La riforma Cartabia in materia di processo penale telematico e la circolazione digitale degli atti
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Wanda Nocerino
Il saggio analizza le principali novità introdotte dalla c.d. riforma “Cartabia” in materia di informatizzazione del processo penale, soffermandosi in particolare sul rinnovato sistema di notifiche e di deposito telematico degli atti. Nonostante l’encomiabile intento di velocizzare ed efficientare la giustizia penale attraverso il ricorso alla digitalizzazione, la neo-introdotta disciplina continua a mostrare insidie e criticità che si ripercuotono sulle garanzie del giusto processo.
Sommario: 1. L’informatizzazione e il processo penale: alcuni chiarimenti lessicali; 2. La normativa di riferimento: il d.l. 179/2012; 2.1. Segue: dalla disciplina anti-Covid al d.d.l. Bonafede; 2.2. Segue: i criteri direttivi della riforma Cartabia; 3. Punti di forza e criticità. Prospettive de jure condendo.
1. L’informatizzazione e il processo penale: alcuni chiarimenti lessicali
Con la recente riforma della giustizia penale operata dalla l. 27 settembre 2021, n. 134[1], viene espugnata l’ultima roccaforte dell’analogico: il digitale entra nel processo ed invade la sacralità delle sue forme spingendo verso l’informatizzazione del sistema per la creazione di un processo penale telematico.
Prima di analizzare più nel dettaglio i criteri direttivi contenuti nella legge delega “Cartabia”, sembra doveroso soffermarsi sui concetti-chiave sui quali poggia la riforma, dal momento che si è convinti che quando il sistema penale viene coinvolto da implicazioni tecniche e scientifiche nessuna riflessione giuridica (e anche giurisprudenziale) può prescindere dalla conoscenza del dato tecnico, dei nuovi strumenti informatici e delle loro azioni che rischiano di modificare gli istituti processuali, alterandone la tradizionale operatività.
In primis, il termine “telematico” inerisce ad una disciplina scientifica e tecnologica che nasce dalla necessità di unificare metodologie e tecniche delle telecomunicazioni e dell’informatica per realizzare il trasferimento a distanza delle informazioni e delle elaborazioni[2].
Conseguentemente, il processo penale telematico è una nuova rappresentazione del processo tradizionale che tende alla digitalizzazione degli atti e alla informatizzazione delle procedure quale garanzia di efficienza e resilienza.
Svariate sono le modalità attraverso con cui prende vita questa inedita species procedimentale: si spazia, infatti, dalla circolazione “informatica” degli atti (sia con riferimento alle notifiche e alle comunicazioni, sia con riguardo al deposito telematico)[3] alla digitalizzazione dei fascicoli processuali[4], dalla documentazione audio/video registrata della prova dichiarativa e dell’interrogatorio alla remotizzazione delle udienze[5].
Occorre chiarire sin d’ora che, per quel che in questa sede rileva, l’indagine rimane confinata al tema – invero assai complesso[6] – della circolazione digitale degli atti processuali e, più concretamente, delle notifiche e del deposito telematico.
In questo preciso settore, l’informatizzazione si realizza attraverso l’impiego della posta elettronica certificata (P.E.C.) e del c.d. portale telematico. Mentre la prima è «un sistema di posta elettronica, nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica, con valenza legale, attestante l’invio e la consegna di documenti informatici»[7], consentendo l’invio di messaggi la cui trasmissione è «valida agli effetti di legge»[8], il secondo rappresenta uno spazio online riservato a un pubblico ristretto[9] contenente una grande quantità di contenuti e informazioni utili a determinate categorie di utenti; in questo modo, i protagonisti della giustizia penale sono “in rete”, tutti sincronizzati su uno stesso applicativo per depositare atti o consultare da remoto il fascicolo processuale.
Sicuramente, l’impiego di tali strumenti migliora – almeno sotto il profilo dell’efficienza – il sistema delle notifiche e dei depositi degli atti del processo.
In particolare, il ricorso alla P.E.C. presenta innumerevoli vantaggi rispetto ai tradizionali messaggi di posta elettronica “semplice”, garantendo la tracciabilità e la trasparenza delle operazioni compiute. Da un punto di vista soggettivo, consente di avere certezza in ordine all’identità del mittente e del destinatario, prevedendo che i fornitori del servizio dispongano di responsabili preposti alla registrazione dei soggetti assegnatari della casella di posta elettronica e che l’accesso sia protetto con sistemi specifici di autenticazione. Sotto il profilo oggettivo, consente di avere certezza della consegna e della ricezione dei messaggi inviati, ivi incluse la data e l’ora. La validità della trasmissione e della ricezione del messaggio, infatti, sono attestate rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna che costituiscono la prova della relativa spedizione e recapito, con ciò superando le incertezze che sorgono al mittente circa il destino delle e-mail inviate allorquando il destinatario non fornisce alcuna risposta.
Per tali ragioni, senza ombra di dubbio il valore legale del messaggio inviato tramite P.E.C. è quello di una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno[10].
Anche la previsione di un portale telematico segna un netto salto di qualità rispetto al passato, introducendo ufficialmente nel processo penale l’atto nativo digitale, con requisiti di forma (fra cui la firma digitale o elettronica certificata) tali da assicurarne la paternità e la tracciabilità.
2. La normativa di riferimento: il d.l. 179/2012
Pur se descritta come novità assoluta dell’ultimo tempo, il tentativo di digitalizzazione della giustizia penale rappresenta un retaggio di antiche legislazioni. Il “merito” e, quindi, l’originalità della riforma risiede essenzialmente nell'aver conferito sistematicità alla disciplina preesistente, recependo le istanze europee nel segno della trasparenza, della perspicuità e dell’efficienza del processo[11].
Nel tentativo di attribuire schematicità alla convulsa normazione esistente in materia, si procederà a distinguere l’evoluzione disciplinare in tre fasi ideali, segnate e scandite dall’infausto evento della pandemia da Covid-19[12] che ha spinto e accelerato il processo di digitalizzazione in ambito penale[13].
Sulla base di tale tripartizione, può dirsi che prima dell’era pandemica l’atteggiamento del legislatore nazionale era alquanto refrattario alle innovazioni digitali, soprattutto quando esse intaccavano gli istituti delle notificazioni[14], delle comunicazioni[15] e dei depositi[16] i quali, come noto, si fondano sulla solennità delle forme.
Invero, solo con riferimento alle notificazioni, il sistema prevedeva il ricorso a “mezzi tecnici idonei”, consentendo, su espressa disposizione dell’autorità giudiziaria (art. 148, comma 2-bis c.p.p.), l’impiego di forme atipiche di trasmissione delle informazioni in ragione dell’urgenza della comunicazione (art. 149, comma 1 c.p.p.), oppure di particolari circostanze (art. 150, comma 2 c.p.p.).
Solo da poco più di un decennio, il legislatore - nell’ottica di un’accelerazione dei tempi della giustizia e di un’ottimizzazione delle risorse disponibili[17] - ha avviato un processo di digitalizzazione delle informazioni, più cospicuo in ambito civile[18] e assai più timido penale[19], volto alla progressiva sostituzione del documento cartaceo con quello digitale. A partire dal 2008, infatti, viene introdotta nel sistema giudiziario la procedura di trasmissione telematica mediante l’impiego della P.E.C.[20], con lo scopo di consentire «l’estensione dell’uso della posta elettronica nell’ambito delle pubbliche amministrazioni e dei rapporti tra [queste] e i privati»[21]; nello stesso anno, tra i destinatari delle comunicazioni e delle notifiche che provengono dagli uffici giudiziari vengono ricompresi anche gli avvocati che, in qualità di professionisti iscritti in albi, sono tenuti a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata[22].
Con specifico riguardo al sistema penale, il parco ingresso del processo di trasmissione telematico viene definitivamente consacrato dall’art. 16, comma 4, del d.l. 179/2012[23], che positivizza, a decorrere dal 15 dicembre 2014[24], l’impiego della P.E.C. solo per le notifiche «a persona diversa dall’imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2 c.p.p.» da parte degli uffici giudiziari.
Dall’esegesi del dettato normativo, emerge che le citate disposizioni, pur non mirando ad imporsi come regole generali di diritto sostitutive dei dicta normativi, sono finalizzate all’introduzione progressiva di un sistema comunicativo informatico opzionale, idoneo ad assurgere quale alternativa privilegiata rispetto alle comunicazioni telefoniche, telematiche e via telefax, attualmente consentite in casi determinati e nei confronti di specifiche categorie di destinatari.
Per espressa disposizione legislativa, il sistema P.E.C. può essere impiegato nei procedimenti dinanzi ai Tribunali, alle Corti di Appello[25] e, a decorrere dal 2017, anche presso la Corte di Cassazione[26].
In relazione ai legittimati “passivi”, la circolare ministeriale dell’11 dicembre 2014[27], esclude dal novero di soggetti che possono essere destinatari della notifica attraverso la ricezione della posta elettronica certificata coloro che assumono la qualità di imputato; di qui, a contrario, si ritiene che possano essere autorizzati a ricevere comunicazioni tramite P.E.C. i difensori di tutte le parti private (compreso il difensore dell’imputato)[28], la persona offesa, le parti civili, i responsabili civili, i civilmente obbligati per la pena pecuniaria, gli amministratori giudiziari, i consulenti tecnici e i periti.
Inoltre, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato[29], i difensori delle parti private sono legittimati a comunicare tra loro (ma non anche con l’autorità giudiziaria)[30] mediante sistemi telematici e P.E.C.
Infine, per quanto concerne le tipologie di atti suscettibili di trasmissione telematica, si deve ritenere che siano ricevibili a mezzo P.E.C. le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall’a.g. (art. 148, comma 2-bis, c.p.p.), gli avvisi e le convocazioni urgenti disposte dal giudice nei confronti di persona diversa dall’imputato (art. 149 c.p.p.), le notificazioni di altri atti disposte dal giudice sempre nei confronti di persona diversa dall’imputato, mediante l’impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto (art. 150 c.p.p.), nonché le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex art. 151 c.p.p.
Di conseguenza, la digitalizzazione non parrebbe riguardare le comunicazioni tra uffici giudiziari, così come suggerisce la lettera dell’art. 16 d.l. n. 179/2012, posto che mentre per il processo civile richiama espressamente sia le notificazioni che le comunicazioni, al contrario per il processo penale fa riferimento alle sole notificazioni.
Tuttavia, la Suprema Corte – facendo leva sul dettato di cui all’art. 64, comma 3 disp. att. c.p.p.[31] – è giunta ad ammettere, in tema di riesame di una misura cautelare, la possibilità che il giudice procedente invii tramite P.E.C. al collegio tutta la documentazione utile ex art. 100 disp. att. c.p.p.
Ben diversa è la situazione prefigurata (prima della normativa anti-Covid) in rapporto al deposito degli atti penali: soffermandosi sul dettato normativo di cui all’art. 16 del d.l. 179/2012, sia la dottrina maggioritaria[32] che la giurisprudenza[33] escludono la possibilità di configurare come “bidirezionale” il processo di digitalizzazione delle comunicazioni. Di qui, si ritiene che le parti private non possano servirsi delle tecnologie digitali né per il deposito di atti “interlocutori”, quali memorie, istanze e richieste, né di atti “performativi”, ovvero impugnazioni, opposizioni a decreto penale di condanna, liste testimoniali, ecc.
2.1. Segue: dalla disciplina anti-Covid al d.d.l. Bonafede
Nel solco dell’instabile quadro disciplinare e regolamentare tracciato, irrompe la pandemia da Covid-19 che imprime una netta accelerazione al processo di digitalizzazione, solo in parte avviato.
L’esigenza del cambiamento è sorta dalla necessità di contingentare gli spostamenti tra gli individui, fonte inevitabile di contagio e di propagazione dell’epidemia, e conseguentemente di limitare le occasioni di contatto tra gli attori del procedimento penale e gli uffici giudiziari.
In un contesto come quello descritto, per cui la dematerializzazione rappresenta il primo strumento di contrasto al morbo pandemico, il legislatore si impegna per velocizzare l’iter di digitalizzazione del processo penale.
Con precipuo riferimento al sistema delle notificazioni, il decreto c.d. “Cura Italia”[34] rimuove le barriere (sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo) che hanno caratterizzato l’impiego della P.E.C. nel processo penale.
Più nel dettaglio, l’art. 83, comma 13, d.l. 18/2020 ammette il ricorso generalizzato alle notifiche e alle comunicazioni telematiche degli avvisi e dei provvedimenti adottati nei confronti di tutti i soggetti del processo (e, dunque, anche per l’imputato) da parte di qualsiasi ufficio giudiziario mediante invio all’indirizzo di poste elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia[35], anche non domiciliatario.
Ancor più incisive sono state le modifiche della normativa emergenziale alla disciplina dei depositi degli atti del procedimento penale.
A dispetto della inflessibilità del regime pre-Covid, il decreto “Cura Italia” apre degli spiragli per ritenere ammissibile il deposito telematico: da un lato, attraverso la facoltizzazione dell’uso della P.E.C. per la trasmissione degli atti penali interlocutori presso gli uffici delle procure richiedenti[36], dall’altro istituendo il c.d. “Portale Deposito atti Penali” (PDP)[37].
Ma è con il successivo decreto c.d. “Ristori”[38] che il legislatore dell’emergenza – anche su sollecitazione dell’Avvocatura[39] – fa un vero e proprio salto in avanti verso la digitalizzazione del processo penale, prevedendo un obbligo di deposito degli atti interlocutori (ossia istanze, memorie, documenti e atti contemplati dal comma 3 dell’art. 416-bis c.p.p.) attraverso il PDP e una facoltà di deposito con valore legale degli atti – diversi da quelli indicati espressamente dal decreto – all’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati (c.d. ReGIndE)[40].
Inutile soffermarsi sulla querelle dottrinale e giurisprudenziale che – nel giro di pochissimi mesi – si è stratificata sul punto, sollevando dubbi circa la possibilità di depositare telematicamente anche gli atti impugnatori[41]. La risposta al quesito, infatti, arriva immediatamente dallo stesso legislatore con la l. 176/2020[42] che, convertendo il decreto “Ristori” e abrogando il decreto “Ristori-bis” delinea un regime chiaro e pressoché definito: mentre gli atti interlocutori devono essere depositati sul PDP, gli atti performativi possono essere trasmessi a mezzo P.E.C.[43]. Con una sola precisazione: per gli atti ricompresi nel D.M. del gennaio 2021[44] (ossia denunce, querele, nomine e revoche e rinunce difensive, opposizione alla richiesta di archiviazione) vige una disciplina “ibrida”, a mezza via tra quelle indicate, prevedendo la possibilità che le stesse vengano depositate sul portale telematico.
Gli spazi di manovra offerti dalla legislazione emergenziale, spingono il legislatore ad intervenire in maniera più risoluta: il disegno di legge presentato dal Ministro Bonafede durante il Governo “Conte-bis”[45] costituisce (o, almeno, sembra) un deciso cambio di tendenza, da una parte, attraverso la legittimazione generalizzata dell’utilizzo della posta elettronica certificata e di altri (non meglio specificati) strumenti telematici per compiere comunicazioni o notificazioni a persona diversa dall’imputato nei procedimenti penali di ogni ordine e grado[46], dall’altra prevedendo la possibilità o persino l’obbligo (in casi ancora da individuarsi con decreto del Ministero della Giustizia) di provvedere al deposito di atti e documenti con modalità tecnologiche accelerate[47].
Per quanto attiene al sistema delle notifiche, il d.d.l. c.d. “Bonafede” statuisce che tutte le notifiche all’imputato non detenuto – successive alla prima da effettuarsi brevi manu – vadano eseguite con modalità telematiche presso il difensore, di fiducia o di ufficio.
Con riferimento al deposito, il progetto di riforma introduce un regime variabile di trasmissione telematica degli atti e dei documenti, spingendosi fino a ricomprendere gli atti impugnatori di ogni genere[48].
2.2. Segue: i criteri direttivi della riforma Cartabia
Sull’impronta della proposta Bonafede (che, si ribadisce, risente della legislazione emergenziale anti-Covid), la legge “Cartabia” consacra il definitivo ingresso nel sistema del processo penale telematico[49]. La novella in parola introduce (riproponendo le proposte di riforma della Commissione di studio “Lattanzi”)[50], infatti, dei correttivi alla normativa tratteggiata nel precedente disegno di legge, rafforzando il ricorso alla digitalizzazione e all’informatizzazione quali strumenti per migliorare l’efficienza del processo penale senza, però, rinunciare (almeno formalmente) alle garanzie del giusto processo[51].
Se questa è la ratio della riforma, ben si comprende la scelta del legislatore di definire in maniera pressoché stringente e dettagliata i criteri direttivi in materia di informatizzazione della giustizia penale, ai quali il Governo delegato si dovrà attenere nell’emanazione dei successivi decreti legislativi.
Intanto, la novella insiste sulla necessità di introdurre regole tecniche ad hoc per assicurare la certezza della trasmissione e ricezione delle comunicazioni e delle notificazioni e, dunque, la correttezza del deposito telematico[52].
Poi, al fine di rendere concreta e non eccessivamente traumatica la transizione digitale, la legge introduce una disciplina transitoria volta alla gradualità e alla differenziazione delle misure da adottare nelle strutture amministrative centrali e periferiche, nonché al coordinamento del processo di attuazione con quelli di formazione del personale coinvolto[53].
Entrando nel vivo delle modifiche, può evidenziarsi come la legge conferma il ricorso generalizzato alle notifiche telematiche mediante l’uso della P.E.C. o di altri strumenti tecnici idonei. Ciò che invece cambia rispetto alla fugace disciplina contenuta nella proposta Bonafede è la normativa relativa alle comunicazioni all’imputato non detenuto, lì dove si prevede che, ad eccezione della prima e di quelle con cui si dispone la citazione a giudizio (sia in primo grado che nei giudizi di impugnazione), le notifiche vadano effettuate presso il difensore di fiducia, sul quale graverà l’onere di informare l’assistito[54].
Già prima facie, si denota un cambio di rotta rispetto al recente passato: la domiciliazione ex lege non riguarda più indifferentemente “ogni” difensore, ma solo quello di fiducia, statuendosi un regime “derogatorio” per quello d’ufficio[55].
Si pone, così, un rimedio alle critiche mosse alla proposta Bonafede che aveva ingiustificatamente ed erroneamente equiparato le due tipologie di difesa[56].
Inoltre, sempre nell’ottica di rafforzare le garanzie del giusto processo e, dunque, evitare ripercussioni sul diritto dell’imputato a presenziare al proprio processo, la novella prevede ulteriori diritti/doveri in capo al soggetto che – già al primo contatto con l’autorità giudiziaria e successivamente anche al difensore – è tenuto a fornire i recapiti telefonici e telematici presso i quali riceverà le eventuali ulteriori comunicazioni, riconoscendo allo stesso il diritto di eleggere domicilio digitale[57].
Con riguardo, invece, al deposito telematico, la novella adotta il principio della obbligatorietà di deposito tematico degli atti processuali, ivi comprese le istanze di gravame[58]; prospettiva temperata in maniera graduale dalla fase transitoria già delineata[59]. Viceversa, il deposito tradizionale è ammesso con riferimento agli atti che le parti compiono personalmente.
3. Punti di forza e criticità. Prospettive de jure condendo
Sulla base del quadro delineato, è ora possibile tirare le fila della portata e del “peso” della disciplina delineata dall’ultima riforma, con la piena consapevolezza della parzialità del quadro a disposizione. Così, in attesa di conoscere le posizioni assunte dal delegato, non possono non evidenziarsi in primis i punti di forza della novella.
Intanto, la riforma ha il notevole pregio di aver “cavalcato l’onda della modernità”: nella piena consapevolezza dell’impossibilità di serrare le porta del processo penale all’evoluzione tecnologica, il legislatore tenta di recepire gli effetti benefici della digitalizzazione, non solo nell’ottica di potenziare l’efficienza del sistema giustizia ma anche per migliorarne la qualità in termini di accesso alla giurisdizione, ragionevole durata, trasparenza, diritto di difesa e parità fra le parti.
In questo senso, è apprezzabile la scelta di soffermarsi sul dato tecnico, attraverso la predisposizione di idonee garanzie per assicurare la certezza – anche temporale – dell’avvenuta trasmissione e ricezione e la conformità la conformità al principio di idoneità del mezzo a quello del recepimento dell’atto, e la previsione di modalità alternative di deposito nel caso di malfunzionamento dei sistemi[60].
D’altra parte, è sicuramente pregevole il messaggio metodologico trasmesso attraverso la previsione di una modifica organica e complessiva al sistema delle notificazioni e del processo in assenza[61]: il legislatore contemporaneo comprende che l’effettività della volontà dell’imputato di non prendere parte alle udienze che lo vedono protagonista deriva proprio dall’efficacia dell’atto che gli consente di avere conoscenza effettiva del processo, ossia dalla correttezza delle notificazioni[62].
La riforma è, poi, apprezzabile anche sotto il profilo sistematico.
Sicuramente, un punto di forza sta nell’aver differenziato la posizione (rectius: il ruolo) del difensore di fiducia da quello di ufficio: la precedente impostazione che finiva per equiparare tout court le due posizioni, non poteva che suscitare riserve sul piano della sua reale praticabilità[63] nonché della compatibilità con il diritto fondamentale dell’accusato di partecipare coscientemente al proprio processo[64]. Difatti, una tale assimilazione tra due fattispecie alquanto diverse non solo sottovaluta le ben note (e difficilmente superabili) difficoltà fattuali che molti difensori d’ufficio incontrano nell’instaurare un rapporto sufficientemente continuo con i loro assistiti (specie se alloglotti o senza fissa dimora)[65], ma soprattutto non tiene in debito conto la «giurisprudenza della Corte Edu in tema di processo in absentia, la quale conferma che, mentre la nomina di un difensore di fiducia induce a ritenere una conoscenza del processo sufficientemente idonea a giustificarne il prosieguo, non altrettanto può dirsi quando la difesa sia affidata a un difensore d’ufficio»[66].
Deve, tuttavia, osservarsi come - a prescindere dai buoni intenti del legislatore - alcuni criteri appaiano alquanto pericolosi all’interprete.
In primis, in tema di deposito telematico, la riforma presenta degli “angoli ciechi”[67], mancando una compiuta riflessione sull’atto nativo digitale che possa dare un inquadramento dogmatico e normativo a questa “nuova” tipologia di atto. Permane l’idea che l’atto digitale si differenzi da quello cartaceo unicamente nella forma ma non nella sostanza e che possa quindi essere disciplinato ricorrendo alle tradizionali categorie codicistiche. Come rilevato, “un progetto più ampio di informatizzazione della giustizia penale dovrebbe ambire innanzitutto a rovesciare questa visione, facendosi carico di definire l’atto processuale telematico, elaborando i nuovi formalismi digitali ed enucleando il sistema di invalidità preposto alla loro osservanza”[68].
Per quanto attiene alle novità in materia di notificazioni, la riforma - riducendo drasticamente i casi di notifica diretta al prevenuto - sacrifica inesorabilmente uno dei presidi cardine del processo, teso ad assicurare che un soggetto possa decidere in modo consapevole e volontario se partecipare o meno al proprio processo. Con tutto ciò che ne consegue in termini di frizione con i principi convenzionali, derivanti dall’art. 6 CEDU ma anche di un possibile, paradossale, aggravio dei tempi processuali, causato da un utilizzo più massiccio dei rimedi ripristinatori, operanti nelle fattispecie in cui si proceda erroneamente in assenza[69].
Sotto altro aspetto, altrettanto discutibile appare la previsione per cui l’indagato/imputato sia tenuto - sin dal primo contatto con l’autorità procedente - ad indicare il recapito telefonico e telematico di cui abbia la disponibilità.
Invero, seppure la previsione “aggiuntiva” della riforma Cartabia possa apparire funzionale a facilitare le ricerche dell’imputato, responsabilizzando lo stesso nell’ottica di garantire la certezza circa l’effettiva conoscenza del processo, deve ammettersi - in prospettiva de jure condendo - che tale criterio rischia di rimanere confinato “sulla carta” e di non trovare attuazione pratica, posto che la legge delega non prevede alcuna reazione dell’ordinamento in caso di violazione al dovere or ora richiamato.
In ultimo, la riforma acuisce le preoccupazioni dei pratici che intravedono nelle scelte legislativa la volontà di snaturare il ruolo del difensore nel processo penale. L’adozione di un regime siffatto determinerebbe, infatti, un più intenso onere di cooperazione con i propri assistiti pure in capo agli avvocati (tanto di fiducia, quanto d’ufficio), posto che essi non potrebbero più rifiutarsi di ricevere le notificazioni presso il proprio studio, diventando un “organo di notifica”[70].
A prescindere da siffatte considerazioni di carattere politico-sistematico, non può che attendersi la traduzione operativa dei criteri direttivi contenuti nella legge delega, nella speranza che il legislatore delegato - meno timido del delegante - possa prendere una posizione più netta, volta alla predisposizione di una disciplina organica in materia attraverso la riscrittura delle norme ed elaborando un sistema di invalidità preposto alla loro osservanza: “[S]olo dopo il riposizionamento delle categorie e dei modelli legali di riferimento alla luce delle nuove potenzialità tecniche, sarà possibile una vera transizione digitale”[71], che consenta di tutelare, al contempo, le esigenze di efficienza processuale con le garanzie del giusto processo.
[1] Si tratta della legge c.d. “Cartabia”, recante “Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, in G.U. 4 ottobre 2021, n. 237, entrata in vigore il 19 ottobre 2021. Per i primi commenti sistematici alla riforma, ad A. BASSI-C. PARODI, La riforma del sistema penale. L. n. 134/2021: la delega e le norme immediatamente applicabili, Milano, 2021, passim; R. BRICCHETTI, Riforma processo penale. Dalla delega ai criteri delegati: punti fermi e non, in Il Penalista, 22 novembre 2021; P. BRONZO, Delega al governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d'Appello, in Cass. pen., 2021, 3276; G. CANZIO, Le linee del modello “Cartabia”. Una prima lettura, in Sist. pen., 25 agosto 2021; M. DANIELE, La riforma della giustizia penale e il modello perduto, ivi, 2021, 3069; G.L. GATTA, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della Legge Cartabia, in Sist. pen., 15 ottobre 2021; G. SPANGHER, La riforma Cartabia nel labirinto della politica, in Dir. pen. proc., 2021, 1155.
[2] Cfr. G. SARTOR, L'informatica giuridica e le tecnologie dell'informazione. Corso di informatica giuridica, Torino, 2016, 3 ss.
[3] Art. 1, comma 5, lett. a), seconda parte, e art. 1, comma 6, l. 134/2021.
[4] Art. 1, comma 5, lett. a), prima parte, l. 134/2021.
[5] Art. 1, comma 8, l. 134/2021.
[6] La dottrina si è da sempre mostrata attente al tema in esame. Ex multis, M. BAZZAOTRE, Alcune considerazioni sul processo telematico dal punto di vista della difesa, in Giust. insieme, 2019; V. BOVE, Notificazioni telematiche nel procedimento penale: questioni giuridiche e problematiche applicative, in Dir. pen. cont., 10 ottobre 2015; F. DELVECCHIO, L’informatizzazione della giustizia penale, in Dir. pen. cont., 2021, 60; A. DIDDI, Quale futuro per l’elettronica nel processo penale? Osservazioni a margine dell’impiego della PEC per le notificazioni, in Proc. pen. giust., 2017, 299 ss.; B. GALGANI, Il processo penale paperless: una realtà affascinante, ancora in divenire, in AA. VV., Dimensione tecnologica e prova penale, a cura di L. Luparia-L. Marafioti-G. Paolozzi, Torino, 2019, 245; E.N. LA ROCCA, Notificazioni via PEC: i limiti di validità negli approdi della giurisprudenza penale, in Quot. giur., 27 giugno 2019; G. MARRA, Le notifiche telematiche, in Cass. pen., 2016, 250; W. NOCERINO, I limiti normativi all’uso della P.E.C. nel processo penale, in Dir. pen. proc., 2020, 812; V. VENTURA, La forma delle notificazioni, in AA.VV., Notificazioni e processo senza imputato. Vizi e difetti della comunicazione nel procedimento penale, a cura di A. Trinci-V. Ventura, Milano, 2015, 132 ss.
[7] Art. 1, comma 1, lett. g), DPR 11 febbraio 2005, n. 68, “Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’art. 27, l. 16 gennaio 2003, n. 3”, in G.U. 28 marzo 2005, n. 97. Sui caratteri della P.E.C., esaustivamente, A. BARLETTA, voce Posta elettronica certificata (PEC), in Dig. pubbl., Torino, 2012, 572.
[8] Art. 4, DPR 11 febbraio 2005, n. 68, cit.
[9] L’accesso al PDP è consentito unicamente ai soggetti iscritti nel ReGIndE (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici) con ruolo avvocato. Cfr. § 2.1.
[10] Art. 48, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, “Codice dell’amministrazione digitale”, in G.U., 16 maggio 2005, n. 112, così come modificato ex art. 33, d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235. Da ultimo, v. d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, “Modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, in GU 13 settembre 2016, n. 214, che qualifica l’indirizzo P.E.C. quale domicilio informatico e determina il rinvigorimento del sistema de quo, ampliandone il relativo ambito di operatività.
[11] Sono questi gli obiettivi del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.
[12] Come precisato dal Nobel per la fisica Albert Einstain, «[L]a crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie». Così A. EINSTAIN, Mein Weltbild – Come io vedo il mondo, Querido Verlag, 1934, p. 17.
[13] Si tratta di uno dei pochi “meriti” (o, meglio, l’unico merito) della pandemia. Sul punto, V. BOVE, Analisi ed effetti della normativa emergenziale per il COVID-19 sugli uffici giudiziari ordinari di merito, in Il processo telematico, 2020; S.M. CORSO, Le auspicabili ricadute della normativa emergenziale sulla comunicazione telematica prevista nel d.d.l. 2020 per la riforma della procedura penale, in Arch. pen., 2020, f. 2, 1; L. KALB, Emergenza sanitaria giustizia penale. Un’analisi delle misure incidenti sul sistema processuale penale, in Dir. pen. proc., 2020, 910.
[14] Il termine “notificazione” identifica lo strumento «finalizzato a far sì che con l’osservanza di determinate forme ed entro certi termini, gli atti del processo siano portati a conoscenza» dei destinatari. Così P.P. RIVELLO, sub art. 148 c.p.p., in Commentario breve al codice di procedura penale, diretto da G. Conso-V. Grevi, Padova, 2005, 401. Più in generale, sull’istituto de quo, ex plurimis, A. BELLOCCHI, Le notificazioni, in Aa. Vv., Trattato di procedura penale, t. 1, Parte II, a cura di G. Dean, diretto da G. Spangher, Torino, 2008, 287 ss.; L. D. CERQUA, Le notificazioni nel processo penale, Milano, 2004; D. CURTOTTI, voce Notificazioni, in Dig. disc. pen., Agg. V, Torino, 2010, 593 ss.
[15] Non è del tutto chiara la distinzione fra notificazioni e comunicazioni, posta l’assenza di una definizione codicistica. Ciò nonostante, dall’interpretazione sistematica del codice di rito e delle disposizioni di attuazione si ricava che le comunicazioni si sostanziano nella trasmissione della copia di un atto da giudice a giudice, o da giudice a p.m. Al contrario, con le notificazioni si fa riferimento alla consegna di un atto (o della sua copia) al destinatario persona fisica (o giuridica), realizzata dall’ufficiale giudiziario o con mezzi tecnici idonei. Sul punto, esaustivamente, D. Curtotti, voce Notificazioni, cit., 595.
[16] Di norma, le memorie e le istanze di parte, le quali vanno portate a conoscenza del destinatario mediante deposito in cancelleria, ex art. 121 c.p.p.
[17] Il legislatore contemporaneo intravede nella speditezza del sistema giustizia la chiave di volta per il miglioramento strutturale della pubblica amministrazione. Cfr., art. 27, l. 16 gennaio 2003, n. 3, recante “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”, in GU 20 gennaio 2003, n. 15, per cui, ai fini di una maggiore efficienza ed economicità dell’attività della pubblica amministrazione, è necessario garantire il diritto di accesso e reclamo esperibile da parte di tutti i soggetti interessati per via telematica.
[18] D.l. 25 giugno 2008, n. 112, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza”, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133, in GU 21 agosto 2008, n. 195. Ai sensi dell’art. 51, comma 1, d.l. 112/2008, «[…] le notificazioni e comunicazioni di cui al primo comma dell'articolo 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell'articolo 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica […]». Tale comma è stato poi abrogato dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179
[19] Art. 4, comma 2, d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, “Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario”, convertito, con modificazioni, in l. 22 febbraio 2010, n. 24, in G.U. 26 febbraio 2010, n. 47, per cui «[N]nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano [nei casi consentiti] mediante posta elettronica certificata […]». Il processo di digitalizzazione delle comunicazioni telematiche ha, poi, trovato completamento con l’emanazione del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, recante “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella l. 22 febbraio 2010, n. 24”, in G.U. 18 aprile 2011, n. 89 e del D.M. 12 settembre 2012, n. 216, recante “Disposizioni in materia di ripetibilità delle spese di notifica e determinazione delle somme oggetto di recupero nei confronti del destinatario dell'atto notificato”, in G.U. 30 ottobre 2011, n. 254, tramite cui viene avviata una fase sperimentale presso la procura e il tribunale di Torino.
[20] D.l. 25 giugno 2008, n. 112, cit.
[21] Ex art. 27, comma 8, lett. e, l. 16 gennaio 2003, n. 3, cit.
[22] Art. 16, comma 7, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, recante “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale", convertito, con modificazioni, in l. 28 gennaio 2009, n. 2, in G.U. 28 gennaio 2009, n. 22.
[23] Il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito, con modificazioni, con L. 17 dicembre 2012, n. 221, in G.U., 18 dicembre 2012, n. 294, attraverso una modifica della normativa vigente, introduce una disciplina integrata sul sistema di notificazioni e comunicazioni a mezzo di posta elettronica certificata, sia nel processo civile che in quello penale.
[24] L’art. 1, comma 19, lett. a, punto 1, l. 24 dicembre 2012, n. 228, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, in G.U. 29 dicembre 2012, n. 302, modificando l’art. 16 del d.l. 179/2012, prevede che il sistema di trasmissione telematico trovi impiego nel processo penale a decorrere dal 15 dicembre 2014.
[25] Così come previsto ex art. 1, comma 19, l. 24 dicembre 2012, n. 228, cit., che introduce la lett. c-bis al comma 9 dell’art. 26 del d.l. 179/2012.
[26] D.M, 14 settembre 2017, n. 228, “Notifiche telematiche ai difensori nei procedimenti penali di legittimità presso la Corte Suprema di Cassazione ai sensi dell’art. 16, comma 10, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv., con modificazioni, in l. 17 dicembre 2012, n. 221”, in G.U. 29 settembre 2017, n. 228.
[27] Circolare ministeriale, 11 dicembre 2014, recante “Avvio del sistema di comunicazioni e notificazioni penali”, in Cass. pen., 2015, p. 2093 ss.
[28] Cfr. Cass., Sez. IV, 31 marzo 2016, n. 16622, in Giur. it., 2016, 1242 ss., con nota di L. KALB, Valida la notificazione all'imputato effettuata mediante invio di posta elettronica certificata al difensore. Sulla legittimità dell’uso degli altri strumenti tecnici di comunicazione tra i difensori, già, Cass., Sez. Un., 28 aprile 2011, n. 28451, in Guida dir., 2011, fasc. 37, 72 ss., con nota di D. J. ANTONELLI, Via libera all’utilizzo esteso dello strumento tecnico se la domiciliazione è scelta dal cliente o dalla legge.
[29] Cfr. Cass., sez. II, 11 gennaio 2017, n. 6320, in CED, n. 268984, per cui «[È]è valida la notifica tramite posta elettronica effettuata, ai sensi dell’art. 299, comma quarto bis c.p.p., dal difensore dell’imputato a quello della persona offesa». Contra, Corte di Assise di Taranto, ord. 18 luglio 2016, in www.diritto.it.
[30] Secondo la giurisprudenza di legittimità, «alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata». Cass., sez. II, 15 gennaio 2019, n. 21638, in Il penalista; Sez. II, 11 luglio 2018, n. 49459, ivi; Sez. II, 16 maggio 2017, n. 31314, in CED, n. 270702; Sez. II, 16 maggio 2017, n. 31336, ivi, n. 270858; Sez. III, 20 settembre 2016, n. 48584, ivi, n. 268192; Sez. III, 26 ottobre 2016, n. 6883, ivi, n. 269197; Sez. I, 28 gennaio 2015, n. 18235, ivi, n. 263189; Sez. III, 11 febbraio 2014, n. 7058, ivi, n. 258443.
[31] La norma in parola prevede che le comunicazioni tra gli uffici, qualora l’atto impugnato contenga disposizioni concernenti la libertà personale, debbano avvenire con il mezzo più celere, nelle forme previste dagli artt. 149 e 150 c.p.p. e, in tale ipotesi, la validità della trasmissione risulta dall’attestazione in calce all’atto fatta dal cancelliere.
[32] Per tutti, F. CERQUA, La difesa non può comunicare con la posta elettronica certificata: osservazioni critiche, in Dir. pen. proc., 690.
[33] Secondo la giurisprudenza, alle parti private è preclusa la possibilità di utilizzare tale forma di trasmissione telematica per presentare istanze di gravame, dal momento che «le modalità di presentazione e di spedizione delle impugnazioni, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., sono tassative ed inderogabili». Cass., Sez. II, 16 maggio 2017, n. 31314, in C.E.D. Cass., n. 270702. Nello stesso senso, Cass., Sez. VI, 24 gennaio 2020, n. 2951, in C.E.D. Cass., n. 278127; Sez. IV, 23 gennaio 2018, n. 21056, ivi, n. 272740; Sez. II, 11 luglio 2018, n. 49459, in Dir. pen. proc., 2019, 689. Invero, una parte minoritaria di giurisprudenza ha ritenuto che «la richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria, non è irricevibile né inammissibile, anche se l'utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del giudice procedente». Cass., Sez. I, 16 novembre 2017, n. 1904, in C.E.D Cass., n. 272049.
[34] D.l. 17 marzo 2020, n. 18, recante Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, conv. con modificazioni in l. 24 aprile 2020, n. 27, in G.U. 29 aprile 2020, n. 110.
[35] Sebbene la disposizione faccia riferimento al difensore di fiducia, non sembra precludere la possibilità che la notifica all’imputato possa essere fatta anche al difensore di ufficio, sempre che non sia una prima udienza, in relazione alla quale, trattandosi di un accertamento di natura costitutiva, è necessario rinnovare la notifica all’imputato personalmente. Così V. BOVE, I tribunali penali davanti alla fase 2: una prima lettura del nuovo art. 83 dl. 83/2020 tra legge di conversione e decreto legge 28/2020, in Il penalista, 2020, 14.
[36] Con l’art. 83 d.l. n. 18/2020, è stata inserita la possibilità, prevista dal comma 12-quater 1, di depositare in modalità telematica, presso ciascun ufficio del pubblico ministero che ne avesse fatto domanda, memorie, documenti, richieste e istanze indicate dall’art. 415-bis, comma 3, c.p.p., previo provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.
[37] Provvedimento DGSIA n. 5477 dell’11 maggio 2020, contenente le disposizioni relative al deposito con modalità telematica di memorie, documenti, richieste e istanze indicate dall’art. 415-bis, comma 3, c.p.p. e previste dal comma 12-quater.1 dell’art. 83 d.l. n. 18/2020
[38] Dl. 28 ottobre 2020, n. 137, recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19”, in G.U., 28 ottobre 2020, n. 269.
[39] Unione delle Camere Penali Italiane, Covid e giustizia penale: le proposte UCPI al Ministro della Giustizia e il documento condiviso con le più importanti procure italiane, in www.camerepenali.it, 27 ottobre 2020.
[40] Cfr. art. 24, d.l. 28 ottobre 2020.
[41] Mentre la dottrina aveva fornito una interpretazione estensiva del dettato di cui al comma 4 del dl 137/2020, ricomprendendo nel novero degli “altri atti” anche le impugnazioni (G. BRIOLA-M. AIENTI-M. PICOTTI, La cassazione delle PEC. Necessari rimedi in sede di conversione del decreto ristori?, in Giur. pen., 2020, f. 11, 1), la giurisprudenza aveva adottato una posizione maggiormente rigorosa. Cfr. Cass., sez. I, 19 novembre 2020, n. 32566, in Giur. it., 2021, 709, con nota di S. TOGNAZZI, Deposito telematico degli atti penali e disciplina d'emergenza.
[42] L. 18 dicembre 2020, n. 176, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, in G.U., 24 dicembre 2020, n. 319.
[43] Secondo la nuova normativa, è necessario che le istanze di gravame vengano trasmesse tramite PEC dal difensore all’indirizzo dell’ufficio giudiziario competente (art. 24, commi 6-bis e 6-ter), e siano sottoscritte digitalmente con l’indicazione degli allegati (anch’essi trasmessi in copia informatica con firma elettronica). Medesima disciplina si applica per il deposito di motivi nuovi e memorie (art. 24, comma 6-quater). Per dovere di completezza, si precisa che la novella, nell’ottica di rendere il quadro normativo più organico, ha anche elaborato nuove ipotesi di inammissibilità, che si aggiungono a quelle previste dall’art. 591 c.p.p. Ai sensi dell’art. 24, comma 6-sexies, l. n. 176/2020, l’impugnazione è inammissibile: quando l’atto [lett. a)] o le copie informatiche per immagine [lett. b)] non sono sottoscritte digitalmente dal difensore, quando l’impugnazione è trasmessa da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati [lett. c)], o non è intestato al difensore [lett. d)], o, ancora, quando l’atto viene inviato ad un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato [lett. e)].
[44] Art. 1, d.m. 13 gennaio 2021, sul Deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
[45] Il 13 marzo 2020 è stato presentato alla Camera dei deputati il d.d.l. C 2435, intitolato “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello”. Per un commento, J. Della Torre-M. Gialuz, Il progetto governativo di riforma della giustizia penale approda alla Camera: per avere processi rapidi (e giusti) serve un cambio di passo, in Sist. pen., 2020, f. 145.
[46] Art. 2, comma 1, lett. f)
[47] Art. 2, comma 1, a-e)
[48] Art. 7, comma 1, lett. b)
[49] Cfr. art. 1, comma 5, per cui “Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti disposizioni in materia di processo penale telematico sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi […]”. Per dovere di completezza, si segnala che la delibera del 22 luglio 2021, recante “Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale”, in Gazz. uff., 3 novembre 2021, n. 262, e il decreto del 28 ottobre 2021, recante “Modalità per l’attuazione del processo costituzionale telematico - regole tecniche”, in Gazz. uff., 3 novembre 2021, n. 262, introducono il processo telematico davanti alla Corte costituzionale: si prevede che l’utilizzo delle modalità digitale sia l’unica modalità di funzionamento del processo e l’unica possibilità di dare impulso allo stesso o parteciparvi. A tali fine è stata creata la piattaforma e-Cost, alla quale potranno accedere gli avvocati, l’Avvocatura dello Stato, i giudici, le Regioni e tutti i soggetti che possono promuovere giudizi, costituirsi o intervenire davanti alla Consulta.
[50] Commissione di studio per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonché in materia di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, nominata con d.m. 16 marzo 2021.
[51] Per i primi commenti, F. DELVECCHIO, Prospettive e tempi della digitalizzazione del processo, in Proc. pen. giust., 2021, f. 1, 8 ss.; F. DEMARTIS, Riforma del processo penale: il processo penale telematico, in Quot. giur., 7 settembre 2021; L. GIORDANO, Riforma Cartabia; delega in tema di processo penale telematico, in Il penalista, 13 settembre 2021; A. NATALINI, Iter notificatorio più celere e moderno tramite recapiti telefonici e telematici, in Guida dir., n. 41, 54 ss.; R. NERUCCI-A. TRINCI, Riforma Cartabia: le notificazioni, in Il processo telematico, 28 settembre 2021.
[52] Art. 1, comma 5, lett. a), seconda parte e lett. b).
[53] Art. 1, comma 5, lett. c).
[54] Art. 1, comma 6, lett. c). Si precisa che la legge delega esclude la responsabilità del difensore nel caso in cui l’omessa o ritardata comunicazione all’assistito sia imputabile al fatto di quest’ultimo. Cfr. art. 1, comma 6, lett. d).
[55] Art. 1, comma 6, lett. b).
[56] Su cui vedi infra § 3.
[57] Art. 1, comma 6, lett. a) e c).
[58] Art. 1, comma 13, lett. b), per cui si richiede l’abrogazione degli artt. 582, comma 2 e 583 c.p.p.
[59] Sul tema, D. MINOTTI, Spinta al deposito telematico e all’atto nativamente digitale, in Guida dir., 40, 114.
[60] Art. 1, comma 5, lett. d).
[61] L. 28 aprile 2014, n. 67, recante “Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili”, in G.U., 2 maggio 2014, n. 100. Per misurare il malcontento della dottrina sul punto, per tutti., G. UBERTIS, Truffa delle etichette” nel processo penale: la “contumacia” è diventata “assenza”, in Cass. pen., 2015, 931.
[62] L. KALB, Valida la notificazione all'imputato effettuata mediante invio di posta elettronica certificata al difensore, cit., 1245 s.
[63] A tal proposito, cfr. le obiezioni dell’UCPI (Le osservazioni critiche di UCPI sui punti indicati nella bozza proposta dall’Ufficio Legislativo del Ministero, in www.camerepenali.it, 13 marzo 2019, p. 1), sollevate già nei confronti della prima bozza di riforma del governo “giallo-verde.
[64] Si vedano le critiche contenute nel documento del Consiglio direttivo dell’Associazione tra gli studiosi del processo penale, Prime osservazioni sui trentadue punti della bozza di disegno di legge delega per la riforma del processo penale, in Arch. pen., 2019, n. 1, p. 2.
[65] Di questo avviso J. DELLA TORRE-M. GIALUZ, Il progetto governativo di riforma della giustizia penale approda alla Camera, cit., p. 156
[66] Com’è noto, la Corte di Strasburgo ritiene che né la lettera né la ratio dell’art. 6 CEDU impediscano a una persona di rinunciare al proprio diritto a presenziare al proprio processo. Cfr., Corte EDU, Grande Camera, 12 febbraio 1985, n. 89, Colozza c. Italia, in Giust. pen.,1985, I, p. 114; Grande Camera, 18 maggio 2004, Somogyi c. Italia, in Cass. pen., 2005, 3, p. 983; Grande Camera, 10 novembre 2004, Sejdovic c. Italia, ricorso n. 56581/00.
[67] F. DELVECCHIO, L’informatizzazione della giustizia penale, cit., p. 82.
[68] Così P. TONINI, Processo penale telematico e processo in assenza dell’imputato, intervento durante il Convegno di studi dal titolo Verso la riforma della giustizia tra diritto penale e processo. In ricordo di Angelo Giarda, Milano, 29 ottobre 2021.
[69] Sulle novità introdotte dalla riforma sul processo penale in assenza, A. MANGIARACINA, Giudizio in assenza: maggiori garanzie, in Proc. pen. giust., 2022, f. 1, p. 124 ss.; A. Natalini, Mancata partecipazione, si va avanti solo con la certezza che è volontaria, in Guida dir., 2021, f. 41, 57.
[70] Così G. VARRASO, Processo penale telematico e processo in assenza, cit. Secondo l’UCPI, Le osservazioni critiche di UCPI sui punti indicati nella bozza, cit., 1, l’istituzione di siffatti oneri informativi in capo al difensore ne snaturerebbero «la funzione col renderlo collaboratore attivo ai compiti che dovrebbero spettare alle autorità procedenti». In senso ugualmente critico sul punto, cfr. E.N. LA ROCCA, La prima delega del decennio per la riforma del processo penale: una corsa folle contro il tempo che ora scorre senza contrappesi, in Arch. pen., 2020, 5. Invero, la tendenza di estendere le notifiche presso il difensore rappresenta anche l’ultimo approdo della giurisprudenza di legittimità. Cfr. Cass., Sez. Un., 25 novembre 2021, informazione provvisoria, per cui «[N]el caso di domicilio dichiarato, eletto o determinato ai sensi dell'art. 161, commi 1, 2 e 3, c.p.p., il tentativo di notificazione col mezzo della posta, ai sensi dell'art. 170 c.p.p. e non andato a buon fine per irreperibilità del destinatario, integra, senza necessità di ulteriori adempimenti, l'ipotesi della notificazione divenuta impossibile e/o della dichiarazione mancante, insufficiente o inidonea di cui all'art. 161, comma 4, prima parte, c.p.p.. La notificazione, in questo caso, va eseguita, da parte dell'ufficiale giudiziario, mediante consegna al difensore, salvo che l'imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, dovendosi in tal caso applicare le disposizioni di cui agli artt. 157 e 159 c.p.p.». Si rafforza in tal modo il meccanismo presuntivo che giustifica il processo in assenza per il tramite della dichiarazione o elezione di domicilio, contravvenendo il parametro europeo per cui i sistemi nazionali devono prevedere un certo grado di approfondimento delle ricerche per garantire la certezza della conoscenza del processo.
[71] F. DELVECCHIO, Prospettive e tempi della digitalizzazione del processo, cit., 17.