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Pubbl. Mer, 13 Mar 2019

Abusivo riempimento di foglio sottoscritto in bianco

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Carlo Giaquinta


La Corte di Cassazione conferma come per la contestazione del foglio in bianco riempito abusivamente è necessaria la querela di falso e non il semplice disconoscimento.


La Suprema Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 1028 pubblicata il 16 gennaio 2019, ritorna ad affrontare l’interessante tema delle modalità di contestazione della scrittura privata prodotta dalle parti in sede giudiziale.

Prima tuttavia di affrontare il merito del decisum, è doveroso rammentare quale sia il valore legale e l’efficacia probatoria della scrittura privata.

Ai sensi dell’art. 2702 c.c. “ la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta.”.

Pertanto, qualora la scrittura venga prodotta da una delle parti per dar sostegno alle proprie ragioni, è onere della parte contro la quale la scrittura è prodotta, qualora voglia contestarne l’efficacia, effettuare il disconoscimento nei tempi e con le modalità previste dagli artt. 214 -215 c.p.c., ovvero è necessario che il formale disconoscimento venga contestato nella prima udienza o difesa utile successiva alla produzione del documento.

Nel caso in cui questo, invece, non venga formalmente disconosciuto acquisisce, ai sensi del citato art. 2702 c.c., il valore di piena prova.

Occorre, tuttavia, fare attenzione sui risvolti in termini probatori del riconoscimento della scrittura privata e ciò in quanto in tal caso l’efficacia probatoria si estende solo ed esclusivamente alla provenienza del documento da chi risulta come sottoscrittore, ma, si badi, non si estende al contenuto intrinseco della scrittura.

Ne deriva che, in mancanza di formale disconoscimento, il valore probatorio della scrittura privata riconosciuta attiene solo alla genuinità della sottoscrizione, ma, come si diceva, non si estende anche gli elementi contenutici dell’atto oggetto di contestazione.

In altre parole, qualora la parte ritenga che il documento prodotto sia stato alterato, non nella sottoscrizione, ma nel contenuto, è tenuta a proporre, per farne caducare l’efficacia, non il disconoscimento bensì l’apposito strumento della querela di falso.

Da tali premesse si muove la pronuncia in commento, laddove i Giudici della Suprema Corte fanno luce intorno alla distinzione tra i due istituti nel caso in cui oggetto di contestazione sia un foglio sottoscritto in bianco, di cui venga lamentato l’abusivo riempimento avvenuto, cioè, al di fuori di qualsiasi accordo tra le parti.

La fattispecie oggetto del sindacato dei giudici di legittimità vedeva infatti l’acquirente di un’automobile contestare la scrittura privata prodotta dalla parte venditrice, in cui risultava l’accordo tra le parti per la vendita del bene ad un determinato prezzo ( €. 5.500,00).

In buona sostanza, l’acquirente contestava l’alterazione del contenuto della scrittura in quanto, a suo dire, il prezzo pattuito era inferiore (€. 3.500,0o) a quello che invece emergeva dal documento.

Nelle fasi di merito era stato accertato come l’acquirente, in realtà, non contestava l’autenticità della sottoscrizione in calce alla scrittura privata, che riconosceva come a lui attribuita, denunziandone invece l’abusivo riempimento del contenuto.

Allo stesso tempo, però, non proponeva nessuna querela di falso bensì il semplice disconoscimento della sottoscrizione ex art 214 c.p.c., avvenuto alla prima udienza celebrata innanzi al Tribunale di Taranto.

Secondo i giudici della Suprema Corte, la fattispecie è da ricondursi nell’ambito dell’abusivo riempimento c.d. absque pacti del foglio bianco sottoscritto a mano che si configura qualora il sottoscrittore, pur riconoscendo la propria firma, sostenga che il riempimento del foglio sia avvenuto senza la sua autorizzazione.

Per inciso, l’abuso riempimento “absque pacti” differisce invece dall’ipotesi in cui il riempimento sia avvenuto “contra pacta”, definito in giurisprudenza anche come “abuso di bianco segno”, che si configura qualora il riempimento sia stato posto in essere in maniera difforme rispetto ad un precedente accordo.

Nel caso oggetto della pronuncia, gli Ermellini riconducono i fatti di causa nell’ambito del riempimento c.d. absque pacti in quanto si era accertato come tra le parti non vi fosse in precedenza nessun accordo.

In tali casi, già la precedente giurisprudenza aveva ribadito che la parte che voglia contestare sia la provenienza del documento, sia il suo contenuto, è tenuta a proporre lo strumento della querela di falso ex art. 2702 c.c. e non il semplice disconoscimento ed in questo senso si conforma anche la pronuncia in esame in cui la Suprema Corte statuisce “sicché, come è giurisprudenza costante, a denunciare il riempimento abusivo di un foglio firmato totalmente o parzialmente in bianco e, dunque, privare la scrittura privata di valore probatorio, era necessaria la querela di falso e non il semplice disconoscimento ex art. 214 cod. civ” ( Cass. ord. n. 1028 – 16.1.2019).

Viene ribadito, dunque, ancora una volta che il solo disconoscimento della scrittura non basta a travolgere l’efficacia del documento nell’ipotesi di abusivo riempimento di foglio sottoscritto in bianco, per la contestazione del quale occorre, secondo il principio sopra riportato, la proposizione della querela di falso, in mancanza della quale non può che essere dichiarata la piena valenza probatoria del documento con le conseguenti ripercussioni sugli esiti del giudizio.