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Pubbl. Mar, 14 Dic 2021

L´ascolto del minore: diritto assoluto e dovere istruttorio

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Chiara Imbalzano
AvvocatoUniversità degli Studi di Messina



Il presente contributo esamina l´istituto del diritto all´ascolto del minore e si concentra sull´analisi dell´ordinanza n. 23804/2021 con cui la Corte di Cassazione ribadisce l´importanza e il dovere di ascoltare il bambino capace di discernimento in tutte le procedure che lo riguardano.


ENG The paper examines the institute of the right to listen to the child and focuses on the recent ordinance n.23804/2021 with which the Court of Cassation reiterates the importance and the duty to listen to the child capable of discernment in all procedures that the concern.

Sommario : 1. Il diritto all'ascolto; 2. L'ordinanza n. 23804 del 2 settembre 2021; 3. La sindrome da alienazione parentale; 4. La decisione della Corte di Cassazione; 5. Conclusioni.

1. Il diritto all’ascolto

Ascoltare il minore significa far entrare nel processo le ragioni e la voce dello stesso1. Il Legislatore pone al centro il minore al quale riconosce oltre alla titolarità del diritto alla bigenitorialità - già sancito dalla L. n. 54/2006 - anche il diritto ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano ex art. 315-bis c.c., in ottemperanza alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo2 ratificata con L. n. 176/1991, nonché della Carta di Nizza giuridicamente vincolante con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Il particolare merito della Convenzione di New York è quello di qualificare il diritto all’ascolto come diritto assoluto del minore, valevole in ogni situazione e nei confronti non solo del giudice e delle altre parti processuali ma prima di tutto e soprattutto in famiglia e in tutte le situazioni relazionali e sociali cui il minore partecipa, un diritto che con queste caratteristiche è proprio solo della persona minore di età.

Il soggetto maggiorenne, infatti, è titolare di un diritto analogo solo in particolari situazioni e nei confronti di soggetti particolari (ad es. in quanto cliente ha diritto di essere ascoltato dall’avvocato, o in quanto paziente dal medico, ambiti in cui l’ascolto è funzionale e prodromico al corretto svolgimento di un rapporto giuridico e trova la sua ratio all’interno di questo rapporto), mentre così non è per il minore che ha in assoluto il diritto ad essere ascoltato in tutte le situazioni che lo riguardano e funzionalmente all’esercizio di tutti gli altri suoi diritti3.

Il diritto all’ascolto del minore nell’ambito dei procedimenti giudiziari era già previsto nel nostro ordinamento dalla legge di ratifica della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori4, sebbene non vi fosse previsione specifica per i procedimenti di separazione e divorzio. Successivamente la L. 54/2006 all’art. 155-sexies c.c. rubricato «Poteri del giudice e ascolto del minore» disponeva che prima dell’emanazione, anche in via provvisoria dei provvedimenti di cui all’art. 155 c.c., il giudice potesse assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Si prevedeva, inoltre, che il giudice disponesse l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento5.

Qualora ne avesse ravvisato l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, poteva rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 155 c.c. per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentassero una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli. Con tale formula, il minore non era parte del procedimento di separazione e divorzio, pertanto risultava fallace qualsiasi interpretazione della norma che volesse riconoscere al giudice l’obbligo di ascoltare il minore.

L’art. 155-sexies c.c., oggi abrogato, è confluito pressochè invariato nell’art. 337-octies c.c. ai sensi del quale, il minore ha il diritto di esprimersi relativamente alle questioni che lo riguardano in conseguenza dello scioglimento del nucleo familiare; ciò gli consente di dar voce alle proprie opinioni e di concorrere, nei limiti del possibile, alle scelte che incidono sulla propria vita personale e di relazione6.

Nei procedimenti nei quali il superiore interesse del minore deve ricevere “preminente considerazione”, la sua presenza è strumentale all’attuazione di un fine preciso, quello di “attribuire al minore, nei limiti della sua capacità di discernimentol’autonomia di compiere le scelte che riguardano la sua esistenza attraverso una concreta partecipazione ai giudizi in cui è direttamente coinvolto”7. Peraltro il diritto all’ascolto è stato incluso dal legislatore del 2013 anche nel catalogo dei diritti dei figli nei confronti dei genitori ex art. 315-bis c.c. Al terzo comma dell’art. 315-bis c.c. è sancito un diritto di matrice processuale, ovvero il diritto all’ascolto del minore in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, mentre finora tale diritto si deduceva dalla presenza nel nostro sistema processuale di un obbligo di ascolto imposto al giudice (con il d.lgs. n. 154 del 2013, art. 337-octies).

L’audizione ha una doppia natura. In primo luogo, intesa quale “manifestazione di volontà»8, che il minore ha sempre il diritto di effettuare purché abbia capacità di discernimento; essa è un diritto, il cui esercizio consente al minore di influire sulla formazione del convincimento del giudice. Inoltre, l’audizione intesa quale “atto istruttorio necessario”, è uno strumento che consente al giudice di verificare se il provvedimento richiesto corrisponda all’interesse del minore9.

Nella misura in cui concorre alla formazione del convincimento del giudice, fa parte dell'istruttoria poiché contribuisce a fornire un elemento fondamentale di comprensione del thema decidendum. 

L’ascolto, tuttavia, non è assimilabile alla testimonianza né all’interrogatorio libero della parte. Non è testimonianza, perché il minore non è terzo al processo. Non è chiamato a rendere una deposizione sulla contesa tra le parti, bensì su temi che attengono primariamente alla sua sfera personale. Egli può, inoltre, esprimere le proprie personali sensazioni e valutazioni, delle quali il giudice deve prendere atto, a differenza di quanto avviene per i testimoni. Non è interrogatorio libero, perché sotto il profilo dei presupposti non è sempre definibile se il minore sia parte o meno del processo10.

L’ascolto, pur non essendo equiparabile ai mezzi di prova ordinari, rappresenta un istituto tipizzato, un “momento formale del procedimento”11. Il verbo ascoltare mette in risalto la posizione del minore nei procedimenti che lo riguardano, nel senso che rende effettivi i suoi diritti: ad essere informato, ad esprimere liberamente la sua opinione12. L’ascolto13 implica, quindi, che non siano poste da parte di chi compie questa attività, domande al minore dirette a raccogliere informazioni utilizzabili nel procedimento quali mezzi di prova, ma che vengano fornite al minore che sia capace di discernimento tutte le informazioni necessarie per fargli comprendere quanto sta accadendo. L’ascolto mira inoltre a raccogliere tutto ciò che spontaneamente il minore intende dire sulle questioni che lo riguardano. Efficace e chiaro è quanto un autore afferma a proposito di ascolto e di assunzione di testimonianza:

“L’ascolto è prestare orecchie e attenzione a ciò che il minore vuole esprimere; la testimonianza è il racconto indotto su fatti che interessano al giudice per decidere. L’ascolto ha come soggetto attivo il minore; la testimonianza vede come protagonista il giudice. L’ascolto costituisce manifestazione specialmente di opinioni e di emozioni; la testimonianza ha come contenuto il racconto di fatti. Qualche volta la testimonianza può essere traumatica, invece l’ascolto è in qualche modo liberatorio. Nella testimonianza non è rilevante ciò che il testimone vuole o desidera; l’ascolto è invece uno strumento per raccogliere le opinioni del minore, con obbligo di prenderle debitamente in considerazione nel momento della decisione e di esplicitare anche tale considerazione nella relativa motivazione”14.

La configurazione dell’audizione giudiziale del minore come vero e proprio diritto soggettivo dello stesso sulla scia delle prescrizioni contenute nell’art. 12 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo e nell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 1996 e non come semplice derivazione di un dovere processuale del giudice, implica che il piano della tutela si è spostato da quello semplicemente processuale a quello dei diritti inviolabili del minore (art. 2 Cost.), e perciò il suo ascolto riveste oggi, ad ogni effetto, carattere di preminenza ed inderogabilità15.

La sua inderogabilità comporta che esso debba trovare piena tutela, senza possibilità di alcun distinguo o limitazione, in tutte le procedure che “lo riguardano”, intendendosi per tali, non solo quelle in cui egli agisce o è convenuto in qualità di parte in senso sostanziale, ma quelle che pur svolgendosi tra i soli genitori, o tra altri soggetti, sono però destinate ad incidere direttamente sulla sua situazione giuridica ed esistenziale16. Il minore avrà diritto ad essere ascoltato non solo nei processi contenziosi, quali ad esempio la separazione giudiziale, il divorzio. o il procedimento camerale di affidamento o mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, ma anche nelle procedure consensuali, come la separazione consensuale, il divorzio su ricorso congiunto dei coniugi, o il procedimento camerale di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio promosso consensualmente dai genitori. Inoltre, essendo l’audizione del minore preordinata a soddisfare un suo diritto inviolabile, oggi previsto dall’art. 315-bis, comma 3, c.c., essa si presenta come un adempimento processuale ineludibile, la cui omissione determina, per questa ragione, l’improcedibilità di qualunque processo in cui si verifichi, e la consequenziale nullità di tutti gli atti processuali successivi17. L’art. 336-bis c.c., rubricato “Ascolto del minore”, disciplina, in via generale, le modalità con le quali tale diritto deve trovare attuazione.

La nuova disposizione, attribuisce al presidente del tribunale o a un giudice da questi delegato il compito di procedere all’ascolto del minore, in tal modo privilegiando la modalità diretta di espletamento di tale adempimento, rispetto a quella indiretta, effettuata per il tramite di esperti. Essa, inoltre, introduce due possibilità di deroga rispetto al principio generale sancito nell’art. 315-bis c.c., prevedendo che non si dia luogo all’ascolto qualora sia “in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo”18. La clausola di esclusione si caratterizza per l’eterogeneità dei due criteri di eccezione individuati dalla norma, l’una attenendo al minore, considerato nella sua soggettività, l’altra alla rilevanza dell’ascolto all’interno del procedimento che riguarda il minore stesso19.

Il giudice, infatti, può legittimamente evitare di procedere, quando rilevi che sia potenzialmente dannoso per il minore o inutile ai fini dell’adozione del provvedimento, fornendo, adeguata motivazione al riguardo, come prescritto dallo stesso art. 336-bis c.c. L’ eventuale omissione immotivata dell’audizione è ritenuta causa di nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, in quanto vizio insanabile20. Il dovere del giudice di procedere all’ascolto, eccezion fatta per le cause di esclusione indicate nella norma, trova infatti un limite naturale nella contraria volontà del minore il quale, non può essere costretto a intervenire in sede processuale per farsi “ascoltare” dal giudice, qualora abbia manifestato il suo dissenso al riguardo21. L’ascolto è, infatti, un diritto soggettivo assoluto della personalità del minore, che si concretizza nella facoltà del minore di esercitarlo o non esercitarlo, in questo caso si tradurrà nel diritto del minore a non essere ascoltato22 .

Nella sistematica ricostruzione dell’istituto della nuova responsabilità genitoriale, anche rispetto al diritto all’ascolto del figlio notiamo una specularità, un rapporto dialettico tra le due situazioni giuridiche, la prima si qualifica come potere/dovere del genitore finalizzato alla realizzazione di una serie di diritti facenti capo al figlio. Rispetto alla realizzazione del diritto all’ascolto essenziale è il ruolo svolto dal giudice il quale deve garantirne l’effettività a livello processuale.

La centralità del minore cui si ispira la riforma determina che il potere del genitore sia al contempo un dovere e pertanto degradi, come certa dottrina afferma, verso l’aera della “responsabilità”, poiché il profilo funzionale della sua ragione giustificatrice disvela l’esistenza di una nuova correlazione, che ben può individuarsi nella situazione giuridica attiva, talvolta oppositiva e talaltra pretensiva, di interesse legittimo23.

2. L’ ordinanza n. 23804 del 2 settembre 2021

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 23804/2021 si pronuncia in materia di diritto all'ascolto del minore infradodicenne dotato di discernimento quale adempimento necessario a pena di nullità.

La vicenda processuale trae origine da un giudizio di divorzio all'esito del quale il Tribunale di Treviso, oltre a pronunciare lo scioglimento del matrimonio, disponeva l'affidamento condiviso dei due figli minori con collocazione prevalente presso il padre. Nella stessa pronuncia il giudice di prime cure statuiva in merito alla regolamentazione del diritto di visita della madre, disponeva un percorso di sostegno psicologico per uno dei due figli e stabiliva l' entità dell'assegno di mantenimento a carico del genitore non collocatario.

La Corte d' Appello di Venezia, all'esito del giudizio di impugnazione promosso dalla madre, confermava la pronuncia del Tribunale di Treviso. In particolare i giudici di seconde cure rilevavano che l'ostilità che uno dei figli, per cui era stato prescritto un percorso di sostegno psicologico, dimostrava nei confronti del padre fosse privo di ragionevole motivazione e dovuto, oltre che all'immaturità dovuta all'età, anche ai comportamenti della madre e dei nonni materni ostili anch'essi nei confronti del padre, riconducibili alla sindrome da alienazione parentale. Il deficit di discernimento del minore, ad avviso della Corte d'Appello rendeva inutile il ricorso all'audizione dello stesso, ritenendosi preferibile procedere ad un supporto psicologico indipendente.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per Cassazione la madre, fondando la domanda su tre motivi di ricorso; la ricorrente col primo motivo deduceva che disponendo la collocazione prevalente dei figli minori presso il padre in ragione della presunta sindrome da alienzaione parentale, il Tribunale avesse posto in essere la violazione e falsa applicazione dell'art. 337 ter c.c. e dell'art. 12 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, dell'art. 7 della Convenzione di Strasburgo del 1996, ratificata con L. n. 77/2003; dell'art. 24, pagina 2 di 51, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; in particolare tale statuizione veniva ritenuta in contrasto con il best interest of child in relazione al diritto alla bigenitorialità in senso sostanziale, dunque relativo alla presenza costante ed effettiva di entrambi i genitori nella vita del minore.

Con il secondo e il terzo motivo, la ricorrente deduceva la nullità della sentenza per difetto di motivazione nella misura in cui la Corte d'Appello avrebbe manifestamente travisato le risultanze istruttorie della CTU in relazione alla volontà del figlio di voler convivere con la madre anzicchè col padre; la Corte d'Appello avrebbe inoltre omesso di motivare la decisione di non procedere all'audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento.

3. La sindrome da alienazione parentale

Le vicende separative caratterizzate da un elevato livello di conflittualità possono, in taluni casi, determinare nei figli minori la c.d. PAS o sindrome da alienazione parentale che si estrinseca attraverso il rifiuto di frequentare e mantenere qualsiasi legame con il genitore non collocatario.

Deve darsi atto che la configurabilità di tale patologia è discussa in psicologia e per l'effetto anche la giurisprudenza piu' recente tende ad essere cauta nel ricondurvi la motivazione delle decisioni in materia di affidamento. La sindrome da alienazione parentale è stata elaborata da Gardner24 e la cui manifestazione consisterebbe in una vera e propria campagna denigratoria da parte di uno dei genitori , alienante, nei confronti dell'altro, alienato.

L'esito di tale pratica sarebbe il rifiuto del minore di avere qualsivoglia rapporto col genitore alienato, in realizzazione del programma di indottrinamento condotto dall'altro genitore. Vi è parte della comunità scientifica che, tuttavia, nega la configurabilità dell PAS, in considerazione del fatto che il manuale diagnostico dei disturbi mentali25 non riporti espressamente la locuzione alienazione parentale con riferimento alla PAS, pertanto non sarebbe un fenomeno riconducibile ad alcun disturbo psichico per definizione.

Tale orientamento è stato sposato dalla giurisprudenza di legittimità più recente. In particolare con l'ord. n. 13217/2021, la Corte di Cassazione ha chiarito che qualora uno dei genitori denunci condotte di allontanamento materiale e morale dei figli da parte del genitore collocatario o affidatario, il giudice del merito sia tenuto a procedere ad un accertamento dell'idoneità genitoriale in concreto, mediante i comuni mezzi di prova tipici e atipici, non potendo aderire acriticamente alle conclusioni della CTU che alluda anche non esplicitamente alla Sindrome da Alienazione parentale.

Ad avviso della Corte di Cassazione, il giudicante è tenuto a motivare adeguatamente ogni provvedimento relativo all'affidamento della prole indipendentemente dalla validità o invalidità scientifica della PAS, tenuto conto che tra i requisiti dell'idoneità genitoriale vi sia la capacità di garantire la continuità delle relazioni affettive con l'altro genitore in ossequio al diritto del figlio alla bigenitorialità e a una crescita serena ed equilibrata26.

In sostanza la Corte di Cassazione afferma che non sia possibile fondare la decisione in merito all'affidamento dei figli minori facendo mero rinvio al contenuto della consulenza tecnica d'ufficio senza rilevare la non univocità di posizioni della comunità scientifica circa la configurabilità della sindrome da alienazione parentale. Il rischio sarebbe infatti quello di giungere a un implausibile sillogismo la cui premessa principale è costituita da un ingiustificato severo stigma di comportamenti della madre fondato su un mero postulato.

Con tale ordinanza, la Corte di Cassazione cassando la sentenza impugnata, rileva che le condotte ascritte alla madre dalla corte territoriale non siano di una tale gravità da legittimare il super-affido del minore al padre, in assenza di accertate e irrecuperabili carenze d'espressione della capacità genitoriale della madre. Al di là della configurabilità scientifica della PAS, da un punto di vista squisitamente giuridico essa rileva qualora si traduca in una lesione del diritto alla bigenitorialità27 sancito ex art. 24 della Carta di Nizza, nonchè ex art. 9 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.

Sulla base di tale assunto sarà legittima la decisione del giudice di merito che statuisca sull'affidamento del minore, una volta accertata la condotta oppositiva del genitore collocatario volta ad ostacolare la continuità affettiva con l'altro genitore, non rilevando l'ulteriore ed eventuale accertamento della PAS.

4. La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in premessa accoglie il ricorso proposto dalla madre, valorizzando il terzo motivo e ritenendo assorbiti gli altri. Segnatamente, la Corte ribadisce che l'audizione28 del minore infradodicenne - dotato di discernimento - in tutti procedimenti giudiziari che lo riguardano, sia adempimento previsto a pena di nullità; l'importanza dell'ascolto è particolarmente accentuata qualora si tratti di procedimenti relativi al loro affidamento.

L'ascolto infatti rappresenta la principale modalità di partecipazione del minore, estrinsecazione del diritto dello stesso ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonchè elemento di valutazione primaria del suo interesse29. La Corte di Cassazione evidenzia la distinzione tra l'ascolto diretto del minore e quello effettuato nel corso di un incarico peritale ovvero delegato ad altro esperto; infatti solo l'ascolto diretto è in grado di garantire una partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda , al contrario della consulenza tecnica di ufficio che rappresenta uno strumento di indagine in cui rilevano una molteplicità di fattori.

Nel caso in esame, la Corte di Cassazione annulla con rinvio la sentenza impugnata, in considerazione del fatto che la Corte d'Appello aveva acriticamente aderito alla CTU - che aveva omesso di considerare la chiara e inequivocabile volontà del minore di voler convivere con la madre- omettendo di procedere ad un accertamento diretto, concreto e sostanziale dei bisogni del fanciullo; tale accertamento non può prescindere dall'ascolto del minore, unico strumento idoneo a far emergere le sue attuali valutazioni ed effettive aspirazioni.

5. Conclusioni

L'ascolto rappresenta un diritto assoluto del minore, cui fa da contraltare l'obbligo del giudice di procedervi al fine di dar voce ai bisogni e alle aspirazioni del fanciullo. Il minore non può essere considerato quale oggetto di contesa nei giudizi di separazione e divorzio, ma quale soggetto e parte che subendo la scelta dei genitori di porre fine alla vita di coppia, ha il diritto di esprimere il proprio sentire , i propri bisogni e le proprie aspirazioni in ordine alla quotidianità che all'esito del giudizio di scioglimento del matrimonio lo attende.

Lo scioglimento del matrimonio non comporta un'estinzione della famiglia, ma ne muta il fondamento che non si rinviene piu' nel matrimonio ma negli affetti30 e sui legami che da un vincolo giuridico sono sorti e che resistono al venir meno dello stesso. In tal senso il giudice nel formare il proprio convincimento non può esimersi dall'accertamento diretto della capacità di discernimento del minore da cui deriva l'obbligo di procedere all'ascolto dello stesso. Anche un' eventuale volontà di non essere ascoltato rappresenta una modalità di estrinsecazione dell'esigenza del minore di non essere invaso nella propria situazione emotiva.

Per addivenire ad un giudizio in ordine alle circostanze che precedono, l'audizione diretta non può essere sostituita da una consulenza tecnica d'ufficio al cui esito contribuiscono molteplici fattori interagenti tra loro, oltre che le posizioni scientifiche su cui il consulente si attesta nell'interpretare quanto espresso dal minore.

Agendo diversamente, e dunque aderendo acriticamente alle conclusioni dell'esperto nominato, il rischio è che valutazioni scientifiche si sostituiscano de plano a valutazioni giuridiche, le uniche idonee a tenere conto dell'adeguato contemperamento degli interessi coinvolti.


Note e riferimenti bibliografici

1AA. VV., L’affidamento dei figli nella separazione e nel divorzio, Padova, 2013, passim.

2Art. 12 CRC 1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. 2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale

3M.G. RUO, Il curatore del minore, Bologna, 2014, p. 119 ss.

4Meglio nota come Convenzione di Strasburgo, 25 gennaio 1996, ratificata in Italia nel 2003 con la L. n. 77.

5F. TOMMASEO, La disciplina processuale della separazione e del divorzio dopo le riforme del 2005 e del 2006, in Fam. dir., p. 11. 

6G. MATUCCI, Lo statuto costituzionale del minore d’età, Padova, 2015, p. 87.

7F. TOMMASEO, I profili processuali della riforma della filiazione, in Fam. dir., 2014, p. 530.

8Relazione illustrativa che accompagna lo schema del decreto legislativo preparato dalla commissione presieduta da BIANCA.

9F. TOMMASEO, La cassazione sull’audizione del minore come atto istruttorio necessario, in Fam. dir., 2007, p. 884.

10F. DANOVI, L'ascolto del minore nel processo civile, in Dir. fam. pers., 2014, p. 1592.

11V. CARBONE, L'audizione è obbligatoria, come ribadito dalla recente legge 219/2012 sulla filiazione, in Corr. giur., 2013, p. 1029; Cass. 5 marzo 2014 n. 5097, in Foro it. 2014, p. 1067

12P. MARTINELLI, F. MAZZA GALANTI, L’ascolto del minore, in M. DOGLIOTTI (a cura di), Affidamento condiviso e diritti dei minori, Torino, 2008, p. 249 ss.

13P. PAZE', L'ascolto del bambino, in www.minoriefamiglia.it.

14P. PAZE’, L’ascolto del bambino, ibid.

15 AA.VV., L’ascolto del minore, in Fam. dir., 2013, p. 265.

16F. TOMMASEO, La cassazione sull’audizione del minore come atto istruttorio necessario, in Fam. e dir., 2007, p. 886.

17AA.VV., GRAZIOSI , Una buona novella, in Fam. dir., 2013, p. 277. 

18L. QUERZOLA, La revisione delle norme in materia di filiazione: profili processuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, p. 186.

19A. NERI, Aspetti processuali dei recenti interventi legislativi in tema di filiazione, in Riv. dir. proc., 2014, p. 1090.

20G. BALLARANI, Il diritto all’ascolto, in C.M. BIANCA (a cura di), La riforma della filiazione, Padova, 2015, p 139.

21M.G. DOMANICO, L’ascolto del minore nei procedimenti civili, in www.minoriefamiglia.it.

22C. COTTATELLUCCI (a cura di), Diritto di famiglia e minorile: istituti e questioni aperte, Torino, 2016, passim.

23C. MAZZU’, La logica inclusiva dell’interesse legittimo nel rapporto tra autonomia e sussidarietà, Torino, 2009, p. 249.

24R.A. Gardner, Recent trends in divorce and custody litization, Academy forum, 29, 1985, p. 3.

25DSM-5.

26Cfr. Cass civ., 8 Aprile 2016, n. 6919.

27M. VELLETTI, Dei diritti e doveri dei figli e della responsabilità genitoriale, in AA.VV. Modifiche al codice civile e alle leggi speciali in materia di filiazione, Napoli, 2014, p. 76.

28 AUTORITA' GARANTE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA, Il diritto all’ascolto delle persone di minore età in sede giurisdizionale, Indagine relativa alle modalità messe in atto sul territorio nazionale dai tribunali per i minorenni, tribunali ordinari e relative procure della Repubblica, in www.garanteinfanzia.org.

29Cfr. Cass. civ., 25 Gennaio 2021, n. 1474.

30L. MOLLICA, Un figlio è per sempre - Riflessioni sulla tutela della continuità degli affetti, Milano, 2020.