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Pubbl. Lun, 2 Lug 2018

È stalking ridicolizzare sistematicamente il collega sul luogo di lavoro

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Roberta Fontanieri


Differenza tra Stalking e Mobbing, in riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione, 2 Maggio 2018, n. 18717.


Sommario: Introduzione; 1. La decisione della Suprema Corte; 2. Art. 612 bis “atti persecutori”; 3. Cos’è il fenomeno Mobbing?

Introduzione

E’ stalking ridicolizzare sistematicamente il collega sul luogo di lavoro? A questa domanda risponde la Corte di Cassazione con la sentenza 2 maggio 2018 n. 18717. Il caso proposto al vaglio della Corte ha come protagonista un soggetto colpito da un’ invalidità del 50% causata da un ictus, il quale è stato oggetto di derisione e di atti vessatori da parte di un collega di lavoro. A seguito di questi episodi ripetuti, la vittima ha iniziato ad assentarsi dal posto di lavoro, rischiando il licenziamento. Queste condotte hanno causato nel soggetto in questione, problematiche a livello psicofisico, costringendolo a vivere in un perdurato stato di ansia.

1. La decisione della Suprema Corte

La Corte si è basata sull’accertamento compiuto dai giudici di merito, avente ad oggetto le ripetute “prese in giro” nei confronti della vittima, il suo imbrattamento nell’espletamento delle mansioni di manutentore dell’impianto fognario comunale, l’esposizione nella bacheca della sede di lavoro di foto ritraenti la persona offesa, imbrattata da versamenti fognari ed una serie di condotte volte ad infastidire e ridicolizzare la persona offesa, che dopo qualche tempo, è stata costretta a lasciare il lavoro.
La Corte di Cassazione ha ritenuto corrette le conclusioni cui erano pervenuti i giudici di merito in ordine alla natura vessatoria dei comportamenti in precedenza descritti, frequenti e di natura molesta. Tenuto conto delle condizioni della vittima, assunta beneficiando delle quote riservate ai disabili.
Quanto all’accertamento del nesso causale, nel corso del dibattimento, questo scaturiva dall’esame testimoniale della vittima e dalla perizia medica, dove si attestava che, a causa delle condotte dell’imputato, la persona offesa era stata costretta a ricorrere a cure sanitarie, sviluppando un grave stato ansioso motivo dell’assenteismo dalla prestazione lavorativa, maturando così la possibilità del licenziamento da parte del datore di lavoro.

2. Art. 612 bis “atti persecutori”

Il suddetto articolo, rubricato “atti persecutori” prevede un requisito necessario affinchè possa determinarsi il reato di stalking, ed è inserito nel secondo comma, il quale recita: “ Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.” Lo stalking è un fenomeno di non facile definizione. Letteralmente significa "inseguire la preda", accanto a questa definizione, a partire dagli anni '90 se ne trovano molte nella legislazione internazionale. Questo fenomeno si è trasformato in una questione sociale di primaria importanza a seguito di alcuni casi di aggressione psicologica e fisica. A partire da tali eventi alcuni studiosi hanno cercato di definire e inquadrare il fenomeno; questo tentativo inserisce la fattispecie stalking nella nuova categoria di reato di violenza, segnalandolo così nella più ampia categoria della violenza domestica.  Appare chiaro che l’intento della Corte di Cassazione sia quello di incentrare la fattispecie sull’alterazione delle abitudini quotidiane della vittima e sulla nascita del costante stato d’ansia.
Il delitto di cui l’art. 612 bis c.p. è considerato dalla dottrina un reato plurioffensivo, posto a tutela non solo della libertà morale della persona, ma anche della salute psicologica e fisica della vittima. La tutela penale si spinge sino ad includere i beni giuridici della vita e dell’incolumità individuale. Lo stalking ha natura di reato abituale d’evento e per la sussistenza di questa caratteristica, richiede un agito di minaccia e di violenza. Il reato di atti persecutori è stato costruito come reato a forma libera, il cui elemento distintivo è dato dalla reiterazione delle condotte, tale formulazione, permette alla norma di inglobare una vasta casistica di comportamenti che sarebbe normalmente difficile da ricondurre ad un unico denominatore. Per “minaccia”, si intende la prospettazione ad altri di un male futuro ed ingiusto; ( C. Cass. Sent. 27.09.2007 n. 4848) per “molestie” invece deve intendersi tutto ciò che viene al alterare dolosamente, fastidiosamente e inopportunamente in modo immediato lo stato psichico della persona (C. Cass. Sent. 24.03.2005 n. 19718). Per comprendere il reale significato, bisogna valutare quali destinazioni si assumono nell’ambito della citata fattispecie, è necessario per ogni singolo caso applicare uno sforzo di contestualizzazione del fatto. Solo in questo modo si potrà valutare l’incidenza lesiva, in relazione agli interessi tutelati dall’articolo 612 bis c.p. Le condotte moleste , di cui la sentenza 2 maggio 2018 n. 187171, vanno quindi ad integrare la  fattispecie di stalking, dunque questa è la ratio di tale sentenza, il ragionamento che viene fatto dai giudici della Suprema Corte concerne l’unione delle “condotte moleste” e “ atti persecutori”, che creano nella vittima “un perdurante stato d’ansia e la modifica delle abitudini di vita” presupposti necessari affinchè possa configurarsi la fattispecie di reato.
Solitamente per quanto riguarda le condotte volte a ledere la stabilità mentale dei soggetti sul posto di lavoro, si fa riferimento al mobbing.

3. Cos’è il fenomeno Mobbing?

Il mobbing ha ad oggetto comportamenti a carattere persecutorio e vessatorio posti in essere nei confronti di un collega di lavoro, in modo diretto, prolungato nel tempo e sistematico. L’intento persecutorio e la volontà lesiva devono essere riscontrabili in tutti i comportamenti. Può essere di due tipi: verticale e orizzontale. Nel primo caso viene posto in essere da un soggetto che ricopre una posizione gerarchica superiore all’impiegato vittima di persecuzioni (datore di lavoro). Mentre nel secondo caso le condotte vessatorie provengono da un collega di lavoro che ricopre la stessa mansione della vittima. Tra il danno ed i comportamenti deve esistere un rapporto causa-effetto. Per stabilire con certezza la persecutorietà delle azioni, bisogna valutarla sulla base di sette indici: tipologia dell’azione; durata e frequenza; ambiente lavorativo; dislivello tra gli antagonisti; andamento tra gli antagonisti; fasi successivi; intento persecutorio.
Una volta accertata la presenza del mobbing nell’ambito lavorativo, data la varietà della fattispecie in cui può caratterizzarsi non è semplice da capire quando la fattispecie può essere di carattere penale, in quanto non esiste una norma “ad hoc” per questo fenomeno.
Nella fattispecie in questione si ha “mobbing orizzontale” . La Cassazione ha suggerito diversi modi di difesa, per primo riferire le offese al datore di lavoro, in quanto responsabile della salute psicofisica dei dipendenti. Qualora gli atti vessatori portino la caratteristica nella continuità è possibile agire contro il collega attraverso una causa di mobbing, arrivando, come nel caso specifico alla denuncia penale per stalking, proprio per la situazione di ansia perenne in cui la vittima è costretta a vivere.
La decisione presa dalla Suprema Corte, può essere applicata al suddetto caso, in quanto le condotte annoverate nella Sentenza possono rientrare nella categoria degli atti persecutori. Sarebbe stato corretto da un punto di vista dottrinale, basarsi sul fenomeno del mobbing, in quanto tale fattispecie è pensata proprio per le molestie o gli atti persecutori posti in essere sul luogo di lavoro. La decisone si è andata orientando su altre tipologie di reato, in quanto, come già riportato in precedenza, non vi è nell’ordinamento italiano una legge che regoli il fenomeno del mobbing. Stando a quanto riportato nella Sentenza della Cassazione, data la frequenza degli atti vessatori e la nascita in capo ad essi di uno stato d’ansia prolungato nel tempo, il quale mina l’integrità psicofisica della vittima, la trasposizione dell’art. 612 bis c.p. risulta essere una valida scelta da parte dei giudici.

Fonti

Sentenza Corte di Cassazione, Sez 1. N 18717/2018;
Art. 612 bis c.p.;
Il fenomeno stalking, Daniela Acquadro Maran, UTET Università 2012.