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Pubbl. Gio, 29 Nov 2018

Compensazione delle spese legali a seguito dell´intervento della Corte Costituzionale

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Antonio Ranieri


Normativa sulla compensazione delle spese legali, casi di eccezionalità e nuovo ampliamento applicativo a seguito della sentenza Corte cost. 19 aprile 2018, n. 77


Principio generale della soccombenza

La regolamentazione delle spese processuali nel giudizio civile risponde all’antico brocardo latino secondo cui “victus victori” (il rimborso spese spetta al vincitore). Tale principio viene attuato nel nostro ordinamento  dall’art. 91 c.p.c. comma 1, nella parte in cui prevede che “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa”.

La condanna alle spese, in sostanza, costituisce una logica conseguenza della soccombenza, in base alla quale, all’esito del giudizio, la parte che non vede accolte le proprie domande o, viceversa, vede accolte le domande di controparte, è tenuta non solo a pagare le proprie spese, ma anche a rimborsare quelle sostenute da parte avversa.

Casi eccezionali di compensazione delle spese di lite

Nella prassi giuridica, può accadere che il giudice compensi le spese, cioè deroghi al principio della soccombenza dividendo le spese processuali tra le parti, a seconda dei tassativi casi stabiliti a norma dell’art. 92 c.p.c. comma 2, secondo cui “Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero.”

La compensazione può essere totale quando ogni parte sopporta le proprie spese sostenute dall’inizio del giudizio, oppure parziale quando il giudice decide una compensazione proporzionata alla misura della reciproca soccombenza (ad esempio, compensa le spese per la metà e pone la restante metà a carico della parte soccombente).

Il giudice, in ogni caso, è tenuto ad applicare l’eccezionale regola della compensazione soltanto all’esito di una valutazione finale del giudizio, della condotta sostenuta delle parti e delle questioni trattate.

In effetti,  a discapito dell’apparente elasticità della norma, era intervenuta la riforma attuata con D.L. 132/2014, convertito con modificazioni nella L. 162/2014, modificando in maniera rilevante la regola sulla compensazione delle spese. Ed invero, tale riforma aveva ristretto lo spazio del ricorso alla compensazione e riaffermato la prevalenza della regola della soccombenza, individuando specifiche ipotesi per le quali si poteva fare ricorso alla compensazione.

A suffragio del nuovo orientamento restrittivo, la giurisprudenza maggioritaria (ex multis Corte di Cassazione, sez. III, sent. n. 21083/2015) aveva inteso marcare sempre più i confini della compensazione, obbligando il giudice a dare motivazione specifica sull’eventuale mancata applicazione del principio della soccombenza.

Ampliamento della compensazione delle spese

Tuttavia, a seguito della recente questione di legittimità dell’art. 92 comma 2 c.p.c. sollevata sia dal Tribunale di Torino che dal Tribunale di Reggio Emila (nell’ambito di due controversie di lavoro), la Consulta è intervenuta facendo un passo indietro, ampliando il perimetro della compensazione delle spese.

Con sentenza n. 77 del 19 aprile 2018, infatti, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, comma 2 c.p.c. (nel testo modificato dal D.L. n. 132/2014) nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.

Pertanto, a seguito di tale pronuncia, nel caso di soccombenza totale di una parte in un giudizio civile, la compensazione delle spese di lite, totale o parziale, non è più ammessa esclusivamente nelle tassative ipotesi di “assoluta novità della questione trattata” o di “mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti”, ma anche quando sussistano, per l’appunto, “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”.

A parere della Consulta,  la precedente tassatività delle ipotesi era da ritenersi lesiva del principio di ragionevolezza ed uguaglianza, poiché tagliava fuori fattispecie analoghe, ipoteticamente riconducibili alla stessa ratio giustificativa.

Conclusioni

Orbene, la nuova inversione di tendenza in tema di compensazione delle spese legali non esime di certo il Giudicante dal valutare  la gravità ed eccezionalità delle ipotesi secondo il suo prudente apprezzamento. La “assoluta novità della questione trattata” e il “mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”  assumeranno la funzione di parametro di riferimento per la determinazione della nuova area di operatività della norma.