Pubbl. Ven, 16 Mag 2025
Scissione societaria e azione revocatoria: la Corte di Cassazione ridefinisce la competenza
Modifica paginaautori Vincenzo Mirarchi ,

Questo lavoro analizza la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 5089/2025, sulla competenza giurisdizionale in materia di azioni revocatorie relative ad atti di scissione societaria, evidenziando il ruolo delle norme sul riparto di competenza e le implicazioni sistematiche tra azione ordinaria e fallimentare.

Corporate dissolution and revocatory Action: the Court of Cassation redefines jurisdiction
This paper examines the recent ruling of the Italian Supreme Court n. 5089/2025, on jurisdictional competence concerning revocatory actions related to corporate spin-off acts, highlighting the legal framework and systemic implications for ordinary and bankruptcy proceedings.Sommario: 1. Introduzione; 2. Il caso; 3. Cenni sugli isituti coinvolti; 3.1 Il regolamento di competenza; 3.2. L'azione revocatoria; 3.3 Le Sezioni Specializzate in materia di proprietà industriale e in materia di impresa; 4. Le ragioni della rimessione; 5. La decisione della corte; 5.1. Le questioni preliminari; 5.2. La causa petendi come elemento per l'attribuzione della competenza; 5.3. La distinzione tra revocatoria ordinaria e fallimentare; 6. Conclusioni.
1. Introduzione
Il presente elaborato si propone di analizzare criticamente la recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 5089 del 26 febbraio 2025, intervenuta a dirimere un quesito di elevata complessità dogmatica e pratica concernente il riparto di competenza giurisdizionale in materia di azione revocatoria, sia ordinaria (ex art. 2901 c.c.) che fallimentare (ex artt. 66 e 67 L.Fall.), avente ad oggetto atti di scissione societaria
La questione controversa richiederà una disamina approfondita della portata applicativa dell'art. 3, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 168/2003, come modificato dal D.L. 1/2012 (conv. in L. 27/2012), al fine di stabilire se siffatte azioni, pur mirando alla declaratoria di inefficacia relativa di un atto negoziale, debbano ascriversi alla competenza specialistica in ragione del loro intrinseco collegamento con dinamiche societarie strutturali, ovvero rimangano assoggettate alle ordinarie regole di riparto.
L'analisi sarà articolata attraverso la ricostruzione del casus deductus, l'esplicitazione dei principi giuridici alla base degli istituti del regolamento di competenza e dell'azione revocatoria, e l'illustrazione delle argomentazioni che hanno giustificato la rimessione alle Sezioni Unite, con particolare attenzione agli sviluppi giurisprudenziali precedenti. Infine, verrà condotta una disamina critica della decisione della Suprema Corte, soffermandosi sulle motivazioni che hanno fondato la pronuncia e sulle implicazioni sistematiche derivanti dalla distinzione tra azione revocatoria ordinaria e fallimentare, in relazione al criterio di competenza.
2. Il caso
Innanzi al Tribunale di Parma veniva esperita l’azione revocatoria di alcuni atti di scissione societaria, ritenendo che costituissero le basi di un’operazione fraudolenta con i quali, la società - poi fallita - avrebbe provveduto a una ristrutturazione dei debiti, mentre era ancora in bonis, arrecando un danno alla società stessa nonché ai creditori.
Su tale domanda il Tribunale di Parma si era ritenuto incompetente e aveva rinviato alla Sezione Specializzata in materia di impresa del Tribunale di Bologna, il quale, a sua volta, si era ritenuto incompetente, formulando istanza di regolamento di competenza ex art.47 c.p.c.
La Prima Sezione Civile della Cassazione, investita dal regolamento di competenza, ha quindi rimesso il procedimento al Presidente della Corte, per l’assegnazione alle Sezioni Unite, al fine di sollecitare un chiarimento definitivo da parte delle stesse.
3. Cenni sugli istituti coinvolti.
3.1 Il regolamento di competenza:
Il regolamento di competenza, disciplinato dagli artt. 42 e ss c.p.c., è l’istituto giuridico che mira a risolvere i conflitti di competenza tra diversi organi giurisdizionali, rimettendo la decisione sulla competenza alla Corte di Cassazione, la quale sarà chiamata a stabilire il giudice competente a conoscere la controversia.
Vi sono due tipi di regolamento di competenza: quello proposto su istanza di parte e quello richiesto d'ufficio dal giudice.
Il regolamento di competenza su istanza di parte costituisce un mezzo di impugnazione con il quale la parte può impugnare un provvedimento del tribunale che si è già pronunciato su una questione di competenza.
Nel caso in esame, invece, ci troviamo di fronte alla seconda tipologia di regolamento di competenza, avendo il Tribunale di Bologna richiesto d'ufficio il regolamento di competenza ex art. 47 c.p.c..
Tale rinvio d’ufficio avviene quando si verifica un conflitto di competenza tra diversi giudici, ossia quando un giudice si è dichiarato incompetente e il secondo giudice - dinnanzi al quale la causa è stata riassunta - si ritiene anch'esso incompetente (come nel caso di specie - c.d. conflitto negativo virtuale di competenza). In tale circostanze, il secondo giudice non può, infatti, dichiararsi a sua volta incompetente, ma deve rimettere la questione alla Corte di Cassazione, richiedendo d'ufficio il regolamento di competenza, sia se ritiene competente il primo giudice, sia che la competenza spetti a un terzo giudice.
3.2 L’azione revocatoria.
L’azione revocatoria ordinaria, di cui agli artt. 2901 e ss c.c., rappresenta un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale attraverso cui sono resi inefficaci, nei confronti del creditore-attore, gli atti dispositivi del patrimonio effettuati dal debitore e che arrechino un pregiudizio al creditore che viene privato (o limitato nella misura) della possibilità di rifarsi sul patrimonio del debitore per soddisfare il proprio credito. In altre parole, l’azione revocatoria ha il potere - tramite il ricorso al giudice - di rendere inefficace l’atto dispositivo pregiudizievole nei confronti del creditore che agisce, come se l’atto non fosse mai esistito.
Accanto all’ipotesi suddetta, in cui agisce uno (o alcuni) dei creditori, vi è quella in cui l’azione revocatoria venga esperita dal curatore in seguito all’apertura del Fallimento (ora Liquidazione Giudiziale). Tale ipotesi è disciplinata dagli artt. 66 L.Fall (ora 165 CCII) nel caso di azione revocatoria ordinaria, e 67 L.Fall (ora 166 CCII) nel caso di azione revocatoria fallimentare.
In particolare, in seguito alla dichiarazione di fallimento, il curatore si sostituisce al creditore, potendo esperire due tipologie di azioni revocatorie. La prima, quella ordinaria, modellata sulla falsa riga di quella descritta dagli artt. 2901 e ss c.c., la cui principale (e fondamentale) differenza è che l’inefficacia non varrà per un solo creditore, ma per tutti i creditori. Per quanto attiene all’azione revocatoria fallimentare, la stessa può essere esperita solamente dal curatore fallimentare e, senza entrare nel merito delle caratteristiche, comporta una procedura semplificata per la revoca/dichiarazione di inefficacia di alcuni atti posti in essere dal debitore prima della dichiarazione di fallimento.
3.3. Le Sezioni Specializzate in materia di proprietà industriale e in materia di impresa.
Altro punto di partenza è la disciplina posta dal D.lgs n. 168/2003 e la modifica operata con il D.L. n. 1/2012 (poi L. n. 27/2012[1]). Più nel dettaglio, il Legislatore, ampliando le competenze delle già esistenti Sezioni Specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale[2], ha istituito le Sezioni Specializzate in materia d’impresa[3], attribuendole la competenza per ulteriori controversie, aggiungendo all’art. 3 D.lgs 168/2003 i commi n. 2[4] e n. 3[5].
Una volta presentata così la normativa che regola le competenze delle sezioni specializzate, occorre precisare che il Legislatore ha fatto ricorso alla formula generica «cause e procedimenti che sono relativi ai rapporti societari» ( art. 3 comma 2), senza però definire tali concetti in modo da poter ulteriormente ampliare le competenze delle stesse[6].
La definizione di tale concetto è avvenuta solo in una fase successiva tramite l'intervento della Giurisprudenza, secondo la quale sono da considerarsi giudizi inerenti a «rapporti societari» tutti i giudizi che si connettono allo svolgimento del rapporto sociale, che si coordinano cioè alla vicenda corporativa nei suoi segmenti costitutivi, attuativi e conclusivi e, conseguentemente, riferendosi alla società non intesa quale soggetto che intrattiene relazioni giuridiche, ma – piuttosto – come organizzazione dell’impresa costituita in forma associativa[7].
In altre parole, il Legislatore ha voluto attribuire alla competenza delle Sezioni Specializzate, oltre i casi espressamente indicati del D.lgs n. 168/2003, tutti i giudizi in cui venisse coinvolta la società intesa come organizzazione, attribuendo rilievo a quei rapporti che sono alla base della venuta ad esistenza della società, della sua modifica, della sua cessazione e che, nel corso della vita del sodalizio concernono i modi di partecipazione dei soci all'operazione stessa[8].
Questione che però si è rivelata più complessa è – invece – quella attinente la competenza delle controversie che non hanno per oggetto i rapporti sociali e che quindi solo indirettamente interessano la società. In ordine a tale questione e come anche si vedrà infra, il primo orientamento formatosi propendeva per l'estensione della competenza delle Sezioni Specializzate, in considerazione della riorganizzazione della disciplina della competenza ad opera del Legislatore del 2012, finalizzato, come precedentemente osservato, a derogare alle ordinarie norme sulla competenza per le controversie che esigevano speditezza e particolari cognizioni tecniche.
4. Le ragioni della rimessione.
Con l’ordinanza interlocutoria di rimessione al Presidente della Corte, la Prima Sezione segnalava che la questione di diritto relativa all’attribuzione della competenza dell’azione revocatoria esperita nei confronti di un atto di scissone societaria, sottoposta al suo esame, potesse dar luogo a un contrasto giurisprudenziale, interrogandosi se tali atti siano o meno da ricomprendere nel concetto di «cause e procedimenti relativi ai rapporti societari relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione e l’estinzione di un rapporto societario» di cui all’art. 3 co 2, lett. a) D.Lgs 168/2003 con conseguente competenza delle Sezioni Specializzate in materia d’impresa.
Più nel dettaglio e come solo brevemente accennato infra, il precedente approdo giurisprudenziale riteneva che l’azione revocatoria di un atto di scissione, sebbene riconducibile alla nozione generale di azione di accertamento, coinvolgesse in via diretta la società e, conseguentemente, la competenza si desumeva che andasse devoluta alle sezioni specializzate, trattandosi di vicenda coinvolgente - in senso ampio - l’assetto e l’attività della società. Tale orientamento trovava fondamento nel dettato normativo dell’art. art. 3 comma 2, lett. a) D.lgs 168/2003 (decreto legislativo Istituzione di Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale) secondo cui le stesse sezioni specializzate sarebbero competenti, tra l’altro, per le cause e i procedimenti relativi all'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario.
In altre parole, il predetto orientamento ritiene, come assunto di base, che l’azione revocatoria di un atto di scissione equivalga a un’azione di accertamento, in quanto la stessa è funzionalmente diretta ad accertare, seppur nell’ottica di inopponibilità verso l’attore, un fenomeno di modificazione ed estinzione dell’assetto delle società coinvolte, anche se relativamente al solo attore.
Seconda premessa logica è che il criterio differenziale (o fondamento) della competenza delle Sezioni Specializzate risiederebbe nell’attribuire alle stesse tutte le controversie che coinvolgono «l’assetto e l’operare della società». Partendo da tali presupposti, la precedente giurisprudenza era giunta alla conclusione che la formulazione dell’art. 3 comma 2, lett. a) D.lgs 168/2003 ricomprenderebbe nel concetto di cause concernenti l’accertamento di un rapporto societario l’esercizio di un’azione revocatoria in ordine ad un atto di scissione societaria, dato che l’azione in parola coinvolge direttamente le società fra cui risulta intervenuto l’atto di scissione[9].
Tale ricostruzione non è stata condivisa né dalle Sezioni Specializzate del Tribunale di Bologna, né - indirettamente - dalla Prima Sezione. Il Tribunale di Bologna, infatti, ha evidenziato che l’esperimento dell’azione revocatoria, ordinaria o fallimentare, di un atto di scissione societaria non mette in dubbio l'esistenza/la validità e gli effetti costitutivi, modificativi e organizzativi che derivano direttamente dall'atto contestato, ma - al contrario - l’azione in parola ha ad oggetto unicamente l’inefficacia relativa dell’atto in questione, e quindi la sua opponibilità o inopponibilità al soggetto estraneo, senza però inciderne sulla validità e sull’efficacia dello stesso.
La posizione sopraesposta viene confermata dalla Prima Sezione Civile, che nell’Ordinanza interlocutoria con la quale rinvia al Presidente, segnala come tale percorso argomentativo era già stato applicato in tema di competenza per l’azione revocatoria verso il trasferimento di quote.
Infatti, secondo la giurisprudenza formatasi su tale argomento[10], è da escludersi la competenza delle Sezioni Specializzate in quanto l’azione revocatoria di un trasferimento di quote non produce effetti sulla titolarità delle quote, ma – invece – può determinare solo l’inefficacia del trasferimento nei confronti dell’attore.
Applicando in via analogica tale percorso argomentativo alla questione in parola, si giungerebbe alla conclusione che l’azione revocatoria (ordinaria o fallimentare) pur essendo volta all’accertamento dell’esistenza/validità dell’atto di scissione e coinvolgendo le società e i soci, non comporterebbe conseguenze sulla validità dell’atto stesso, ma produrrebbe - ove accolta - soltanto l'inefficacia limitatamente nei confronti di chi agisce, non alterando, per il resto, la situazione di fatto delle società che non sono quindi coinvolte direttamente[11], non avendo – pertanto – il «fondamento endosocietario» necessario ad attribuire la competenza alle sezioni specializzate.
In altre parole, secondo tale ragionamento, l’esperimento dell’azione revocatoria avverso un atto di scissione non sembrerebbe prima facie rientrare nella competenza delle Sezioni Specializzate, in quanto la questione principale sarebbe costituita dal pregiudizio di cui risentono i creditori della società scissa a seguito dell’atto corporativo (la scissione), che determina un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore, non coinvolgendo – quindi - direttamente alcun rapporto societario, né producendo effetti sull’organizzazione societaria[12].
Occorre rilevare, però, che tale percorso argomentativo non rappresenta una novità. Infatti, la già citata Sentenza n. 2754/2020 nell’attribuire la competenza alle Sezioni Specializzate, sebbene ne avesse riconosciuto la validità, aveva limitato l’applicazione dello stesso all’ipotesi di revocatoria contro un atto di cessione di quote sociali, affermando che lo stesso non si potesse applicare alla revoca di un atto di scissione per le diverse conseguenze delle due azioni. Nello specifico, la Corte aveva affermato che mentre la revocatoria di un trasferimento di quote non coinvolge direttamente la società e i suoi effetti si limitano al creditore del cedente, al cedente stesso e al cessionario, l’azione revocatoria promossa contro un atto di scissione implica - al contrario - un coinvolgimento diretto della società. Di conseguenza, secondo la Corte di Cassazione, la competenza nel caso di revocatoria di un trasferimento di quote sarebbe delle Sezioni Specializzate, solo se, all’esito della revocatoria insorgesse una contestazione fra il cessionario e la società o fra il cedente e la società.
5. la decisione della corte
5.1. Le questioni preliminari.
Preliminarmente le Sezioni Unite si sono soffermate sugli aspetti procedurali, ovvero l’ammissibilità del regolamento di competenza d’ufficio richiesto dal secondo giudice adito e l’esperibilità dell’azione revocatoria verso un atto di scissione.
Nel caso in esame, il regolamento di competenza d’ufficio è stato ritenuto ammissibile in quanto il secondo giudice (la sezione specializzata del Tribunale di Bologna) non solo si riteneva incompetente in via funzionale e per materia, ma riteneva anche che la competenza spettasse allo stesso primo giudice che si era dichiarato incompetente, sia per materia che per luogo[13].
Altra questione preliminare affrontata dalle Sezioni Unite riguarda l’esperibilità dell’azione revocatoria verso la scissione societaria, tema questo a lungo dibattuto in dottrina e in giurisprudenza. Le ragioni di tale dibattito sono da rinvenire sia nella natura composita della scissione, che non esaurisce i suoi effetti sul piano traslativo, sia nelle circostanze che l’ordinamento, nel caso di scissione, prevede delle apposite disposizioni poste specificatamente a tutela dei creditori.
La prima posizione (dottrinale) sviluppatasi su tale tema era quella che negava l’esperibilità dell’azione revocatoria. Secondo tale indirizzo, la scissione non è da considerarsi un negozio traslativo, ma piuttosto un’operazione a formazione progressiva, venendo così a mancare uno dei presupposti per l’esperimento dell’azione. L’altro argomento a sostegno di questa posizione derivava dall’art. 2506-quater, secondo il quale l’atto di scissione non poteva essere dichiarato invalido nel momento in cui venivano eseguite tutte le iscrizioni nel Registro delle Imprese[14].
Viceversa, diverso orientamento riconosceva l’esperibilità della revocatoria riguardo alla scissione. Tale posizione dottrina, in primo luogo, sosteneva che tale operazione, pur avendo carattere meramente modificativo-riorganizzativo delle società coinvolte, avesse natura traslativa. In secondo luogo, stante la mancanza di una norma di diritto positivo che impedisce l’esperimento dell’azione revocatoria, riteneva che la disciplina di cui 2504-quater c.c. inibisse solo l’accertamento della nullità della scissione una volta che l’atto risultasse iscritto al Registro delle imprese ma non anche l’azione revocatoria, che comporterebbe solo un’inefficacia relativa, senza minare la stabilità dell’organizzazione societaria nel suo complesso. Così facendo, secondo tale ricostruzione, l’esercizio dell’azione diveniva un rimedio di carattere generale e sussidiario a quello previsto specificatamente dalla disciplina in tema di scissione societaria[15].
Prima di rivelare quale sia la posizione condivisa dalla giurisprudenza, è utile segnalare come la questione dell’esperibilità o meno dell’azione vada affrontata nell’ottica di due aspetti, uno dottrinale, ovvero la natura giuridica della scissione, l’altro procedurale, cioè il rapporto/compatibilità tra la disciplina della scissione e quella della revocatoria.
Alla soluzione di questo «dibattito» perviene la Prima Sezione Civile della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 31654/2019, che rappresenta la prima pronuncia di legittimità in merito all’esperibilità dell’azione revocatoria avente ad oggetto un atto di scissione[16]. In estrema sintesi, in tale ordinanza, la Prima Sezione ha affermato - in primo luogo - la compatibilità tra il principio di irreversibilità degli effetti della scissione e l'azione revocatoria. Infatti, sebbene il principio di irreversibilità miri a evitare la demolizione «dell'operazione di scissione» e la reviviscenza delle società originarie, lo stesso appare pienamente compatibile con la natura e gli effetti dell'azione revocatoria, che agisce solamente al fine di ottenere l’inopponibilità dell'atto al creditore pregiudicato senza interferire con la validità della scissione. In secondo luogo, stante l’assenza di un adeguato fondamento normativo, non può ritenersi che l'opposizione alla scissione, che compete ai creditori della società scissa, sia un rimedio sostitutivo e non compatibile rispetto all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria, essendo in astratto configurabile il ricorso a tutti e due gli strumenti di tutela.
Va, inoltre, evidenziato come la suddetta pronuncia sia stata – indirettamente – investita di particolare valore dalla successiva sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea n. 394 del 30 gennaio 2020[17]. Segnatamente e per quanto qui d’interesse, la Corte di giustizia dell'Unione Europea ha precisato che il diritto di opposizione dei creditori e la responsabilità solidale delle beneficiarie previsto dalla disciplina delle scissione societaria costituiscono soltanto un «sistema minimo di tutela degli interessi dei creditori della scissa» e, conseguentemente, la mancata previsione dell'azione revocatoria fra gli strumenti di reazione del creditore della società scissa non può essere interpretato in termini di esclusione del rimedio[18].
5.2. La Causa Petendi come elemento per l'attribuzione della competenza.
Dopo tali premesse di natura processuale, le Sezioni Unite intervengono sulla questione principale affermando che la soluzione possa essere rinvenuta applicando nel caso in esame la stessa argomentazione logico-interpretativa formatasi in tema di competenza della azione di responsabilità verso gli amministratori (ovvero degli altri soggetti indicati nel citato art. 3 D.gs 168/2003) proposta da terzi estranei alla società (esempio i creditori) [19] .
Nello specifico, gli Ermellini partono dalla considerazione che l’azione revocatoria di un atto di scissione (come l’azione di responsabilità proposta dei terzi), pur non avendo propriamente ad oggetto rapporti tra la società, i soci e i suoi organi, implica un accertamento che ha ad oggetto un atto endosocietario, dovendo il giudice – nel caso in esame – confrontare, tra l’altro, i valori patrimoniali attivi e passivi oggetto di trasferimento e programmati dal progetto di scissione, oltre che valutare l’esistenza delle altre condizioni soggettive richieste della normativa in tema di revocatoria.
Questo accertamento tecnico altro non è che quell’accertamento di elevata complessità che il Legislatore del 2003, prima, e del 2012, poi, ha voluto sottrarre all’ordinaria ripartizione dell’attribuzione delle competenze e attribuirla a un giudice specializzato. Proprio questa considerazione rappresenta la prima argomentazione a favore della competenza delle sezioni specializzate. Infatti, avendo riguardo alla ratio legis del D.L. n. 1/2002 e cioè quella di rimettere al giudice specializzato tutte quelle controversie nelle quali sia necessario una complicata attività tecnica, si evince che anche la competenza a decidere la controversia in parola non può che essere attribuita a un giudice (sezione) che sia dotato delle competenze tecniche necessarie ai fini dell’accertamento suddetto.
Questa argomentazione di natura teleologica trova conferma anche dal punto di vista strettamente processuale. La giurisprudenza – infatti – ha più volte ribadito come ai fini dell'individuazione del giudice competente ratione materiae, l’attribuzione della competenza non vada attribuita in base al tipo di azione esperita ma, piuttosto, vada attribuita, anzitutto, in relazione alla connotazione sostanziale della pretesa azionata e cioè la causa petendi che caratterizza l’azione[20].
5.3. La distinzione tra revocatoria ordinaria e fallimentare.
Sulla base delle osservazioni sinora svolte, le Sezioni Unite affermano che la competenza dell’azione revocatoria di un atto di scissione vada attribuita alle Sezioni Specializzate, analogamente all’ipotesi di azione di responsabilità proposta da terzi verso un organo della società.
Le Sezioni Unite, però, dopo aver affermato il suddetto «principio», aggiungono che lo stesso è da perimetrarsi unicamente all’ipotesi di azione revocatoria ordinaria, ex artt. 2901 e ss c.c. Occorre, invece, analizzare ulteriormente se le argomentazioni suddette si possano applicare anche nell’ipotesi di azione revocatoria esercitata dal curatore a norma degli artt. 66 e ss L.Fall.
Più nel dettaglio, l’interrogativo che si pongono le Sezioni Unite parte dalla considerazione che nel caso in cui l’azione revocatoria sia posta in essere dal curatore si viene a delineare un possibile conflitto tra la normativa posta dalla Legge Fallimentare (ora CCII) e i principi di diritto affermati finora, dovendosi – in altre parole – verificare se le considerazioni svolte incidano, o meno, sulla competenza attribuita al Tribunale Fallimentare e qualificata dalla Legge Fallimentare come inderogabile per le cause che derivano dal fallimento e per tutte le controversi destinate a incidere sulla procedura concorsuale.
Nel cercare di risolvere tale questione, la Corte precisa che il conflitto tra Tribunale Fallimentare e Sezioni Specializzate non costituisce una novità, ma che è già stato affrontato, sebbene in riferimento a ipotesi differenti. Proprio per questo, il punto di partenza per dirimere la questione è la precedente ordinanza n. 25163/2017 della Quarta Sezione Civile, che era intervenuta in tema di competenza dell’azione ex art. 2467 co 1 c.c. esercitata dal curatore, ritenendo competente il Tribunale Fallimentare e non le sezioni specializzate.
Le Sezioni Unite ritengono, quindi, di poter applicare lo stesso percorso argomentativo anche in riferimento all’azione revocatoria di un atto di scissione esercitata dal curatore. Più nello specifico, l’art. 24 L.fall, nell’attribuire inderogabilmente alla competenza al Tribunale Fallimentare tutte le controversie che derivano dal Fallimento, intende far sì che tutte le controversie destinate - anche indirettamente - ad incidere sulla procedura concorsuale debbano essere risolte «all’interno» del fallimento stesso. Di conseguenza, l’azione ex art. 66 L.Fall., trattandosi di una controversia che trae origine dal fallimento, non può essere attribuita (alla luce del citato art. 24 L.Fall.) alla speciale competenza delle sezioni specializzate e deve essere devoluta alla competenza funzionale del tribunale che ha dichiarato il fallimento, dovendosi dirimere la controversia necessariamente in seno alla procedura concorsuale al fine di assicurarne l'unità della stessa nonché garantire la par condicio creditorum[21]
6. Conclusioni.
Sulla base delle osservazioni sinora svolte, è evidente come la pronuncia in commento abbia il merito di riordinare «definitivamente», fornendo un quadro chiaro e preciso, la disciplina in materia di riparto di competenza dell'azione revocatoria avente ad oggetto un atto di scissione societaria, superando così il criterio puramente oggettivo della natura dell'azione revocatoria posto a base delle ragioni dell'ordinanza di rimessione e privilegiando – di contro – un approccio funzionale che valorizzi la natura intrinsecamente societaria dell'atto impugnato.
In particolare, le conclusioni a cui arrivano gli Ermellini discendono da una interpretazione teleologica e sistematica dell'art. 3, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 168/2003 (come modificato dal D.L. 1/2012) e con le quali la Corte - pur riconoscendo la natura relativa dell'inefficacia prodotta dall'azione revocatoria e la sua focalizzazione sul pregiudizio al creditore - identifica la causa petendi quale elemento dirimente ai fini della competenza, fermo restando la competenza inderogabile del Tribunale Fallimentare in caso di azione proposta dal curatore fallimentare.
Fulcro argomentativo della decisione risiede nell'identificazione della ratio legis sottesa all'istituzione delle Sezioni Specializzate, che, orientata – come detto – alla concentrazione presso un giudice specializzato delle controversie ad elevata tecnicità in materia di impresa, depone univocamente in tal senso.
La pretesa creditoria – infatti – si fonda sull'asserita lesività di un atto intrinsecamente societario, quale la scissione e, conseguentemente, l'accertamento demandato al giudice trascende la mera verifica dei presupposti di cui all'art. 2901 c.c., implicando una disamina intrinseca delle dinamiche societarie sottese all'operazione di scissione, della sua conformità alla disciplina codicistica in materia di scissioni (artt. 2506 e ss. c.c.), nonché della sua idoneità a depauperare il patrimonio del debitore in pregiudizio delle ragioni creditorie, richiedendo una cognizione specialistica delle peculiarità del diritto societario, delle operazioni straordinarie di corporate restructuring e delle implicazioni economico-giuridiche connesse.
A ciò va aggiunto che la netta distinzione operata per l'azione revocatoria fallimentare, in ragione della prevalente esigenza di unitarietà della procedura concorsuale e di tutela della par condicio creditorum, si dimostra, inoltre, coerente con l’argomentazione operata della Corte, che ha affrontato la questione demandata sempre in una duplice ottica, quella meramente processuale e quella teleologica. Infatti, la conclusione di non attribuire la competenza dell’azione revocatoria (ordinaria o fallimentare) alle Sezioni Specializzate riconoscendo la competenza inderogabile del Tribunale Fallimentare, viene giustificata - da un punto di vista processuale - dalla preminenza attribuita al combinato disposto dagli artt. 24 e 66 (e 67) L.Fall; dal punto di vista teleologico, invece, la conclusione trova fondamento nella scelta del Legislatore di attribuire alla competenza del giudice concorsuale tutte le vicende collegate al fallimento (ora liquidazione giudiziale) in ragione della prevalente esigenza di unitarietà della procedura concorsuale e di tutela della par condicio creditorum.
In definitiva, la pronuncia delle Sezioni Unite fornisce una chiara indicazione nella definizione del riparto di competenza in una materia delicata e controversa, privilegiando una lettura funzionale della norma istitutiva delle Sezioni Specializzate in materia di impresa, ancorata alla natura intrinsecamente societaria dell'atto di scissione impugnato tramite azione revocatoria ordinaria. Allo stesso modo, la netta distinzione operata per l'azione revocatoria fallimentare, in ragione della prevalente esigenza di unitarietà della procedura concorsuale e di tutela della par condicio creditorum, evidenzia la complessità del sistema e la necessità di bilanciare diverse esigenze di specializzazione e di concentrazione processuale.
[1] Il D.L n. 1 del 2012, (successivamente convertito nella Legge n. 27 del 2012), noto anche come Decreto Liberalizzazioni, ha introdotto diverse novità per promuovere la concorrenza, lo sviluppo economico e la competitività delle società. Tra queste troviamo: la riduzione degli oneri amministrativi per le imprese e semplificazione delle attività economiche; il rafforzamento delle norme contro le clausole vessatorie e introduzione del rating di legalità per le imprese; la promozione della concorrenza nella gestione dei servizi pubblici locali e miglioramento della raccolta e del riciclo degli imballaggi. Nell’ottica della discussione in parola, la novità principale è stata l’istituzione delle Sezioni Specializzate in materia di impresa.
[2] Competenti, ex art. 3 comma 1 D.Lgs n. 168/2003, in materia di:
a) controversie di cui all'articolo 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni , ad esclusione delle azioni di merito e cautelari per le quali l'Accordo su un tribunale unificato dei brevetti, fatto a Bruxelles il 19 febbraio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C 175 del 20 giugno 2013, prevede la competenza esclusiva del tribunale unificato dei brevetti, fatto salvo il regime transitorio di cui all'articolo 83 del medesimo Accordo;
b) controversie in materia di diritto d'autore e di diritti connessi al diritto d'autore;
c) controversie di cui all'articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287;
d) controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell'Unione europea.
d-bis) controversie di cui al titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile.
3] Le ragioni dell’istituzione delle sezioni specializzate è da ricollegarsi alla volontà del Legislatore di ridurre i tempi di definizione dei procedimenti che vedevano protagoniste le società, che correggano il rischio di essere paralizzate da giudizi lunghi e complessi, in ragione soprattutto della specificità della materia. A tal fine, precisa la corte che, a norma del comma 2, per società ai fini della normativa in esame vanno intese le società «di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI, del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all'estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento età di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI, del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all'estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento». Vengono quindi escluse le società di persona, salvo che le stesse non esercitino attività di direzione e coordinamento di società di capitali o siano sottoposte dalle stessa a direzione e coordinamento.
Per un approfondimento si veda Panzani L., le Sezioni Specializzate in materia d'impresa, in Giurisprudenza merito, fasc.9, 2012.
[4] che attribuisce le competenze delle sezioni specializzate ”per le cause e i procedimenti:
a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma, 2482, secondo comma, 2447-quater, secondo comma, 2487-ter, secondo comma, 2503, secondo comma, 2503-bis, primo comma, e 2506-ter del codice civile;
b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti;
c) in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall'articolo 2341-bis del codice civile;
d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano;
e) relativi a rapporti di cui all'articolo 2359, primo comma, numero 3), all'articolo 2497-septies e all'articolo 2545-septies del codice civile;
f) relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle società di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdizione del giudice ordinario.”[5] per cui “Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2”
[6] Infatti, l’utilizzo dei termini «cause» e «procedimenti» denota l’intenzione di attribuire la competenza sia per i contenziosi che per le ipotesi di volontaria giurisdizione; in secondo luogo, l’espressione «rapporti societari» ha un contenuto vago che deve essere riempito dall’interprete in base alle circostanze del caso specifico. Allo stesso modo il Legislatore anche nel D.lgs n. 5/2003 – che introduceva nuove norme procedurali per le controversie in materia di diritto societario, intermediazione finanziaria, e ambiti bancari e creditizi – aveva utilizzato l’espressione generica «rapporti sociali» al fine di ampliare l’ambito di applicazione della nuova normativa.
[7]Alla stessa conclusione si era giunti anche in dottrina e giurisprudenza con riguardo all’utilizzo dell’espressione simile in riferimento al d.lgs n.5/2003, ove l’art.1 co 1, lett. A). La norma è strutturalmente sovrapponibile alla disposizione in esame, nella quale, la locuzione «rapporti societari» equivale concettualmente a quella di «rapporti sociali» utilizzata nel d.l. 1/2012. Infatti, la giurisprudenza formatasi intendeva per rapporti societari quelle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell'organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto di società e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, mentre vanno esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion d'essere negli ordinari rapporti giuridici che una società può contrarre al pari di ogni altro soggetto. Per un approfondimento sul tema, si veda Cass. 25 settembre 2013, n. 21903; Cass. 1 giugno 1993, n. 6107; Cass. 19 marzo 1982, n. 1475; di recente, cfr. Cass. 13 febbraio 2024, n. 4007).
[8] Conseguentemente, in pendenza di un procedimento innanzi le Sezioni Specializzate, possono rivestire il ruolo di parti sia la società/soci ma anche soggetti estranei alla stessa. Infatti il D.l n1/2012, come del resto anche il d.lgs. n. 168 del 2003, alle cause e ai procedimenti concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, consente di affermare che tali giudizi sono devoluti alla competenza della sezione specializzata anche quanto siano promossi da (o vedano comunque coinvolti) terzi che non siano soci, né soggetti che abbiano assunto la qualità di organi della società.
Sempre secondo lo stesso percorso logico la competenza delle Sezioni Specializzate è da attribuirsi nel caso di opposizione da parte dei creditori sociali e dei possessori di obbligazioni sociali e nell’ipotesi di azione di responsabilità contro gli amministratori ovvero gli altri soggetti indicati nell’art. 3 D.l. 1/2012. Anche in questi casi, le ragioni dell’attribuzione alle sezioni specializzate risiede nel fatto che entrambe incidano direttamente sull’organizzazione della società. Infatti, col vittorioso esperimento dei richiamati rimedi le delibere di riduzione del capitale sociale, di revoca dello stato di liquidazione, di fusione e di scissione della società, che programmano un mutamento di assetto dell’ente, sono private di effetti erga omnes: le relative azioni sono quindi direttamente incidenti sull’organizzazione della società. Tali azioni mirano – infatti – all’accertamento della responsabilità di soggetti che svolgono particolari funzioni all’interno della società: responsabilità che ha natura extracontrattuale. Sul punto Cass. 4 dicembre 2015, n. 247, Cass. 12 giugno 2019, n. 15822).
9] sul punto si veda Cass., VI Sez. Civ. Sent n. 2754/2020.
[10] sul punto si veda Cass., Sez. VI, Ord. n. 8661/2020.
[11] Lo stesso percorso argomentativo è stato, tra l’altro, posto alla base della simulazione del trasferimento di un ramo d'azienda (si veda Cass., Sez. VI, Ord. n. 22149/2020).
[12] In tale ottica, infatti, l'inefficacia non costituisce una forma di tutela di una parte del negozio contro l'altra, ma una forma di tutela di terzi estranei al rapporto e che non sono aventi causa di una delle parti negoziali, i quali esercitano un diritto loro conferito autonomamente dalla legge in virtù della loro posizione di creditori insoddisfatti e, in caso di revocatoria fallimentare, dal fallimento del debitore.
[13] A chiarimento della premessa fatta dalle Sezioni Unite e per quanto qui d’interesse e senza pretesa di esaustività, occorre rilevare che secondo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario si è ritenuto ammissibile il regolamento di competenza d'ufficio unicamente quando il secondo giudice non solo si ritenga a sua volta incompetente per materia, ma ritenga competente per materia il primo giudice ovvero un terzo giudice. Nel caso in esame gli Ermellini hanno ritenuto il regolamento di competenza d’ufficio ammissibile in quanto la Sezione Specializzata del Tribunale di Bologna riteneva, in base allo stesso criterio di competenza per materia utilizzato dal Tribunale di Parma, competente il primo giudice. Per un approfondimento sul punto ex multis si vedano Corte costituzionale Sentenza n. 361/1989, Cass. n. 1202/2018
[14] Norma questa introdotta dal Legislatore al fine di conferire stabilità alle scissioni societarie (e alle fusioni) ritenendo che i diritti dei creditori fossero comunque tutelati dalla normativa che da una parte consente loro di opporsi all’operazione, e per altro aspetto prevede la responsabilità solidale delle società scisse in ragione di quanto loro assegnato.
[15] Per un approfondimento sulle due posizioni si veda Ruotolo A., Boggiali D.,(In)compatibilità fra scissione e azioni revocatorie, Rivista del Notariato, fasc.5, 2016, pag. 945
[16] in senso conforme si veda ex multis Cass. Civ., III Sez. Sent. n.2153/2021.
[17] Tale provvedimento è stato emesso a seguito del rinvio pregiudiziale con il quale la Corte d'Appello di Napoli - aveva sottoposto alla Corte del Lussemburgo un quesito circa gli artt. 12 e 19 della sesta direttiva di armonizzazione del diritto societario, dedicati, rispettivamente, alla predisposizione di un "adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti" e alla definizione dei limiti del "regime di nullità della scissione". Segnatamente, la Corte d'Appello di Napoli ha chiesto alla Corte di giustizia dell'Unione Europea di affermare se la nullità di cui all'art. 19 sia riferibile solo alle ipotesi di invalidità dell'operazione di scissione o se, invece, contempli nel proprio alveo applicativo anche l'inefficacia relativa o l'inopponibilità.
Per un approfondimento si veda Pototschnig P., La revocabilità della scissione all'esame della Corte di Giustizia Europea, in Foro It., 2018, I, 1754; Fimmanò F., La Corte di Giustizia chiamata a salvare la scissione societaria dalle revocatorie, in iSoc., 2018, 1411; Sarale M., Scissione e azione revocatoria: richiesto l'intervento della Corte di Giustizia in Giur. Comm., 2019.
[18] La Corte di Giustizia ha altresì precisato che l'azione revocatoria, in quanto rimedio che non incide sulla validità della scissione, non determina la nullità della stessa e non produce effetti nei confronti di tutti, non rientrando, quindi, nella nozione di nullità di cui all'articolo 19 della sesta direttiva. A norma dell'art. 19, infatti, la nullità della scissione «può essere dichiarata in tre casi: (i) per mancanza di controllo preventivo di legittimità, giudiziario o amministrativo; (ii) per difetto di atto pubblico; (iii) se è accertato che la deliberazione dell'assemblea che ha approvato il progetto di scissione è nulla o annullabile in forza del diritto nazionale applicabile».
[19] Sul punto si veda Cass. n. 23180/2006.
[20] Sul punto vedi ex multis Cass. n. 4495 n. 4495/1978,; Cass. 24 gennaio 1979, n. 527; Cass. 21 maggio 1980, n. 3344; Cass. 13 ottobre 1980, n. 5489; Cass. 25 giugno 1987, n. 5604; Cass. 21 marzo 1997, n. 2509
[21] In tale ottica, infatti, l’esperimento dell’azione revocatoria è un interesse diretto dei creditori, potendosi gli stessi rifarsi sulla massa attiva recuperata.
Bibliografia
Campobasso G. F., Diritto commerciale, II, Diritto delle società, Torino, 2024
De Luca N., La revocatoria della scissione secondo la Corte Ue. Prime riflessioni. Nota a sent. CGUE sez. II 30 gennaio 2020 (causa C-394/18), in Foro it., 2020, 4, 202 ss
De Pamphilis M., Ammissibile l'azione revocatoria ordinaria contro l'atto di scissione societaria. Nota a ord. Cass. civ. sez. I 4 dicembre 2019 n. 31654, in Corr. giur., 2020, 6, 822 ss
Fimmanò F., La Cassazione scivola sulla revocatoria "selettiva" della scissione, in giustiziacivile.com dell’8 gennaio 2020
Fimmanò F., Corte di giustizia e revocatoria preferenziale della scissione, in Riv. not., 2020, 2, 115 ss
Panzani L., le Sezioni Specializzate in materia d'impresa, in Giurisprudenza merito, fasc.9, 2012, pag. 1785B
Ruotolo A., Boggiali D.,(In)compatibilità fra scissione e azioni revocatorie, Rivista del Notariato, fasc.5, 2016, pag. 945