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Pubbl. Mer, 28 Ott 2020

Separazione personale dei coniugi, mantenimento dei figli e principio di proporzionalità

Giulia Fadda
Laurea in GiurisprudenzaUniversità di Pisa



Con ordinanza n. 19299 del 16 settembre 2020, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio per cui, nel quantificare l´ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto.


Sommario: 1. La vicenda processuale; 2. Gli effetti della separazione personale dei coniugi rispetto ai figli; 3. Il mantenimento dei figli nell'ambito della separazione personale dei coniug; 4. La rideterminazione dell'assegno di mantenimento; 5. Conclusioni.

Sommario: 1. La vicenda processuale; 2. Gli effetti della separazione personale dei coniugi rispetto ai figli; 3. Il mantenimento dei figli nell'ambito della separazione personale dei coniug; 4. La rideterminazione dell'assegno di mantenimento; 5. Conclusioni.

1. La vicenda processuale

La vicenda processuale ha ad oggetto la rideterminazione dell’assegno di mantenimento dovuto dal genitore non collocatario verso i propri figli.

In particolare, nel caso di specie, il cambiamento delle condizioni economiche del genitore, dovuto ad un problema di salute, ha portato alla richiesta della suddetta rideterminazione.

Il Tribunale di primo grado e la Corte di Appello avevano rideterminato l’assegno soltanto tenendo in considerazione le sole condizioni economiche del genitore non collocatario.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affermato il principio secondo cui la determinazione dell’assegno di mantenimento in sede di separazione personale tra coniugi deve avvenire nel rispetto del principio di proporzionalità.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che la Corte di Appello ha errato nel considerare, ai fini della determinazione dell'assegno, soltanto il cambiamento del reddito del genitore non assegnatario e non anche l’incremento del reddito dell’altro genitore.

A tal riguardo, gli Ermellini hanno affermato che, nella determinazione dell’assegno di mantenimento, deve essere seguito il principio di proporzionalità, tenendo conto delle esigenze del figlio, del tenore di vita di quest’ultimo durante la convivenza con entrambi i genitori, dei tempi di permanenza presso ciascuno dei genitori, della valenza economica dei compiti domestici e di cura che ogni genitore assolve e delle risorse economiche di ciascun genitore1.

2. Gli effetti della separazione personale dei coniugi rispetto ai figli

La separazione personale produce effetti sia nei confronti dei genitori che dei figli. In particolare, rispetto a questi ultimi, assumono rilievo primario le misure dell’assegnazione della casa familiare e del mantenimento da parte di entrambi i genitori2.

Con riferimento all’affidamento, il legislatore predilige quello condiviso, di modo da far soffrire ai figli il minor pregiudizio possibile a causa della separazione.

Prima di affrontare il tema centrale dell’ordinanza, riguardante il mantenimento, l’attenzione si focalizzerà sull’assegnazione della casa familiare. Al riguardo, l’art. 337-sexies c.c.prevede che si tenga conto di detta assegnazione nella regolazione dei rapporti economici tra i coniugi3.

La Cassazione in molteplici pronunce ha dichiarato espressamente che l’assegnazione della casa familiare si distingue da quello che è l’ambito applicativo dell’assegno di mantenimento, poichè si tratta di istituti separati e distinti, ciascuno ispirato ad una propria ratio4.

Infatti, l’assegnazione della casa familiare ha la funzione di tutelare la prole e salvaguardare il più possibile l’ambiente dove quest’ultima è cresciuta con i genitori, mentre il mantenimento ha una valenza prettamente economica e funzionale al sostentamento del soggetto che lo riceve5.

Di conseguenza, l’assegnazione non può essere considerata una componente dell’assegno di mantenimento.

3. Il mantenimento dei figli nell’ambito della separazione personale dei coniugi

L’ordinanza in esame ha ad oggetto l’obbligo di mantenimento mediante la corresponsione di un assegno dei figli maggiorenni non dotati di indipendenza economica nell’ambito della separazione personale.

Innanzitutto, con riferimento alla presenza di figli maggiorenni non indipendenti a livello economico è fondamentale l’art. 337-septies, comma 1 c.c.6. Infatti, con detta disposizione il legislatore riconosce che non solo i figli minori debbano essere mantenuti dai genitori, ma che possano essere destinatari di un assegno di mantenimento anche i figli maggiorenni economicamente non autonomi.

In secondo luogo, all’obbligo di mantenimento fa riferimento anche  l’art. 147 c.c., che si occupa dei doveri dei genitori verso i figli7.

Inoltre, nella materia della separazione personale tra coniugi, l’art. 155 c.c. richiama il capo II del Titolo IX del Libro primo del c.c., vale a dire gli artt. 337-bis e ss. del c.c., che regolamentano, tra le altre, la responsabilità genitoriale nell’ambito della separazione personale dei coniugi8.

In tale ambito assume, poi, rilievo l’art. 337-ter, comma 4 c.c., che prevede il principio di proporzionalità rispetto al reddito di ciascun genitore nell’adempimento dell’obbligo di mantenimento. Aggiunge, inoltre, che in caso di determinazione di un assegno da parte del giudice i parametri da prendere in considerazione sono molteplici e riconducibili essenzialmente a due categorie: da un lato, la sfera di interessi riguardante il figlio e, dall'altro, l’insieme delle circostanze relative ai genitori9.

In riferimento al figlio assumono rilievo, innanzitutto, le  esigenze attuali, non solo economiche, come ad esempio gli interessi e le aspirazioni.

Inoltre, ha importanza sia il tenore di vita di cui il figlio godeva in costanza di matrimonio, durante la convivenza con entrambi i genitori, sia il tempo di permanenza presso ciascun genitore in seguito alla separazione.

In relazione, invece, ai genitori, sono rilevanti sia le risorse economiche di ciascuno sia il valore economico dei compiti domestici e di cura che ciascuno di essi svolge.

E’ possibile, quindi, osservare che il principio di proporzionalità è da intendere non solamente come apporto di ciascun coniuge in proporzione al reddito dallo stesso percepito, ma è un qualcosa di più ampio. Infatti, ricomprende anche la sfera giuridica del figlio.

Di conseguenza, nella determinazione dell’assegno, il giudice deve equilibrare tra loro sia le esigenze del figlio con la capacità economica di ciascun genitore sia le possibilità economiche di un genitore con quelle dell’altro.

4. La rideterminazione dell’assegno di mantenimento

Nell’ordinanza in esame la Cassazione recupera il principio di proporzionalità come sopra analizzato e lo applica all’ambito della rideterminazione dell’assegno di mantenimento, di cui all’art. 337-quinquies c.c.10.

La Cassazione ha sottolineato che il suddetto principio, declinato sulla base dei parametri richiamati nel paragrafo precedente, non debba essere rispettato soltanto in sede di determinazione iniziale dell’assegno stesso, in fase di successiva ed eventuale rideterminazione.

Nel caso di specie, a variare è stata la capacità reddituale di uno dei genitori, che ha comportato l’abbassamento dell’importo dell’assegno.

La critica mossa dagli Ermellini verso la Corte di Appello è di non aver tenuto conto di tutti gli elementi necessari al fine della rideterminazione dell’assegno. In particolare, la Corte di Appello avrebbe compiuto tale rideterminazione prendendo in considerazione soltanto l’abbassamento del reddito percepito dal genitore non assegnatario e non anche l’accresciuta capacità economica dell’altro genitore.

5. Conclusioni

Con l’ordinanza analizzata, la Corte di Cassazione ha, quindi, confermato l'orientamento, secondo cui, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento, è necessario prendere in considerazione tutti gli elementi indicati dall’art. 337-quater comma 4 c.c.11.

Quindi, il calcolo dell’assegno di mantenimento deve prendere in considerazione sia le esigenze del figlio sia i redditi percepiti da ciascun genitore.

Ha, inoltre, aggiunto che tale visione d’insieme di tutti gli aspetti sopra descritti debba essere mantenuta anche in caso di rideterminazione dell’assegno stesso.


Note e riferimenti bibliografici

1. Cass. Civ., Sez. VI-1, 16 settembre 2020, n.19299: "Nella decisione della Corte di appello è completamente assente il raffronto tra i redditi dei due coniugi.

Per contro, a seguito della separazione personale, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto.

La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio. Alla Corte di Bologna è demandato un rinnovato esame conformato al principio in base al quale l’art. 155 c.c., nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di tenere in conto nella, determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze dei figli, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti, nonché, appunto, le risorse economiche di entrambi i genitori".

2. P. Tonalini, Separati, divorziati, conviventi e unioni civili, Milano, 2018, 39-41.

3. Art. 337- sexies, comma 1 c.c.: "Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà.

Il diritto di godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare".

4. Cass. Sez. I, 20 aprile 2011, n.9079; Cass. Sez. VI-1, 20 luglio 2020, n.15397.

5. Cass. Sez. I, 20 aprile 2011, n.9079: “Ad obiettivi del tutto diversi risponde viceversa il provvedimento di assegnazione della casa coniugale che, pur avendo indiscutibili riflessi di carattere economico anche sotto il profilo delle maggiori spese cui può andare incontro per tale motivo il coniuge onerato, è finalizzato unicamente alla tutela della prole ed al suo esclusivo interesse a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, circostanza da cui all'evidenza discende che la misura non può essere adottata come se fosse una componente dell'assegno”.

6. Art. 337-septies c.c.: “Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tae assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.

Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori”.

7. Art. 147 c.c.: “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’art. 315-bis”.

8. Art. 155 c.c.: “In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX”.

9. Art. 337-ter comma 4 c.c.: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

  1. le attuali esigenze dei figli;
  2. il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
  4. le risorse economiche di entrambi i genitori;
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.

10. Art. 337 – quinquies c.c.: “I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo”.

11. Cass. civ. Sez. I, 10 luglio 2013, n. 17089; Cass. civ. Sez. VI – 101 marzo 2018, n. 4811.