Pubbl. Mar, 18 Dic 2018
L´interrogatorio di garanzia e i diritti inderogabili dell´arrestato
Modifica paginaAlcune considerazioni sulle garanzie indispensabili per assicurare il rispetto delle guarentigie costituzionali, funzionali al diritto di difesa nella fase più gravosa e significativa per le sorti dell´indagato, raggiunto da una misura restrittiva della propria libertà personale.
Sommario: 1. Introduzione; 2. La discovery degli atti de libertate; 3. L’interrogatorio delegato e le sue patologie; 4. Possibili soluzioni o auspicate iniziative?; 5. Violazioni sostanziali del diritto di difesa e nullità generali degli atti; 6. L’indispensabile corollario della traduzione degli atti; 7. Osservazioni finali.
1. Introduzione.
Assai di frequente, soprattutto nelle ipotesi in cui a presiedere l’atto di garanzia indicato nel titolo sia il giudice delle Indagini Preliminari rogato ex art. 294 comma 5 c.p.p. del luogo ove si è concretizzato l’arresto, può accadere -come la prassi giudiziaria sovente ci mostra- che il difensore dell’arrestato non venga sostanzialmente posto nelle condizioni di prendere visione di quanto meglio indicato dall’art. 293 c.p.p. E ciò stante non solo l’assenza della notificazione del deposito degli atti ivi prevista dal terzo comma dello stesso disposto normativo, ma anche vista la carenza degli atti stessi, custoditi pressi la cancelleria del GIP rogante, con una evidente lesione del diritto di difesa ed una insanabile patologia del procedimento cautelare in divenire.
2. La discovery degli atti de libertate.
Come noto, invero, le ordinanze previste dai primi due commi dell’art. 293 c.p.p., dopo la notificazione o l’esecuzione, oltre ad essere depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alle richieste del P.M., “… e agli atti presentati con la stessa”, devono, altresì, essere messe a completa ed immediata disposizione anche del difensore, che ne prende notoriamente cognizione attraverso la notifica dell’avviso del deposito.
3. L’interrogatorio delegato e le sue patologie.
Ebbene, volendo sorvolare sui termini della comunicazione ex art. 294 c.p.p. - che dovrebbe pervenire al difensore in maniera tempestiva e rituale, e non solo perché su iniziativa dell’avvocato viene individuata l’Autorità giudiziaria rogata dal G.I.P. a quo del Tribunale emittente l’ordinanza de libertate - si vuol evidenziare preminentemente in questa sede che l’esecuzione e le richieste del P.M., in caso d’interrogatorio di garanzia delegato, sono sì presenti nel fascicolo, ma ad onor del vero, ad un fascicolo ubicato in un luogo diverso (distante solitamente diverse centinaia di chilometri) da dove viene incardinato l’interrogatorio di garanzia.
Ed a nulla può valere, ad opinione di chi scrive, l’osservazione che il difensore potrebbe nominare un domiciliatario per estrarre copia degli atti,[1] sia perché, principalmente, i tempi più che contingentati, molto spesso inferiori alle ventiquattro ore rispetto alla comunicazione dell’avviso di deposito e/o dell’interrogatorio, rendono altamente difficoltoso l’esercizio di tale opzione, sia pure perché, il riserbo sui dati e gli atti ivi contenuti, oltre ad essere doveroso, può anche essere legittimamente preteso dalla persona assistita, che potrebbe dissentire sulla delega del delicato incombente ad un legale terzo.
Evidentemente, pertanto, in tali casi, alcun atto posto a fondamento dell’ordinanza custodiale eseguita a carico dell’indagato viene concretamente e sostanzialmente posto a disposizione del proprio difensore, e nonostante che lo stesso ne solleciti l’esibizione presso la cancelleria del Giudice procedente - il quale esso stesso non dispone degli atti, a nulla valendo, in tali paradossali casi, l’avviso ex art. 294 c.p.p. indicante come luogo del deposito degli atti la cancelleria del Gip rogante - inutile formalismo inidoneo a garantire l’effettività e la ratio nella norma che ne impone la menzione.
4. Possibili soluzioni o auspicate iniziative?
In definitiva, per superare l’impasse e dare un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni normative sin qui esaminate, gli atti e l’ordinanza custodiale, nei casi in cui l’interrogatorio di garanzia venga delegato per ovvie ragioni di opportunità al Giudice del luogo dell’arresto, dovranno essere messi a disposizione complessivamente di quest’ultima Autorità decidente e del difensore dell’indagato, a meno di non voler stravolgere la corretta ratio legis con consequenziale demolizione dei principali presidi difensivi, ineluttabilmente ancorati alle preventiva conoscenza delle carte processuali.
Inoltre, l’avviso poc’anzi descritto deve essere sempre preceduto, e pertanto non può includerlo e/o sostituirlo, dall’avviso ex art. 293 comma 3 c.p.p., che, invece, molto spesso nella prassi giudiziaria non perviene all’indirizzo del difensore, che prende cognizione dell’interrogatorio de quo alla ricezione della notifica del già detto avviso di cui all’art. 294 comma 4 c.p.p..
5. Tra violazioni sostanziali del diritto di difesa e nullità generali degli atti.
Appare pertanto oltremodo evidente che alla difesa di tal guisa viene impedito di conoscere in modo certo e tempestivo gli elementi su cui è fondata l’applicazione della custodia cautelare in atto. Ne discende che, in questi termini, il difensore non viene adeguatamente posto in grado di poter ottemperare alle minime facoltà difensionali in una fase tanto importante del procedimento penale, con totale detrimento del diritto di difesa[2], da salvaguardare in qualsiasi stato e grado del Giudizio.
Viceversa, come ribadisce una nota Sentenza, il difensore deve essere posto nella condizione di conoscere tutti gli atti sui quali la richiesta del Pubblico Ministero si fonda[3].
In tali circostanze, in conclusione, si ravvisa una palese violazione delle norme disciplinanti gli adempimenti esecutivi delle ordinanze cautelari e pertanto la nullità dell’interrogatorio di garanzia e la conseguente perdita di efficacia della misura cautelare in atto, proprio a causa dell’omesso avviso al difensore “della richiesta del P.M. e degli atti presentati con la stessa"[4], posti a sostegno dell’Ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita, parimenti da depositare in cancelleria.
Una nullità che sebbene non incida sulla validità del provvedimento impositivo, deve dar luogo alla liberazione dell’indagato a norma dell’art. 302 c.p.p.[5]
Per altro verso, la nota giurisprudenza secondo cui “… la brevità del termine intercorrente tra la notifica dell'avviso di deposito degli atti presso il giudice che ha emesso la misura ex art. 293 c.p.p. e la data fissata per l'espletamento dell'interrogatorio di garanzia non dà luogo ad alcuna forma di nullità …”[6], non può evidentemente ritenersi pertinente al caso di assoluta carenza o inidoneità della notificazione dell’avviso di deposito di cui all’art. 293, comma 3 c.p.p., che non perviene all’indirizzo del difensore, molto spesso d’ufficio, nonostante si riscontrino casi in cui attraverso tale indirizzo della Suprema Corte, sia il GIP innanzi al quale viene sollevata tempestivamente l’eccezione, sia il Tribunale del Riesame successivamente adito, adoperando un indiscusso talento nell’interpretazione analogica ed estensiva delle massime a disposizione, riescono a scorgere il rispetto delle disposizioni che si denunciano violate, nonostante la palese compromissione e frustrazione dei diritti di difesa dell’indagato/arrestato e con essi dei principi costituzionali maggiormente rappresentati dagli artt. 24 e 111 della Cost..
Tra l’altro, è l’avviso di deposito di cui all’art. 293, comma 3 c.p.p., a pena di nullità, a dover essere notificato al difensore, mentre l’avviso d’interrogatorio di cui all’art. 294, comma 4, c.p.p. c.p.p. può essere effettuato con qualsiasi mezzo che consenta al difensore di comparire all’atto.
Del resto è la sistematica del codice di rito a fugare d’ogni equivoco la corretta interpretazione di queste due semplici norme, ergo, l’assenza di una notifica irrinunciabile che può inficiare irrimediabilmente la validità dell’atto di garanzia e perciò stesso, giusto l’art. 302 c.p.p., deve generare la immediata liberazione dell’indagato.
Null’altro pertanto va aggiunto per dimostrare l’evidente lesione del diritto di difesa che spesso viene generato in tale fase, che può irrimediabilmente essere sanato nel caso in cui la difesa non denunzi il vizio in occasione del primo contatto con l’Autorità Giudiziaria procedente[7].
6. L’indispensabile corollario della traduzione degli atti.
Altro tema connesso a quello precedentemente trattato e spesso combinatamente trascurato dall’Autorità Giudiziaria procedente, è la necessaria traduzione nell’idioma dell’indagato dell’atto che dispone la limitazione della libertà personale dello stesso, e ciò a pena di nullità dell’Ordinanza medesima[8].
Del resto, non può sottacersi che per quanto concerne il diritto alla traduzione di atti del procedimento penale, il comma 2 dell’art. 143 cod. proc. pen. dispone che, negli stessi casi di cui al comma 1, l’autorità procedente dispone la traduzione scritta “… entro un termine congruo tale da consentire l’esercizio dei diritti e della facoltà della difesa, dell’informazione di garanzia, dell’informazione sul diritto di difesa, dei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali, dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, dei decreti che dispongono l’udienza preliminare e la citazione a giudizio, delle sentenze e dei decreti penali di condanna …”.
Il dictatum della norma riformulata ex d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32, intitolato “Attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali” conferisce alla sovraestesa elencazione normativa il compito di individuare gli atti di cui è senz’altro obbligatoria la traduzione nella lingua madre dell’imputato/indagato alloglotta e rispetto ai quali l’autorità procedente non avrebbe alcuna discrezionalità sull’“an” della traduzione[9].
7. Osservazioni finali.
In conclusione, al riscontro di siffatte evenienze, a parere di chi scrive si impone una declaratoria d’illegittimità, rilevate le nullità di ordine generale poc’anzi analizzate, vista la palese carenza dei presupposti di legge, in quanto non sono state rispettate, per l’emissione di un provvedimento giurisdizionale limitativo della libertà personale di un individuo, le disposizioni poste a presidio dell’assistenza e della rappresentanza dell’imputato e/o indagato, come meglio disciplinato dalle lett. b) e c) dell’art. 178 c.p.p..
Note e riferimenti bibliografici
[1] In tal senso si veda l’Ordinanza del Trib Lib. Di Bologna n. 98/2014 nella parte in cui si sostiene “ … allo stesso modo il difensore, anche a prescidere dall’avviso di deposito atti nel sopracitato atto contenuto […] avrebbe potuto, eventualmente tramite un domiciliatario, prendere visioni degli atti depositati presso la cancelleria del Gip del Tribunale di Rimini …”.
[2] Cfr. Cass. Pen. Sez. Un., 28 giugno 2005, caso Vitale;
[3] Cfr. Cass. Pen., Sez. III, 9 luglio 2008, caso Ambrosi.
[4] Cfr. Cass. Pen., sez. VI, 29-10-2009, n. 42308.
[5] V. Cass. Sez. Un. 5 luglio 1995, caso Galletto, in cui si vuole evidenziare “La novità di tale indirizzo ermeneutico si accentra nella proposizione che il deposito in cancelleria dell'ordinanza applicativa della misura con la richiesta del pubblico ministero ha lo scopo, non solo di assicurare un'adeguata difesa nel corso dell'interrogatorio di garanzia, ma anche di fornire al difensore gli strumenti per valutare l'opportunità di contestare la richiesta del pubblico ministero in sede di riesame”; dall'indirizzo giurisprudenziale, qui all'esame, si evidenzia, concludendo, come il difensore anche nel corso del procedimento cautelare ha interesse ad eccepire la mancata o incompleta conoscenza di tutti gli atti sui quali si fonda la misura coercitiva; più specificamente, ha interesse a dedurre l'omesso deposito degli atti, il quale incide sull'esercizio del diritto di difesa anche nel procedimento de libertate;
[6] Cfr. Così in Cass. pen., sez. II, 30-09-2014, n. 44902.
[7] Cfr. Cass. pen., sez. VI, 23-01-2013, n. 5647. In tema di estradizione per l'estero, la mancata notifica al difensore dell'avviso di deposito dell'ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dell'estradando integra una nullità di ordine generale «a regime intermedio», non assoluta, che resta sanata per il raggiungimento dello scopo a norma dell'art. 183 c.p.p., quando i motivi di impugnazione siano stati tempestivamente presentati dal difensore e riguardino il provvedimento effettivamente impugnato (fattispecie relativa ad una domanda di estradizione avanzata dalle autorità svizzere).
Precedenti segnalati dall'ufficio massimario della Corte di cassazione.
Vedi: N. 2613 del 2004 Rv. 230534, N. 48302 del 2004 Rv. 231274, N. 43665 del 2007 Rv. 238420, N. 10410 del 2010 Rv. 246504
Inserimento in banche dati Foro italiano: maggio 2013
[8] Così in Cass. pen., sez. III, 18-02-2015, n. 14990, ove, precisamente è stato statuito che “ … Qualora sia applicata una misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero che non è in grado di comprendere la lingua italiana, l'omessa traduzione del provvedimento determina la sua nullità (a regime intermedio) solo se la predetta circostanza era già nota al momento dell'emissione del titolo cautelare; laddove invece la mancata conoscenza della lingua italiana emerga nel corso dell'interrogatorio di garanzia, tale situazione va equiparata a quella di assoluto impedimento regolata dall'art. 294, 2º comma, c.p.p., sicché il giudice deve disporre la traduzione del provvedimento coercitivo in un termine congruo, ed il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data di deposito della traduzione, con la conseguente perdita di efficacia della misura in caso di omesso interrogatorio entro il termine predetto, ovvero di traduzione disposta o effettuata in un termine «incongruo»…”.
[9] Così in Rel. n. III/05/2014 Roma, 31.03.2014 a cura di Redattori: Assunta Cocomello, Antonio Corbo Il vice direttore Giorgio Fidelbo, in Link.