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Pubbl. Gio, 3 Ott 2019

Lesioni personali volontarie, la condotta che può integrare il reato previsto all´art. 582 c.p.

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Federica Scordino


Partendo dall´esame del reato di lesioni personali ex art. 582 c.p. si analizza la decisione della Corte di Cassazione, V sezione, 24 luglio 2019 n. 33492


Sommario1. Il reato di lesioni personali come classico esempio di illecito penale doloso; 2. Distinzione tra lesioni e percosse; 3. Questione preliminare di illegittimità Costituzionale: manifestamente infondata; 4. Quando si parla di “malattia penalmente rilevante”?; 5. La decisione della Corte.

1. Il reato di lesioni personali come classico esempio di illecito penale doloso.

Il delitto doloso costituisce il modello fondamentale di illecito penale, dal momento che il dolo rappresenta il normale criterio di imputazione soggettiva: lo si desume in via generale dalla prima parte dell’art. 42[1], comma 2° c.p., ove è stabilito che nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto se non l’ha commesso con dolo.

Questa disposizione di parte generale conferma come il legislatore, nel descrivere le singole fattispecie di reato, presupponga il dolo senza che sia necessario specificarlo ogni volta. Gli altri criteri di imputazione soggettiva, e cioè la “colpa” e la “preterintenzione”, operano nei soli casi previsti espressamente dal legislatore, come viene espressamente indicato nell’art. 42 c.p.

Dunque, il dolo rappresenta un elemento costitutivo del fatto tipico: ciò non è altro che una conseguenza di un diritto penale oggettivamente orientato: la volontà criminosa assume rilevanza non in quanto tale, ma in quanto si traduca in realizzazione. La seconda funzione del dolo consiste nel connotare la forma più grave di colpevolezza: infatti chi agisce con dolo aggredisce il bene protetto in maniera più intensa di chi agisce con colpa. Questa maggiore intensità viene percepita non solo dalle vittime del fatto delittuoso, ma anche dalla collettività, la quale sentendosi tanto più minacciata quanto più l’attacco ai suoi beni dipende da una decisione volontaria del reo, disapprova con corrispondente maggiore intensità le lesioni provocate in maniera intenzionale.

Oggetto del dolo è dunque il fatto tipico, cioè la fattispecie descritta dal legislatore. Valutare la tipicità del fatto richiede un’operazione di selezione di quelli che sono i tratti salienti della condotta che permettono di ricondurla alla fattispecie di reato descritta nel nostro codice penale. La tipicità in alcuni casi, oltre alla condotta, richiama un evento naturalistico come conseguenza dell’azione del soggetto attivo: classico requisito richiesto nei reati di evento nei quali si esclude la consumazione del reato qualora non si verifichi l’evento previsto espressamente dalla fattispecie.

Infatti, il caso in esame trova fondamento sull’art. 582[2] c.p. e non sull’art. 590[3] c.p., il quale descrive la fattispecie di lesioni personali in cui però l’elemento soggettivo di imputazione è la colpa.

2.  Distinzione tra lesioni e percosse.

Un’ulteriore premessa consiste nel marcare la distinzione tra le due fattispecie di reato: l’art. 581[4] c.p. (reato di percosse) e l’art. 582 c.p. (reato di lesioni personali). Il reato di lesioni personali è descritto nell’art. 582 c.p., il quale specifica al 1° comma che per integrare la fattispecie è necessario che dalla lesione derivi una malattia nel corpo o nella mente.

Questa puntualizzazione inserisce l’art. 582 c.p. tra i reati di evento, con la conseguenza che qualora non derivi una malattia dalla lesione compiuta dal soggetto agente, non può, l’azione, essere ricondotta alla fattispecie in esame, cioè non integra gli estremi del reato di lesioni personali.

La fattispecie in questione descrive comunque un reato di evento a condotta libera, cioè il legislatore non tipicizza le modalità di compimento della condotta criminosa, ma l’evento può realizzarsi in qualsiasi modo, non escludendo l’ipotesi di omissione.

In tale fattispecie, così come in qualsiasi reato di evento, l’accertamento del nesso di causalità tra la condotta e l’evento diventa elemento integrante la tipicità del fatto. L’evento è concepito come risultato esteriore causalmente riconducibile all’azione umana.

La malattia è l'elemento essenziale, che distingue il reato di percosse da quello di lesione personale; assente nel primo, per cui ne deriva il carattere di reato di pura condotta, sempre presente nel secondo come evento, da cui dipende anche la consumazione del reato e la sua graduazione in lievissimo, lieve, grave e gravissimo. La percossa, in altre parole, consiste in una violenza che genera soltanto una sensazione fisica di dolore, senza postumi di alcun genere (ad esempio: uno schiaffo, un lieve pugno sulla spalla).

Le percosse, dunque, si caratterizzano per l’assenza di postumi apprezzabili, pur cagionando una sensazione dolorosa. Per rendere ancora meglio l’idea, è il caso di fare qualche esempio pratico che spieghi qual è la differenza tra lesioni e percosse.

Per le lesioni è facile: ogni ferita provocata da arma da taglio o corpo contundente integra il delitto di lesione personale. Anche una contusione escoriata, comportando una lacerazione cutanea, costituisce lo stesso delitto. Per non parlare poi delle fratture o, peggio ancora, di ogni colpo che incide sugli organi di senso (vista, udito, ecc.). Più lievi sono invece le percosse. Sempre secondo la Suprema Corte, non tutte le percussioni dell’altrui corpo costituiscono percosse in senso giuridico, ma solo quelle che, con un contenuto di apprezzabile violenza, siano dirette a produrre una rilevante sensazione dolorifica, cioè a cagionare l’altrui male.

La malattia penalmente rilevante, integrante il delitto di lesioni personali, ex art. 582 c.p., deve essere accertata da un apposito referto medico, in mancanza del quale si configurerà la fattispecie di percosse delineata dall’art 581 c.p.

3. Questione preliminare di illegittimità Costituzionale: manifestamente infondata.

Tali premesse ci consentono di entrare in “medias res” sulla questione in esame di cui si è occupata la Corte di Cassazione nella sentenza 33492/2019[5], depositata lo scorso 24 Luglio, che ha avuto ad oggetto il reato di lesioni personali.  

ll caso che ha coinvolto i supremi giudici riguarda una lite sorta tra due donne, durante la quale è avvenuta una “tirata” di capelli presso l’ufficio collocamento. La ricorrente, affiancata dal proprio difensore, sollevava in primis la questione di illegittimità costituzionale in relazione agli articoli 3[6] e 5[7] della Costituzione, dell’art. 131[8] bis c.p. nella parte in cui non prevede la possibilità di applicare la fattispecie nei casi di competenza del Giudice di Pace.

La parte ribadiva che, nonostante il giudice avesse confermato la tenuità del fatto, non poteva applicare l’art. 131 bis c.p. Da ciò derivava una disparità di trattamento per i reati di competenza del Giudice di Pace che andava a ledere il diritto di difesa in quanto la donna non poteva così usufruire della esclusione di punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Corte di Cassazione considera infondata la questione di illegittimità costituzionale in quanto l’art 34[9] D.lgs. 274/2000 non è altro che il frutto della volontà del legislatore ed in quanto tale non può essere messa in discussione. Infatti, sul punto sono sorti molti dibattiti giurisprudenziali, ma la tenuità del fatto, nonostante l’art. 131 bis c.p. sia stato inserito soltanto nel 2015, non rappresenta un novum nel nostro sistema processuale, infatti un antecedente è proprio l’art. 34 D.lgs. 274/2000, ma la similarità tra i due istituti ha condotto ad una problematica interpretativa lasciata spesso alle mani della giurisprudenza di legittimità.

Sul punto si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza 25/2015[10] per garantire maggiore chiarezza. A differenza dell’art. 131 bis c.p., l’art. 34 D.lgs. 274/2000 prevede l’esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto: il giudice, cioè, durante le indagini preliminari, può con decreto escludere la procedibilità per particolare tenuità del fatto in quanto quest’ultima non giustificherebbe l’azione penale.

I due istituti differiscono non solo per quanto esposto, l’art. 131 bis c.p. esclude la punibilità, l’art. 34 la procedibilità, ma anche per il fatto che la disposizione contenuta nel Decreto è applicabile solo per le fattispecie di reato individuate dallo stesso legislatore caratterizzate da una limitata offensività, il che giustifica anche l’attribuzione di competenza al Giudice di Pace.

4. Quando si parla di “malattia penalmente rilevante”?

Superata tale questione preliminare, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso in quanto non risultano espressi i motivi che giustificano la decisione del Giudice d’Appello secondo il quale la tirata di capelli aveva perfettamente integrato il reato di lesioni personali.

Il caso in questione ci spinge ad una puntualizzazione che la stessa Corte ha cercato di rendere nella sentenza n°4339/2016[11], relativa al concetto di malattia nonché evento indicato nel reato di lesioni personali. Il concetto di malattia è da distinguere non solo da quello di “infermità” in quanto più ampio, ma anche dai c.d. stati patologici, ossia quelle stazionarie condizioni di anormalità morfologica, o funzionale, ereditaria, congenita o acquisita, in cui non vi sono tessuti od organi in condizione di sofferenza e che sono compatibili con uno stato generale di buona salute.

Sul concetto di malattia si sono diffusi in dottrina due orientamenti che si fanno portavoce di una definizione leggermente diversa: il primo considerava la malattia come “qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo ancorché localizzata e non impegnativa delle condizioni organiche generali” (seguendo questa linea di pensiero rientrerebbero nel concetto di malattia le contusioni, ecchimosi o ematomi ); il secondo orientamento definiva espressamente la malattia penalmente rilevante “quel processo patologico, acuto o cronico, localizzato o diffuso, che determina una apprezzabile menomazione funzionale”( al contrario della prima, per questa seconda corrente di pensiero, non è sufficiente un’alterazione anatomica, ma occorre che sul soggetto si sviluppi un processo patologico che provochi una vera e propria alterazione funzionale).

Nel tempo, gli Ermellini, avvicinandosi al secondo orientamento, hanno consolidato una definizione del concetto di malattia che sembra oggi essere restrittiva poiché una semplice contusione o ecchimosi, che non genera un’alterazione anatomica, non potrà integrare il reato di lesioni personali, ma quello di percosse. La Corte, delineando il concetto di malattia, ha operato nell’ambito della medesima la distinzione tra “malattia del corpo” e “malattia della mente”.

In particolare, la c.d. “malattia del corpo”, giuridicamente rilevante, si configura allorquando le alterazioni anatomiche del soggetto passivo sono accompagnate  da una riduzione apprezzabile della funzionalità, ad esempio  di un arto (una lesione cagionata da Tizio alla mano di Caio tale da impedire a quest’ultimo di scrivere); la c.d. “malattia della mente”, invece, consiste in una alterazione del sistema nervoso, seppur per un brevissimo lasso temporale, quale può risultare, ad esempio, lo shock.

5. La decisione della Corte.

Lo stesso concetto è riportato dalla Corte di Cassazione nella sentenza in esame (n°33492/2019): ai fini della configurabilità del reato di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende, invero, tutte le alterazioni di natura anatomica, ma solo quelle da cui ne deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l’aggravamento di esso, ovvero una compromissione significativa delle funzioni dell’organismo.

Inoltre, la Corte ha ribadito che, essendosi trattato di una tirata di capelli, si sarebbe dovuto dar conto specifico della natura della lesione che ne sarebbe derivata, non essendo sufficienti a tal fine una mera screpolatura, né tanto meno il dolore patito, essendo piuttosto necessario che in conseguenza alla condotta sia apprezzabile un’alterazione funzionale ovvero una compromissione delle funzioni dell’organismo.

La Corte di Cassazione puntualizza il fatto che il giudice di merito nel caso di specie “si è limitato a dare atto delle risultanze del certificato medico rilasciato dal sanitario che ebbe a visitare la ricorrente subito dopo il fatto in cui si riporta unicamente dolore regione occipitale giudicato guaribile in due giorni”.  

Partendo da quanto esposto sopra circa i reati di evento, è chiaro che qui la malattia configura come l’evento naturalistico il cui accadimento è essenziale ai fini della completa integrazione del reato di lesioni personali, con il prosieguo che, avendo la Corte di Cassazione considerato inesistente la malattia come conseguenza della tirata di capelli, non poteva in alcun modo condividere la decisione dei precedenti gradi di giurisdizione, essendo venuto a mancare un elemento del fatto tipico di reato e non avendo il giudice d’Appello spiegato in nessun modo il motivo che lo ha indotto a considerare integrato il reato di cui all’art. 582 c.p.  

Questa motivazione ha giustificato la scelta della Corte di Cassazione consistente nell’annullamento della sentenza impugnata ed il conseguente rinvio al Tribunale di Termini Imerese per nuovo esame. Sarà dunque il giudice di merito, ovvero di rinvio, a valutare se la condotta in esame integri, sulla base degli opportuni parametri esposti sopra, gli estremi del reato di lesioni personali, oppure di percosse.

Note e riferimenti bibliografici

- Diritto penale, Enzo Musco e Giovanni Fiandaca.

 [1]Art. 42, comma 2° c.p.: “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.

[2] Art. 582 c.p. (Lesione personale): “Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. [2] Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa.

[3] Art. 590 c.p. (Lesioni personali colpose): “Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro. [2] Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1239 euro. [3] Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni. [4] Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. [5] Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque. [6] Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

[4] Art. 581 c.p. (Percosse): “Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro. [2] Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

[5] Sentenza Cassazione, quinta sezione, n°33492 del 24 Luglio 2019: sentenza nella quale gli Ermellini, non condividendo quanto già deciso nei precedenti gradi di giurisdizione, espongono la decisione secondo cui una “tirata di capelli” non integra il reato di lesioni personali, concludendo con l’annullamento della sentenza impugnata ed il rinvio al Tribunale di Termini Imerese per nuovo esame.

[6] Art. 3 Cost.: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. [2] E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

[7] Art. 5 Cost.: La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

[8] Art. 131 bis c.p. (Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto): Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. [2] L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. [3] Il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. [4] Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69. [5] La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.

[9] Art. 34 D.lgs. 274/2000 (Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto): Il  fatto  è  di  particolare  tenuità  quando,  rispetto  all'interesse  tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne  è derivato,  nonché  la sua occasionalità e il grado della  colpevolezza  non  giustificano  l'esercizio  dell'azione penale, tenuto  conto  altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del  procedimento  può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di  famiglia  o  di  salute  della  persona  sottoposta ad indagini o dell'imputato. [2] Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con   decreto   d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. [3] Se è stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono.

[10] Sentenza n°25 del 2015 della Corte Costituzionale: mette in evidenza la differenza tra i due istituti contenuti rispettivamente nell’art. 131 bis c.p. come causa di esclusione della punibilità, e nell’art. 34 D.lgs. 274/2000 come causa di non procedibilità di fronte al Giudice di Pace.

[11] Sentenza n°4339 del 2016: la Suprema Corte chiarisce il concetto di “malattia” e con l’occasione puntualizza anche quello di “infermità” che a sua volta non è del tutto sovrapponibile a quello di malattia.