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Pubbl. Lun, 17 Feb 2020

La cessione di un selfie pedopornografico integra il reato ex art. 600 ter c.p.

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Ilaria Taccola
AvvocatoUniversità di Pisa


L´elaborato ha ad oggetto una breve analisi della seconda traccia del parere di penale esame avvocato 2019 e il commento della recente sentenza della Cassazione in materia di cessione di selfie pedopornografico che ha stabilito che “per la configurabilità del delitto di cui art. 600 ter quarto comma c.p. relativo all’offerta o cessioni ad altri di materiale pedopornografico ossia di materiale raffigurante la pornografia minorile secondo la nozione data dal settimo comma dell’art. 600 ter c.p., è necessario e sufficiente che oggetto dell’offerta o della cessione sia il materiale pedopornografico realizzato o prodotto e non il reato di produzione pornografica” Cass. 12 febbraio 2020, n. 5522


Sommario: 1. Premessa; 2. Il caso concreto; 3. Le fattispecie ex artt. 600 ter e quater c.p.; 4. La questione controversa e la soluzione offerta dalla Corte di Cassazione; 5. Breve analisi della seconda traccia esame avvocato 2019; 6. Conclusioni.

1. Premessa

Ad oggi sussistono numerosi dubbi interpretativi sul rapporto tra la fattispecie ex art. 600 ter c.p., in relazione alle varie condotte di pornografia minorile incriminate, e quella di detenzione di materiale pornografico, prevista dal successivo articolo 600 quater.

In particolare, uno dei casi oggetto di dibattito attiene all’ipotesi in cui un soggetto abbia divulgato a terzi delle foto pedopornografiche realizzate dallo stesso minore, senza l’intervento di altri. Secondo l’orientamento maggioritario[1] della giurisprudenza, il caso della cessione a terzi dell’autoscatto, il cosiddetto selfie, realizzato dal minore, non integra il delitto ex art. 600 ter, quarto comma, c.p. poiché per l’integrazione di questa fattispecie è necessario che il materiale pornografico sia realizzato da un’altra persona e non dal minore stesso. Tutt’al più, tale condotta potrebbe integrare la detenzione di materiale pornografico ex art. 600 quater c.p.

2. Il caso concreto

Il caso in esame vede protagonista uno studente che, durante una gita scolastica, essendo in possesso del telefono della persona offesa aveva duplicato gli autoscatti contenuti nella galleria foto. In seguito, l’imputato aveva inviato questi due autoscatti pornografici a un amico che li aveva successivamente inviati a un gruppo di whatsapp composto da circa venti persone che, presumibilmente, a loro volta li avevano inviati ad altre persone.

I ragazzi avevano ammesso di aver ricevuto le foto, anche se alcuni ammettevano di averle inviate a un altro gruppo e altri invece di averle cancellate.

Nell’ambito del giudizio di primo grado, il Pubblico Ministero aveva addebitato all’imputato le fattispecie ex artt. 600 ter, quarto comma, e 646 c.p., ma il giudice delle indagini preliminari aveva assolto l’imputato, poiché aveva aderito all’interpretazione per cui la fattispecie citata presuppone per la sua applicazione che il materiale pornografico sia realizzato da un’altra persona e non dal minore. Invero, l’imputato aveva solo duplicato gli autoscatti, fotografando lui stesso le immagini che erano state realizzate autonomamente dalla persona offesa.

Inoltre, il giudice delle indagini preliminari aveva escluso il reato di appropriazione indebita poiché gli autoscatti non potevano essere oggetto di appropriazione indebita essendo dei beni immateriali e a maggior ragione l’imputato aveva solamente duplicato le fotografie dalla galleria foto del cellulare. Pertanto, gli originali erano rimasti nella proprietà della persona offesa e non si poteva di conseguenza integrare alcuna appropriazione indebita.

Tutt’al più, la condotta suddetta poteva integrare il diverso reato di cui all’art. 615 ter c.p., ossia l’accesso abusivo a un sistema informatico o telematico.

Tra l’altro si deve ricordare che l’interpretazione maggioritaria della “cosa mobile” ritiene che quest’ultima sia un’entità materiale suscettibile di valutazione economica e di conseguenza non rientrerebbero i beni immateriali come i prodotti dell’ingegno.

In questo caso, infatti, si trattava di foto realizzate tramite il telefono cellulare e trasmesse sempre tramite quest’ultimo, quindi non erano state trasferite su un supporto cartaceo.

Al contrario, la Procura sosteneva che le ipotesi della giurisprudenza citata dal giudice di primo grado riguardavano le ipotesi di autoscatti realizzate dal minore e successivamente inviati a un terzo, non l’ipotesi in esame in cui il minore pur avendo autoprodotto le fotografie non le aveva divulgate.

La Corte di Appello, aderendo alle motivazioni dell’organo requirente, aveva così condannato l’imputato alla pena di mesi 1 e giorni 20 di reclusione, nonché 2.000,00 euro di multa, oltre le spese di giudizio e risarcimento del danno alla parte civile.

Infatti, secondo la Corte di Appello rilevava la condotta dell’imputato che aveva autonomamente duplicato e ceduto le foto della persona offesa. Pertanto, non era rilevante il fatto che si trattava di un autoscatto prodotto dalla stessa minore, ma la condotta successiva dell’imputato che aveva scattato lui stesso un’altra fotografia per duplicare quella della persona offesa.

Inoltre, la Corte di Appello aveva escluso l’integrazione del reato di cui all’art. 615 ter c.p., poiché la persona offesa aveva consegnato spontaneamente il proprio telefono cellulare all’imputato, ritenendo al contrario addebitabile il reato di appropriazione indebita, essendo irrilevante la natura della cosa mobile oggetto di appropriazione. Secondo quest’ultima interpretazione, infatti, per l’integrazione del reato di appropriazione indebita rileva la condotta di sottrazione senza il consenso della persona offesa, cosa che si è verificata nel caso in esame.

3. Le fattispecie ex artt. 600 ter e quater c.p.

Prima di analizzare il contenuto della decisione della Cassazione[2] è necessaria una breve premessa sulle fattispecie in esame, anche perché la Corte di legittimità ha stabilito il principio di diritto proprio partendo dall’analisi dei citati delitti in materia di pornografia minorile.

La fattispecie ex art. 600 ter c.p. configura un reato comune, poiché può essere commesso da chiunque, di mera condotta visto che si perfeziona con la realizzazione della condotta e a dolo generico.

Si deve tenere presente che il reato ex art. 600 ter c.p. configura una norma a più fattispecie, ossia una norma mista alternativa, ove la realizzazione di più condotte da parte del reo integra un unico reato e non un concorso di più fattispecie incriminatrici.

Le norme a più fattispecie[3] sarebbero quelle costituite da un’unica norma incriminatrice e le varie ipotesi di reato contemplate indicano solo modalità alternative per la realizzazione. Al contrario le disposizioni a più norme sarebbero quelle costituite da più fattispecie incriminatrici, integrando perciò un concorso di reati.

Per quanto riguarda le ipotesi di cui al primo comma è dibattuto se integrino un reato istantaneo o una fattispecie eventualmente abituale. Viceversa, l’ipotesi di cui al secondo comma è considerata abituale, mentre al contrario le ultime ipotesi, terzo, quarto e sesto comma, sono considerate reati istantanei.

La fattispecie ex art. 600 ter c.p. è stata introdotta dal legislatore con l’art. 3 della L. 3 agosto 1988, modificata una prima volta dalla legge n. 38/2006 e successivamente modificata dalla legge n. 172/2012 che ha ampliato le forme di condotte punibili, come ad esempio rendendo punibile chi assiste a esibizioni o spettacoli pedopornografici.

In breve, nel primo comma alla lettera a) è punito chiunque utilizzando minori di anni diciotto realizza esibizioni o spettacoli pornografici o produce materiale pornografico. Invece, sempre al primo comma lettera b) viene punito anche chi recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici, ovvero chi trae profitto dai suddetti spettacoli.

Nell’ipotesi disciplinata dalla lettera a), il legislatore ha utilizzato l’espressione utilizzare in luogo di “sfruttare” per ricomprendere anche le condotte non aventi finalità economiche. Inoltre, per quanto concerne le esibizioni o gli spettacoli, secondo l’interpretazione della dottrina[4] è necessario che i minori siano partecipi e non dei meri spettatori passivi. Al contrario, parte della giurisprudenza[5] ritiene che sia sufficiente che i minori siano solamente degli spettatori, poiché solo il fatto che a tale esibizione siano presenti persone terze è motivo di degradazione della personalità del minore.

In relazione al primo comma dell’art. 600 ter c.p. si deve anche ricordare il recente intervento delle Sezioni Unite[6] che hanno ritenuto che la fattispecie configurasse un reato di danno e non di pericolo concreto e che quindi per la configurazione della norma incriminatrice non fosse necessario l’accertamento del pericolo. Tale interpretazione deriva dall’analisi delle recenti riforme in merito alla pornografia minorile, soprattutto per l’introduzione all’art. 600 ter c.p. della definizione di pornografia minorile da cui emerge che il bene interesse tutelato dalla norma, ossia lo sviluppo psico – sessuale del minore risulta già compromesso al momento della produzione del materiale pedopornografico.

Invece, per quanto riguarda le ipotesi di cui alla lettera b) si tratta delle condotte di chi recluta o induce minori di anni diciotto per farli partecipare a esibizioni o a spettacoli.

Per quanto concerne la differenza tra spettacoli ed esibizioni, a primo impatto sembrerebbe un’inutile ripetizione, tuttavia si potrebbero distinguerli nel senso che lo spettacolo potrebbe essere destinato a un numero indeterminato di persone, a differenza dell’esibizione che potrebbe essere diretta a un numero ristretto.

Al secondo comma viene sanzionato chi commercia il materiale pedopornografico prodotto utilizzando minori di anni diciotto. Per l’integrazione di tale condotta non è sufficiente una singola vendita, bensì è necessario che sussista un’attività organizzata. Si deve tenere presente che per integrare tale condotta, il soggetto non deve aver contributo alla realizzazione delle fattispecie di cui al primo comma.

In relazione al terzo comma vengono incriminate le condotte di diffusione del materiale pedopornografico o di informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori ed è richiesto che gli autori di tali condotte non abbiano realizzato le condotte sanzionate nei commi precedenti.

Per quanto riguarda il quarto comma, si prevede la punibilità di chi offre o cede anche a titolo gratuito materiale pedopornografico ed è altresì richiesto che anche in questo caso l’agente non abbia partecipato a nessuna delle condotte menzionate dai commi precedenti.

Infine, con la legge n. 172/2012 è stato inserito il quinto comma che punisce chiunque assista a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano partecipi minori di anni diciotto.

Viceversa, la fattispecie ex art. 600 quater c.p. incrimina chiunque si procuri o detenga materiale pedopornografico. Trattasi di un reato di mera condotta a forma libera che si perfeziona con la realizzazione della condotta e l’elemento soggettivo è il dolo generico. Inoltre, la norma incriminatrice ha la natura di reato permanente, poiché la condotta cessa nel momento in cui il reo perde la disponibilità del materiale pornografico. Essendo prevista una clausola di riserva nella fattispecie in esame, non è possibile configurare un concorso tra quest’ultima e l’art. 600 ter c.p. Infatti, la fattispecie ex art. 600 ter c.p. risulta sanzionata più gravemente e di conseguenza la mera detenzione costituisce un post factum non punibile.

Si deve tuttavia precisare che secondo la giurisprudenza[7] potrebbe essere possibile un concorso formale tra la fattispecie ex art. 600 quater c.p. e la fattispecie ex art. 600 ter, terzo comma, c.p. nell’ipotesi di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento di minori, ma non con quella di cessione e offerta ex art. 600 ter, quarto comma, c.p.

4. La questione controversa e la soluzione offerta dalla Corte di Cassazione

Ai fini della configurabilità del primo comma è indubbio che debba sussistere l’alterità tra il minore e l’autore delle condotte anche perché è proprio necessario un terzo per reclutare o indurre il minore, oppure per farlo partecipare a esibizioni o spettacoli. Tuttavia, si deve precisare che la condotta di chi trae profitto dalle esibizioni o dagli spettacoli non richiederebbe che il materiale sia prodotto da un soggetto terzo.

Tuttavia, il dubbio interpretativo attiene all’ipotesi sanzionata dal terzo comma. Si deve precisare che come precedentemente accennato che le Sezioni Unite del 2018 hanno ritenuto che la fattispecie ex art. 600 ter c.p. non costituisse un reato di pericolo concreto, ma un reato di danno. L’interpretazione precedente poggiava sul fatto che il termine previgente “sfruttamento” dovesse essere ampliato per ricomprendere anche il significato di “utilizzare”, di conseguenza la fattispecie ex art. 600 quater c.p. ricomprendeva unicamente le condotte di detenzione che non costituissero un pericolo concreto per il minore, ovvero sia quelle ipotesi di fruizione del materiale pornografico per uso privato.

Tale interpretazione non poteva più ritenersi attuale con le recenti riforme che hanno sostituito il termine sfruttamento con quello di utilizzare e hanno introdotto una definizione di materiale pedopornografico che prescinde dal pericolo concreto di diffusione per il minore.

Inoltre, è stata anche esclusa la rilevanza penale della pornografia domestica nel caso in cui i minori abbiano raggiunto l’età del consenso sessuale, ossia sedici anni, e abbiano prodotto il materiale per uso privato.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione traendo le conclusioni per cui non è più richiesto il pericolo concreto di diffusione del materiale, vista anche la definizione di pornografia minorile e la liceità della pornografia domestica, ritengono che il secondo, il terzo e il quarto comma richiamano il primo comma per quanto riguarda l’oggetto materiale del reato e non l’intera condotta.

Pertanto, mentre in alcune ipotesi al primo dell’art. 600 ter c.p. è richiesto che il materiale sia prodotto da un terzo che utilizzi il minore, tale requisito non è richiesto per le condotte punibili nei successivi commi.

Concludendo, la Corte di Cassazione enuncia il seguente principio “per la configurabilità del delitto di cui art. 600 ter quarto comma c.p. relativo all’offerta o cessioni ad altri di materiale pedopornografico ossia di materiale raffigurante la pornografia minorile secondo la nozione data dal settimo comma dell’art. 600 ter c.p., è necessario e sufficiente che oggetto dell’offerta o della cessione sia il materiale pedopornografico realizzato o prodotto e non il reato di produzione pornografica.”

Per quanto riguarda il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p., la Corte accoglie il motivo del ricorso dell'imputato visto che la Corte di Appello lo aveva condannato senza che la Procura avesse impugnato quel capo della sentenza.

5. Breve analisi della seconda traccia esame avvocato 2019

La seconda traccia per il parere di penale era così formulata:

Il diciannovenne Caio conosce su facebook la tredicenne Mevia e tra i due inizia una fitta corrispondenza via chat, senza che mai avvenga un incontro effettivo.
Caio, dopo qualche tempo, chiede a Mevia di inviargli delle foto in cui lei mostri le sue parti intime. Mevia gli invia le foto richieste e, a sua volta, chiede a Caio di inviarle qualche foto in cui anch'egli sia nudo. Caio le invia una foto in cui lui stesso e il suo amico coetaneo Sempronio, nel corso di una festa, posavano ubriachi e in slip: foto che Sempronio aveva proibito a Caio di diffondere. La madre di Mevia, avendo per caso scoperto sul computer della ragazza la fitta corrispondenza intercorsa con Caio e le foto che i due si erano scambiati, denuncia il giovane. Successivamente anche Sempronio, avendo appreso dalla stampa locale che Caio aveva inviato a Mevia la foto che lui aveva vietato di diffondere, denuncia l'amico.
Il candidato, assunte le vesti dell'avvocato di Caio, individui le ipotesi di reato configurabili a carico del suo assistito, prospettando, altresì, la linea difensiva più utile alla difesa dello stesso.

Il caso in esame ha ad oggetto la cessione di autoscatti pedopornografici, ossia i cosiddetti selfie e la loro rilevanza penale ai sensi dell’art. 600 ter c.p. o dell’art. 600 quater c.p.

In particolare, bisogna prima individuare il reato ascrivibile a Caio per quanto riguarda la detenzione degli autoscatti ritraenti le parti intime di Mevia e successivamente inquadrare la fattispecie per quanto riguarda la divulgazione della foto raffigurante Caio e l’amico Sempronio, senza il consenso di quest’ultimo.

Procedendo con la prima condotta, bisogna rilevare che la foto è stata realizzata dalla stessa Mevia e inviata consapevolmente a Caio. Infatti, tra i due sussisteva uno scambio fitto di messaggi benché non si fossero mai incontrati.

Pertanto, la condotta di Caio potrebbe astrattamente rientrare nell’ambito della fattispecie ex art. 600 quater c.p. per quanto riguarda la detenzione di materiale pedopornografico. Invero, come è stato precisato dalla giurisprudenza, seppure vi siano opinioni discordanti, nel caso della cessione a terzi del materiale pornografico autoprodotto dal minore consapevolmente e liberalmente, non può integrarsi la fattispecie di cui all’art. 600 ter c.p., ma tutt’al più la fattispecie residuale ex art. 600 quater c.p. per quanto concerne la detenzione.

Infatti, come è stato stabilito dalla recente sentenza delle Sezioni Unite del 2018, l’art. 600 ter c.p. non configura un reato di pericolo astratto, ma un reato di danno che si perfeziona indipendentemente dalla capacità concreta di diffusione del materiale pornografico.

Infatti, con la modifica operata dalla legge 172/2012, è stata introdotto al settimo comma dell’art. 600 ter c.p. la definizione di materiale pedopornografico che prescinde dal pericolo di diffusione. Il bene tutelato dalla norma, ossia l’interesse psico fisico del minore viene tutelato a priori e proprio per questo che la fattispecie in esame viene a essere interpreta come un reato di danno e di pericolo.

Di conseguenza, la fattispecie ex art. 600 quater c.p. che prima ricomprendeva quelle fattispecie di detenzione a uso privato che non erano destinate all’uso di terzi, ora diventa ancora più residuale, poiché si ricomprende all’interno dell’art. 600 ter c.p. anche le fattispecie senza alcun concreto pericolo di diffusione.

Per quanto riguarda la cessione della foto raffigurante lo stesso Caio e l’amico Sempronio in slip si esclude la nuova fattispecie ex art 612 ter c.p. non essendo esplicito il contenuto sessuale. Tuttavia, la condotta di Caio potrebbe essere inquadrata nell’ambito della fattispecie prevista dall’art. 167 Codice privacy, tuttavia essendo prevista una clausola di riserva, opererebbe l’assorbimento nella fattispecie ex art. 600 quater c.p.

Nel caso oggetto dell’esame non rileverebbe la nuova interpretazione della Corte di Cassazione anche perché Caio non ha ceduto le foto raffiguranti le parti intime a terzi, ma le ha solo detenute e pertanto si integrerebbe soltanto la fattispecie ex art. 600 quater c.p.

6.  Conclusioni

La breve sintesi sulla traccia uscita all’esame avvocato 2019 serve per rendersi conto dell’attualità delle condotte in esame e di come ancora siano molteplici i dubbi interpretativi, visto che ad esempio sussiste poca chiarezza per il cosiddetto sexting, termine usato proprio per individuare l'invio di testi o immagini sessualmente esplicite.

Più che altro è vero che lo scambio di messaggi e foto a contenuto pornografico può integrare l’art. 600 quater c.p., ma i confini tra cosa è penalmente lecito e cosa non lo è, come abbiamo visto, non sono sempre chiari, considerate anche le differenti pronunce in merito. Nel caso oggetto di trattazione, infatti, nel giudizio di primo grado si riteneva penalmente irrilevante la condotta dell’imputato, al contrario tale pronuncia è stata ribaltata in secondo grado.

Nella sentenza oggetto della presente trattazione, la Corte di Cassazione ha smentito l’orientamento prevalente in merito alla cessione od offerta di selfie pedopornografici, ritenendo che non sia rilevante l’autoproduzione o la produzione da parte di terzi del materiale pornografico ai fini della fattispecie ex art. 600 ter, secondo, terzo e quarto comma c.p.

La Corte di Cassazione ha ribadito inoltre che non sono punibili quelle condotte di pornografia domestica ove sussista l’età per il consenso sessuale e le fotografie siano scattate consapevolmente senza alcun abuso o soggezione.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Vedi Cass. 21 marzo 2016 n. 11675 “Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 600- ter, quarto comma, c.p. (offerta o cessione ad altri di materiale pornografico realizzato ai sensi del primo comma dello stesso articolo, ovvero utilizzando minori di anni diciotto) è necessario che il produttore del materiale sia persona diversa dal minore raffigurato, in quanto, nella diversa ipotesi in cui sia quest’ultimo di propria iniziativa e senza intervento di altri a realizzare il materiale, difetta l’elemento costitutivo dell’utilizzo del minore da parte di un soggetto terzo, di cui al predetto primo comma dell’art. 600 ter c.p.”

[2] Cass. 12 febbraio 2020, n. 5522

[3] Mantovani, Diritto Penale Cedam 2017

[4] Fiandaca Musco, Diritto Penale Parte Speciale, Tomo I, I delitti contro la persona, Zanichelli 2013

[5] Vedi Cass. 6 marzo 2009 n. 10068 “In tema di pornografia minorile, la partecipazione di un minore come mero spettatore di esibizioni pornografiche poste in essere in luogo pubblico o aperto al pubblico, integra il delitto di cui all’art. 600 ter, primo comma, c.p. in quanto il coinvolgimento del minore in un’esibizione pornografica cui assistono terze persone è causa di degradazione della sua personalità”

[6] Sez. Un. 31 maggio 2018 (dep. 15 novembre 2018), n. 51815 “ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 600 ter, primo comma, n. 1), cod. pen., con riferimento alla condotta di produzione di materiale pedopornografico, non è più necessario, viste le nuove formulazioni della disposizione introdotte a partire dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, l’accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale”

[7] Cass. 36364/2008