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Pubbl. Sab, 2 Mag 2020

Istanza di mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: rimessa alle Sezioni Unite la questione

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autori Paola Giannini , Federica Gentile



Atteso l’acceso contrasto sorto nella giurisprudenza in ordine all’onere di proporre l’istanza di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite l’annosa questione relativa all´individuazione del soggetto onerato della instaurazione della procedura di mediazione, sottolineando l’importanza di un intervento nomofilattico in considerazione della vastità del contenzioso interessato dalla mediazione e del diffuso ricorso al procedimento monitorio.


Sommario: 1. La mediazione nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: peculiarità e lacune normative; 2. La prima tesi: l’onere di avviare la mediazione incombe sul debitore opponente; 3. La seconda tesi: l’onere di avviare la mediazione incombe sul creditore opposto; 3. La terza tesi “mediana”, proposta dalla dottrina; 4. La rimessione della questione alle Sezioni Unite.

 

1. La mediazione nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: peculiarità e lacune normative

Ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, emanato in attuazione dell'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, “chi intende esercitare in giudizio un’azione” relativa a una controversia in una delle materie indicate dalla medesima disposizione[1] è tenuto preliminarmente a esperire, assistito dall'avvocato, il procedimento di mediazione di cui al decreto, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale.

L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Laddove il giudice rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6[2]. Ove invece rilevi che la mediazione non è stata esperita, provvede allo stesso modo riguardo la fissazione della successiva udienza, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

È certamente possibile che una delle materie per cui la legge prescrive il previo espletamento della mediazione venga in rilievo nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Con specifico riferimento ai procedimenti di ingiunzione, il comma 4 della medesima norma prevede che tale disciplina non si applica, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. È quindi possibile, costituendo i provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. una mera eventualità nel processo, che il procedimento di mediazione non trovi per nulla applicazione nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Inoltre, mentre l’art. 648 c.p.c. impone al giudice di provvedere sull’esecuzione provvisoria in prima udienza, non altrettanto è previsto per la sospensione dell’esecuzione provvisoria già concessa ai sensi dell’art. 642 c.p.c. in sede di emissione del decreto ingiuntivo. La disciplina dell’eccezione o rilievo d’ufficio alla prima udienza deve quindi essere coordinata con la specialità del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.  

Tuttavia, il legislatore non indica quale parte, tra il creditore opposto e il debitore opponente, debba ritenersi gravata dall’onere di avviare il procedimento di mediazione: su quale soggetto ricadono, dunque, le conseguenze negative dell’improcedibilità, in caso di mancata proposizione dell’istanza?

Sul punto si sono formati diversi orientamenti interpretativi che hanno portato la Terza Sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18741/2019 del 12 luglio 2019, a rimettere la questione dinanzi alle Sezioni Unite.  

2. La prima tesi: l’onere di avviare la mediazione incombe sul debitore opponente

Nel ricostruire le varie tesi emerse in giurisprudenza e in dottrina[3], i giudici di legittimità richiamano innanzitutto quella propugnata dalla stessa Corte[4] (e seguita a ben vedere, da altre pronunce, sia di legittimità[5] che di merito[6]), secondo cui spetterebbe al debitore opponente dare impulso al procedimento di mediazione, in quanto parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione: in mancanza di opposizione o in caso di estinzione del processo, infatti, il decreto ingiuntivo acquista esecutorietà e passa in cosa giudicata[7].

Questa soluzione, che risponde alle esigenze di efficienza ed economia processuale su cui si fonda lo strumento del procedimento monitorio, sarebbe conforme al principio costituzionale di ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111 della Carta fondamentale. Il creditore, infatti, utilizzando lo strumento del decreto ingiuntivo “ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo”, mentre è l’opponente “che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore”. Una diversa soluzione risulterebbe irrazionale in quanto finirebbe per premiare la passività dell'opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.

3. La seconda tesi: l’onere di avviare la mediazione incombe sul creditore opposto

Al contrario, è stato altresì sostenuto[8], prosegue la Suprema Corte, che il soggetto tenuto a proporre sia il creditore opposto, con conseguente inefficacia del decreto ingiuntivo in caso di mancata proposizione. Se, da un lato, l’esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale e la norma sopra vista è chiara laddove afferma che l’onere grava su “chi intende esercitare in giudizio un’azione”, dall’altro occorre tenere a mente che nel peculiare caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo l’opponente è attore in senso meramente formale, in quanto l’attore in senso sostanziale è, a ben vedere, il creditore che ha in origine proposto la domanda di ingiunzione[9]. Con la proposizione dell’opposizione, infatti, il medesimo diritto viene ad essere accertato nell’an e nel quantum in sede di cognizione piena.

Anche questa soluzione sarebbe ispirata a principi di rilevanza costituzionale: l’accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 Cost. Il diritto di agire al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza del credito potrebbe infatti essere compromesso dall’esecutività e immutabilità del decreto ingiuntivo che conseguirebbe alla pronuncia di improcedibilità per non avere il debitore opponente assolto l’onere a suo carico[10].

4. La terza tesi “mediana” proposta dalla dottrina

La Cassazione dà conto anche di un’ulteriore ricostruzione, proposta in dottrina, secondo cui l’onere incomberebbe sull’opposto qualora sia stata disposta la sospensione dell’esecuzione provvisoria, e sull’opponente qualora sia stata concessa l’esecuzione provvisoria del decreto. La Corte evidenzia, tuttavia, che la tesi è priva di un chiaro fondamento normativo e non è in ogni caso condivisibile, in quanto “disarticola l’onere processuale della domanda, ovvero dell’atto di opposizione, laddove invece l’esperimento della mediazione resta condizione di procedibilità della domanda”.

5. La rimessione della questione alle Sezioni Unite

Ricostruito l’acceso contrasto nella giurisprudenza di merito, la Terza Sezione ha constatato che sia la prima tesi che la seconda sono assistite da valide ragioni tecniche, oltre a rispondere a principi fondamentali del nostro ordinamento. La Corte ha quindi ritenuto di rimettere alle Sezioni Unite l’annosa questione relativa all'individuazione del soggetto onerato dell'instaurazione della procedura di mediazione, sottolineando l’importanza di un intervento nomofilattico in considerazione della vastità del contenzioso interessato dalla mediazione e del diffuso ricorso al procedimento monitorio.

Pertanto, è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione "se, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione ricada sul debitore opponente, in quanto parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, posto che, in difetto, il decreto acquista esecutorietà e passa in giudicato, ovvero sulla parte opposta, che ha proposto la domanda di ingiunzione ed è attore in senso sostanziale, tenuto conto che l’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 onera dell’attivazione della condizione di procedibilità della domanda giudiziale chi intende esercitare in giudizio un’azione."


Note e riferimenti bibliografici

[1] Si tratta delle seguenti materie: “condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari”.

[2] Ai sensi dell’art. 6, “1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi. 2. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del sesto o del settimo periodo del comma 1-bis dell'articolo 5 ovvero ai sensi del cmma 2 dell'articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale”.

[3] Per un’analisi delle diverse tesi, cfr. anche Trib. Torino, Sez. I, n. 3670/2019.

[4] Cass. Civ., Sez. III, n. 24629/2015.

[5] Cass. Civ., Sez. VI, n. 23003/2019.

[6] Da ultimo, Trib. Monza, Sez. I, n. 77/2020; Corte App. Ancona, Sez. I, n. 1554/2019; Trib. Napoli, Sez. II, n. 7358/2019; Trib. Torino, Sez. I, n. 3670/2019. 

[7] Cfr. artt. 647 e 653 c.p.c.

[8]Trib. Grosseto, n. 566/2018; Trib. Firenze, Sez. Spec. Impresa, 16.02.2016; Trib. Busto Arsizio, Sez. III, n. 199/2016.

[9] In particolare, si segnala Trib. Grosseto, n. 566/2018, secondo cui “nel porre l'obbligo di mediazione a carico di chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a determinate materie e nel disporre che il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale ha chiaramente inteso onerare il titolare dell'azione. Ora è noto come il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo abbia come contenuto minimo la domanda dell'opposto, mentre solo eventualmente possa avere ad oggetto anche un'eventuale domanda riconvenzionale dell'opponente. Tale interpretazione è coerente con la limitazione di cui all'art. 5 comma 4 lett a) del d.lgs. 28/2010 secondo il quale i commi 1 bis e 2, non si applicano nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l' opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, che presuppone l'assunto che la domanda giudiziale in tal caso sia quella dell'opposto che ha agito con ricorso monitorio tanto che il ricorrente non viene esentato dall'esperire la procedura di mediazione, ma, per ragioni cautelari, gli viene consentito di differire l'assolvimento dell'obbligo ad un momento successivo rispetto a quello della proposizione della domanda, momento che viene appunto individuato in quello immediatamente successivo al provvedimento d'urgenza e dunque dopo la pronuncia sulla concessione o sospensione della provvisoria esecuzione. Ciò con il chiaro intento non di favorire coloro che si avvalgano di strumenti d'urgenza (anche latu sensu intesi), ma di impedire che l'espletamento della procedura di mediazione costituisca un ostacolo all'ottenimento di una tempestiva tutela cautelare”.

Al contrario, Trib. Torino, Sez. I, n. 3670/2019, ha criticato la tesi in esame sottolineando quanto segue: “La tesi (…) appare fondata essenzialmente, (…), su una mera interpretazione letterale della disciplina, secondo cui “l’improcedibilità della domanda giudiziale” sarebbe senz’altro da individuare, anche ai sensi dell’art. 39, ultimo comma, c.p.c., nell’originario ricorso monitorio. Peraltro, così argomentando, si verrebbe a configurare, com’è stato evidenziato in dottrina, una singolare “improcedibilità postuma” che dovrebbe colpire un provvedimento giudiziario condannatorio idoneo al giudicato sostanziale già definitivamente emesso, ancorché sub judice. Si tratterebbe, in sostanza, di sanzione processuale che non consta abbia uguali nell’ordinamento processuale. Il tutto senza considerare l’inopportunità di porre nel nulla una pretesa che è già stata scrutinata positivamente dall’autorità giudiziaria, sia pure non nel contraddittorio delle parti, con provvedimento idoneo al giudicato sostanziale”.

[10] Trib. Grosseto, n. 566/2018, aveva infatti evidenziato che “siffatta lettura risulta anche più coerente in termini di conseguenze, atteso che la pronuncia di improcedibilità definendo il procedimento in rito non impedisce la riproposizione della domanda (eventualmente anche con le forme del ricorso monitorio), mentre l'improcedibilità dell'opposizione (a tacere dell'imprecisione poiché non si tratta di domanda ma appunto di ordinario giudizio di cognizione) comporterebbe il definitivo accoglimento della domanda fatto valere dall'opposto con il ricorso monitorio”. E infatti, secondo Trib. Torino Torino, Sez. I, n. 3670/2019, che ha aderito all’opposto indirizzo, “in caso di omessa mediazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo non si avrebbe alcun deflazionamento effettivo, bensì il raddoppio dei processi e degli adempimenti. Il creditore che non ottenesse soddisfazione dal processo dichiarato “improcedibile” non esiterebbe, nella maggior parte dei casi, a riproporre in via giudiziale la medesima domanda”.