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Pubbl. Mer, 25 Mar 2015

Limiti del diritto di cronaca e di critica secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali.

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Angela Cuofano


Quante volte sentiamo difendere i diritti di cronaca e di critica. Tali diritti, di certo costituzionalmente tutelate, sono protetti a 360°? La Cassazione ribadisce i loro limiti.


Con la sentenza 20 gennaio 2015, n. 839, la terza Sezione civile della Cassazione ha ribadito i limiti del legittimo esercizio del diritto di cronaca – e, dunque, di critica – giornalistica.

Lo spunto nasce, ancora una volta, da un preciso fatto di cronaca.

Il caso in esame

Una società per azioni (S.p.A.) agiva in giudizio per chiedere il risarcimento danni nei confronti del direttore e dell’editore di un settimanale giornalistico, colpevoli di aver pubblicato un articolo di carattere diffamatorio, che non solo la screditava, ma riguardava anche una personalità politica di estrema importanza che, all’epoca, rivestiva un’importante carica istituzionale. Costituitesi le parti, il Tribunale adìto rigettava la domanda, ritenendo che la notizia pubblicata fosse di utilità sociale. Si osservava, inoltre, che i limiti attinenti al legittimo esercizio del diritto di cronaca non erano stati superati.

Confermata anche in sede di Corte d’Appello, la questione arrivava alla Corte di Cassazione.

La libera manifestazione del pensiero

La “libertà di manifestazione del pensiero” trova tutela nell’articolo 21 Cost., tanto in una prospettiva individualistica, in cui è assicurata ad ognuno come espressione della sua personalità, quanto in una prospettiva sociale, in cui emerge una finalità più generale.

Tale libertà si sostanzia in tre ipotesi applicative differenti:

  • L’attività di cronaca, che si limita a riportare fatti acquisiti;
     
  • L’attività di critica, che è connotata da un margine di soggettività, in quanto attività volta ad offrire la valutazione di un evento;
     
  • L’attività di satira, caratterizzata da una volontaria, esagerata e palese deformazione della realtà, amplificandone diversi aspetti.

I limiti al diritto di cronaca, critica e satira nella giurisprudenza

La sentenza in commento risulta interessante, in quanto torna a precisare i limiti del legittimo esercizio dei diritti di cronaca e critica giornalistica.

La libera manifestazione del pensiero può spesso essere in contrasto con interessi ugualmente garantiti costituzionalmente, che quindi devono essere analizzati in un ottica di bilanciamento.

In particolare, spesso confligge con il diritto all’onore protetto dall’art. 3 Cost., nel momento in cui esso riconosce la “pari dignità sociale” dell’individuo.

Il punto di equilibrio fra gli interessi contrapposti è stato oggetto di attenzione giurisprudenziale sin dal lontano 1984 (cfr. Cass., 18 ottobre 1984, n. 5259), ma solo di recente la corte di legittimità ha stabilito i presupposti necessari perché possa invocarsi la scriminante di cui all’art. 21 Cost. (tra le altre, si veda Cass. n. 9458/2013).

La decisione in commento, evidenzia che la divulgazione a mezzo stampa di notizie “scomode” può essere giustificata qualora sussistano i limiti applicativi del diritto di libera manifestazione del pensiero che sono così riassumibili :

  • verità del fatto narrato: si sostanzia nel dovere del giornalista che, prima di divulgare la notizia, ha I'obbligo deontologico di verificarne la verità controllando l'attendibilità della fonte, nonché servendosi di altri parametri oggettivi idonei a fondare un legittimo giudizio di credibilità rispetto alla notizia;
     
  • pertinenza del fatto narrato rispetto all’interesse sociale alla conoscenza dello stesso: nel senso che deve sussistere un interesse sociale alla conoscenza di un fatto (anche quando possa essere in qualche modo lesivo dell'altrui reputazione) la cui comprensione può stimolare lo sviluppo sociale e, allo stesso tempo, permettere un adeguato controllo sociale su specifici avvenimenti; il diritto a divulgare una notizia potenzialmente lesiva dell'altrui reputazione può essere legittimamente esercitato solo a fronte di un oggettivo interesse sociale verso la conoscenza del suo contenuto. Quindi, per i fatti che attengono alla sfera più intima e privata dei soggetti non si riscontra il requisito della pertinenza poiché non vi è un interesse sociale alla loro conoscenza, salvo che si tratti di notizie afferenti la vita privata di soggetti pubblici, purché la pubblicazione di tali notizie non sia solo il frutto di una morbosa curiosità senza alcun risvolto di pertinenza sociale;
     
  • continenza formale: le concrete modalità di comunicazione della notizia devono, infatti, essere rispettose dei doverosi criteri di correttezza espositiva, al fine di escludere arbitrari attacchi alla reputazione del soggetto a cui si riferisce la notizia.

Fatte queste doverose premesse, la Suprema Corte precisa che non è corretto sostenere che il diritto all’onore e alla reputazione prevale su quello di manifestare liberamente il proprio pensiero, in presenza di una capacità lesiva minima e quindi non capace di giustificare detta prevalenza.

Gli Ermellini proseguono, poi, sostenendo che qualora si ritenesse qualunque critica idonea a ledere l’onore e il decoro, si arriverebbe ad una vera e propria “censura“ del diritto ex art. 21 Cost. Il diritto di critica può, pertanto, essere esercitato utilizzando espressioni di qualunque tipo, purchè manifestino un’opinione – o un dissenso – ragionato.

Alla luce di queste considerazioni, la Suprema Corte rigettava il ricorso, ritendo che editore e direttore non avessero superato i limiti del legittimo esercizio del diritto di cronaca e di satira.