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PMI e trasformazione digitale: ostacoli, benefici e nuovo slancio competitivo
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Pubbl. Gio, 14 Ago 2025

PMI e trasformazione digitale: ostacoli, benefici e nuovo slancio competitivo

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Jessica Mandorla
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi della Calabria



Il presente contributo analizza il rapporto tra digitalizzazione e Piccole e Medie Imprese (PMI) italiane, evidenziando come l’evoluzione tecnologica abbia rappresentato una svolta decisiva per la competitività del sistema produttivo nazionale. L’articolo si concentra in particolare sui benefici strategici derivanti dall’utilizzo consapevole degli strumenti digitali, quali e-commerce, social media, intelligenza artificiale e piattaforme online, evidenziandone il ruolo cruciale nell’ampliare l’accesso ai mercati esteri e nel rafforzare il valore del Made in Italy.


ENG

PMI and Digital Transformation: Obstacles, Benefits, and a New Competitive Drive

This contribution examines the relationship between digitalization and Italian PMI, highlighting how technological evolution has marked a decisive turning point in the competitiveness of the national production system. The article focuses in particular on the strategic benefits arising from the conscious use of digital tools—such as e-commerce, social media, artificial intelligence, and online platforms—emphasizing their crucial role in expanding access to international markets and enhancing the value of the Made in Italy brand.

Lo sviluppo di Internet prima e la successiva affermazione dei Social Network dopo, hanno profondamente rivoluzionato le abitudini di pensiero e di acquisto del consumatore contemporaneo. Questa rivoluzione - culturale ma anche commerciale - ha imposto, inevitabilmente, alle imprese una ridefinizione radicale delle loro strategie produttive e di vendita.

Trattasi, peraltro, di un processo che non pare destinato ad arrestarsi ma che anzi sembra proseguire verso una digitalizzazione sempre più profonda e sofisticata.  In tale scenario, le imprese e, in particolare, le PMI, non possono sfuggire a questo immane cambiamento: negare la propria presenza sul mercato digitale significa rischiare di essere molto presto espulsi dal mercato. E neppure è sufficiente uno sforzo iniziale di collocamento sui mercati digitali: la digitalizzazione è un processo costante, in continua evoluzione, che richiede aggiornamento continuo e capacità di adattarsi a cambiamenti rapidissimi.

Basti pensare a come si sia passati dal negozio fisico alla vetrina su sito web, e poi dal sito web al negozio online su app. E il tutto è avvenuto in pochissimi anni. L’azienda, dunque, deve dimostrarsi capace di stare al passo con i tempi, sopratutto perché ad oggi l’attrattività del marchio risulta strettamente connessa alla presenza dello stesso sul web e alla sua visibilità online, soprattutto agli occhi delle nuove generazioni, destinate a rappresentare la futura classe di consumatori. Bisogna porre, però, grande attenzione: il commercio digitale, pur offrendo straordinarie opportunità, può rivelarsi insidioso se affrontato con superficialità o incompetenza.

Per questo motivo, è fondamentale che l’azienda si impegni seriamente nel percorso di digitalizzazione, investendo risorse adeguate e adottando strategie consapevoli e mirate.  Con riferimento specifico alle PMI, la digitalizzazione può divenire un’importare forma di “democraticizzazione” dell’accesso al mercato. In un mondo in cui la presenza online diventa più importante delle dimensioni fisiche dell’azienda, anche una piccola realtà può conquistare il mercato globale se sa come farlo.  

L’importante digitalizzazione che ha caratterizzato gli ultimi anni ha rappresentato, senza dubbio, un elemento di grande novità per le Piccole e Medie Imprese italiane, che si sono trovate ad affrontare nuove sfide del tutto inedite e, dunque, hanno dovuto imparare a fronteggiarle e ad adattarsi rapidamente a un contesto innovativo, anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici che fino a poco tempo fa risultavano del tutto sconosciuti. Nonostante le difficoltà iniziali, la digitalizzazione ha offerto alle PMI italiane numerosissimi vantaggi, permettendo di superare anche quei tradizionali gap che, storicamente, si contrapponevano allo sviluppo e alla crescita internazionale delle stesse. 

Innanzitutto, il tradizionale vantaggio che deriva dalla digitalizzazione è l’automazione dei processi ripetitivi, che è l’idea che ha costituito il fondamento stesso della transizione digitale.

L’automazione, infatti, consente di aumentare l’efficienza produttiva a fronte di una riduzione delle risorse impiegate, che si riflette significativamente in termini di incremento di produttività e abbattimento di tempi e costi.

Tuttavia, l’attenzione di tale lavoro vuole essere, piuttosto, rivolta a quei benefici spesso trascurati, derivanti non dalla digitalizzazione intesa in senso ampio, bensì come quell’ultima parte dell’ampio processo che si concentra sull’utilizzo non tanto dei processi di produzione digitale, quanto, piuttosto, nell’utilizzo strategico degli strumenti propri del mercato digitale: e-commerce, social media, piattaforme online, strumenti di artificiale. Tutti strumenti spesso sottovalutati dai grandi “business man” tradizionalisti, ma che si sono rilevati capaci di generare incrementi di fatturato mai visti prima d’ora, rappresentando un’opportunità concreta di crescita per le imprese, soprattutto se di piccole dimensioni. 

Innanzitutto, l’adozione di questi nuovi strumenti digitali ha rappresentato un’opportunità strategica per le PMI italiane, spesso percepite come troppo piccole per evolversi con successo sul mercato internazionale. Tali strumenti hanno consentito a molte di esse di espandersi oltre i confini nazionali, acquisendo visibilità e rilevanza anche a livello globale. La nascita di nuove tecnologie digitali, infatti, ha consentito di abbattere in maniera significativa i costi per l’accesso ai mercati esteri, ragion per cui le PMI italiane hanno avuto la possibilità di godere dei benefici dell’internazionalizzazione proprio cavalcando l’onda della digitalizzazione.

Questo nuovo scenario ha comportato numerosi effetti positivi: in primo luogo, l’accesso ai mercati esteri ha consentito di diversificare il rischio e ridurre la dipendenza dai mercati interni; in secondo luogo, ha comportato un miglioramento qualitativo dell’offerta, reso possibile da uno scambio reciproco di competenze e idee con partner stranieri,  in un’ottica di collaborazione e costante innovazione. E ancora, l’impiego di strumenti digitali ha reso possibile ideare un servizio di assistenza al cliente più rapido, personalizzato ed efficiente, contribuendo a incrementare la soddisfazione della clientela - oramai dislocata in ogni parte del mondo - e a rafforzare, di riflesso, anche la competitività delle nostre PMI. A ciò ha contribuito anche l’introduzione dei pagamenti digitali, che hanno migliorato la rapidità e la trasparenza delle transazioni commerciali, riducendo sensibilmente il rischio di frodi e garantendo, dunque, una maggiore fiducia nei rapporti internazionali. 

Le PMI italiane, paradossalmente, hanno saputo trarre la loro forza proprio da quelle caratteristiche strutturali che sono state, da sempre, considerate dei limiti. La loro dimensione contenuta e la conseguente snellezza organizzativa, hanno garantito una maggiore flessibilità e capacità di adattamento, permettendo loro di di affrontare con successo una trasformazione così imponente da aver fatto vacillare anche grandi realtà multinazionali. L’assenza di troppi vincoli e, dunque, la minore rigidità burocratica, inoltre, ha consentito loro di vagliare i mercati esteri con estrema agilità e prontezza, cogliendo tempestivamente le opportunità offerte dal contesto digitale globale.  Un ulteriore vantaggio, spesso trascurato nel dibattito sull’innovazione digitale, è rappresentato dalla dematerializzazione della gestione documentale. La digitalizzazione, infatti, ha inciso positivamente anche sull’efficienza amministrativa, riducendo il carico operativo legato alla gestione cartacea della documentazione.

L’incremento di produttività non si ottiene, infatti, soltanto nelle fasi di produzione ma anche nella fase di gestione della documentazione, in quanto è in grado di generare un un duplice vantaggio: da un lato in termini di costi, dall’altro in termini di spazi. Si pensi, ad esempio, all’archiviazione digitale o all’automazione dei processi amministrativi (M. ZAVANI, P. DI TOMA, L'innovazione nei processi amministrativi delle PMI. Opportunità e vincoli della fatturazione elettronica, Franco Angeli, 2013).  Ciò che è evidente è che gli strumenti digitali stanno cambiando i modelli di business tradizionali. Le innovazioni più rilevanti si registrano, in particolare, nella gestione dei dispositivi mobili: l’utilizzo di internet da mobile ha modificato le abitudini di consumo, influenzando i criteri di selezione dei prodotti da parte dei consumatori e costringendo, di conseguenza, tutte le imprese a rivedere le proprie strategie di vendita. In questo contesto, l’attenzione si è spostata dalla massimizzazione del prodotto e dalla riduzione dei tempi di produzione alla rivisitazione dei processi di vendita: oggi le imprese puntano non tanto a fornire in tempi rapidi quanti più prodotti possibili (come nella produzione di massa), quanto, piuttosto, sull’interattività nell’esperienza di vendita, sulla semplificazione delle fasi di acquisto e sulla creazione di esperienze di acquisto rapide e gratificanti (R. LO JACONO, V. STRANGERS, Il digital per lo sviluppo delle PMI Italiane, Lulu, 2015), in grado di rispondere alle nuove esigenze di un consumatore sempre più curioso. 

Tuttavia, limitarsi ad osservare il fenomeno della digitalizzazione esclusivamente dal mero punto di vista dei vantaggi che tale fenomeno può apportare alle PMI appare quantomeno riduttivo. Si tratta, peraltro, in tal caso, di benefici che si sono manifestati nei confronti di tutte le imprese del mondo - o, più propriamente, per quelle che hanno saputo coglierli invece che tentare di resistervi - e che, pertanto, non hanno avuto particolari riflessi sulla dinamica concorrenziale internazionale se non, appunto, per aver determinato l’estromissione dal mercato di tutte quelle realtà aziendali che, per eccessivo attaccamento ai metodi di produzione e vendita tradizionali o per carenza di adeguate risorse, non sono riuscite ad avviare un adeguato processo di transizione.  Infine, un ulteriore elemento distintivo delle PMI italiane risiede nella loro peculiare capacità di raccontare, con carisma e autenticità, una storia d’impresa fatta di passione, amore e cura.

Lo storytelling d’impresa si configura, in ambito internazionale, come un potente strumento di marketing internazionale, particolarmente apprezzato dai consumatori esteri, sempre più alla ricerca di esperienze d’acquisto coinvolgenti, autentiche e ricche di significato simbolico. Nel panorama contemporaneo, non è più sufficiente offrire beni standardizzati e qualitativamente adeguati: il consumatore del XXI secolo non si accontenta più del prodotto di per sé considerato, ma cerca una storia da vivere, un’esperienza che sia in grado di coinvolgerlo e che gli faccia apprezzare il prodotto non solo per quella che è la sua materialità ma anche e sopratutto per sua storia. Il consumatore dei nostri giorni è annoiato da una quantità innumerevole di prodotti troppo simili fra loro, e aspira, invece, a vivere una narrazione che gli faccia percepire un legame emotivo con il prodotto e con la realtà imprenditoriale che lo ha generato.  In tale contesto, le imprese italiane godono di un vantaggio competitivo naturale, radicato nella straordinaria ricchezza culturale, storica e territoriale del nostro Paese.

L’Italia, infatti, è culla di tradizioni, arte, gusto e saper fare, elementi che che si riflettono in maniera autentica anche nel tessuto organizzativo delle stesse PMI. Ciò consente non solo ottenere un forte apprezzamento per i prodotti italiani all’estero, ma anche di conferire loro un valore identitario che li rende non replicabili dai concorrenti. Il Made in Italy, non è solo qualità: ha un valore simbolico e culturale fortemente attrattivo, dove la qualità si accompagna a un fascino culturale ed emozionale di cui le PMI ne rappresentano il frutto più autentico.  Non meno rilevanti sono, infine, i potenziali benefici che la diffusione delle PMI italiane può generare anche per i mercati esteri. Non si tratta, infatti, di una relazione a senso unico, bensì bilaterale e reciproca: così come le imprese italiane potrebbero ottenere moltissimi benefici dall’accesso a nuovi mercati, allo stesso modo altrettanti sono i vantaggi che i mercati esteri potrebbero conseguire dall’inserimento di tali forme di impresa nel loro sistema produttivo. In primo luogo, le PMI italiane porterebbero nei mercati ospitanti prodotti di alta qualità, caratterizzati da una marcata connotazione artigianale, il che contribuirebbe non solo alla diversificazione dell’offerta locale, soddisfano una domanda sempre più orientata verso beni unici, sostenibili e portatori di valore aggiunto, ma consentirebbe anche di favorire la diffusione di una cultura d’impresa centrata sulla cura del dettaglio, promuovendo, di riflesso, l’occupazione locale (ad esempio, mediante la creazione di filiere locali o con l’instaurazione di collaborazioni con fornitori esteri), soprattutto nell’ambito dell’artigianalità, ove la crisi occupazionale sta divenendo sempre più grave.

Infine, non è da sottovalutare il trasferimento di know-how che porterebbe ad un vantaggio diffuso.  Anche il sistema nazionale ne verrebbe avvantaggiato: l’internazionalizzazione delle imprese italiane contribuirebbe significativamente ad accrescere la resilienza dell’economia nazionale, attenuando la storica dipendenza dal mercato interno e aprendo nuove traiettorie di crescita fondate sul dialogo con altri contesti economici e culturali. Tale apertura, oltre a favorire un importante scambio di competenze e conoscenze, assumerebbe anche un’importante funzione promozionale, contribuendo alla diffusione all’estero di un’immagine dell’Italia fondata su valori come la bellezza, la creatività, l’ingegno e il gusto. Ne deriverebbe un rafforzamento del Made in Italy genericamente inteso, con effetti positivi non solo della domanda globale di prodotti italiani ma anche dell’attrattività turistica del nostro Paese. Si stima che l’incremento della digitalizzazione potrebbe generare oltre 10 miliardi di euro di contributo al PIL e 208mila nuovi posti di lavoro.  In sintesi, la digitalizzazione delle PMI Italiane rappresenta non soltanto un’opportunità per il rafforzamento competitivo delle singole imprese, ma un vero e proprio volano di sviluppo sistemico, capace di generare vantaggi circolari e reciproci tra diversi Stati. 

Nonostante tutti i vantaggi che la digitalizzazione comporta, le PMI italiane sono solo al 18esimo posto in Europa per livello di digitalizzazione (Digital Index PMI, The European House-Ambrosetti).  Un ritardo così considerevole nello sviluppo degli strumenti digitali nel nostro Paese è riconducibile, innanzitutto, alla carenza di risorse sufficienti per poter affrontare tutti i costi connessi alla revisione dei sistemi aziendali, aggravata anche da una persistente difficoltà di accesso al credito per investimenti tecnologici. A ciò si aggiunge la necessità di ripensare ex novo le modalità di svolgimento delle attività d’impresa, adeguando le competenze del personale e rivedendo l’organizzazione complessiva del lavoro. E ciò in quanto la digitalizzazione non si limita all’introduzione di nuove tecnologie, come tool per l’e-commerce, software o programmi di intelligenza artificiale, bensì implica anche un cambiamento strutturale di natura culturale e strategica, destinato a investire trasversalmente tutti gli ambiti dell’attività aziendale.

Non poche imprese hanno mostrato resistenza a tale transizione, precludendosi così ogni prospettiva di sopravvivenza in un mercato in così rapida evoluzione. Infatti, l’introduzione di nuove tecnologie deve essere necessariamente accompagnata, da un cambiamento della mentalità aziendale, che presuppone un investimento serio e continuo, soprattutto nella formazione del personale. La carenza di competenze digitali è una delle principali criticità del tessuto produttivo italiano: ben il 41% delle piccole e imprese e il 57% delle medie imprese, infatti, lamentano la carenza di personale adeguatamente formato in ambito digitale. Si tratta di un gap culturale e professionale che, se trascurato, rischia di compromettere lo slancio innovativo a cui stiamo assistendo.


Note e riferimenti bibliografici

L'articolo consiste in un estratto della mia tesi del Master "Leadership per le relazioni internazionali e il Made in Italy" al quale ho partecipato in qualità di vincitrice del Premio America Giovani 2025, un riconoscimento per i neolaureati d'eccellenza delle università italiane.