto si potrebbe affermare che il capitale sociale si auto-regola[16]. In altre parole, l’autoregolazione si sostanzia in una oscillazione tra i due rischi, da una parte di «sciogliersi nella fluidità delle connessioni» e dall'altra di «irrigidirsi nel cemento di un'integrazione eccessiva»[17].

1.1. La disciplina giuridica del capitale sociale nell’ordinamento italiano

La nozione di “capitale” nell’ordinamento italiano è data dal d.lgs. n. 6/2003, definito dal legislatore, come un valore matematico-numerico da fissarsi nell’atto costitutivo in un ammontare minimo[18].

Il capitale sociale, attualmente, è regolato dal d. lgs. 4 agosto 2008, n. 142, attuativo della direttiva 2006/68/CE, che modifica la direttiva 77/91/CEE relativamente alla costituzione delle società per azioni nonché alla salvaguardia e alle modificazioni del capitale sociale.

Il decreto legislativo, entrato in vigore il 30/09/2008, modifica il capo V del titolo V del codice civile, inserendo nel codice civile gli artt. 2343-bis[19], 2343-ter[20], 2343-quater[21] determinando un’innovativa disciplina in tema di conferimenti di beni in natura e di crediti, ed ai correlati fatti eccezionali rilevanti sulla valutazione[22].

In particolare, il d.lgs. ha modificato il terzo comma dell’art. 2357 c.c.[23] e l’art. 2445 c.c.[24]

Le novità introdotte dal d.lgs. 142/2008, possono essere così riassunte: 1) non è più necessaria, ai fini del conferimento a capitale, alcuna relazione, ove si tratti di conferimenti in natura consistenti in “valori mobiliari o strumentali del mercato mobiliare”[25]; 2) non è più necessario, in riferimento ai beni in natura o crediti “diversi”, la relazione se il valore loro assegnato ai fini della determinazione della corrispondente quota di capitale sociale è uguale ad un valore equo[26].

Tuttavia, appare opportuno sottolineare che la direttiva comunitaria ha lasciato liberi gli Stati Membri di avvalersi in tutto o in parte della disciplina, infatti, l’ordinamento italiano ha optato per la non estensione del termine di durata dell’autorizzazione assembleare sino a 5 anni e ha, selettivamente, riservato il superamento del limite del 10% alle sole società per azioni, che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio[27].

L'ordinamento interno, a differenza di altri ordinamenti comunitari[28], ha inteso «cogliere al volo» le opportunità offerte dalla direttiva con la legge 25 febbraio 2008, n. 34 (legge comunitaria 2007). A tal riguardo, infatti, il legislatore ha ritenuto di avvalersi delle facoltà contemplate dalla nuova disciplina comunitaria, dettando i criteri di delega ed indicando un termine di esercizio della delega particolarmente breve - di soli novanta giorni -dall'entrata in vigore della legge 34/2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 6 marzo 2008 n. 56; termine il cui rispetto da parte del legislatore delegato - si osserva per inciso - è stato conseguito "all'ultimo respiro", con l'emanazione del decreto nell'ultimo giorno utile (il 4 agosto), peraltro seguita ad oltre un mese di distanza dalla pubblicazione e a quasi due mesi dall'entrata in vigore della novella[29].

In questo nuovo scenario l'istituto sembra potersi ricostruire, più in particolare, nei termini che seguono: a) il comune denominatore della disciplina in esame continua ad essere rappresentato dall'art. 2342 c.c., il quale, oltre ad enunciare i principi generali in tema di conferimenti in contanti (commi 1, 2 e 4, integrati dall'art. 2439 c.c. per i conferimenti effettuati in sede di aumento di capitale), delinea l'ambito delle entità non monetarie che possono costituire oggetto di conferimento[30] e detta, per i conferimenti diversi dal denaro, peculiari regole in ordine alle garanzie a favore della società conferitaria e alla esecuzione dei conferimenti[31]. Una portata parimenti generale deve riconoscersi alla regola in tema di acquisti pericolosi di cui al 2343-bis c.c. (pur con alcune esigenze di adattamento rispetto ai nuovi sistemi di valutazione); su tale invariato piedistallo normativo si iscrivono due modalità alternative di valutazione delle entità non monetarie (la cui esigenza è comunque riaffermata per tutti i conferimenti «non in contanti»), potendosi ora optare, in via generale, tra: la stima peritale affidata ad un esperto di nomina giudiziale, ai sensi dell'art. 2343 c.c., ovvero la valutazione operata mediante la rilevazione del valore equo dell'entità oggetto di conferimento da parte di una valutazione non giurata redatta da un esperto indipendente nominato dal socio che intende effettuare il conferimento[32].

Per i beni in natura e i crediti iscritti in un bilancio approvato, si schiude una terza alternativa, potendosi, a determinate condizioni, utilizzare come parametro il valore contabile, purché «equo», cui dette entità risultino iscritte; infine, ove si intenda conferire valori mobiliari, ovvero strumenti del mercato monetario, si potrà fare riferimento al prezzo medio ponderato al quale tali valori o strumenti siano stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento[33].

Le considerazioni sin qui svolte sembrano, dunque, confermare che la nuova disciplina dettata dal d. lgs. n. 142 del 2008 è tale da porre premesse per una prevedibile inversione del rapporto regola-eccezione tra il regime ordinario di cui all'art. 2343 c.c. e i criteri alternativi introdotti nell'art. 2343-ter c.c.[34]
Prima di delineare le funzioni che il capitale può svolgere, occorre sottolineare che la nozione di può essere intesa in modo polivalente, oltre ai significati propri attribuiti dal III e IV libro del codice civile.

Lo strumento in narrativa, infatti, può essere inteso come: rapporto sociale, liquidità funzionale ad operazioni di investimento e finanziamento, risultato positivo della somma algebrica tra attività e passività patrimoniali, come grandezza pecuniaria prescelta dall’atto costitutivo di una società e, quindi, come clausola dell’atto costitutivo, come sommatoria delle attività patrimoniali di rischio “versate ed esistenti” secondo la contabilità ordinaria[35]

Per quanto attiene, poi, le funzioni che svolge, queste possono essere suddivise in tre macro-categorie che a loro volta si suddividono in sei sottocategorie: funzione di garanzia, funzione produttiva, funzione patrimoniale, funzione organizzativa, funzione informativa, funzione meritocratica[36].

Le tre macro-categorie rappresentano le tre principali funzioni svolte dal capitale sociale: 1) la tutela dei creditori – l’ordinamento societario garantisce la sussistenza di un valore patrimoniale almeno pari al capitale; 2) la tutela dei soci, i cui diritti patrimoniali sono correlati alla titolarità di quote di capitale; 3) il parametro per determinare i diritti dei soci, la natura e l’entità dei diritti patrimoniali ed amministrativi che dipendono dalla natura e dal numero delle quote di capitale sottoscritte[37].

2. Il dibattito sul capitale sociale: crisi dell’istituto?

Mediante un’analisi fondata su specifiche questioni applicative, la dottrina si è sempre sforzata di individuare la ratio del capitale sociale[38].

L’esigenza è quella di offrire tutela contro il rischio che i soci distribuiscano i beni della società lasciandola incapiente, che potrebbe essere soddisfatta dai creditori sociali mediante appositi strumenti contrattuali[39].

Il dibattito centrale, che porta a considerare un’eventuale crisi dell’istituto – puntando a distruggere il sistema del netto imperniato sul ruolo centrale del capitale - trova il suo apice nella diffusione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS[40].

Il legislatore, recependo tali principi, nonché il criterio del costo storico[41] potrebbe creare disarmonie implicando l’inosservanza – in direzione opposta e contraria – della II direttiva europea.

Da queste premesse discende la considerazione del capitale sociale come strumento “rozzo”, in quanto per garantire la solidità dell’impresa si espone la società a costi e vincoli che, talvolta, si rivelano inutili.

Pertanto, mentre il capitale sociale continua a rivestire il ruolo di istituto essenziale nelle s.p.a. chiuse, lo stesso non può dirsi per le società aperte; né per le s.r.l., per tali motivi si parla di superamento dell’istituto[42].

In conclusione, intorno alla disciplina, negli anni, si è sviluppato un dibattito concernente la possibile interferenza dei creditori sociali nelle scelte sulla destinazione del netto patrimoniale nonché sull’esigenza avvertita dei legislatori che i soli non si approprino delle risorse a scapito dei terzi[43]. Il dibattito si è acuito “grazie” alla contingenza pandemica che ha comportato la produzione di norme sul capitale sociale caratterizzate da manipolazioni radicali della regola base “ricapitalizza o liquida”[44].

Il capitale sociale assume connotazioni normative e funzioni pratiche differenti, fino a diventare un “vero e proprio baluardo” degli interessi del creditore sociale, nonché un mezzo di misurazione dei diritti dei soci e di innesco di obblighi gestionali e, ancora, un requisito d’accesso ad attività riservate[45].

Si assiste alla traslazione delle tecniche di sostentamento delle imprese dal piano patrimoniale a quello finanziario con conseguente decremento dei flussi disponibili per il pagamento degli obblighi non colmabile della consistenza del bene oggetto di aggressione dei creditori, né dalla consistenza capitalistica legale[46].

Il contesto pandemico ha, quindi, comportato una “sterilizzazione” delle regole sullo scioglimento della società derivante dall’erosione del capitale[47]: esempio cardine rappresenta il Decreto Liquidità.

3. La disciplina di emergenza: il Decreto Liquidità (D. L. 23/2020)

Il decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020, meglio conosciuto come “Decreto Liquidità” reca «Misure urgenti di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali». Vista la proroga del regime emergenziale nell’ordinamento, promossa con la legge di bilancio n. 234/2022, il decreto legge in commento è stato, successivamente, modificato e convertito in l. n. 40 del 5 giugno 2020.

Il Decreto Liquidità, all’art. 6, stabilisce che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, comma 2 e 3, 2447, 2482 bis, comma 4, 5 e 6, e 2482 ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, 1 comma, n. 4), e 2545 duodecies del Codice civile». La ratio della norma è quella di evitare che le perdite subite nel periodo pandemico possano determinare effetti obbligatori per la società, in quanto riconducibili a contingenze esterne[48]. Tuttavia, resta fermo l’obbligo di convocazione “senza indugio” dell’assemblea al fine di adottare gli opportuni provvedimenti, rimanendo, dunque, legittime anche in questo periodo, le deliberazioni di aumento di capitale a pagamento.

In particolare, si rileva che - in caso di perdite incidenti sul capitale per più di un terzo - non è sospeso l’obbligo degli amministratori di rilevare le perdite e convocare l’assemblea, nella quale i soci prendono tutti i provvedimenti ritenuti opportuni[49]. Inoltre, se entro l’esercizio successivo alla rilevazione della perdita, la stessa non risulti diminuita di un terzo, in sede di approvazione di bilancio, l’assemblea non deve ridurre il capitale qualora riguardi il periodo intercorrente tra il 9 aprile e il 31 dicembre 2020[50].

Nello specifico, riferendosi alla distinzione tra s.p.a e s.r.l., per le prime non si applicheranno, in tema di riduzione del capitale sociale per perdite, gli artt. 2446 co. 2 e 3 c.c. – sulla riduzione di oltre un terzo del capitale – e 2447 c.c., sulla riduzione di oltre un terzo che porta il capitale sotto il minimo legale. Per le seconde, invece, la disapplicazione concerne l’art. 2482-bis co. 4, 5 e 6 c.c. sulla riduzione di oltre un terzo del capitale e l’art. 2482-ter c.c. sulla riduzione di oltre un terzo che porta il capitale sotto il minimo legale.

Successivamente, la legge n. 178/2020 al suo art. 1 sostituisce integralmente il succitato art. 6 del d. l. n. 23/2020 posticipando al quinto esercizio successivo il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo[51].

3.1. Interpretazione: la tesi estensiva e la tesi restrittiva

L’art. 6 del d. l. n. 23/2020, fin dalla sua emanazione – prevedendo che il suddetto obbligo non sussista per le perdite subite nel corso degli esercizi sociali chiusi precedentemente al 31 dicembre 2020 – ha posto problemi interpretativi. In particolare, si discute se il riferimento alle fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi dal 9 aprile al 31 dicembre 2020 si riferisca al periodo di maturazione delle perdite o alla data di approvazione del bilancio in cui le perdite vengono rilevate[52]. In altre parole, si discute se siano da comprendersi “all’interno della disciplina temporanea” solo le perdite di capitale con riferimento al bilancio del 2020 o anche quello con riferimento a bilanci precedenti al 2020.

A tal proposito si sono sviluppate due contrapposte tesi interpretative: la tesi estensiva e la tesi restrittiva.

La prima, come sostenuto dalla Massima n. 191 del Consiglio notarile di Milano, sostiene che la sospensione riguarda anche le perdite precedenti al 9 aprile 2020, non ritenendo rilevanti né le perdite del 2019 – accertate nel 2020 –, né le perdite del 2020 – accertate nel 2021. La tesi si fonda sulla disposizione normativa che afferma “esercizi chiusi” e non “esercizio chiuso”, non comportando alcun automatismo della “sterilizzazione” delle perdite bensì imponendo agli amministratori un’attenta valutazione[53].

Non prevedendosi, dunque, l’automatica “sterilizzazione”, si afferma la facoltà della stessa che non copre le ulteriori perdite prodotte negli esercizi successivi al 31 dicembre 2020[54].

Di converso, la tesi restrittiva, supportata dalla fondazione nazionale dei commercialisti e dal tribunale di Catania sostiene che la sospensione in commento non sia suscettibile di applicazione nei casi di perdite pre-covid ma soltanto a quelle maturate dopo il 9 aprile 2020. Il fondamento di tale posizione è da ricercare nella disposizione normativa nonché nella relazione di accompagnamento al d. l. n. 23/2020 che fa riferimento alla “perdita di capitale dovuta alla crisi covid-19”[55].

Si ritiene che lo scopo del legislatore sia quello di non considerare le sole perdite causate dall’epidemia[56].

Tuttavia, a prescindere dalla tesi cui si intende aderire, gli amministratori non sono esonerati in caso di riduzione del capitale sociale oltre un terzo, dalla convocazione dell’assemblea, la quale non sarà obbligata ad esperire né la riduzione del capitale sociale, né la ricapitalizzazione della società, né la liquidazione della società, né, infine, la trasformazione[57].

In giurisprudenza si ritiene preferibile la tesi restrittiva a quella estensiva, in quanto quest’ultima potrebbe determinare l’annullabilità della delibera e la responsabilità degli amministratori[58].

4. Il Decreto “Milleproroghe”

Il decreto – legge n. 228 del 30 dicembre 2021, convertito con modificazioni nella L. n. 15 del 25 febbraio 2022, meglio conosciuto come “Decreto Milleproroghe”, va a modificare la disciplina prevista dal “Decreto Liquidità”.

In particolare, l’art. 3 co. 1-ter del “Decreto Milleproroghe” soppianta l’art. 6 del “Decreto Liquidità”.

La novità fondamentale concerne il periodo di riferimento per le perdite da considerare nello scomputo finale, al fine di evitare la riduzione del capitale con conseguente scioglimento della società.

L’art. 3 co. 1-ter modifica l’art. 6 co. 1, sostituendo le parole “31 dicembre 2020” con “31 dicembre 2021”.

Nello specifico, la disciplina estende, alle perdite emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2021, la disciplina di “sterilizzazione”.

Come accadeva con il “Decreto Liquidità”, anche per le perdite emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2021 non si applicano alcuni obblighi previsti dal codice civile per le società a protezione del capitale sociale.

La disciplina, dunque, è applicabile a far data dall’entrata in vigore della legge n. 15/2022 e, quindi, dal 1 marzo 2022.

Nello specifico la normativa prevede che «1. Per le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021 non si applicano gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter c.c. e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies c.c.; 2. Il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo stabilita dagli articoli 2446, secondo comma, e 2482-bis, quarto comma c.c., è posticipato al quinto esercizio successivo; l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. 3. Nelle ipotesi prevista dagli articoli 2447 o 2482-ter c.c. l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo o una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura dell’esercizio di cui al comma 2. L’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli articoli 2447 o 2482-ter c.c. Fino alla data di tale assemblea non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies c.c. . 4. Le perdite di cui ai commi da 1 a 3 devono essere distintamente indicate nella nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio».

Dalla lettura della norma emerge come il d.lgs. n. 228/2021 sia un provvedimento con cui viene, nuovamente, prevista la disapplicazione delle disposizioni codicistiche richiamate.

Come accadeva con il precedente decreto, essendo queste disposizioni a carattere emergenziale, le perdite non rileveranno unicamente ai fini della disapplicazione delle disposizioni ma saranno computate per la determinazione del patrimonio netto in relazione all’applicazione delle restanti disposizioni di legge.

In questa sede, hanno valenza le perplessità e le considerazioni operate nel precedente paragrafo in relazione al “Decreto Liquidità”, soprattutto in ordine al ruolo degli amministratori e alle deliberazioni del collegio sindacale.

Pertanto, la proroga prevista dal decreto in commento può rappresentare un’opportunità per le società che presentino perdite nuove rispetto a quelle emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020. Le nuove perdite potrebbero essere fisiologiche qualora la società abbia iniziato percorsi volti al recupero della redditività.

Si specifica, infine, che il Decreto in narrativa, nella parte di cui si discute, è stato nuovamente riproposto con il nuovo Decreto “Milleproroghe” 2023, confermando la disciplina di sterilizzazione delle perdite.

5. Nuova disciplina: applicazione alle società cooperative

Rilevanza fondamentale assume il Decreto Liquidità, e di conseguenza la proroga operata dal Decreto Milleproroghe, sulle società cooperative.

Prima di delineare la deroga prevista dalla disciplina emergenziale, è opportuno delineare le caratteristiche principali delle società cooperative.

Le società cooperative si distinguono dagli altri tipi di società per il loro scopo mutualistico, ossia per la finalità di fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizione più vantaggiose di quelli che potrebbero ottenere sul mercato[59].

Il vantaggio mutualistico richiede un rapporto ulteriore – scambio mutualistico – rispetto a quello societario e può essere conseguito in via differente mediante i ristorni[60]. La denominazione sociale, a tutela dei terzi, deve contenere l’indicazione di società cooperative e vengono iscritte nel registro delle imprese e nell’albo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico[61].

Sulla base dello scopo mutualistico si distinguono due categorie di cooperative: 1) cooperative a mutualità prevalente, che sono le uniche destinatarie di agevolazioni fiscali e presentano due requisiti, ossia la natura operativa[62] ed il carattere statutario[63], connotate dalla compressione del lucro soggettivo dei soci cooperatori e della devoluzione altruistica dell’intero patrimonio netto di liquidazione che supera il capitale sociale; 2) cooperative altre, ossia quelle che non presentano i requisiti per essere considerate cooperative a mutualità prevalente[64].

Le società cooperative presentano taluni connotati strutturali: la variabilità del capitale[65], il voto capitario[66] ed il doppio rapporto[67].

Per ragioni di sintesi non ci si soffermerà in questa sede sulle altre caratteristiche peculiari delle società cooperative, quali: costituzione, partecipazioni e destinazioni degli utili, bensì ci limiteremo a delineare, sommariamente, l’assemblea e l’organo amministrativo.

L’assemblea si distingue – oltre che in assemblea generale - in assemblea separata[68] e assemblea speciale. Quest’ultima trova applicazione in presenza di emissioni di azioni di diverse categorie[69].

Per quanto concerne l’organo amministrativo, questo è necessariamente collegiale e composto da almeno tre soggetti, la cui maggioranza deve essere rappresentata dai soci cooperatori.

Le cause di scioglimento delle società cooperative sono quelle previste dall’art. 2484 c.c. per le società di capitali, con l’eccezione del n. 4 che è sostituito dalla perdita del capitale sociale[70].

Alla luce di questa breve disamina ed in particolare di quest’ultimo inciso è possibile, ora, delineare e comprendere la disciplina emergenziale. Di guisa che, l’art. 6 del d.l. 23/2020 stabilisce la non operatività della causa di scioglimento prevista dall’art. 2484 co. 1 n. 4 c.c. per la sola perdita del capitale sociale nelle società cooperative.

In primo luogo, occorre ricordare che per le società cooperative vige il principio di variabilità del capitale e, di conseguenza, non è previsto un importo minimo, infatti, l’art. 2545-duodecies c.c. stabilisce che la cooperativa si scioglie per la perdita dell’intero capitale sociale.

Il patrimonio netto negativo porta alla luce la problematica sviluppatesi negli anni, circa l’applicabilità o meno, alle società cooperative, della disciplina prevista dagli artt. 2446 e 2447 c.c.[71]. L’orientamento prevalente è quello di ammettere l’obbligo degli amministratori e dei sindaci di convocare l’assemblea previsto dall’art. 2446 co. 1 c.c., con l’esclusione delle ulteriori conseguenze previste dal comma 2 e dall’art. 2447 c.c.[72].

Secondo tale orientamento, al fine di evitare lo scioglimento della cooperativa, la prassi è quella di convocare l’assemblea dei soci affinché deliberi la copertura delle perdite che hanno provocato l’azzeramento del capitale e la ricostruzione dello stesso[73].

L’art. 6 del d.l. 23/2020 prevede, nello specifico, che «si applicano alle società cooperative esclusivamente le disposizioni di cui agli artt. 2446, primo comma, e l’art. 2482-bis primo, secondo e terzo comma c.c.», mentre «non si applicano alle società di cooperative le restanti prescrizioni contenute nelle medesime norme nonché quelle contenute negli artt. 2447 e 2482-ter c.c., con la conseguenza dell’inapplicabilità alle cooperative anche dei commi dell’art. 6 del d.l. 23/2020 concernenti la “sterilizzazione” degli obblighi da essa previsti». Infine, «si applica esclusivamente alle società cooperative la parte dell’art. 6 del d.l. 23/2020 che “sterilizza” l’operatività della causa di scioglimento delle società per perdita dell’intero capitale sociale di cui all’art. 2545-duodecies c.c.».

6. Alcune conclusioni: cosa rimane del capitale sociale?

La disamina che è stata condotta ha delineato – tra le altre - la funzione del capitale.

Come emerge, la regolazione precedente alla pandemia da Covid-19 che ha colpito il globo non era sufficiente a far fronte a tali circostanze straordinarie e, pertanto, si è reso necessario incidere sulle regole del diritto societario, allo scopo di scongiurare il collasso del sistema[74].

In tesi, la disciplina di emergenza, come anche suggerito dal nome adottato dal legislatore, doveva essere temporalmente limitata e diretta a congelare il funzionamento delle regole “ordinarie”, al fine di evitare l’emersione di situazioni critiche.

Tuttavia, tale legislazione, già prorogata per tre volte, ha finito per modificare l’assetto globale e, pertanto, occorre domandarsi cosa rimane del capitale sociale.

Di fronte alla crisi pandemica è stata sottolineata l’inadeguatezza delle norme giuridiche in tema, in quanto le stesse pretendono di utilizzare la regola dell’indisponibilità del netto patrimoniale quale criterio di protezione formale dei terzi e omettono di valorizzare l’unico indicatore di affidabilità che l’economia adopera, ossia la capacità di solvency[75].

Le regole sul capitale sociale vengono depotenziate fino ad essere neutralizzate, vista l’incapacità di sostituirle con presidi di salvaguardia effettiva della capacità di solvency.

Al fine di comprendere cosa rimane del capitale sociale, dunque, occorre definirne il concetto e, nel caso di specie, appare opportuno prendere come riferimento la tesi portata avanti da una parte della dottrina[76]. La tesi di riferimento afferma che lo strumento in narrativa – inteso nel suo generico significato di ricchezza sottoposta a privativa – è costituito da due ingredienti: un bene[77] e il suo “codice legale”[78].

La medesima dottrina afferma, poi, che il capitalismo è mutevole, fino ad arrivare alla sua odierna concezione “finanziarizzata”, data dal fatto che le vecchie tecniche di codificazione – prima applicate alle risorse reali –sono, oggi, applicate agli “intangibles”[79].

Da queste affermazioni emerge che l’eclissi del capitale non riguarda il capitale stesso bensì la funzione che gli viene riconosciuta. Dunque, la disamina nonché la legislazione di “sterilizzazione” prevista per il Covid-19, può essere contingente e rappresentare la messa in ombra della funzione normativa pura del capitale sociale, ossia – per meglio comprendere – la funzione di misurazione del grado di adempimento degli obblighi gestori[80].

Inoltre, di particolare rilevanza risulta l’aspetto per cui la disciplina dell’emergenza non si concentra sulla singola impresa, bensì mira a creare un approccio comune ed uniforme per tutte le imprese: si parla, a tal proposito, di “visione collettiva”[81].

Lo strumento – così come concepito – non residua di attenzione, in quanto «i creditori non sono privati delle risorse sottoposte al regime del “netto” e, allo stesso tempo, non sono neanche garantiti dalla segregazione di patrimonio escutibile»[82].

In conclusione, la disciplina dell’emergenza ha voluto operare un bilanciamento tra la conservazione del sistema imprenditoriale, mediante gli articoli 6,7 e 8 del Decreto Liquidità, e gli obblighi, rimasti fermi, in capo agli amministratori verso l’assemblea[83].

Dunque, seppur tale disciplina risulta inserita in un’ottica emergenziale, la stessa, essendo già tre volte prorogata, fa emergere, in tesi, la volontà del legislatore ad una modifica sostanziale non operata dal Nuovo Codice della Crisi[84], finalizzata al proseguimento dell’impresa, al quale, ex adverso, si accompagnano una serie di obblighi in capo agli amministratori ed il timore dell’adattamento al principio di cui all’art. 2086 c.c., con  il conseguente venir meno della disciplina “ordinaria”.


Note e riferimenti bibliografici

[1] A. GIDDES, Le conseguenze della modernità, Bologna, Il Mulino, 1994; G. GUCCIARDO, Il valore del capitale sociale. Una rassegna critica della letteratura, in Studi di Sociologia, anno 45, fasc. 2, 2007.

[2]R. IANNONE, Il capitale sociale. Origine, significati e funzioni, in Politica e in Storia, Dipartimento di Studi politici Università di Roma “La sapienza”, Franco Angeli, 2006,8. Il concetto di capitale sociale come rete nasce da un’idea sviluppatasi nel 1980, quando, appunto, Piere Bourdieu ha definito il capitale come “la somma delle risorse, materiali o meno, che ciascun individuo o gruppo sociale ottiene grazie alla partecipazione a una rete di relazioni interpersonali basate su principi di reciprocità e mutuo riconoscimento”.

[3] F. SABATINI, Un atlante del capitale sociale italiano, 2005.

[4] Cfr. Voce “capitale” in L. GALLINO, “Dizionario di sociologia”, Torino, UTET, 1978.

[5] R. IANNONE, op. cit.,13.

[6] Per approfondimenti: AA. VV., Atti del seminario di Studi «Rapporti sociali e primato della persona», Sociologia, XXXVII, 3, 2003; A. GORZ, L’immateriale. Conoscenza, valore e capitale, Torino, Bollati, Boringhieri, 2003.

[7] R. IANNONE. op. cit., 20; L. TRONCA, L’analisi del capitale sociale, CEDAM, 2007.

[8] M. WEBER, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Firenze, Sansoni, 1965, p. 99- 102.

[9] R. IANNONE, op. cit., 22.

[10] R. IANNONE, op. cit., 39; A. LIPPARINI, La gestione strategica del capitale intellettuale e del capitale sociale, Il Mulino, 2002.

[11] «Per strumento analitico si intende alludere ad una categoria concettuale che serve a denotare in maniera esplicativa una serie di fenomeni reali […]. I processi sociali costitutivi di c. s. possono essere considerati di trasformazione perché tendono a modificare tanto il sistema di interazione quanto l’ambiente sociale, con ciò recuperando il ruolo creativo del soggetto agente; essi inoltre sono formalmente interattivi nel senso che si basano su cane di azioni e reazioni, su prese di contatto attraverso l’investimento, la mobilitazione e la correlazione delle risorse a disposizione; infine, questi processi possono dirsi congiuntivi anziché disgiuntivi, nel senso che in essi tende a prevalere il consenso nelle tre forme dell’adattamento, della socializzazione e della cooperazione». R. IANNONE, op. cit., 42.

[12] Fa riferimento alla rete di legami che unisce, diversi attori, in cui il capitale sociale si presenta come un complemento contestuale da cui si snoda l’agire individuale e collettivo; R. IANNONE, op. cit., 43.

[13] Fa riferimento all’insieme di valori, delle norme, delle linee guida che orientano l’agire all’interno di una data collettività e struttura sociale; J. VAN MAANEN, E. H. SCHEIN, «Toward a Theory of Organizational Socialization» in B.M. Staw (a cura di), Research in Ornizational Beahavior, vol. I, Greenwich, JAI Press 1979, 209-264.

[14]La dimensione relazionale può essere definita come l’accezione che più si avvicina al significato autentico di capitale sociale, ossia un concetto di rete con una trama di contatti e di lacci, o con mere manifestazioni di fiducia non sempre ancorate a rapporti sociali; R. IANNONE, op. cit., 54; S. BERTOLINI, G. BRAVO, Dimensioni del capitale sociale, in Quaderni di sociologia, 2001, 37-66.

[15] P. LAZARSFELD, R.K. MERTON, «Mass communication, Popular test and Organized Social Action», in L. Bryson, The Comunication of Ideas, NY, Columbia University Press, 1948.

[16] R. IANNONE, op. cit., 130.

[17]Come esempio di queste due situazioni estreme, cita gli ideal-tipi fotografati da Durkheim, rispettivamente nel suicidio egoistico (corrispondente ad una situazione di mera connessione senza integrazione dei reticoli) e altruistico (elevata integrazione ma carenza di connessioni). Ancora la Iannone, collega l'autoregolazione del c.s. al concetto di reputazione sociale come sistema di controllo informale della società, che si realizzerebbe per mezzo di influenza, incentivazione, convincimento piuttosto che con i mezzi più formali della costrizione e della codificazione.

[18] G.A.M.  TRIMARCHI, Le riduzioni del capitale sociale, in Notariato e nuovo diritto societario, Collana diretta da Giancarlo Laurini, IPSOA, Gruppo Wolters Kluwer, 2010, Milanofiori Assago, 1.

[19] “L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. L'alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società ovvero la documentazione di cui all'articolo 2343 ter primo e secondo comma contenente la descrizione dei beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché l'attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato. La relazione deve essere depositata nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l'assemblea. I soci possono prenderne visione. Entro trenta giorni dall'autorizzazione il verbale dell'assemblea, corredato dalla relazione dell'esperto designato dal tribunale ovvero dalla documentazione di cui all'articolo 2343 ter, deve essere depositato a cura degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della società né a quelli che avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa. In caso di violazione delle disposizioni del presente articolo gli amministratori e l'alienante sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci ed ai terzi.”

[20] “Nel caso di conferimento di valori mobiliari ovvero di strumenti del mercato monetario non è richiesta la relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, se il valore ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo è pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento. Fuori dai casi in cui è applicabile il primo comma, non è altresì richiesta la relazione di cui all'articolo 2343, primo comma, qualora il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura o crediti conferiti sia pari o inferiore:a) al fair value iscritto nel bilancio dell'esercizio precedente quello nel quale è effettuato il conferimento a condizione che il bilancio sia sottoposto a revisione legale e la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero; b) al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre sei mesi il conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, a condizione che essa provenga da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento, dalla società e dai soci che esercitano individualmente o congiuntamente il controllo sul soggetto conferente o sulla società medesima, dotato di adeguata e comprovata professionalità. Chi conferisce beni o crediti ai sensi del primo e secondo comma presenta la documentazione dalla quale risulta il valore attribuito ai conferimenti e la sussistenza, per i conferimenti di cui al secondo comma, delle condizioni ivi indicate. La documentazione è allegata all'atto costitutivo. L'esperto di cui al secondo comma, lettera b), risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi. Ai fini dell'applicazione del secondo comma, lettera a), per la definizione di "fair value" si fa riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall'Unione europea.”

[21] “Gli amministratori verificano, nel termine di trenta giorni dalla iscrizione della società, se, nel periodo successivo a quello di cui all'articolo 2343 ter, primo comma, sono intervenuti fatti eccezionali che hanno inciso sul prezzo dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario conferiti in modo tale da modificare sensibilmente il valore di tali beni alla data di iscrizione della società nel registro delle imprese, comprese le situazioni in cui il mercato dei valori o strumenti non è più liquido. Gli amministratori verificano altresì nel medesimo termine se, successivamente al termine dell'esercizio cui si riferisce il bilancio di cui alla lettera a) del secondo comma dell'articolo 2343 ter, o alla data della valutazione di cui alla lettera b) del medesimo comma, si sono verificati fatti nuovi rilevanti tali da modificare sensibilmente il valore dei beni o dei crediti conferiti alla data di iscrizione della società nel registro delle imprese, nonché i requisiti di professionalità ed indipendenza dell'esperto che ha reso la valutazione di cui all'articolo 2343 ter, secondo comma, lettera b). Qualora gli amministratori ritengano che siano intervenuti i fatti di cui al primo comma, ovvero ritengano non idonei i requisiti di professionalità e indipendenza dell'esperto che ha reso la valutazione di cui all'articolo 2343 ter, secondo comma, lettera b), si procede, su iniziativa degli amministratori, ad una nuova valutazione ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2343.

Fuori dai casi di cui al secondo comma, è depositata per l'iscrizione nel registro delle imprese, nel medesimo termine di cui al primo comma, una dichiarazione degli amministratori contenente le seguenti informazioni: a) la descrizione dei beni o dei crediti conferiti per i quali non si è fatto luogo alla relazione di cui all'articolo 2343, primo comma; b) il valore ad essi attribuito, la fonte di tale valutazione e, se del caso, il metodo di valutazione; c) la dichiarazione che tale valore è almeno pari a quello loro attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale sovrapprezzo; d) la dichiarazione che non sono intervenuti fatti eccezionali o rilevanti che incidono sulla valutazione di cui alla lettera b); e) la dichiarazione di idoneità dei requisiti di professionalità e indipendenza dell'esperto di cui all'articolo 2343 ter, secondo comma, lettera b). Fino all'iscrizione della dichiarazione le azioni sono inalienabili e devono restare depositate presso la società.”

[22] G.A.M. TRIMARCHI, op. cit., 10.

[23] “La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate. L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo. Il valore nominale delle azioni acquistate a norma del primo e secondo comma dalle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenendosi conto a tal fine anche delle azioni possedute da società controllate. Le azioni acquistate in violazione dei commi precedenti debbono essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il procedimento previsto dall'articolo 2446, secondo comma. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli acquisti fatti per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.”

[24] “La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli articoli 2327 e 2413. L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. Nel caso di società cui si applichi l'articolo 2357, terzo comma, la riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la quinta parte del capitale sociale. La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione. Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione.”

[25] G.A.M. TRIMARCHI, op. cit., 12; M. VENTORUZZO, G. SANDRELLI, Riduzione del capitale sociale, artt. 2445-2447, Giuffrè, 2013.

[26] G.A.M. TRIMARCHI, op. cit., 13.

[27] N. ABRIANI, Il nuovo regime dei conferimenti in natura senza relazione di stima (1), in Riv. notariato, fasc.2, 2009, 295, dejure.it; R. MORO VISCONTI, Conferimenti in natura e valore equo nel nuovo art. 2343 ter c.c., in Dir. comm., 2009, 859-867.

[28] Quali, ad esempio, la Germania, la Francia nonché il Regno Unito che al momento dell’emanazione della II Direttiva era ancora parte dell’Unione Europea.

[29] N. ABRIANI, op. cit., 2.

[30] Comma 5, ove l'espressa esclusione delle prestazioni di opera e servizi è in conformità all'art. 10 della Seconda Direttiva.

[31] Così il comma 3, che nel primo inciso richiama le disposizioni dettate dagli artt. 2254 e 2255 c.c., rispettivamente, in tema di conferimenti di beni e di crediti, mentre nel secondo inciso richiede, ancora una volta in ossequio alla norma comunitaria, l'integrale liberazione all'atto della sottoscrizione delle azioni corrispondenti a tali conferimenti.

[32] N. ABBRITTI, op. cit., 3.

[33] N. ABBRITTI, op. cit., 3-4.

[34] N. ABBRITTI, op. cit., 6.

[35] P. SPADA, Un numero che detta regole, in Rivista del Notariato, fasc.3, 2014, 437, dejure.it.

[36] F. MONTAGNA, Le 5 funzioni del capitale del capitale sociale, in diritto commerciale e societario, 2021,1; A. NOVELLI, Funzioni e vicende del capitale sociale nelle s.p.a., 2022.

[37] F. BAVA MELCHIOR GROMIS DI TRANA, Riduzione del capitale sociale per perdite. La “relazione” e le “osservazioni” sulla situazione patrimoniale, in Manuali di formazione e consultazione professionale, Giuffrè Editore, Milano, 2016, 19.

[38] MIOLA, Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle società, in Riv. Soc., 2005, 1199 ss.

[39] L. ENRIQUES – MACEF, Raccolta di capitale di rischio e tutela del creditore: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, in Riv. Soc., 2002, 101.

[40] Questi, accolti dall’Unione Europea con Regolamento CEE 1725/2003 e recepita in Italia con d.lgs. 38/2005, comportano che la struttura del bilancio sia divenuta più articolata rispetto a quella prevista, in origine, dal codice civile avendo come obiettivo la rappresentazione della situazione del patrimonio, la redditività della società, nonché l’evidenziazione dei flussi di cassa; L.A.  BIANCHI, Del bilancio, in commentario alla riforma delle società. Obbligazioni-bilancio, artt. 2410-2435 bis (a cura di) Notari – Bianchi, Egea, 2006, 342 ss. 

[41] Che tende ad impedire la rilevazione di plusvalenze da valutazione consentendo solo la rilevazione di plusvalenze da realizzo; S. FORTUNATO, Le valutazioni per il bilancio: possibili sviluppi, in G. com., 2015, 42 ss.

[42]E. GINEVRA, Il capitale sociale nel XX secolo. Crisi e critica di un istituto, in Il nuovo capitale sociale, (a cura di) CAPELLI-PATRIARCA, in Quaderni in banca, borsa e titoli di credito, 2016, 37 ss.; C.A. BUSI, Riduzione del capitale nelle s.p.a. e s.r.l., EGEA, 2010.

[43] E. FERRAN, Revisiting Legal Capital, in Eur. Bus. Crf. Law Rev. (2019)20, 521 ss.

[44] D. LATELLA, L’eclissi del capitale sociale di tempi del covid-19, 2020, 3-4; C. BAUCO, Decreto “Milleproroghe” e disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale, 2022; V. PANDOLFINI, Società: la disciplina sulla riduzione del capitale sociale per perdite, in Diritto Societario, 2021; C. D’URSO, L’emergenza covid-19 e le misure sul capitale sociale, 2023.

[45] G. GIANNELLI, Disciplina del capitale, organizzazione del patrimonio, “corretto” funzionamento della società e tutela dei creditori, in Società, banche e crisi di impresa. Liber amicorum, Pietro Abbadessa, diretto da M. CAMPOBASSO, V. CARIELLO, V. DI CATALDO, F. GUERRERA, A. SCIARONE ALIBRANDI, Torino, 2014, vol. 1, 479 ss.

[46] D. LATELLA, op. cit., 4.

[47] D. LATELLA, op. cit., 4.

[48] D. LATELLA, op. cit., 4-5.

[49] In tali provvedimenti opportuni rientra la riduzione e/o l’aumento di capitale in via puramente facoltativa.

[50] Consiglio Notarile di Milano, Massime commissione società. 191. Sospensione della disciplina in tema di riduzione obbligatoria del capitale a copertura di perdite, nel periodo dell’emergenza covid-19 (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c.; artt. 6 d. l. 23/2020).

[51] Nello specifico la nuova normativa dispone che: «per le perdite emerse nell'esercizio in corso alla data del 31.12.2020 non si applicano gli artt. 2446, cc. 2 e 3, 2447, 2482-bis, cc. 4, 5 e 6, e 2482-ter c.c. e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, c. 1, n. 4) e 2545-duodecies c.c. . Il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di 1/3 stabilito dagli artt. 2446, c. 2, e 2482-bis, c. 4 c.c., è posticipato al quinto esercizio successivo; l'assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. Nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter c.c. l'assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all'immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura dell'esercizio di cui al c. 2. L'assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c. . Fino alla data di tale assemblea non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli art. 2484, c. 1, n. 4), e 2545-duodecies c.c.». Per tutti si rimanda al Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 88/2021/I – La Nuova sospensione degli obblighi di riduzione del capitale sociale nella legislazione di emergenza Covid-19, 23/06/2021.

[52] A. PENTANGELO, Covid e riduzione del capitale: due interpretazioni, in www.superpartes.it; M. SPADARO, F. FRASCA, La sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione nel diritto emergenziale “anti-Covid”, in Diritto della Crisi, 2021.

[53] L’attenta valutazione prevede l’onere di predisporre la relazione, utilizzando particolare attenzione, all’assemblea dei soci, ex art. 2482-bis, dalla quale dovranno emergere le effettive prospettive di recupero della società, nell’orizzonte di un assorbimento delle perdite rilevanti entro il quinquennio che deve risultare per lo meno possibile in base agli elementi disponibili nel momento in cui viene assunta la decisione, tenendo conto del contesto di estrema incertezza dato dalla pandemia nonché alla luce degli obblighi di istituzione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e all’organizzazione dell’impresa. A. CURRARINI, Sospensione degli obblighi di riduzione del capitale sociale, il Notariato sposa l’interpretazione “estensiva” 090721.

 

[55] A. PENTANGELO, Covid e riduzione del capitale: due interpretazioni, in www.superpartes.it.

[56] A. PENTANGELO, Covid e riduzione del capitale: due interpretazioni, in www.superpartes.it.

[57] A. PENTANGELO, Covid e riduzione del capitale: due interpretazioni, in www.superpartes.it.

[58] A. PENTANGELO, Covid e riduzione del capitale: due interpretazioni, in www.superpartes.it.

[59] R. PRESTI, M. RESCIGNO, Corso di diritto commerciale, Decima edizione, Zanichelli Editore, 2021, 599-618.

[60] I ristorni sono quelle somme di denaro che vengono attribuite di soci dopo che si è accertato il risultato dell’esercizio e nei limiti dell’avanzo risultante dalla gestione con i soci, in proporzione alle quantità e qualità degli scambi mutualistici. La legge prevede che l’assemblea ne deliberi la ripartizione di soci cooperatori anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni o mediante l’emissione di strumenti finanziari; R. Presti, M. Rescigno, op. cit., p. p. 599-618.

[61] R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[62] Consistente nella prevalenza della gestione di servizio con i soci rispetto all’attività con i terzi; R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[63] Basato sulla presenza nello statuto di determinate clausole particolarmente restrittive del lucro; R. Presti, M. Rescigno, op. cit., p. p. 599-618.

[64] R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[65] L’atto costitutivo non richiede l’indicazione di un capitale fisso prestabilito e in ogni momento è possibile l’entrata/uscita dei soci, senza necessità di modifiche statutarie; R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[66] Ossia quella regola per cui ciascun cooperatore ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero di azioni possedute; R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[67] Composto dal rapporto sociale (carattere societario) propriamente detto e il rapporto mutualistico (attinente allo svolgimento dell’impresa) che si sostanzia negli scambi attraverso i quali si realizzano i vantaggi per i soci; R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[68] Obbligatoria se la società ha più di 3000 soci, mentre la stessa non può esistere se si tratta di società cooperative ad azioni quotate; R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[69] L’assemblea speciale delibera sull’approvazione delle deliberazioni dell’assemblea generale.

[70] R. PRESTI, M. RESCIGNO, op. cit., 599-618.

[71] La sospensione degli obblighi in materia di capitale sociale ai sensi dell’art. 6 del decreto legge 23 del 2020 – Applicabilità della norma alle società cooperative, in www.legacoop.it,  5.

[72] La sospensione degli obblighi in materia di capitale sociale ai sensi dell’art. 6 del decreto legge 23 del 2020 – Applicabilità della norma alle società cooperative, in www.legacoop.it, 5.

[73] La sospensione degli obblighi in materia di capitale sociale ai sensi dell’art. 6 del decreto legge 23 del 2020 – Applicabilità della norma alle società cooperative, in www.legacoop.it, 5.

[74] I. CAPELLI, Il diritto societario transitorio e gli assetti adeguati all’emergenza, in Analisi giuridica dell’economia, Il Mulino, fasc. 2, 2020, 595.

[75] D. LATELLA, op. cit., 10.

[76] La tesi di riferimento è quella contemplata da Khatarina Pistor, The Code of Capital. How the Law creates Wealth and Inequality, Princeton and Oxford, 2019, passim.

[77] Inteso in senso molto ampio, incluso, quindi, qualsiasi oggetto, abilità o idea; Pistor, The Code of Capital. How the Law creates Wealth and Inequality, Princeton and Oxford, 2019.

[78] Il codice si riferisce alle leggi di proprietà, contratti, trust, intermediari finanziari che sono in grado di trasformare un bene qualsiasi in capitale e, quindi, generare ricchezza privata in un sistema capitalistico; D. LATELLA, op. cit., 17.

[79] D. LATELLA, op. cit., 17.

[80] D. LATELLA, op. cit., 18.

[81]L’esigenza fondamentale è quella di evitare una disgregazione del sistema imprenditoriale; S. AMBROSINI, G. GIANNELLI, L’impatto del decreto liquidità sulla continuità aziendale delle imprese e sulle procedure concorsuali pendenti, in Crisi d’impresa ed emergenza sanitaria, diretto da S. AMBROSINI, S. PACCHI, Bologna, 2020, 6; D. GALLETTI, I doveri reattivi dell’imprenditore sotto l’impero del Covid-19 e l’obbligo di non arrendersi, in www.ilfallimentarista.it, 2020.

[82] D. LATELLA, op. cit., 18.

[83] A fini esemplificativi: “l’obbligo di curare l’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, obbligo che in queste particolari circostanze impone agli amministratori una condotta indubbiamente non passiva, ma volta a predisporre quegli assestamenti che consentano di affrontare la crisi allo scopo di recuperare, per quanto possibile in tempi brevi e sicuramente in prospettiva, la continuità aziendale; M. DI SARLI, Redazione del bilancio e dintorni ai tempi del coronavirus: prime riflessioni, in Il diritto dell’emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, a cura di M. IRRERA, Torino, 2020, 46. Resta, altresì, operativo, come si è avuto già modo di osservare, l’obbligo di istituire, e mantenere, un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, previsto dall’art. 2086, comma 2; I. CAPELLI, op. cit., 606.

[84] Il Nuovo Codice, infatti, a parte qualche aspetto innovativo, ha pressoché mantenuto inalterato il quadro di regole vigenti, limitandosi al solo cambio di numero di alcuni articoli.