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Pubbl. Sab, 5 Dic 2020

Il sindacato amministrativo sull´attitudine militare

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Angelantonio Pellecchia
Funzionario della P.A.Università degli Studi Suor Orsola Benincasa



Il presente contributo analizza una recente sentenza del T.A.R. Lazio Roma, sez. I bis, 3 luglio 2020 n. 7660, secondo cui il giudizio inerente all´attitudine militare dei candidati di un concorso per il reclutamento di militari (nel caso di specie allievi carabinieri in ferma quadriennale) comporta una valutazione altamente discrezionale, i cui esiti possono essere contestati solo per evidente incoerenza della motivazione, tanto che lo stesso è insindacabile nel merito e non scrutinabile ab interno mediante verificazione.


ENG This paper analyses the recent decision 3 July 2020, n. 7660 of the T.A.R. Lazio Rome, section I bis, according to which the judgement concerning the military aptitude of the candidates for a competition for the recruitment of soldiers (in this case carabinieri pupils in four-year firm) involves a highly discretionary evaluation, the results of which can be contested only for evident inconsistency of the motivation, so much so that it is unquestionable on the merits and cannot be scrutinized internally by verification.

Sommario1.Premessa; 2.La questione giuridica; 3.La discrezionalità amministrativa; 4.Il sindacato giudiziario; 5.Osservazioni conclusive.

1. Premessa

Le osservazioni svolte al presente contributo prendono le mosse dalla sentenza del T.A.R. Lazio Roma, sez. I bis, 3 luglio 2020 n. 7660, resa a fronte di un’azione di annullamento del provvedimento che formalizza l’inidoneità del ricorrente e, di conseguenza, l’esclusione dal concorso per il reclutamento di 3700 allievi carabinieri in ferma quadriennale.

La pronuncia merita attenzione per le affermazioni in essa contenute relativamente al giudizio sull’attitudine militare dei candidati di un concorso per il reclutamento di militari che comporta una valutazione altamente discrezionale.

In particolare, il tribunale capitolino ha reputato che gli esiti di tale tipo di giudizio della amministrazione possono essere contestati solo per evidente incoerenza della motivazione, tanto che lo stesso è insindacabile, se non entro limiti ristrettissimi dei giudizi inerenti alle valutazioni attitudinali in sede di concorso per l’accesso alla carriera militare.

Sotto questo profilo, la sentenza ha evidenziato l’insindacabilità nel merito e la non scrutinabilità ab interno mediante verificazione, così uniformandosi a un orientamento già diffuso in giurisprudenza[1], .

La pronuncia in esame fornisce uno spunto di riflessione per approfondire il tema relativo alla discrezionalità amministrativa, al fine di stabilire entro quali limiti possa ritenersi legittimo il controllo giudiziario sulle decisioni delle commissioni di concorso nella procedura concorsuale.

2. La questione giuridica

Nel caso di specie, parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti che lo escludevano dal concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 3.700 allievi carabinieri in ferma quadriennale[2].

Il ricorrente nel formulare diversi motivi di ricorso ha contestato la carenza e l’apparente motivazione nonché la violazione e la falsa applicazione delle norme tecniche valutative per l’accertamento dei requisiti attitudinali richiamate nel bando di concorso[3], e, infine, l’eccesso di potere per disparità di trattamento e la persecutorietà.

Contestualmente, il ricorrente ha chiesto l’annullamento di ogni atto ad esso presupposto, preordinato, connesso, consequenziale ed esecutivo che incida sugli interessi legittimi dello stesso ricorrente.

Ancora, ha chiesto la condanna dell’amministrazione[4] al risarcimento del danno in forma specifica mediante l’adozione di un provvedimento che consenta la regolare prosecuzione dell’iter selettivo del concorso.

Il T.A.R., in un primo momento, accogliendo l’istanza cautelare per sussistenza del fumus boni iuris[5], ha disposto con ordinanza il riesame ad opera di una nuova commissione di concorso in diversa composizione.

L’amministrazione, quindi, ha proceduto al riesame dei requisiti[6] da parte dell’apposita commissione, ma ha di nuovo escluso il concorrente.

Orbene, il ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti. Nello stesso ha sostenuto la nullità del riesame operato dall’amministrazione in quanto elusivo o violativo del giudicato cautelare[7]. Ha aggiunto altresì che il nuovo provvedimento adottato dall'amministrazione non era sufficientemente istruito e motivato.

Nel caso di specie altra questione rilevante che emerge, dal punto di vista processuale, è che l’interesse fatto valere dal ricorrente con l'atto introduttivo non presenta più il carattere dell’attualità.

L’interesse, venuto meno con l’espletamento del riesame da parte dell’amministrazione in quanto atto nuovo, dotato di autonomo effetto lesivo della sfera giuridica del destinatario, fa configurare il ricorso come improcedibile[8].

Il Tribunale non ha evidenziato profili di violazione del giudicato cautelare[9. La nuova valutazione di inidoneità contenuta nel nuovo provvedimento di riesame dell'Amministrazione riporta una dettagliata motivazione. Pertanto, non può dirsi che l’atto di riesame gravato sia privo di motivazione o che sia elusivo.

Il giudice capitolino rileva, in primo luogo, come il giudizio inerente all’attitudine militare comporti una valutazione altamente discrezionale, i cui esiti possono essere contestati solo per evidente incoerenza della motivazione, tanto che lo stesso è insindacabile nel merito e non scrutinabile ab interno mediante verificazione[10].

In particolare, il ricorso avverso il giudizio di inidoneità è affidato a censure che non sono accoglibili alla luce dell’orientamento giurisprudenziale in materia[11].

Alla luce degli studi scientifici i giudizi formulati dagli organi collegiali competenti dell’amministrazione sono validi ed attendibili. Essi si basano su un protocollo previsto da norme tecniche per l’accertamento dei requisiti di selezione del personale. Dette norme tecniche risultano ampiamente convalidate da un’esperienza applicativa pluriennale sia in ambito militare sia nelle organizzazioni lavorative private.

Le valutazioni sull’attitudine militare costituiscono giudizi -espressione di discrezionalità tecnica- che non sono sindacabili nel merito, costituendo apprezzamenti riservati ai competenti organi collegiali costituiti da esperti appositamente formati dall’amministrazione della difesa.

Tali giudizi sono sindacabili, in sede di legittimità, esclusivamente sotto il profilo della correttezza del procedimento e dei criteri di valutazione, senza coinvolgere i risultati della valutazione stessa, tranne i casi, assolutamente eccezionali, in cui questi risultino così macroscopicamente erronei, da essere riconosciuti come tali anche da un non esperto nella materia; evenienza che, tuttavia, non si è verificata nel caso di specie.

In altri termini, l’indicato giudizio, operando su aspetti variamente interpretabili, può essere censurato solo per evenienze attinenti ai soli aspetti della procedura valutativa.

La motivazione del giudizio definitivo offerta è ampia ed articolata.

Inoltre, il giudizio è stato espresso facendo riferimento a tutti gli elementi di valutazione ed ai parametri previsti dalle norme tecniche per cui non sussistono carenze istruttorie.

Non sussiste tantomeno alcun difetto di motivazione del giudizio sull'idoneità dato che esso è motivato mediante il riferimento all'apprezzamento di ciascuna delle sottovoci afferenti alle diverse aree oggetto di giudizio riportate sulla scheda valutativa.

Ciò premesso, il Tribunale amministrativo ha ritenuto il ricorso introduttivo improcedibile per sopravvenuta carenza di interessi.

Inoltre, il ricorso per motivi aggiunti è stato rigettato.

Lo stesso vale per la domanda risarcitoria che non ha trovato accoglimento in quanto formulata in termini generici.

3. La discrezionalità amministrativa   

La pronuncia in commento fornisce lo spunto per approfondire il tema di notevole interesse teorico e pratico-applicativo relativo alla discrezionalità amministrativa.

L’azione della pubblica amministrazione è sempre rivolta alla cura degli interessi pubblici e ad agire nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge individuando ed osservando i criteri di convenienza ed opportunità.

Il principio di legalità impone che l’azione amministrativa si basi su una previa norma, la quale sia attributiva del potere pubblico e regolativa dello stesso, specificandone il contenuto, le modalità di esercizio ed i limiti.

Il potere non può essere esercitato in modo libero, soggiace al rispetto di taluni limiti, di segno negativo e positivo.

I primi sono volti ad assicurare che l’attività si mantenga nei confini della liceità e della legittimità. I secondi, invece, sono diretti a garantire che l’amministrazione persegua i fini pubblici per la cui realizzazione la posizione di potere è stata attribuita.

Ne consegue che l'Amministrazione dispone di discrezionalità amministrativa quando la legge attribuisce all'autorità amministrativa un certo margine di apprezzamento in ordine a taluni aspetti (an, quid, quomodo, quando) della decisione da assumere.

La discrezionalità presuppone l'attribuzione di uno spazio decisionale all'autorità amministrativa, abilitata, nel rispetto dei confini fissati dalla legge e ispirandosi ai criteri di buona amministrazione, ad individuare il modo migliore per perseguire l'interesse pubblico.

Diversa è la discrezionalità tecnica, non implicante un potere di scelta dell'amministrazione, chiamata solo a verificare che ricorrano i presupposti di legge per l’adozione di una determinazione già definita in via legislativa, facendo applicazione di regole tecniche e specialistiche.

Il quesito è stabilire se al giudice amministrativo è consentito verificare che l'amministrazione abbia esercitato discrezionalità tecnica esaminando la sola verifica dell'iter logico seguito o se viceversa possa lo stesso valutare la correttezza dei criteri tecnici e del metodo applicativo impiegato, e se possa sostituire a quello dell'amministrazione il proprio giudizio tecnico.

La discrezionalità amministrativa[12] presuppone il riconoscimento in capo all'amministrazione di uno spazio valutativo e decisionale, potendo la stessa individuare il modo migliore per perseguire l'interesse pubblico predeterminato in sede normativa[13].

La discrezionalità amministrativa ha le seguenti caratteristiche:

- facoltà di scelta che, distinguendo l'attività discrezionale da quella vincolata, può riguardare il "se" dell'adozione del provvedimento, l’individuazione del momento più adeguato per l'assunzione della determinazione amministrativa (il quando), le modalità (quomodo) nonché, ancora, il contenuto della decisione amministrativa (il quid[14].

- necessità che la scelta abbia ad oggetto condotte giuridicamente lecite, atteso il rimarcato assoggettamento di tutta l'attività amministrativa ai limiti c.d. negativi;

- funzionalizzazione della scelta al soddisfacimento dell'interesse pubblico predeterminato in via legislativa, non potendo l'Amministrazione né agire primariamente per il soddisfacimento di un interesse privato né perseguire finalità diverse da quelle che giustificano il riconoscimento legislativo del potere stesso, pena l'illegittimità dell'atto per eccesso di potere sub specie di sviamento dalla causa tipica.

Parte della dottrina sta cercando di elaborare una definizione di discrezionalità amministrativa, sull’attività comparativa che l'amministrazione è ̟chiamata a compiere tra gli interessi secondari e l'interesse primario di cui sia portatrice istituzionalmente.

È compito dell'amministrazione, quindi, quello di perseguire l'interesse pubblico primario arrecando il minor sacrificio possibile agli altri interessi compresenti[15], giusta il principio d'adeguatezza dell'azione amministrativa.

In buona sostanza, quindi, sono due i momenti essenziali che connotano l'esercizio del potere discrezionale:

- il giudizio, essendo l'Amministrazione tenuta ad individuare e valutare tutti i fatti e gli interessi rilevanti, sulla base di un'adeguata istruttoria, da condurre nel rispetto delle regole procedimentali poste, in primo luogo, dalla l. n. 241 del 1990;

- la scelta, con la quale l'amministrazione, sulla scorta di una logica e ragionevole valutazione delle risultanze istruttorie, individua la soluzione più idonea a realizzare l'interesse pubblico primario con il minor sacrificio possibile degli altri interessi compresenti.

Dunque, per evitare possibili arbìtri dell’amministrazione è previsto un esercizio progressivo della discrezionalità.

Come nella fattispecie in esame, le commissioni di concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove.

Anche in questo caso tra la legge che prevede il reclutamento del personale per concorso, il bando che indice il concorso e la valutazione dei candidati, si interpone un atto con il quale la valutazione viene ancorata a regole che la stessa commissione stabilisce.

4. Il sindacato giudiziario

Contro gli atti della pubblica amministrazione è ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi[16]. L’atto è sindacabile proprio perché lede un diritto o un interesse legittimo.

La discrezionalità è una scelta tra due o più soluzioni. Questa scelta è ragionevole entro un certo limite.

Infatti, si tratta di stabilire come conciliare la libertà di scelta dell’amministrazione con la tutela di una situazione giuridica soggettiva di cui il titolare lamenta la lesione.

Partendo dall’assunto che il provvedimento è quello concretamente adottato, ma avrebbe potuto essere diverso, il giudice amministrativo deve valutare il modo in cui l’autorità sia pervenuta alla sua adozione e non il contenuto dell'atto.

Ne conseguono una serie di regole e di principi sull’elaborazione dei provvedimenti discrezionali che hanno finito per disciplinare l’intera attività amministrativa e che oggi sono in parte cristallizzati e codificati sul piano legislativo.

Il compito del giudice non è quello di sostituirsi alla autorità amministrativa nella valutazione e negli apprezzamenti da esso compiuti, poiché il processo amministrativo non è un secondo grado del merito amministrativo.

Pertanto, il giudice è tenuto a verificare che l’atto impugnato non sia affetto da vizi evidenti quali il travisamento dei fatti, la grave o manifesta illogicità e simili[17].

Un limite del potere discrezionale è il principio di ragionevolezza che ha una lunga tradizione in tutti gli ordinamenti europei.

Per la nostra giurisprudenza, il ricorso al principio di ragionevolezza è infrequente poiché alcune delle sue manifestazioni costituiscono violazione di legge. 

L'omessa considerazione di fatti rilevanti ai fini della scelta si risolve, quasi sempre, nel mancato accertamento dei presupposti di fatto, che è imposto dall’art. 3 L.241/1990.

La motivazione fondata su considerazione irrilevanti da luogo alla violazione dello stesso articolo che stabilisce l’"obbligo" della motivazione.

Tutto ciò non esclude che un ampio spazio residui per l'operatività diretta del principio di ragionevolezza.

Ciò avviene in tutti i casi in cui l’amministrazione, nell’esercizio di un potere, non effettui un congruo bilanciamento degli interessi in gioco o non espliciti adeguatamente le ragioni della scelta o non tenga conto delle possibilità di un'alternativa meno restrittiva dell’interesse del privato.

La giurisprudenza ha affiancato, al principio di ragionevolezza, il principio di proporzionalità.

La giurisprudenza tedesca ha scomposto il principio nei tre elementi della inidoneità del provvedimento rispetto allo scopo, nella necessarietà e nella proporzionalità in senso stretto[18]. Principio che è transitato nel diritto comunitario ed è divenuto uno dei principi generali del diritto amministrativo dell'Unione europea.

Il legislatore italiano ha rinviato al summenzionato principio con l'articolo 1, comma 1, della Legge 241 del 1990 quando dispone che l'attività amministrativa è retta dai principi dell'ordinamento comunitario.

Con riferimento al caso di specie, l’orientamento costante e prevalente della giurisprudenza amministrativa ravvisa che il giudizio inerente l’attitudine militare dei candidati in concorsi militari o delle forze di polizia è espressione di una valutazione altamente discrezionale[19].

Di conseguenza, l’esito del giudizio sull’attitudine militare non è sindacabile nel merito ma solo per incoerenza della motivazione[20].

In tal senso si è espressa precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha ritenuto di ricordare i limiti del sindacato del giudice amministrativo rispetto a una valutazione e scelta di elevato tasso di discrezionalità[21].

Ne consegue che è sindacabile non nel merito, ma nei termini in cui leda o comprometta seriamente i canoni di logicità, ragionevolezza, linearità e adeguatezza dello sviluppo procedimentale e congruenza della motivazione.

Questo significa che è un atto non sottratto al sindacato del giudice amministrativo, in sede di legittimità.

Nondimeno, il sindacato del giudice, per non trascendere il limite derivante dalla separazione dei poteri dello Stato, ha il suo oggetto naturale nel vaglio dei ricordati elementi estrinseci rispetto alla vera e propria scelta del soggetto da preporre al servizio. 

Quindi, il giudice amministrativo può decidere esclusivamente sotto il profilo della correttezza del procedimento e dei criteri di valutazione, senza investire la valutazione stessa, tranne i casi in cui questi risultino macroscopicamente erronei, da essere riconosciuti come tali, anche, da un non esperto nella materia[22].

Le valutazioni sull’attitudine militare (ai fini formulazione giudizio prognostico sul proficuo inserimento del candidato nella specifica organizzazione lavorativa militare e descritti nelle norme tecniche) costituiscono giudizi, espressione di discrezionalità tecnica, che non sono sindacabili nel merito, costituendo apprezzamenti riservati ai competenti organi collegiali, costituiti da esperti appositamente formati dall’amministrazione della difesa.

Infine, non possono essere disposte verificazioni[23] da parte di organi esterni e ciò per due motivi.

Il primo è il principio di irripetibilità delle prove concorsuali che costituisce il principale motivo per cui queste non sono sindacabili in sede giurisdizionale. Il secondo è la considerazione che questo avviene in un contesto completamente diverso rispetto a quello concorsuale che incide sulla performance del candidato[24].

5. Osservazioni conclusive

La pronuncia in commento fornisce lo spunto per approfondire un tema di notevole interesse teorico e pratico-applicativo, relativo all’individuazione dei limiti all’operatività del principio della insindacabilità delle scelte della commissione da parte del giudice amministrativo. Tanto impedisce di fatto al giudice di sindacare l’opportunità o la convenienza delle scelte delle commissioni di concorso, poiché andrebbe a sostituire ex post, il proprio apprezzamento soggettivo a quello espresso o attuato dalla commissione all’uopo legittimato.

In particolare, la pronuncia del Tribunale di Roma si inserisce nell’orientamento giurisprudenziale relativo ai limiti ed ai criteri rispetto ai quali non è possibile sottoporre a scrutinio, in sede giudiziale, le valutazioni di merito, assunte dalla commissione di concorso ma, esclusivamente, quelle sotto il profilo della correttezza del procedimento e dei criteri di valutazione.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cons. St., sez. IV, n. 4180 del 11 ottobre 2017 in www.giustizia-amministrativa.it.

[2] Concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 3.700 allievi carabinieri in ferma quadriennale, pubblicato nella G.U.R.I. 4^ serie speciale, nr. 23, del 22 marzo 2019. In proposito  T.A.R. Lazio Roma, sez. I bis, 03 luglio 2020, n. 7660, in www.giustizia-amministrativa.it, ove si prevede che: «L’esclusione veniva motivata all’esito degli accertamenti -OMISSIS- e, in particolare, l’atto gravato recava la seguente motivazione “la Commissione dopo aver accertato, quindi, in data odierna, che le caratteristiche da Lei espresse, nell'arco del contesto della selezione, non sono adeguatamente aderenti ai requisiti previsti nello specifico profilo -OMISSIS-, per i motivi addetti nel giudizio analitico espresso nel verbale di cui sopra, a conclusione del colloquio collegiale di verifica sostenuto dalla S.V. ha espresso il seguente giudizio di sintesi: “Inidoneo/a” La S.V. è , pertanto, esclusa dal concorso ai sensi dell'art. 11, comma 4, del bando di concorso».

[3] Bando di concorso per il reclutamento di 3.700 allievi carabinieri, pubblicato G.U.R.I. 4^ serie speciale, nr. 23, del 22 marzo 2019; Art. 11, rubricato: Accertamenti attitudinali

1. Al termine degli accertamenti psico-fisici di cui all'articolo 1, i concorrenti giudicati idonei saranno sottoposti, a cura della commissione di cui all'articolo 6, comma 1, lettera d), agli accertamenti attitudinali, svolti con le modalità definite in apposite norme tecniche, approvate con provvedimento del Direttore del Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento, in applicazione dell'articolo 3, comma 1, lettera g) del decreto ministeriale 28 luglio 2005, citato nelle premesse. Dette norme tecniche saranno rese disponibili, prima della data di svolgimento della prova concorsuale, mediante pubblicazione sul sito www.carabinieri.it, con valore di notifica a tutti gli effetti e per tutti i concorrenti.

2. Gli accertamenti attitudinali, sono articolati su due distinte fasi:

a) una fase istruttoria volta alla preliminare ricognizione degli elementi utili ai fini della formazione della valutazione finale, costituita da tre distinti stadi/momenti: […] redige una "Scheda di valutazione attitudinale";

b) un colloquio collegiale, ovvero "fase costitutiva" degli accertamenti attitudinali attraverso la quale la commissione, […], valutate le risultanze emerse nella fase istruttoria e in base agli esiti di un ulteriore colloquio condotto dalla stessa, assumerà le deliberazioni conclusive in merito al possesso dei requisiti attitudinali così come previsti dal "Profilo attitudinale" di riferimento quale Carabiniere effettivo in servizio nell'Arma, tenuto conto, a fattor comune, delle capacità indispensabili all'espletamento delle mansioni e delle funzioni di Carabiniere, delle responsabilità discendenti dallo status da assumere e dalle qualifiche da rivestire e delle differenti funzioni e delle specifiche prerogative dell'Arma dei Carabinieri, nell'ambito della difesa dello Stato e della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, rispetto alle altre FF.AA. in cui i partecipanti prestano o hanno prestato servizio.

c) […]

3. Il giudizio d'idoneità o d'inidoneità, riportato al termine degli accertamenti attitudinali, è definitivo e sarà comunicato per iscritto agli interessati. Pertanto, i concorrenti giudicati inidonei non saranno ammessi alle successive fasi concorsuali e saranno esclusi dal concorso.

[4] Art. 30, d.lgs. n.104 del 02 luglio 2010.

[5] T.A.R. Lazio Roma, sez. I bis, 3 luglio 2020, n. 7660 in https://www.giustizia-amministrativa.it/ :

cit. "[…] sotto il profilo del difetto di motivazione, atteso che la giustificazione riportata costituisce, all’evidenza, un modello utilizzabile in modo generalizzato, non adeguato e congruo per giustificare il pregiudizio dei diritti anche costituzionalmente tutelati".

[6] Atto prot. n. 375120/3-8 SEL del 27 novembre 2019.

[7] Cfr. Ordinanza 1832 del 2019 T.A.R. Lazio Roma, in www.giustizia-amministrativa.it

[8] Cfr. Cons. St., sez. V, 14 novembre 2006, n.6689

Cfr. "[…] l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti".

[9] Ibid. Ord. 1832/2019: cit. “difetto di motivazione, atteso che la giustificazione riportata costituisce, all’evidenza, un modello utilizzabile in modo generalizzato, non adeguato e congruo per giustificare il pregiudizio dei diritti anche costituzionalmente tutelati”.

[10] Cons. Stato, Sez. IV, n. 4180 del 2017, in www.giustizia-amministrativa.it;

[11] Sentt. TAR Lazio, sez. I bis, n. 4556/2018, n. 3967/2018 e n. 9692/2017, in www.giustizia-amministrativa.it

[12] PIRAS, Discrezionalità amministrativa, in Enciclopedia giuridica, XIII, 1964

[13] CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2007.

[14] VIRGA, Il provvedimento amministrativo, Milano, 1979.

[15] GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica Amministrazione, Milano, 1939.

[16] Art.113 della Costituzione Italiana.

[17] Sentt. Cons. St., sez. III, n.454/2014; sez. IV, n. 838/2014, in www.giustizia-amministrativa.it;

[18] D.U. Galetta, Principio di proporzionalità, in Diritto on line, 2012.

Cit. Bundesverfassungsgericht, 11.6.1958, in BVerfGE 7, 377 ss.) sono stati riuniti dalla giurisprudenza costituzionale tedesca nel principio di proporzionalità lato sensu: trattasi dei tre elementi della idoneità (Geeignetheit), della necessarietà (Erforderlichkeit) e della proporzionalità in senso stretto (Verhältnismäßigkeit im engeren Sinne).

Il parametro dell’idoneità è stato efficacemente descritto dal Bundesverfassungsgericht tedesco in una sua nota pronunzia del 1971, ove esso ha precisato che un mezzo appare idoneo al raggiungimento dell’obiettivo prefissato «allorché con il suo aiuto si possa sensibilmente favorire il risultato desiderato» (BVerfG, 16.3.1971, in BVerfGE 30, 292 ss.). Nella medesima pronunzia il BVerfG ha tuttavia precisato, che il pronostico effettuato deve risultare giustificato e ragionevole ma che, comunque, «… appare sufficiente (l’esistenza) della possibilità in astratto che l’obiettivo venga raggiunto» (BVerfG, sentenza 16.3.1971 cit.). La Corte costituzionale federale fa, infatti, riferimento sempre ad una possibilità di valutazione ex ante: in rapporto alla quale viene riconosciuta anche la possibilità di un errore nella valutazione circa il possibile sviluppo futuro degli eventi.

Il parametro della necessarietà è invece efficacemente sintetizzato dall’espressione «imposizione del mezzo più mite». Esso implica, infatti, che la scelta del mezzo per conseguire il raggiungimento di un dato obiettivo si basi sul presupposto che non è disponibile nessun altro mezzo egualmente efficace, ma che possa incidere meno negativamente nella sfera del singolo. Va tuttavia precisato che, nella giurisprudenza dei giudici tedeschi, l’esame della necessarietà implica unicamente un giudizio di tendenziale equivalenza dei risultati, tenuto conto anche del fatto che a detto esame appartengono criteri valutativi collegati al grado soggettivo di interferenza nella sfera del destinatario del mezzo: che in taluni casi ha la possibilità di proporre lui stesso alternative d’azione all’Amministrazione.

Il terzo parametro di valutazione è, infine, la proporzionalità in senso stretto. Essa si è affermata pienamente quale canone valutativo solo dopo il 1945: a seguito, cioè, dell’esperienza totalitaria dello Stato nazionalsocialista. L’osservanza di questo terzo parametro implica, infatti, in estrema sintesi, che la misura adottata dai pubblici poteri non deve essere tale da gravare in maniera eccessiva sull'interessato e da risultargli, perciò, intollerabile. Sicché la valutazione comparativa inerente all'applicazione di questo parametro è necessariamente influenzata, nel suo esito finale, dall'incisività dell'intervento lesivo programmato: quanto più sensibilmente si ritiene di dovere intervenire nella sfera giuridica del singolo, tanto più rilevante dovrà essere l'interesse generale della collettività che con quell’intervento si intende perseguire (BVerfG, 23.3.1960, in BVerfGE 11, 30 ss). Come conseguenza dell’applicazione di questo terzo parametro di valutazione i pubblici poteri potranno doversi astenersi dall’adottare la misura oggetto della valutazione comparativa, pure ove essa abbia già superato l’esame relativo, rispettivamente, alla sua idoneità ed alla sua necessarietà (v. sul punto Lerche, P., Übermaß und Verfassungsrecht. Zur Bindung des Gesetzgebers an die Grundsätze der Verhältnismäßigkeit und Erforderlichkeit, Köln e.a., 1961, 129 ss.).

Quanto, infine, al campo di applicazione del principio nel diritto pubblico tedesco, esso si trova in stretto legame con i diritti fondamentali: la sua origine - come già si è detto - si fa infatti risalire al diritto di polizia. Attualmente, tuttavia, il suo ambito di applicazione si estende, più in generale, a tutte le misure poste in essere dalla pubblica amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni; quindi, all’intera sfera d’azione del diritto amministrativo (generale e speciale)>>.

[19] T.A.R. Napoli, (Campania) sez. II, 23/04/2007, n.4228, in www.giustizia-amministrativa.it

“L'accertamento dei requisiti psico-attitudinali ai fini del reclutamento nella Polizia di Stato (così come per le altri armi, quali l'Esercito, la Guardia di finanza e i Carabinieri) costituisce tipica manifestazione di discrezionalità tecnica (che attiene al merito dell'azione amministrativa), con la conseguenza che esso sfugge al sindacato di legittimità del g.a., salvo che non sia inficiato da un macroscopico travisamento di fatto o da un'evidente illogicità, fermo restando che, sotto il profilo della motivazione, la discrezionalità tecnica deve essere esercitata in modo che gli interessati possano comprendere in base a quali elementi siano state operate le valutazioni e le scelte.”

[20] Cons. St., sez. IV, Sent. n. 4180 del 2017, in www.giustizia-amministrativa.it

[21] Cons. St., sez. IV, 11/03/2013, n.1463 in Foro Amministrativo - C.d.S. (Il) 2013, 3, 691 (s.m)

Al giudizio d'inidoneità psico-fisica all'arruolamento nell'Arma dei Carabinieri, espresso dalla competente commissione, non è in alcun modo consentito al giudice amministrativo sovrapporre una propria diversa valutazione, ostandovi i noti limiti posti al sindacato giurisdizionale in ordine alle valutazioni tecnico-discrezionali riservate all'Amministrazione e suoi ausiliari; in sostanza, quando non emergono dalla documentazione tecnico-amministrativa macroscopiche lacune o incongruenze, non vi è spazio per un intervento dell'organo giurisdizionale che, una volta esclusa la fondatezza dell'originaria doglianza di carente motivazione, ribalti le conclusioni raggiunte all'esito della verifica attitudinale.”

[22] T.A.R. Lazio Roma, sez. I bis, n. 4556/2018, n. 3967/2018, n. 9692/2017 in www.giustizia-amministrativa.it Infatti, è stato osservato in numerosi casi analoghi che i giudizi attitudinali sono formulati dall’Amministrazione sulla base di un protocollo previsto da norme tecniche per l’accertamento dei requisiti attitudinali che fanno riferimento a strumenti e metodi di selezione la cui validità ed attendibilità non sono state fino ad oggi messe seriamente in discussione ed anzi convalidate da una applicazione pluriennale sia in ambito militare sia nelle organizzazioni lavorative private.

[23] Sent. Consiglio di Stato sez. IV, 28/10/2013, n.5181 in Foro Amministrativo - C.d.S. (Il) 2013, 10, 2760 (s.m)

L'unico organo competente a verificare l'idoneità psico-fisica del candidato all'ammissione nell'Arma dei Carabinieri è la Commissione operante in sede concorsuale con un giudizio da essa espresso nel contesto della procedura selettiva e prendendo in considerazione la situazione del candidato al momento della verifica sanitaria.”

[24] Sent. TAR Lazio, Sez. I bis, n. 12525/2014; 2037/2016 e 8227/2016.