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Pubbl. Lun, 14 Ago 2023
Sottoposto a PEER REVIEW

Il contratto di assicurazione sulla vita e la qualificazione della prestazione a favore degli eredi del beneficiario premorto

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Davide Ianni
Praticante NotaioUniversità degli Studi dell´Aquila



Il presente articolo esamina la recente pronuncia della Corte di Cassazione del 27/04/2023 n. 11101, con cui i giudici di legittimità sono tornati a chiarire i contorni giuridici del contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo, delineandone i profili di contatto e le profonde differenze con gli istituti del diritto successorio, nonchè le vicende negoziali ad essi connessi in caso di premorienza, rispetto al contraente, del terzo beneficiario della polizza e della natura iure hereditatis o iure proprio dell´acquisto relativo alla prestazione assicurativa da parte del terzo beneficiario stesso nonchè dei suoi eredi.


ENG

The life insurance contract and the qualification of the benefit in favor of the heirs of the predeceased beneficiary

This article examines the recent ruling of the Supreme Court of Cassation n. 11101/2023, in which the judges of Legitimacy returned to clarify the legal contours of the third-party life insurance contract, outlining its contact profiles and profound differences with the institutes of inheritance law as well as the negotiating events related to them in the event of the premorience, with respect to the policyholder, of them in the third-party beneficiary of the police and the nature iure hereditatis or iure proprio of the right to it and the manner of determining the quantum of the shares concerning the insurance benefit.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Il contratto di assicurazione: nozioni generali; 3. L’assicurazione sulla vita: excursus storico-giuridico; 4. Gli istituti giuridici dell'ordinamento successorio; 5. Premorienza del terzo beneficiario dell'assicurazione della vita: Cassazione n. 11101 del 2023; 5.1 Il fatto; 5.2 Le problematiche giuridiche; 6. Conclusioni.

1. Introduzione

Con ordinanza del 27 aprile 2023 n.11101, la Suprema Corte di Cassazione è tornata ancora una volta a pronunciarsi - dopo il recente intervento delle Sezioni Unite nel 2021[1] - sulla tematica inerente al contratto di assicurazione sulla vita.

Si evince, infatti, con chiarezza come i giudici di legittimità, in continuità con l’orientamento già richiamato, abbiano contribuito a sviluppare il ragionamento giuridico già espresso dalla stessa Cassazione, al fine di precisarne alcuni elementi che erano rimasti al di fuori dalla precedente disamina.

In particolare, dopo aver ribadito e consolidato l’orientamento[2] secondo cui il contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzi beneficiari possa essere ricompreso nell’alveo del meccanismo proprio del contratto a favore di terzo, i giudici si sono interrogati sull'applicabilità dell’art.1412, secondo comma c.c. ai casi in cui il beneficiario dell’assicurazione muoia prima dello stipulante, nonché sulla natura dell’eventuale acquisto (iure hereditatis o iure proprio), con le relative conseguenze giuridiche.     

2. Il contratto di assicurazione[3]: nozioni generali

Nella categoria dei contratti aleatori rientra a pieno titolo il contratto di assicurazione con il quale un soggetto (assicuratore) a fronte di un pagamento di una somma di denaro – denominata premio – si obbliga a rivalere e tenere indenne un altro soggetto (assicurato), entro dei limiti prestabiliti convenzionalmente, dalle conseguenze di alcuni eventi specifici e ben individuati.

Più in particolare, è possibile individuare diverse tipologie di contratto di assicurazione: i) l’assicurazione contro i danni, in cui l’assicurato è tenuto indenne da eventuali danni ad esso cagionati da un sinistro; ii) l’assicurazione contro la responsabilità civile, in cui l’assicuratore si obbliga a risarcire il danno cagionato dall’assicurato verso terzi; iii) l’assicurazione sulla vita, nella quale l’assicuratore si obbliga a corrispondere un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita dell’assicurato.

Come già accennato in precedenza, il contratto di assicurazione, in qualsiasi variante esso sia stipulato, è caratterizzato da un elemento fortemente aleatorio, dato che la causa negoziale di tale categoria di contratto è costituita dal trasferimento del rischio o alea economica sottesa al negozio stesso dalla sfera giuridica dell’assicurato a quella dell’assicuratore.

La prestazione assicurativa è pertanto soltanto eventuale, restando pienamente condizionata e subordinata al verificarsi dell’evento dedotto nel contratto.

È lo stesso legislatore che all’art.1895 c.c. statuisce che l’inesistenza originaria o successiva (ma comunque anteriore alla stipulazione del contratto) del rischio comporta la nullità del contratto medesimo.

La disciplina generale del negozio assicurativo è contenuta infatti all’interno del Libro IV, titolo III, capo XX, sezione I del vigente codice civile[4].

L’art. 1888 c.c. richiede la forma scritta ad probationem, potendo poi la polizza essere all’ordine o al portatore (art. 1889 c.c.).

Si tratta dunque di un contratto tipico ed a forma libera, consensuale, a effetti obbligatori, di durata, normalmente bilaterale, a titolo oneroso, a prestazioni corrispettive e aleatorio.

L’individuazione specifica dell’oggetto del contratto è molto rilevante in tema di assicurazione, in quanto costituisce il perimetro stesso entro cui l’assicuratore dovrà rispondere: il rischio dovrà essere specificato e ben determinato secondo criteri di vario ordine (causale, spaziale e temporale) tali da consentire di delineare con certezza l'evento sotteso al meccanismo di protezione dell’assicurazione.

3. L’assicurazione sulla vita[5]: excursus storico-giuridico

Il contratto di assicurazione sulla vita è caratterizzato dagli stessi elementi previsti dalla disciplina generale per il contratto di assicurazione, ma ha delle peculiarità aggiuntive. In particolare, tale tipologia di assicurazione potrà aversi: i) per il caso di morte: in cui l’assicuratore si impegna a versare una somma o una rendita nel caso in cui l’evento morte avvenga entro una determinata età; ii) per il caso di vita: in tal caso la prestazione consisterà nella dazione di una somma o rendita a partire dal raggiungimento di una data età.

A tal proposito, è necessario precisare che il contratto di assicurazione può avere ad oggetto anche la vita di un terzo, purché vi sia il consenso del suo titolare, come espressamente previsto dall’art.1919, secondo comma del codice civile.

È riconosciuto dall'art.1920 c.c. anche il contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzi, nel quale le parti contraenti convengono che, alla morte dell’assicurato, la somma sia attribuita ad un terzo beneficiario designato dall’assicurato stesso nell’ambito della polizza.

La dottrina ha avuto modo di precisare come tale fattispecie contrattuale rivesta la medesima struttura del contratto a favore di terzo.

Di conseguenza, l'acquisto del diritto da parte del beneficiario all’indennità oggetto della polizza assicurativa è compiuto in forza del contratto stesso di assicurazione, quale diritto che sorge iure proprio in capo al beneficiario a seguito della semplice individuazione e nomina da parte dell’assicurato-stipulante.

Tale diritto, infatti, non è preesistente alla morte del contraente, bensì sorge solo successivamente alla sua morte e nasce quale diritto di credito direttamente nella sfera giuridica del beneficiario.

Da tale conclusione, si evince che i creditori del defunto, nonché i suoi eredi, non possono vantare alcuna pretesa sull’indennità assicurativa spettante al beneficiario, poiché essa non è mai transitata dal patrimonio del de cuius, bensì è nata direttamente in capo al beneficiario.

Specificamente, in materia di assicurazione sulla vita, nel recente passato, si era posto un importante dibattito circa la corretta modalità di individuazione dei beneficiari, nonché dell’esatta consistenza delle quote spettanti a quest'ultimi, laddove lo stipulante avesse designato gli stessi rinviando alla locuzione generica eredi legittimi.

In particolare, in tali fattispecie, la stessa Cassazione non riusciva a fornire una soluzione univoca, trovandosi in una situazione di contrasto interno con la conseguente necessità di adire l’intervento delle Sezioni Unite.

Al fine di ricostruire la natura giuridica e la disciplina del contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo, è necessario ripercorrere il ragionamento giuridico seguito dalla Corte di Cassazione per giungere alla soluzione prospettata nel 2021.

L'ordinanza interlocutoria n.33195/2019 del 16 dicembre 2019 richiamava i precedenti della Cassazione inerenti alla questione della individuazione dei beneficiari e della misura dell'indennizzo da liquidare in loro favore, con particolare riguardo al caso in cui le polizze facciano riferimento agli eredi legittimi.

Nello specifico, l'ordinanza riportava i passaggi argomentativi contenuti nella risalente sentenza n.9388 del 1994, secondo la quale nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore del terzo (cui si applica la disciplina dell'assicurazione sulla vita) la disposizione contenuta nell'art.1920 c.c., comma 3, deve essere interpretata nel senso che il diritto del beneficiario alla prestazione dell'assicuratore trova fondamento nel contratto ed è autonomo rispetto a quello del contraente.

Pertanto, quando in un contratto di assicurazione contro gli infortuni, compreso l'evento morte, sia stato previsto, fin dall'origine, che l'indennità sia liquidata ai beneficiari designati o, in difetto, agli eredi, tale clausola andrebbe intesa nel senso che il meccanismo sussidiario di designazione del beneficiario è idoneo a far acquistare agli eredi i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore.

L'individuazione dei beneficiari-eredi andrebbe, poi, effettuata attraverso l'accertamento della qualità di erede secondo i modi tipici di delazione dell'eredità (testamentaria o legittima) e le quote tra gli eredi, in mancanza di uno specifico criterio di ripartizione, dovrebbero presumersi uguali, essendo contrattuale la fonte regolatrice del rapporto e non applicandosi, quindi, la disciplina codicistica in materia di successione con le relative quote.

Tale approccio interpretativo è stato assecondato dalla successiva sentenza n.15407 del 2000.

Tuttavia, si è formato un orientamento contrario con la sentenza n.19210 del 2015, con la quale la Cassazione ha sostenuto che, ove nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore di terzo sia prevista, in caso di morte dello stipulante, la corresponsione dell'indennizzo agli eredi testamentari o legittimi, occorre presumere che le parti abbiano non solo voluto individuare, con riferimento alle concrete modalità successorie, i destinatari dei diritti nascenti dal negozio, ma anche determinare l'attribuzione dell'indennizzo in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto.

Il cambio di rotta si è avuto nuovamente con la sentenza n.26606 del 2016 e con l'ordinanza n.25635 del 2018, con cui la Cassazione si è nuovamente riassestata sull'orientamento più risalente del 1994.

La questione è, infine, giunta alle Sezioni Unite.

In primo luogo, i giudici della Suprema Corte hanno precisato che l’art.1920 c.c. è riconducibile alla più generale figura del contratto a favore di terzi, con la differenza che il terzo nell'assicurazione sulla vita acquista il suo diritto ai correlati vantaggi, e dunque all'indennità, per effetto non della stipulazione, ma della designazione.

Il diritto del beneficiario, perciò, nasce in suo favore dal contratto, sicché egli può rivolgersi direttamente al promittente assicuratore per ottenere la prestazione, restando comunque vincolato alle clausole e alle pattuizioni contenute nella polizza di assicurazione che ne definiscono l'estensione e le modalità di esercizio[6].

In tale solco interpretativo, la Cassazione - richiamando il precedente del 1994[7] - sostiene con forza l'erroneità della ripartizione delle quote di indennizzo in base alle proporzioni dettate dal concorso degli eredi nella successione legittima, dal momento che mediante tale attuazione pratica si trascurava che l'acquisto del diritto ai vantaggi dell'assicurazione trovava il proprio titolo e la rispettiva fonte regolatrice nel solo contratto e non anche nelle norme della successione.

In particolare, si afferma nuovamente che la generica designazione degli eredi quali beneficiari del contratto di assicurazione sulla vita vale unicamente ad individuare i soggetti titolari dei diritti nascenti dall'assicurazione attraverso il previo accertamento della qualità successoria secondo i modi tipici di delazione dell'eredità, testamentaria o legittima, senza tuttavia implicare una sorta di rinvio materiale alla disciplina in materia di successione.

L’unica fonte regolatrice dell'acquisto dell’indennità è il contratto di assicurazione e laddove esso contempli una pluralità di beneficiari rispetto all'indennità dovuta dall'assicuratore per il caso di morte dello stipulante, in mancanza di uno specifico criterio di ripartizione delle quote fra i beneficiari medesimi, le quote stesse dovranno presumersi uguali.

Conseguentemente, la clausola recante la generica designazione degli eredi quali beneficiari dei vantaggi dell'assicurazione sulla vita, delineando una pluralità di creditori per una identica prestazione divisibile ed un’identica causa credendi, dà luogo ad un'obbligazione soggettivamente collettiva[8], potendosi presumere uguale, secondo regola generale, la quota d'indennizzo spettante a ciascuno.

Inoltre, secondo un orientamento[9] giurisprudenziale immediatamente successivo alla pronuncia de qua, si è ulteriormente consolidato tale indirizzo, ritenendo che, in difetto di diverso espresso dettaglio negoziale, una siffatta designazione si concretizza in una mera specificazione del criterio di individuazione dei terzi beneficiari, determinati soltanto per relationem.

Non si rinverrebbe, dunque, la connotazione tipica del negozio mortis causa, vale a dire la manifestazione della volontà di disporre, a favore dei propri eredi, di un bene del quale si presupponga l'appartenenza - presente o futura - al proprio patrimonio.

Pertanto, neppure avrebbero rilevanza alcuna per indentificare i beneficiari dei vantaggi dell'assicurazione le vicende collegate alla rinunzia o all'accettazione dell'eredità, decisiva essendo, piuttosto, la qualifica di chiamato all'eredità rivestita al momento della morte del contraente, atteso che comunque l'indennizzo non entra a far parte del patrimonio del defunto.

In tal modo, pertanto, l’orientamento del 1994 sembrava trovare conforto anche in numerose sentenze successive[10], rafforzando dunque il ragionamento giuridico sotteso alla pronuncia del 1994.

Successivamente, tuttavia, tale linea interpretativa è stata scalfita dalla citata sentenza del 2015[11], in cui invece si riteneva del tutto erroneo l’orientamento precedente, definendo lo stesso privo di giustificazione sul piano dell'esegesi letterale, atteso che, secondo il senso letterale dell'espressione erede quest'ultima non può che implicare un riferimento non solo al modo in cui tale qualità è stata acquisita e, quindi, alla fonte della successione, ma anche alla dimensione di tale acquisizione e, dunque, al valore della posizione ereditaria secondo quella fonte.

Tale statuizione non è stata, tuttavia, seguita dalle successive pronunce[12] della Cassazione, che si sono collocate in continuità con l’orientamento originario del 1994.

Dopo aver ripercorso la storia giurisprudenziale del dibattito, le Sezioni Unite del 2021 hanno precisato che - a differenza di quanto si è sostenuto sotto la vigenza del vecchio codice civile del 1865 - l'atto di designazione del beneficiario dei vantaggi di un'assicurazione sulla vita, qualunque sia la forma prescelta fra quelle consentite dall'art.1920 c.c., comma 2, si sostanzia in un negozio inter vivos con effetti post mortem[13]: la morte dell'assicurato segna il riferimento cronologico di differimento dell'esecuzione della prestazione assicurativa e di consolidamento del diritto già acquistato dal beneficiario in forza della designazione, restando la somma assicurata comunque estranea al patrimonio del de cuius che cade in successione.

Si giunge ora al nodo che più interessa da vicino la fattispecie in commento.

Da tale conclusione, infatti, la Cassazione ha precisato che il contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzi rientra a pieno nella categoria del contratto a favore di terzi, ai sensi dell’art. 1411 c.c.

Tuttavia, mentre l'art.1411, comma 2 c.c. (salvo patto contrario) delinea l'acquisto del diritto verso il promittente in capo al terzo quale effetto della stipulazione del contratto, l'art. 1920, ultimo comma c.c. definisce effetto della designazione (che può farsi - e in ciò vi è altro tratto distintivo - anche dopo il contratto, con apposita dichiarazione o per testamento) l'acquisto del diritto del beneficiario ai vantaggi dell'assicurazione.

Nella figura negoziale in oggetto la designazione del terzo è elemento strutturale essenziale, o comunque normale, dell'assicurazione sulla vita per il caso morte, dovendo la prestazione essere attribuita a persona diversa dallo stipulante.

In tal modo, la Cassazione a Sezioni Unite espone i seguenti principi di diritto: «La designazione generica degli "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dell'art. 1920 c.c., comma 2, comporta l'acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all'assicuratore per individuare i creditori della prestazione.

La designazione generica degli "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell'indennizzo assicurativo.

Allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo».

4. Gli istituti giuridici dell'ordinamento successorio[14]

Chiarito pertanto il sostrato giuridico in cui si dipana l’indagine in oggetto, si può ora passare ad analizzare gli istituti giuridici dell’ordinamento successorio sottesi al caso di specie.

In particolare, come si è già avuto modo di esporre, una parte della dottrina e della giurisprudenza di legittimità hanno affrontato il rapporto sussistente tra il contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzi beneficiari e le regole del diritto successorio.

In primo luogo, è opportuno ripercorrere la distinzione tra negozio mortis causa e negozio post mortem.

Il negozio si definisce mortis causa quando i suoi effetti giuridici si producono solo dal momento della morte e la sua funzione si riduce alla regolamentazione della sorte dei diritti e dei rapporti patrimoniali.

Il testamento è il negozio a causa di morte per eccellenza e costituisce l'unico strumento lecito[15], con cui il de cuius possa disporre delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere, così come previsto all’art. 457, primo comma c.c. e art. 458 del vigente codice civile.

Diversamente, accanto a tale figura, si affianca un’altra e differenze fattispecie negoziale: il negozio c.d. post mortem.

Tali atti sono l’eccezione: essi non si identificano nel negozio testamentario, tuttavia, non assumono alcuna rilevanza se non successivamente alla morte del de cuius e non producono effetto fino all’apertura della sua successione.

La stessa Cassazione[16] attribuisce tale qualifica alla designazione del terzo beneficiario dell’assicurazione, sia laddove essa sia contenuta in un testamento sia ove essa sia inserita in un normale contratto.

La morte dell’assicurato, infatti, segna il confine temporale rispetto al quale è differita l’esecuzione della prestazione assicurativa (ossia il pagamento dell’indennizzo), nonché il terzo beneficiario acquisterà il diritto all’indennizzo stesso in virtù della designazione.

Un altro istituto ripreso dalla dottrina è quello dell’accrescimento.

In particolare, coloro che abbracciavano la tesi, oggi superata, secondo cui l’individuazione generica dei beneficiari come eredi legittimi comportasse l’applicazione delle regole sulla successione - sia per la loro designazione che per l’entità delle quote dell’indennità assicurativa - ritenevano altresì che, in assenza di uno o più beneficiari, operasse l’accrescimento.

Tale istituto è disciplinato dagli articoli 674 e seguenti del codice civile e trova la sua collocazione naturale nell’ambito della successione testamentaria, mentre è ancora discusso se esso possa trovare cittadinanza anche nella successione necessaria (art. 522 e 523 c.c.).

In particolare, la ratio sottesa all’istituto dell’accrescimento si annida per alcuni[17] in una presunzione, da parte del legislatore, circa la volontà del testatore secondo cui, in mancanza di un chiamato, egli avrebbe disposto a favore degli altri, accrescendone la relativa quota ereditaria (teoria soggettiva) mentre per altri è dovuta semplicemente all’adozione di un criterio esterno secondo il quale l’accrescimento opererebbe come criterio legale di preferenza, trovando la propria giustificazione nella chiamata congiuntiva di più soggetti (teoria oggettiva).

Nella fattispecie in oggetto, i fautori della tesi contraria all’orientamento del 1994, ripreso poi dalle SS.UU. del 2021, ritenevano che laddove il terzo beneficiario, designato insieme ad altri beneficiari, premorisse all’assicurato, la sua quota - in applicazione di quanto previsto dalle regole successorie - si sarebbe accresciuta a beneficio degli altri designati.

Tuttavia, tale tesi, che già poneva diversi dubbi interpretativi, è stata definitivamente superata con la statuizione delle richiamate Sezioni Unite, le quali hanno posto il meccanismo di individuazione del terzo beneficiario quale semplice erede, al di fuori della dinamica successoria, con la conseguenza che allo stesso non si applicherà la disciplina prevista in tema di accrescimento della quota ereditaria.

Nel caso in cui il de cuius contragga una polizza assicurativa sulla vita, laddove egli abbia individuato i propri eredi quali terzi beneficiari dell’assicurazione, si potranno verificare due fattispecie: morte del terzo beneficiario successivamente allo stipulante, ma prima dell’accettazione dell’eredità oppure morte del terzo beneficiario prima dello stipulante, ma successivamente alla stipula dell’assicurazione.

Preliminarmente deve essere precisato che in entrambi i casi il diritto alla somma sorge direttamente in capo al terzo beneficiario, per le ragioni già precisate in precedenza.

La prestazione assicurativa, infatti, non è trasmessa dal patrimonio del contraente/assicurato-de cuius a quello degli eredi, ma sorge in forza dello stesso contratto di assicurazione.

Tuttavia, nel primo caso (morte del terzo beneficiario successiva allo stipulante ma prima dell’accettazione dell’eredità), si parla di trasmissibilità del diritto di credito.

La pretesa sorge in forza della designazione del terzo da parte dello stipulante all’interno del contratto di assicurazione e consiste nella somma predisposta dalla polizza in favore del terzo beneficiario.

In caso di morte di quest’ultimo prima dell’accettazione dell’eredità del de cuius-stipulante, il diritto alla somma assicurativa si trasmette come qualunque altro diritto di credito in favore dei suoi eredi.

Diversamente, nel secondo caso (morte del terzo beneficiario prima dello stipulante, ma successiva alla stipula dell’assicurazione), entrerà in gioco l’istituto della rappresentazione.

In tali casi, infatti, il diritto è già entrato nella sfera giuridica del terzo.

Il diritto alla prestazione sorge automaticamente in favore del terzo beneficiario, dal momento che, come già profusamente esposto, il contratto di assicurazione a favore del terzo rientra nel meccanismo dell’art. 1411 e art. 1412 del codice civile.

Tutto ciò posto, la fattispecie in oggetto rientra nella figura tipica del contratto di assicurazione e come tale essa è trasmissibile mortis causa.

Si parla infatti di successione nei contratti.

La vicenda successoria, tuttavia, riguarderà gli eredi del terzo beneficiario e non anche quest’ultimo in prima persona dal momento che esso, come più volte ribadito, acquisisce il diritto alla somma assicurativa direttamente a seguito del verificarsi dell’evento dedotto nella polizza in forza della designazione a suo favore da parte dello stipulante.    

5. Premorienza del terzo beneficiario dell'assicurazione sulla vita: Cassazione n.11101 del 2023[18]

Nell’indagine svolta nei paragrafi precedenti si è più volte citato l’orientamento delle SS.UU. del 2021[19].

È giunto adesso il momento di disporre nuovamente tale pronuncia al centro del dibattito al fine di analizzare le considerazioni nella stessa contenute in merito al tema della premorienza del terzo beneficiario rispetto allo stipulante del contratto di assicurazione.

Tale concetto è infatti stato oggetto della pronuncia della Cassazione in commento del 2023 ed è interessante in questa sede comparare le diverse ricostruzioni ed i differenti punti d’esame che vengono esposti dai giudici di legittimità sul medesimo tema.

Come si è già avuto modo di precisare, a ben vedere, è opportuno evidenziare le importanti differenze che connotano le due pronunce.

La Cassazione sembrerebbe aderire all’orientamento, proposto da gran parte della dottrina, che afferma l'omogenea natura inter vivos all’atto di designazione del terzo beneficiario, quale atto unilaterale posto in essere dallo stipulante.

Inoltre, nella medesima sede, è ribadito come la morte dello stipulante, in sostanza, vale unicamente a dare efficacia al diritto già acquisito dal beneficiario.

Essa richiedeva, pertanto, l’applicazione dei criteri per l’individuazione della quota di legittima, sostenendo che ad essa, in quanto concorrente con gli eredi del fratello premorto, spettasse la metà dell'indennizzo.

Il giudice di prime cure rigettava la domanda con sentenza, confermata anche dalla competente Corte d’Appello, la quale precisava che «la mera individuazione dei beneficiari col ricorso alla qualità di eredi legittimi (naturalmente alla morte dell'assicurato) non consente, proprio per la natura autonoma del diritto, di interpretare la volontà del disponente fino a ricomprendere, in quella dizione, non solo il criterio di individuazione, ma anche di ripartizione dell'indennizzo».

A questo punto la ricorrente presentava ricorso per Cassazione.

5.2 Le problematiche giuridiche

Chiarito il sostrato fattuale da cui si dipana il caso in oggetto, si può ora procedere all’indagine della pronuncia in commento.

Quanto al perimetro d’indagine, la ricorrente individua le proprie ragioni nella presunta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1366 e 1920 c.c., assumendo che il provvedimento impugnato ha interpretato in modo contrario alle dette norme il significato da attribuire alla clausola di designazione dei beneficiari contenuta nei quattro contratti di assicurazione («beneficiari gli eredi testamentari e, in mancanza, gli eredi legittimi»), così giungendo a ripartire le indennità in modo non conforme alla volontà del defunto contraente.

Nel caso in esame, la controversia sorge dalla circostanza secondo la quale la stipulante-assicurata, nel sottoscrivere i quattro contratti di assicurazione sulla vita a favore dei propri «eredi legittimi», avrebbe inteso designare la propria sorella (odierna ricorrente) ed il proprio fratello.

Tuttavia, a seguito della premorienza di quest’ultimo rispetto alla contraente, al momento dell’attivazione del meccanismo di cui all’art. 1920 c.c. (e quindi al successivo momento della morte della stipulante), subentravano per rappresentazione i tre figli di quest’ultimo (nipoti ex fratre della stipulante).

Inoltre, nel caso di specie, vi era un’ulteriore problematica poiché uno dei tre figli era premorto al padre e pertanto succedevano, a sua volta per rappresentazione a quest’ultimo, i suoi tre figli. In questo modo pertanto da due eredi originari (e conseguente ripartizione in due parti uguali della somma oggetto dei quattro contratto di assicurazione sulla vita) si è passati complessivamente a sei eredi (la sorella beneficiaria, gli eredi in rappresentazione del fratello premorto e gli eredi in rappresentazione del figlio premorto del suddetto fratello).

In tal modo la quota, che originariamente doveva essere divisa solo a metà, si è ritrovata ad essere suddivisa in sei unità, diminuendo considerevolmente la quota spettante alla sorella ricorrente.

Tale precisazione è utile soprattutto se si considera che le Sezioni Unite sono intervenute con riferimento ad un'ipotesi parzialmente diversa, seppur attinente alle medesime problematiche, in cui l'assicuratore aveva ripartito l'indennizzo, in parti eguali, fra i cinque eredi dell'assicurato, ossia il fratello e i quattro nipoti (figli di una sorella già deceduta all'epoca in cui era stata stipulata la polizza assicurativa).

In tale fattispecie, i giudici di merito avevano ritenuto che al fratello dell'assicurato spettasse la metà della somma assicurata e avevano, pertanto, condannato l'assicuratore a versare all'attore la differenza fra quanto già erogato e la metà dovutagli.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell'assicuratore affermando che, nel caso in cui uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuoia al contraente, la prestazione da eseguire a favore degli eredi del premorto va commisurata alla quota che sarebbe spettata a quest'ultimo.

La ricorrente odierna invece richiama la già citata Cassazione del 2015 secondo la quale si sarebbe dovuto privilegiare il dato interpretativo soggettivo inteso «evidentemente a correlare l'attribuzione dell'indennizzo ai soggetti indicati come eredi in misura proporzionale alla quota ereditaria ad essi astrattamente spettante».

Tuttavia, i giudici di legittimità, interpellati nuovamente sul punto, ribadiscono l’esistenza di un pacifico superamento di tale arresto, citando espressamente la più volte richiamata Cassazione a Sezioni Unite del 2021.

La Suprema Corte, nel richiamare il menzionato orientamento - oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità soprattutto a seguito del recente intervento a Sezioni Unite – condivide e sostiene i principi di diritto espressi in tale sede.

Nello specifico, la Suprema Corte ribadisce come la designazione generica degli «eredi» come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dal comma 2 dell'art. 1920 c.c., comporta l'acquisto di un diritto c.d. iure proprio ai vantaggi dell'assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all'assicuratore per individuare i creditori della prestazione.

In particolare, l’unico titolo al quale bisogna far riferimento per l’individuazione del quantum spettante ai beneficiari dell’assicurazione è individuato nel contratto di assicurazione sulla vita stesso, nel quale vengono individuati i beneficiari e le quote vengono ripartite secondo i criteri generali in materia di diritto inter vivos, presumendo pertanto quote uguali, in assenza di diversa specificazione da parte del contraente.

La Corte aggiunge, infatti, che la designazione generica dei beneficiari come “eredi”, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell'indennizzo assicurativo.

Tale impostazione, dunque, non muta allorché uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente poiché in tali ipotesi la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest'ultimo.

Tale conseguenza è tuttavia diretta conseguenza dell’applicazione degli istituti del diritto successorio.

Cruciale è infatti il ruolo della morte nel caso di specie e le differenti conseguenze ed effetti nel caso in cui interessi il contraente assicurato o il terzo beneficiario.

In particolare, la morte del contraente-assicurato è elemento indispensabile ed indefettibile, costituendo oggetto del contratto stesso relativamente agli effetti dello stesso.

Essa ha il solo effetto di attivare il meccanismo di cui all’art. 1920 c.c.

La morte dell’assicurato, nell’ambito nel contratto di assicurazione sulla vita, fa scattare gli effetti del negozio, consentendo l’acquisto direttamente in capo al terzo beneficiario delle somme ad esso spettanti il base al titolo. In tal caso, dunque, la morte dell’assicurato opera - dal lato meramente inter vivos del contratto di assicurazione - solo come momento di decorrenza dell’efficacia dell’acquisto della somma in favore dei beneficiari.

Al di fuori di tale fattispecie, essa opererà come in ogni altro caso nella sfera mortis causa.

Al contrario, la morte del terzo beneficiario comporta esclusivamente l’applicazione delle regole successorie, in quanto la sua morte non rientra nell’alea del contratto assicurativo bensì egli è mero destinatario degli effetti favorevoli della stipula del contratto stesso.

La morte del terzo beneficiario comporterà pertanto l’applicazione delle regole successorie in riferimento ai diritti ad esso spettanti in forza del titolo assicurativo.

Esso vanta infatti un diritto di credito verso l’assicurazione, il quale si trasmetterà ai suoi eredi secondo le normali regole ereditarie.

In tal senso bisognerà distinguere due piani: la quota spettante al de cuius-terzo beneficiario ammonterà a quella designata nel titolo inter vivos, mentre le singole porzioni spettanti agli eredi di quest’ultimo saranno calcolare, su tale quota, secondo le ripartizioni del diritto successorio[20].

Vi sarà dunque un doppio calcolo: la quota-base spettante al terzo beneficiario in base ai canoni del diritto inter vivos e la quota, da calcolarsi sulla quota-base, spettante agli eredi del terzo in base ai criteri del diritto ereditario.

Conseguentemente, la Cassazione - in continuità con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite - ribadisce come si tratti di attribuzione del diritto iure proprio al beneficiario per effetto della designazione.

Tale ricostruzione pertanto giustifica l'applicabilità al contratto di assicurazione sulla vita per il caso morte del comma 2 dell'art. 1412 dal momento che, in tal caso, l'acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto rispetto allo stipulante opera, peraltro, iure hereditatis, e non iure proprio, e quindi in proporzione delle rispettive quote ereditarie, trattandosi di successione nel diritto contrattuale all'indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto, secondo la logica degli acquisti a titolo derivativo.

La regola secondo la quale si ha l'identificazione degli eredi designati con coloro che abbiano tale qualità al momento della morte del contraente coopera la regola della trasmissibilità del diritto ai vantaggi dell'assicurazione in favore degli eredi del beneficiario premorto, quale conseguenza dell'acquisto già avvenuto in capo a quest'ultimo.

La premorienza di uno degli eredi del contraente, già designato tra i beneficiari dei vantaggi dell'assicurazione, comporta, quindi, non un effetto di accrescimento in favore dei restanti beneficiari, ma, stando l'assenza di una precisa disposizione sul punto ed in forza dell'assimilabilità dell'assicurazione a favore di terzo per il caso di morte alla categoria del contratto a favore di terzi, un subentro per rappresentazione in forza dell'art. 1412, comma 2 del codice civile.

L’istituto dell’accrescimento è infatti proprio del diritto successorio e, in assenza di specifica previsione del contraente, non potrà trovare applicazione nel caso di negozio inter vivos come nell’ipotesi del contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzi.

Come affermato in precedenza, il dato fattuale sotteso al caso oggetto della pronuncia delle Sezioni Unite differisce rispetto a quello in commento poiché, nel caso specifico, la sorella dell'assicurato era deceduta prima della stipula della polizza (e, quindi, prima che potesse essere designata fra i beneficiari della stessa).

In tale fattispecie quindi la Corte aveva affermato che «non vi era spazio per applicare il comma 2 dell'art. 1412 c.c., ovvero per ravvisare una trasmissione per "rappresentazione" agli eredi (della sorella) dei vantaggi dell'assicurazione nella medesima quota che sarebbe spettata a quella».

Diversamente, nel caso oggetto del presente articolo, vi è piena applicazione della rappresentazione dal momento che la morte del terzo beneficiario è avvenuta successivamente alla stipula del contratto di assicurazione ma precedentemente alla morte del contraente-assicurato.

Giungendo pertanto al caso di specie, la Corte evidenzia come si tratti di un’ipotesi di successione nel diritto contrattuale all'indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte.

Alla luce della lettura fornita dalle stesse Sezioni Unite, l'acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto allo stipulante opera iure hereditatis, e non iure proprio, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto.

Tornando quindi ad analizzare il caso pratico, la sorella dell’assicurato avrà diritto alla quota originariamente prevista secondo le regole generali in materia di contratti.

La quota sarà divisa in parti uguali tra gli eredi esistenti al momento della stipula del contratto di assicurazione.

Tale conclusione deriva direttamente dalla natura iure proprio dell’acquisto del terzo beneficiario, ottenendo la prestazione assicurativa in via diretta ed in forza del titolo inter vivos del contratto di assicurazione ed a seguito dell’atto unilaterale di designazione da parte del contraente-assicurato.

Le vicende successive a tale momento che concernono la morte del beneficiario non attengono più alla questione assicurativa, bensì riguarderanno la sfera successoria, in cui sarà ricompreso il diritto di credito (scaturente dalla prestazione assicurativa), suscettibile di essere trasmesso mortis causa, secondo le regole previste nel codice civile in tema di eredità.

In tal senso, la Corte continua il proprio ragionamento affermando infatti che gli eredi legittimi del terzo beneficiario premorto, essendo succeduti alla stipulante per rappresentazione del loro dante causa, la loro successione nei vantaggi dell'assicurazione non può che avvenire nella quota che sarebbe spettata al terzo beneficiario.

Come già affermato in precedenza, i piani d’indagine sono duplici: il primo è quello che lega direttamente l’assicurato e i beneficiari e che trova origine nel contratto di assicurazione e nella designazione resa dall’assicurato; il secondo fa riferimento invece al passaggio successivo ed eventuale della premorienza del beneficiario rispetto al contraente-assicurato.

In questo ultimo caso la vicenda è succedanea, dato che la quota di spettanza del terzo beneficiario è infatti già stata individuata e quantificata sulla base di quanto previsto nel contratto di assicurazione.

Nel caso di specie, si potrà facilmente parlare di obbligazione solidale ai sensi dell’art. 1298 del codice civile.

La prestazione assicurativa spetterà infatti ai beneficiari e pertanto ricorre la fattispecie della c.d. solidarietà dal lato attivo, secondo cui più creditori hanno diritto alla medesima prestazione nei confronti del debitore.

Il secondo comma dell’art.1298 c.c. prescrive infatti che le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente dal titolo.

In tal caso dunque, il contraente, nel designare unilateralmente i beneficiari della polizza assicurativa sulla vita, vuole conseguire lo scopo di assegnare a ciascuno di essi una quota di eguale valore della prestazione assicurativa, salvo che non prescriva in maniera espressa una diversa volontà circa la ripartizione delle quote tra i beneficiari.

La successiva vicenda della premorienza di uno di questi non muta né innova in alcun modo tali conclusioni.

La quota così come individuata e nella sua originaria consistenza sarà dunque oggetto di successione tra gli eredi del terzo beneficiario, ripartendo così la stessa, al pari degli altri diritti costituenti l’asse ereditario, secondo i criteri del diritto successorio.

Tale precisazione è risultata necessaria, poiché il caso sottoposto allo scrutinio delle Sezioni Unite vedeva invece la premorienza in un momento antecedente alla stipula della polizza stessa.

In tal caso, pertanto, gli eredi erano già individuati tra coloro che avevano tale qualifica in quel momento e pertanto le quote risultavano ripartite non già tra gli eredi principali, bensì anche tra gli eredi che in quel tempo erano già subentrati per rappresentazione al proprio de cuius.

n tale elemento, pertanto, la Cassazione innova quanto disposto dal vaglio delle Sezioni Unite, confermando e consolidando il ragionamento da esse percorso ma portandolo oltre gli stessi confini fattuali originari, estendendo ed adattando il ragionamento ermeneutico anche alla diversa ipotesi in commento.

6. Conclusioni

L’insegnamento che la Cassazione intende ribadire si annida nella necessità di cristallizzare la natura inter vivos del credito attribuito mediante il contratto di assicurazione sulla vita agli eredi designati quali terzi beneficiari.

Tale conclusione esclude, infatti, l'operatività riguardo ad esso delle regole sulla comunione ereditaria, valevoli per i crediti del de cuius, come anche l'automatica ripartizione dell'indennizzo tra i coeredi in ragione delle rispettive quote di spettanza dei beni caduti in successione.

La qualifica di eredi rivestita al momento della morte dello stipulante sopperisce, invero, con valenza meramente soggettiva, alla generica determinazione del beneficiario, in base al disposto dell'art.1920, comma 2 c.c. che funziona soltanto al fine di indicare all'assicuratore chi siano i creditori della prestazione, ma non implica presuntivamente, in caso di pluralità di designati, l'applicazione tra i concreditori delle regole di ripartizione dei crediti ereditari.

Al contrario, il silenzio serbato dal contraente sulla suddivisione del capitale assicurato tra gli eredi potrebbe spiegarsi come indizio della sua volontà di utilizzare l'assicurazione sulla vita per il caso morte con finalità indennitaria, o come alternativa al testamento comunque sottratta al divieto ex art. 458 c.c., di modo da beneficiare tutti indistintamente senza soggiacere alle proporzioni della successione ereditaria.

La volontà del contraente è, infatti, soggetta alle medesime regole interpretative previste dalla disciplina generale in tema di contratti.

Rimane ovviamente ferma la libertà del contraente, nel designare gli eredi quali beneficiari dei vantaggi dell'assicurazione, di indicare gli stessi nominativamente o di stabilire in quali misure o proporzioni debba suddividersi tra loro l'indennizzo, o comunque di derogare all'art. 1920 del codice civile.

L'indagine sull'effettiva intenzione del contraente, ovvero sullo scopo che lo stesso voleva perseguire mediante la generica designazione degli eredi beneficiari, rimane tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito.

La Corte, infatti, richiamando le stesse Sezioni Unite, afferma come non potrà, altrimenti, ritenersi che, in difetto di apposita disposizione di legge, al contratto di assicurazione sulla vita, in cui siano determinati genericamente i soggetti beneficiari quali eredi, sia applicabile una regola di completamento (semmai implicitamente approvata dalle parti, in difetto di espressa volontà contraria), che, in via integrativa, piuttosto che interpretativa, comporti altresì, sul piano quantitativo della misura socialmente ragionevole dell'attribuzione, un rinvio alle quote di ripartizione dell'eredità secondo le regole della successione legittima o secondo le regole della successione testamentaria (come si affermava nella già citata sentenza n. 19210 del 2015).

Ciò che si desume dal monito della giurisprudenza di legittimità è la necessità di distinguere in maniera chiara i due piani: inter vivos e mortis causa.

Nello specifico, l’elemento-morte si attaglia in maniera decisamente diversa a seconda del soggetto al quale si riferisce e del momento in cui essa interviene.

Per quanto concerne il primo dato, laddove la morte riguardi il contraente-assicurato, si applicherà il meccanismo previsto dall’art.1412, secondo comma c.c.

In particolare, allorquando in un contratto di assicurazione, ivi compreso l'evento della morte, sia fin dall'origine disposto che l'indennità venga liquidata ai beneficiari designati o in mancanza, agli eredi, detta clausola deve essere interpretata nel senso che essa preveda un duplice meccanismo di designazione contrattuale, con la conseguenza che per la determinazione della quota di indennizzo spettante a ciascuno degli eredi non si deve fare riferimento alle norme sulla successione, essendo la fonte regolatrice della controversia costituita esclusivamente dal contratto, atto inter vivos, e dalle regole generali in tema di obbligazioni solidali.

Ove questo non prefiguri uno specifico criterio di ripartizione delle quote fra i beneficiari, le quote medesime si presumono uguali.

Tale orientamento, dunque, consente di ritenere pacificamente che la morte del contraente operi soltanto quale momento di decorrenza dal quale l’evento (la morte del contraente) dedotto nel contratto (ed oggetto di specifica alea) viene ad esistenza.

A seguito del decesso dell’assicurato scatta pertanto il meccanismo assicurativo e, inoltre, ai sensi dell’art. 1412, secondo comma c.c., gli effetti favorevoli circa l’attribuzione della prestazione assicurativa sono indirizzati direttamente in favore dei terzi beneficiari, iure proprio ed in forza del medesimo ed originario titolo negoziale costituito dal contratto di assicurazione sulla vita stipulato in vita dal de cuius.

Diversamente, qualora la morte riguardi la persona del terzo beneficiario della prestazione assicurativa, si è in una fase successiva.

L’individuazione dei beneficiari, nonché le quote ad essi spettanti sono già state predisposte e definite nel contratto secondo i criteri suddetti.

La vicenda successoria in tali ipotesi investirà soltanto la quota spettante al terzo beneficiario premorto nei confronti dei suoi eredi, non anche gli altri eventuali beneficiari del contratto di assicurazione.

In tal senso, dunque, la quota originaria rimarrà la stessa individuata ab origine nel negozio assicurativo e la stessa verrà suddivisa tra gli eredi secondo le quote di legittima ad essi spettanti.

Come ribadito dalla stessa Cassazione, prima nel 2021 con le Sezioni Unite e successivamente nel 2023 con la sentenza in commento, la prestazione assicurativa, laddove abbia come destinatari più soggetti, si atteggia come una qualunque obbligazione solidale e, pertanto, nel silenzio di diversa volontà, si presume nei rapporti interni spettante in quote uguali tra gli aventi diritto ai sensi del secondo comma dell’art. 1298 del codice civile.

Passando invece al piano temporale, laddove la morte del terzo beneficiario intervenga prima della stipula del contratto di assicurazione (come nel caso sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite del 2021), la identificazione dei terzi beneficiari quali eredi legittimi comporterà che saranno tali tutti coloro che, al momento della dichiarazione unilaterale di designazione dei beneficiari, rivestiranno tale qualifica.

Nel caso in esame, pertanto, la vicenda successoria del terzo beneficiario premorto alla stipula stessa nel negozio assicurativo si inserirà a pieno nello stesso meccanismo contrattuale.

Per meglio dire, le quote originarie saranno già ripartite tra gli stessi eredi del terzo beneficiario premorto.

In realtà, in tali fattispecie non sarebbe corretto parlare di terzo beneficiario premorto poiché, al contrario, saranno i suoi eredi ad essere gli unici ed originari beneficiari della prestazione assicurativa.

Tale acquisto, tuttavia, avverrà iure hereditatis poiché gli stessi saranno beneficiari solo ed esclusivamente in quanto succeduti per rappresentazione al de cuius, erede legittimo del contraente-stipulante, assumendo dunque la posizione successoria che quest’ultimo aveva rispetto all’originario de cuius.

Tale conseguenza è il diretto esito che si avrà laddove nella polizza assicurativa si inserisca la dizione generica eredi legittimi, senza individuare specificamente i soggetti beneficiari.

Nello specifico, infatti, gli eredi acquisteranno iure hereditatis il diritto alla prestazione assicurativa spettante però al proprio de cuius iure proprio.

La Cassazione, dunque, ribadisce con chiarezza ed estrema limpidezza che, in forza della designazione degli eredi quali beneficiari dell'assicurazione sulla vita a favore di terzo, la prestazione assicurativa vede quali destinatari una pluralità di soggetti in forza di una eadem causa obligandi, costituita dal contratto.

Rispetto alla prestazione divisibile costituita dall'indennizzo assicurativo, come in ogni figura di obbligazione soggettivamente complessa (secondo quanto si argomenta in via di generalizzazione dall'art. 1298 c.c., comma 2 e dall'art. 1101 c.c., comma 1), ove non risulti diversamente dal contratto, a ciascuno dei beneficiari spetta una quota uguale (in conformità a quanto sostenne la sentenza n. 9388 del 1994), il cui pagamento ciascuno potrà esigere dall'assicuratore nella rispettiva misura.

Non sovviene decisivamente in proposito l'art.1314 c.c., giacché il precetto secondo cui il creditore di una prestazione divisibile (rectius parziaria) non può domandare il soddisfacimento del credito che per la sua parte, volgendo la propria attenzione all'attuazione del rapporto e non all'interpretazione del titolo, dà per già risolto (e perciò non risolve esso stesso) il problema della determinazione della quota di ciascuno dei creditori.

In tal senso, sarà dunque opportuno per coloro i quali vogliano stipulare una polizza assicurativa sulla vita in favore di terzi beneficiari aver chiaro quanto sopra esposto.

In particolare, il punto dirimente si annida nella designazione del beneficiario da parte del contraente.

Il riferimento generico agli eredi comporta pertanto tale inconveniente laddove non siano state precisate le quote di spettanza ad ognuno.

Tuttavia, anche laddove l’assicurato abbia designato in maniera specifica i terzi beneficiari, l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità - già più volte richiamato in precedenza e secondo il quale il meccanismo dell’art. 1920 c.c. debba essere letto alla luce degli effetti di cui all’art. 1412, secondo comma c.c. - comporta che anche in tali ipotesi, laddove sopraggiunga la premorienza del terzo beneficiario, la prestazione dovrà essere eseguita in favore degli eredi del terzo, i quali acquisteranno tali diritti iure hereditatis.

La questione su cui deve essere sottoposta l’attenzione dell’operatore del diritto riguarderà, pertanto, la necessità di armonizzare la volontà del contraente-assicurato, al fine di renderlo edotto circa le diverse conseguenze a seconda dei modi di designazione dei terzi beneficiari e delle ulteriori ed eventuali questioni connesse alla possibilità della premorienza dei beneficiari, finanche condizionando il valore e l’ammontare del valore delle quote della prestazione assicurativa. 

Il terzo beneficiario, tuttavia, acquista il suo diritto direttamente in virtù del contratto e della designazione ivi contenuta.

La Cassazione inoltre precisa che un siffatto differimento dell'efficacia (e, si badi bene, non dell'attribuzione) del diritto del beneficiario nell'assicurazione sulla vita per il caso morte non muta affatto la natura del suo acquisto che è e rimane iure proprio.

Tale meccanismo, invero, giustificherebbe, l'applicabilità ad essa dell'art.1412 c.c., comma 2 (in forza del quale «la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente»), ovvero la trasmissibilità agli eredi del terzo premorto della titolarità dei vantaggi dell'assicurazione.

In tale evenienza, tuttavia, è subito precisato che l'acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto allo stipulante opera iure hereditatis, e non iure proprio, e dunque in proporzione delle rispettive quote ereditarie, trattandosi di successione nel diritto contrattuale all'indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto.

Tale precisazione è cruciale: l’acquisto iure hereditatis, infatti, riguarda esclusivamente l’erede del terzo beneficiario nella fase successiva ed eventuale della premorienza di quest’ultimo.

Diversamente, come ribadito dalla dottrina e ripreso dalla medesima Cassazione, il terzo beneficiario acquista il diritto iure proprio in forza di un atto inter vivos.

La prestazione assicurativa, infatti, nasce dal contratto di assicurazione e la morte dell’assicurato individua il momento in cui gli effetti negoziali a favore del terzo vengono ad esistenza.

La suddetta prestazione, infatti, non è mai stata presente all’interno della sfera giuridica dell’assicurato e come tale non potrà essere da lui trasmessa mortis causa.

Al contrario, come si vedrà meglio in seguito, la somma derivante dall'assicurazione, una volta entrata nella sfera giuridica del terzo beneficiario, potrà invece trasmettersi agli eredi di quest’ultimo come qualsiasi diritto di credito.

Tale precisazione dovrebbe risolvere, come meglio si dirà in seguito, anche il tema circa l’esatta individuazione del quantum delle quote di spettanza al terzo beneficiario-erede.

In particolare in passato era discusso se le quote dovessero essere calcolate, nel silenzio di diversa volontà dello stipulante, in parti uguali oppure se esse fossero attribuite in base alle quote ereditarie.

Come già esposto in precedenza, la dottrina e la stessa giurisprudenza di legittimità concordano nel ritenere che la prima sia l’unica soluzione percorribile, stante la natura iure proprio dell’acquisto del terzo beneficiario.

Inoltre, i giudici nella medesima sede continuano ad affermare come l'attribuzione del diritto iure proprio al beneficiario per effetto della designazione giustifica, altresì, l'applicabilità all'assicurazione sulla vita per il caso morte dell'art. 1412 c.c., comma 2, con conseguente trasmissibilità agli eredi del terzo premorto della titolarità dei vantaggi dell'assicurazione.

In tal caso, l'acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto rispetto allo stipulante opera, peraltro, iure hereditatis, e non iure proprio, e quindi in proporzione delle rispettive quote ereditarie, trattandosi di successione nel diritto contrattuale all'indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto, secondo la logica degli acquisti a titolo derivativo.

In tali ipotesi, in realtà, si tratterà comunque di un acquisto iure proprio a monte: il diritto del terzo beneficiario si calcola infatti in base a quanto stabilito nel contratto di assicurazione e non secondo le quote ereditarie.

Diversamente, solo in un secondo momento, le quote degli eredi del terzo beneficiario acquisteranno iure hereditatis il diritto, complessivamente nella quantità come stabilita nell’atto inter vivos (contratto di assicurazione), mentre soltanto le singole quote degli eredi sul diritto stesso seguiranno i criteri successori di ripartizione del patrimonio ereditario.

Dunque, con la regola che implica l'identificazione degli eredi designati con coloro che abbiano tale qualità al momento della morte del contraente coopera la regola della trasmissibilità del diritto ai vantaggi dell'assicurazione in favore degli eredi del beneficiario premorto, quale conseguenza dell'acquisto già avvenuto in capo a quest'ultimo.

Sul punto, la stessa Cassazione a Sezioni Unite ribadisce che la premorienza di uno degli eredi del contraente, già designato tra i beneficiari dei vantaggi dell'assicurazione, comporta, quindi, non un effetto di accrescimento in favore dei restanti beneficiari, ma, stando l'assenza di una precisa disposizione sul punto ed in forza dell'assimilabilità dell'assicurazione a favore di terzo per il caso di morte alla categoria del contratto a favore di terzi, un subentro per rappresentazione in forza dell'art.1412, comma 2 c.c. (senza che la comune denominazione delle fattispecie obliteri le evidenti differenze di ambito soggettivo e oggettivo correnti tra detta norma e l'istituto previsto dall'art. 467 c.c.).

Il contraente potrebbe avere espresso in sede di designazione una diversa volontà per il caso di premorienza di uno dei beneficiari, come potrebbe, a seguito della stessa, revocare il beneficio con le forme e nei limiti di cui all'art. 1921 del codice civile.

Pertanto, la Cassazione del 2021 - seppur incidenter tantum – già predisponeva un tale assetto di interessi, ritenendo ben distinti i due piani (inter vivos per la designazione del terzo beneficiario e per il quantum delle quote, mentre mortis causa per l’eventuale premorienza del terzo) e, in particolare, ancorando in maniera ben definita il meccanismo di deviazione degli effetti in favore del terzo direttamente in forza del negozio assicurativo e secondo la volontà dell’assicurato stipulante.

In tal guisa, ricondotta la fattispecie in oggetto nell’alveo dell’art. 1411 c.c., è quanto più opportuno ripercorrere le tappe del ragionamento giuridico ed interpretativo che hanno portato la Cassazione, nella composizione privilegiata a Sezioni Unite, ad adottare la pronuncia in commento.

5.1 Il fatto

In primo luogo, al fine di meglio comprendere la riflessione svolta dalla Cassazione, è necessario esporre il caso fattuale sotteso alla vicenda giuridica in esame.

Nel caso di specie, la ricorrente era stata designata dalla propria sorella, insieme ad altri eredi, quale beneficiaria di quattro contratti di assicurazione sulla vita.

La sorella (stipulante-assicurata) procedeva ad individuare i beneficiari della propria assicurazione sulla vita mediante la generica locuzione eredi legittimi.

L’ente assicurativo procedeva così a liquidare in favore degli eredi-terzi beneficiari la somma, spettante in forza della stipula della polizza sulla vita, in sei quote uguali per ciascuno.

Tuttavia, la ricorrente agiva in giudizio poiché riteneva che la designazione dei beneficiari della polizza quali eredi comportasse l’applicazione delle regole successorie, non solo al fine dell’individuazione dei beneficiari stessi mediante il riconoscimento a quest'ultimi della qualifica di eredi, ma anche per individuare le quote ad essi spettanti in forza della designazione.

Nello specifico, la ricorrente sosteneva che la quota ad essa spettante dovesse essere calcolata non secondo il criterio generale previsto per le obbligazioni solidali (parti uguali in mancanza di diversa volontà), bensì secondo le norme del diritto successorio.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cass. civ., SS.UU., n. 11421 del 2021.

[2] Tale tesi è sostenuta in maniera oramai prevalente e consolidata dalla dottrina maggioritaria ed in particolare, tra gli altri, si veda: V. SALANDRA, L’assicurazione art. 1882-1932, in Comm. C.c. a cura di A. Scialoja- G. Branca, Bologna-Roma, 1955; M.C. DIENER, Il contratto in generale, quarta edizione, 2021; N. GASPERONI, Assicurazione sulla vita, in Enc. giur. Treccani, 1988.

[3] T. ASCARELLI, Sul concetto unitario del contratto di assicurazione, in Saggi giuridici, Giuffrè, Milano, 1949; M. ROSSETTI, Caratteri generali del contratto di assicurazione, in ALPA G. (a cura di), Utet Torino; L. BUTTARO, Assicurazione in generale, in AA. VV. Enciclopedia del diritto, Giuffré, Milano, 1958; L. BUTTARO, Assicurazione sulla vita, in AA. VV. Enciclopedia del diritto, Giuffré, Milano, 1958; P. CORRIAS, La disciplina del contratto di assicurazione tra codice civile, codice delle assicurazioni e codice del consumo, Resp. civ. prev., 2007; A. DONATI, voce «Assicurazione-XI) Assicurazione sulla vita«», in Enciclopedia del diritto, Volume III, 1958; G. DI GIANDOMENICO, La qualificazione giuridica del contratto di assicurazione, in Tratt. dir. priv. Bessone, Giappichelli, Torino, 2005; G. DI GIANDOMENICO, I Contratti speciali. I contratti aleatori, in Tratt. dir. priv. Bessone, Giappichelli, Torino, 2005; A. GAMBINO, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Giuffré, Milano, 1964; A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, venticinquesima edizione, a cura di F. Anelli e C. Granelli, Giuffrè, 2021; G. FANELLI, Il contratto di assicurazione sulla vit”, in Saggi di diritto delle assicurazioni, 1971; P. CORRIAS, Il Contratto di Assicurazione, Profili funzionali e strutturali, in Scienze Assicurative-Insurance Sciences, Collana diretta da A. Bellieri dei Belliera, P. Corrias, H. Heiss, S. Landini, L. Vitali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2016.

[4] artt. 1882 e seguenti c.c.

[5] ibidem: si veda nota n. 2; Per il contratto a favore di terzo e l’assicurazione sulla vita a favore di terzo: G. MACCARONE, Contratto con prestazione al terzo, Napoli, 1997; C.M. BIANCA, Il contratto, in Diritto civile, Milano, 2015; L.V. MOSCARINI, Il contratto a favore del terzo, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino, vol. IV, 1989; V. SALANDRA, L’assicurazione art. 1882-1932, in Comm. C.c. a cura di A. Scialoja- G. Branca, Bologna-Roma, 1955; M.C. DIENER, Il contratto in generale, quarta edizione, 2021.

[6] La stessa sentenza a Sezioni Unite (11421 del 2021) richiama altri precedenti in materia: cfr. Cass., Sez. III, 04 aprile 1975, n.1205; Cass., Sez. I, 09 maggio 1977, n.1779; Cass., Sez. I, 28 luglio 1980, n.4851; Cass., Sez. I, 03 dicembre 1988, n.6548; Cass. Sez. I, 01 aprile 1994, n.3207.

[7] Cass. civ., n.9388 del 1994.

[8] Nello specifico, con la nozione obbligazione soggettivamente collettiva o complessa si suole individuare quel rapporto giuridico obbligatorio nel quale, dal punto di vista soggettivo (ovvero dei soggetti del rapporto: debitore e/o creditore), vi siano più soggetti, ossia più creditori o più debitori. Le caratteristiche indefettibili affinché possa parlarsi di obbligazione soggettivamente complessa sono: i) pluralità di soggetti; ii) unica prestazione per tutti i debitori o i creditori (c.d. eadem res debita); iii) unica fonte di obbligazione (c.d. eadem causa obligandi);   

[9] Cass. civ. n. 4484 n.1996.

[10] In particolare, cfr. Cass., Sez. III, 18 giugno 1998, n.6062; Cass., Sez. Lav., 02 dicembre 2000, n.15407; Cass., Sez. Un., 10 aprile 2002, n. 5119; Cass. Sez. II, sentenza 23 marzo 2006, n. 6531.

[11] Si tratta della già menzionata sentenza della Cass., Sez. III, 29 settembre 2015, n.19210.

[12] Si veda, in particolare: Cass., Sez. II, 21 dicembre 2016, n.26606, e Cass., Sez. VI-3,15 ottobre 2018, n.25635.

[13] Il negozio si definisce mortis causa o a causa di morte quando i suoi effetti giuridici si producono solo dal momento della morte e la sua funzione si riduce nella regolamentazione della sorte dei diritti e rapporti patrimoniali e non in dipendenza dell’evento-morte del suo autore /es. il testamento). Diversamente, accanto a tale figura, si affianca un’altra e differenze fattispecie negoziale: il negozio c.d. post mortem, il quale assume rilevanza soltanto successivamente alla morte del de cuius e non producono effetto fino all’apertura della sua successione. In tali fattispecie, l’evento morte non viene in rilievo quale causa dell’attribuzione patrimoniale bensì si configura quale contratto inter vivos in virtù del quale il terzo acquista immediatamente il proprio diritto, pur potendo beneficiare della prestazione solo dopo la morte dello stipulante.

[14] L. CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte. Parte generale., I, 2, Napoli; F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, pag. 222; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, IV edizione, a cura di A. Ferrucci e C. Ferrentino, Milano, 2015, tomo I; N. LIPARI, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970, pag. 1970; L. GENGHINI e C. CARBONE, Le successioni per causa di morte, II edizione, in Manuali notarili a cura di L. Genghini, Milano, CEDAM, 2023, pag. 910 e seguenti; C. GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1964. 

[15] La dottrina inoltre rinviene una serie di altri negozi mortis causa non testamentari ma a struttura inter vivos: ad es. la dispensa da collazione di cui all’art. 737 c.c.; la dispensa dall’imputazione di cui all’art. 564, secondo comma c.c..

[16] Cass., Sez. Un., n.11421 del 2021.

[17] In particolare, G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, IV edizione a cura di A. FERRUCCI e C. FERRENTINO, Milano, 2015, pag. 939-940, precisa l’esistenza di due orientamenti: una tesi c.d. oggettiva (sostenuta, tra gli altri, da CICU, Successioni per causa di morte, Parte generale, Milano, 1961, pag. 60 e ss.) secondo cui l’accrescimento trova fondamento nella vocazione solidale ed una tesi c.d. soggettiva (prevalente e sostenuta da GANGI, La successione testamentaria, Milano, 1947, pag. 430 e ss. nonché da altri autori come BIANCA, PUGLIATTI e BARASSI) secondo cui il legislatore avrebbe attribuito maggior rilievo alla volontà del disponente, coincidente con il desiderio di destinare la quota vacanze ai soggetti chiamati congiuntamente.

[18] P. CORRIAS, I contratti di assicurazione sulla vita, in AMOROSINO, DESIDERIO (a cura di), Il nuovo codice delle assicurazioni, Milano, 2006; N. GASPERONI, Assicurazione sulla vita, in Enc. giur. Treccani, 1988; T. ASCARELLI, Sul concetto unitario del contratto di assicurazione, in Saggi giuridici, Giuffrè, Milano, 1949; M. ROSSETTI, Caratteri generali del contratto di assicurazione, in ALPA G. (a cura di), Utet Torino; L. BUTTARO, “Assicurazione in generale”, in AA. VV. Enciclopedia del diritto, Giuffré, Milano, 1958; L.BUTTARO, Assicurazione sulla vita, in AA. VV. Enciclopedia del diritto, Giuffré, Milano, 1958; F. DE MARTINI, Natura del credito del beneficiario di assicurazione sulla vita e sua impignorabilità, in sede ordinaria e fallimentare, in Assicurazioni, 1956.

Inoltre, per una disamina globale si veda anche nota n. 2.

[19] Giova precisare come l’orientamento della Cassazione nella materia in commento si rinviene in diverse pronunce passate, seppur attraverso percorso ermeneutici spesso diversi: Cass. civ., n.21863 del 11 luglio 2022; Cass. civ., Sez. Un., n.11421 del 30 aprile 2021; Cass. civ., n.25635 del 15 ottobre 2018; Cass. civ., n.26606 del 21 dicembre 2016; Cass. civ., n.33195 del 16 dicembre 2019, le quali sottopongono la questione alle richiamate Sezioni Unite, ponendo i seguenti interrogativi: «a) se in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, in presenza della diffusa formula contrattuale, presente anche nel contratto in esame e genericamente riferita ai “legittimi eredi”, detta espressione sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o se debba intendersi, invece, che sia riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell'eredità; b) se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione di indennizzo, con la individuazione astratta dei legittimi eredi; c) se, in tale seconda ipotesi, il beneficio indennitario debba ricalcare la misura delle quote ereditarie spettanti ex lege o se la natura di “diritto proprio” sancita dalla norma (cfr. art. 1920 c.c., u.c.) imponga una divisione dell'indennizzo complessivo fra gli aventi diritto in parti uguali». A tali interrogativi risponderà la Cassazione del 2021 e, successivamente, le Sezioni Unite del 2023 in commento, riconfermando l’orientamento predominante nella giurisprudenza di legittimità nonché nella dottrina maggioritaria.

[20] Diversamente, in dottrina vi era l’orientamento minoritario (tra gli altri, POLOTTI DI ZUMAGLIA, Un’ulteriore precisazione in tema di designazione di beneficiario nell’assicurazione vita, in Dir. fisc. ass., 1997, pag. 330 e ss.), rigettato dalle menzionate Sezioni Unite, secondo il quale se manca la designazione del beneficiario, la somma assicurata in caso di morte del contraente viene attribuita ai suoi eredi secondo le regole della successione ereditaria.