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Pubbl. Ven, 27 Gen 2023

Illegittimo il licenziamento del lavoratore per assenza non tempestivamente comunicata

Nicola Balsamo
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Federico II



Con la sentenza del Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., ud. 06/07/2022, dep. 10/11/2022, n. 33134, la Suprema Corte ha affermato l’illegittimità del licenziamento per assenza ingiustificata, irrogato nei confronti di un lavoratore che aveva presentato in ritardo, nelle more della procedura di contestazione disciplinare, un certificato medico a giustifica dell’assenza sul posto di lavoro.


Sommario: 1.Premessa; 2.La quaestio facti; 3.La pronuncia della Corte di cassazione; 4.Conclusioni

Sommario: 1.Premessa; 2.La quaestio facti; 3.La pronuncia della Corte di cassazione; 4.Conclusioni

1. Premessa

Con la sentenza oggetto di questo breve commento, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sulla differenza tra la mancata giustificazione dell’assenza e la tardiva giustificazione della stessa e sulla conseguente illegittimità del licenziamento impartito al lavoratore.

In particolare, con la cennata sentenza, a seguito dell’analisi della contrattazione collettiva, la Corte ha affermato che l’assenza del lavoratore può definirsi ingiustificata, quindi sanzionabile con il licenziamento, solo nel momento in cui il dipendente non abbia in alcun modo documentato la ragione della sua assenza.

Diversamente, ad avviso della Corte di Legittimità, la condotta del lavoratore, che informi, sebbene tardivamente, il datore di lavoro della sua assenza, inviando un certificato medico nelle more del procedimento disciplinare, non rientra nella nozione di assenza ingiustificata e non può essere sanzionata con il licenziamento.

2. La quaestio facti

La vicenda in oggetto origina dal ricorso ex art. 414 c.p.c. promosso da un lavoratore, volto ad accertare l’illegittimità del licenziamento comminatogli dalla società datrice per assenza ingiustificata, essendo il ricorrente rimasto assente dal servizio per oltre tre giorni e senza alcuna giustificazione inviata preventivamente al datore di lavoro.

Il Giudice di prime cure, così come la Corte di Appello di Firenze, ha ritenuto illegittimo il licenziamento.

In particolare, nel rigettare il reclamo della società, la Corte territoriale ha affermato che, con la contestazione disciplinare, la società ha addebitato al lavoratore un’assenza ingiustificata, e cioè priva di una qualsiasi documentazione atta a dimostrare l’esistenza di una valida causa sospensiva dell’obbligo di rendere la prestazione lavorativa.

Difatti, anche il provvedimento con cui la società ha comminato il licenziamento al lavoratore era basato unicamente sulla ingiustificata assenza dello stesso e sulla totale assenza di certificazione medica.

Diversamente, la Corte di Appello ha evidenziato che, nelle more del procedimento disciplinare, dunque prima dell’irrogazione del licenziamento, alla società fosse pervenuta la certificazione medica atta a coprire il periodo di assenza oggetto della procedura.

La Corte ha sottolineato che la società nulla ha dedotto né relativamente al certificato medico, che al momento del recesso era pervenuto al datore di lavoro, né in relazione al contenuto del certificato, né alla sua idoneità a giustificare l’assenza.

Sula scorta di tali motivi, nel respingere il reclamo della società, la Corte di Appello ha accertato che la giustificazione del lavoratore era effettivamente pervenuta al datore di lavoro prima del recesso, sebbene tardivamente, con un certificato retroattivo.

Sulla scorta del predetto motivo, la Corte territoriale ha escluso l’equiparazione tra la mancata giustificazione dell’assenza e la sua tardiva giustificazione.

Infatti, ad avviso della suddetta Corte, la contrattazione collettiva non contiene alcuna equiparazione tra assenza ingiustificata e assenza comunicata in maniera non tempestiva, e, di più, le parti sociali avevano deciso di sanzionare con il licenziamento esclusivamente la totale assenza di giustificazioni e, diversamente, di sanzionare solo in via conservativa la tardiva o irregolare giustificazione.

La ratio è palese. 

In sede di contrattazione collettiva, le parti sociali hanno scelto di punire la più grave violazione sostanziale, ossia la totale mancanza di giustificazione, con il licenziamento e di sanzionare in via conservativa la mera violazione formale, ossia il ritardo nella presentazione della giustificazione.

3. La pronuncia della Corte di Cassazione

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso la società.

Il datore di lavoro ha dedotto che al lavoratore era stata contestata l’assenza ingiustificata e che con il licenziamento, intimato per la violazione dell’articolo 74 lettera b) del CCNL Tessile abbigliamento[1], si era dato atto che i fatti contestati erano stati confermati e che alcuna certificazione medica era pervenuta tempestivamente per giustificare la sua assenza.

Ad avviso della società ricorrente, la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che l’articolo 74, dunque il licenziamento, trovi applicazione solo nel momento in cui l’assenza superiore a tre giorni rimanga del tutto priva di qualunque giustifica, mentre, diversamente, in caso di ritardato inoltro della certificazione medica la sanzione possa essere solo quella conservativa.

Infatti, per la società, la tempestiva comunicazione dell’impossibilità di rendere la propria prestazione lavorativa è espressione dell’obbligo di correttezza e buona fede del lavoratore e la mancata comunicazione dell’assenza è idonea ad arrecare un pregiudizio al datore di lavoro, che non può essere sanzionato solo in via conservativa.

Secondo la società ricorrente, nella fattispecie si sarebbe dovuto valorizzare il periodo temporale di assenza del lavoratore, e cioè se l’assenza fosse superiore o meno ai tre giorni, e non la differenza tra giustificazione tardiva o mancante.

Infatti, per il datore di lavoro, una lettura di tale tipo della norma sarebbe illogica, in quanto autorizzerebbe il lavoratore a giustificare l’assenza retroattivamente anche dopo un lungo periodo di tempo, arrancando così un grave danno alla società.

A sostegno di tale tesi, la società ha affermato che non sarebbe stata tenuta in conto l’interpretazione data dalla Cassazione a norme di altra contrattazione collettiva, recante una disciplina sostanzialmente sovrapponibile, secondo la quale la mancata giustificazione dell’assenza deve essere rapportata al momento in cui la stessa avrebbe dovuto essere resa.

Sul tema, invero, è necessario rilevare che la stessa Cassazione, con sentenza dell’11 settembre 2020, n. 18956, aveva stabilito la legittimità del licenziamento di un dipendente a seguito del tardivo invio del certificato medico.

Con tale pronuncia, la Cassazione ha ritenuto che i giorni di assenza solo successivamente riconducibili ad uno stato di malattia del dipendente erano da ritenersi quali assenze ingiustificate.

Dunque, l’invio tardivo della certificazione medica non era idoneo a coprire retroattivamente i giorni di assenza inizialmente sprovvisti di giustificazione.

Ciononostante, nella fattispecie in analisi, la Cassazione ha ritenuto corretta l’interpretazione della Corte di Appello.

Difatti, la Suprema Corte ha affermato che “dal tenore testuale delle disposizioni ricordate si evince che le parti sociali hanno inteso punire con il licenziamento quella condotta che per le modalità con le quali è realizzata si rivela particolarmente grave. Non qualunque assenza ingiustificata ma proprio quella che non solo supera i tre giorni lavorativi - continuativi o comunque ripetuti nell'arco di un anno - ma si caratterizzi anche per essere contigue a giorni festivi o di ferie. La norma poi sottolinea che l'assenza deve essere ingiustificata il che non può che voler dire che il lavoratore non abbia documentato le ragioni della stessa o che tali ragioni non siano risultate confermate all'esito del controllo datoriale.

Ben diversa è la fattispecie che si realizza nel caso in cui il lavoratore non rispetti il procedimento che è dettato dal contratto al fine di assicurare al datore di lavoro la possibilità di fronteggiare disagi organizzativi connessi alla mancata presenza di unità in organico. L'assenza, infatti, seppur tardivamente ben potrà essere giustificata e la condotta del lavoratore potrà essere valutata disciplinarmente in tale contesto e, in ragione della sua maggiore o minore incidenza sull'organizzazione potrà dar luogo all'irrogazione di una multa o, in casi più gravi, alla sospensione del lavoratore, la sanzione conservativa la più grave che può essere irrogata”.

Chiara la scelta della Suprema Corte, volta a valorizzare quanto espresso dalla contrattazione collettiva.

Il CCNL di settore specifica come l’assenza tardivamente giustificata è punita, ex art. 72 lettera b)[2], con la sanzione conservativa, mentre, il successivo art. 74, per il licenziamento prevede chiaramente che l’assenza del lavoratore debba rimanere ingiustificata.

Ebbene, secondo la Corte di Cassazione, dal tenore letterale della contrattazione collettiva, è evidente che l’invio tardivo del certificato medico da parte del lavoratore non può essere sanzionato con il licenziamento, costituendo questa condotta tutt’al più un’ipotesi di giustificazione tardiva.

Ciò detto, ad avviso del datore di lavoro, la Corte territoriale avrebbe errato anche nel non valutare che il certificato medico oltre ad essere stato tardivamente prodotto, era stato rilasciato ad oltre una settimana di distanza dall’ultimo giorno di malattia coperto dal precedente certificato, con una valutazione eseguita sulla base delle dichiarazioni rese al medico dal lavoratore.

La Corte di Cassazione ha ritenuto, anche in questo caso, corretto il ragionamento della Corte di appello. 

La Corte di Legittimità ha ritenuto priva di pregio tale doglianza, affermando, tra l’altro, che “la giustificazione dell'assenza non può che essere per sua natura prossima all'evento perché l'accertamento da parte del medico di fiducia non può sopravvenire a distanza di lungo tempo senza che ne siano presenti ragionevoli giustificazioni connesse ad accertamenti necessari. Il rilievo disciplinare del ritardo nella comunicazione è espressione della reazione datoriale al disagio organizzativo causato dalla condotta del lavoratore. L'assenza, tardivamente giustificata, è punita con la sanzione conservativa prevista dall'art. 72, lett. b). Ove, invece, l'arco temporale si dilati oltremodo viene meno la possibilità stessa di ritenere l'assenza, seppur tardivamente, giustificata e, dunque, la condotta potrà essere valutata nei più rigorosi termini dettati dall'art. 74. Dalle disposizioni esaminate non si evince una assimilazione della mancata comunicazione dell'assenza con la sua ingiustificatezza. Piuttosto per poter ritenere ingiustificata l'assenza si deve poter presumere che la comunicazione delle ragioni giustificatrici o non sia intervenuta ovvero non sia più ragionevolmente possibile anche a cagione del tempo trascorso dall'assenza”.

Sulla scorta di tali motivi, con una pronuncia inedita e difforme da precedenti orientamenti giurisprudenziali, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società Confermando l’illegittimità del licenziamento impartito al lavoratore, sulla scorta di quanto previsto dalla contrattazione collettiva che si applica al rapporto de quo.

4. Conclusioni

Tale pronuncia, per la sua novità, ha avuto grande risonanza, trattandosi di un orientamento difforme da quello precedente stabilito dalla stessa Suprema Corte con la predetta pronuncia n. 18956/2020.

Ciononostante, appare condivisibile il ragionamento effettuato dalla Suprema Corte, che, nella fattispecie in esame, si è limitata ad applicare quanto disposto dalla contrattazione collettiva che regola il rapporto di lavoro tra le parti, valutando l’effettiva volontà delle parti sociali di prevedere una sanzione conservativa, piuttosto che il licenziamento, per la giustificazione tardiva dell’assenza.

La Cassazione non ha, quindi, autorizzato indiscriminatamente ogni lavoratore ad assentarsi dal lavoro ed a rendere un certificato medico retroattivo.

Infatti, come pregevolmente sottolineato e dalla Cassazione e dalla Corte di Appello, il fatto contestato al lavoratore consisteva nell’assenza di qualsivoglia documentazione atta a giustificare l’assenza, fatto smentito dalla certificazione medica tardiva presentata dal lavoratore nel corso del procedimento disciplinare.

Nulla veniva dedotto dal datore di lavoro relativamente all’idoneità o meno del certificato medico pervenuto alla società a giustificare l’assenza, come sottolinea la Cassazione.

Per cui, ad avviso della Corte di Legittimità, in virtù di quanto espresso dalla contrattazione collettiva, la fattispecie posta in essere dal lavoratore avrebbe dovuto essere sanzionata solo in via conservativa e non con la cessazione del rapporto di lavoro.

Concludendo, tale pronuncia, piuttosto che cristallizzare un nuovo orientamento giurisprudenziale, data la peculiarità della fattispecie e delle motivazioni poste alla base della pronuncia dalla stessa Corte, appare quasi come un invito, rivolto alle parti sociali, a ben ponderare le previsioni inserite all’interno della contrattazione collettiva, in quanto in grado di impattare in maniera rilevante nel rapporto di lavoro.


Note e riferimenti bibliografici

[1] L'art. 74 del richiamato CCNL, rubricato "Norme per il licenziamento", dispone che  «Per i licenziamenti individuali hanno applicazione le leggi vigenti. In particolare possono costituire causa di licenziamento disciplinare (…) b) assenze ingiustificate per oltre tre giorni lavorativi consecutivi, oppure assenze ingiustificate ripetute per tre volte in un anno, nei giorni susseguenti a quelli festivi o alle ferie. Non interrompono la predetta consecutività i giorni festivi o non lavorativi eventualmente intercorrenti».

[2] L'art. 72, rubricato "Provvedimenti disciplinari", dispone che «1) L'ammonizione verbale, che potrà avere, a seconda dei casi, carattere di appunto o di rimprovero, interverrà quando nell'osservanza degli orari, nel contegno verso i superiori ed i compagni di lavoro, nella diligenza del lavoratore siano riscontrate lacune non imputabili a deliberata volontà di mancare al proprio dovere. All'ammonizione scritta, che avrà più specifico carattere ammonitorio, si ricorrerà quando le mancanze, anche se lievi, tenderanno a ripetersi e sia quindi necessario preavvisare, in forma meno labile del rimprovero verbale, più gravi sanzioni. 2) Ove l'ammonizione verbale o scritta non abbia sortito l'effetto voluto o la mancanza abbia tale carattere da far ritenere il rimprovero inadeguato, potranno essere inflitte al lavoratore o una multa, fino ad un importo equivalente a due ore dell'elemento retributivo nazionale, oppure, nei casi di maggiore gravità o di recidiva, la sospensione dal lavoro per un massimo di tre giorni. A titolo di indicazione, si stabilisce che la multa o la sospensione potranno essere inflitte al lavoratore: a) che non si presenti al lavoro, non comunichi (salvo il caso di comprovato impedimento) e non giustifichi l'assenza con le modalità e nei termini di cui agli artt. 55, 60 e 61; b) che, senza legittima giustificazione, ritardi l'inizio del lavoro o lo sospenda o ne anticipi la cessazione od abbandoni il proprio posto di lavoro non avendone ottenuta autorizzazione del diretto superiore».