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Pubbl. Mer, 20 Giu 2018

In fase di separazione i trasferimenti immobiliari possono essere oggetto di revocatoria

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Graziella Soluri


E’ pienamente ammissibile la domanda revocatoria del trasferimento immobiliare anche se contenuto in accordi di separazione omologati. Nota a Cassazione civile, sez. III, ordinanza del 19 aprile 2018, n. 9635.


Sommario: 1. Principio di diritto. 2. Contenuto dell'ordinanza. 3. Ricostruzione della giurisprudenza conforme.

Nell’ordinanza in commento (n. 9635 del 19 Aprile 2018) la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto suscettibile di revocatoria, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2901 c.c., il trasferimento di un immobile contenuto in un verbale di separazione coniugale omologato dal Tribunale di Bologna ove concretamente lesivo delle ragioni creditorie. A tale principio si erano già uniformate le corti di merito come ad esempio il Tribunale di Cosenza, Giudice Dott.ssa Granata, con la sentenza n. 353 del 19.02.2016 o il Tribunale di Reggio Emilia, sez. II civile con sentenza del 05.11.2013. 

1. Principio di diritto.

Come si ribadisce anche nell’ordinanza de qua, i creditori possono agire in giudizio per far dichiarare l’inefficacia degli accordi di separazione qualora dimostrino che i coniugi, in occasione della separazione, abbiano posto in essere operazioni economiche finalizzate non a regolare i rapporti reciproci a causa della crisi del rapporto di coniugio, ma per sottrarre beni a garanzia del credito. Ebbene, tali accordi (in sede di separazione personale e consensuale) hanno natura meramente obbligatoria e, come ricordano i Supremi giudici, rifacendosi ad un principio ormai pacifico in sede di legittimità, sono suscettibili di revocatoria, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2901 c.c., di conseguenza "le disposizioni patrimoniali contenute negli accordi di separazione omologati dal Tribunale in sede di separazione personale consensuale, ove concretamente lesive delle ragioni creditorie sono revocabili" (cfr. Cass. Civ. 21736/2013; Cass. Civ. 11914/2008; Cass. Civ. 8516/2006; Cass. Civ. 15603/2005).

2. Contenuto dell'ordinanza.

Inoltre la Corte ci ricorda che, per avere fondamento l’azione revocatoria dei creditori, essa deve basarsi su precisi presupposti come il requisito oggettivo dell’eventus damni, nonché quello soggettivo della consapevolezza del pregiudizio da parte della disponente per concedere la revocatoria ai sensi dell’art.2901 c.c. 

Invero, ai fini della configurabilità dell’elemento oggettivo, risultava dagli atti di causa che i crediti vantati da entrambe le parti attrici (due istituti bancari) erano da considerarsi sorti in data anteriore all’atto dispositivo, e precisamente al momento della costituzione dei rapporti contrattuali scaturenti dell’obbligazione di pagamento.

Con riferimento, invece, all’esistenza dell’elemento soggettivo, si osservava: "la sussistenza della scientia damni in capo alla moglie del debitore, sulla base di una doppia presunzione desumibile dalla progressione degli eventi configurabili come un fatto unico complesso (costituito dalla circostanza che il marito-debitore fosse fideiussore delle obbligazioni assunte dalla società di cui era amministratore unico; dalla condizione di coniugio dei coniugi all’epoca di insorgenza della stipula di fideiussione, nonché dalla collaborazione con il marito della moglie la quale aveva lavorato sia pur non stabilmente presso la società debitrice garantita), ed ha dedotto la implicita consapevolezza della moglie in ordine alla complessiva situazione debitoria della società, risalendo pertanto da un insieme concatenato di circostanze note, precisamente individuate, al fatto ignoto oggetto della scientia damni". (Ordinanza Corte Cass. n. 9635 del 19.4.2018)

Può quindi esercitarsi legittimamente l’azione revocatoria ordinaria in quanto dice la Suprema Corte sussiste: “nell’esistenza di un valido rapporto di credito tra, il creditore che agisce in revocatoria ed il debitore che ha compiuto l’atto di disposizione; nell’eventus damni, ovvero un danno effettivo inteso come lesione della garanzia patrimoniale conseguente al compimento da parte del debitore dell’atto traslativo; nella ricorrenza, in capo al debitore medesimo, ed eventualmente al terzo, della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza della garanzie spettanti ai creditori.

Ed inoltre, non si può escludere l’eventus damni per il fatto che l’immobile era stato in precedenza ipotecato a favore di un terzo in quanto la revocatoria ordinaria ha la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, “con la conseguenza che sussiste l’interesse del creditore da valutarsi ex ante e non con riguardo al momento dell’effettiva realizzazione di far dichiarare inefficace un atto che impedisca o renda maggiormente difficile e incerta l’esazione del suo credito (conforme anche Cass. sez.3 civ. sentenza n.13172/2017).

Un altro principo consolidato in materia è quello per cui "il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali minori sui medesimi, posto in essere nell’ambito della complessiva regolamentazione dell’accordo di separazione tra coniugi, rientra tra gli atti suscettibili di revocatoria, non trovando ostacolo l’avvenuta omologa, che lascia immutata la natura negoziale della pattuizione. Gli stessi principi sono applicabili anche alla revocatoria fallimentare" (cfr. ex multis Cass. Civ. 11914/2008; Cass. Civ., 8515/2006; Cass. Civ., 15603/2005).

Troviamo poi un altro interessante spunto riguardo al fatto che, secondo costante giurisprudenza, la prova della consapevolezza di agire in frode ai creditore  può essere fornita anche mediante presunzioni, (cfr. Cass. Civ. n. 29869/2008; Cass. Civ. n. 20813/2004; Cass. Civ. n. 14274/1999) oltre alla circostanza che dall’atto di disposizione compiuto successivamente al sorgere del credito, non è necessaria che sussista l’intenzione di nuocere ai creditori, essendo sufficiente la conoscenza, ovverosia l’agevole conoscibilità, da parte del debitore stesso (cfr. Cass. Civ. 14489/2004; Cass. Civ. 7262/2000), del pregiudizio che in concreto viene arrecato alle ragioni del creditore. 

3. Ricostruzione della giurisprudenza conforme.

In giurisprudenza si sono spesso poste questioni relative alla possibilità di esperire l'azione revocatoria ordinaria e fallimentare con riferimento agli atti dispositivi del patrimonio posti in essere in esecuzione degli obblighi assunti in sede di separazione consensuale e personale. 

Tali probelmatiche si sono intersecate con quelle riguardanti la natura degli accordi se, cioè, essi fossero assimilabili ad atti negoziali sottoposti alla condizione legale d'efficacia dell'omologa o atti pubblici, consistenti nei decreti d'omologa emessi sul presupposto di fatto degli intervenuti accordi tra privati. 

E' evidente che solo la riconduzione degli accordi di separazione nell'alveo degli atti d'autonomia privata legittima l'ingresso di azioni revocatorie sugli atti di disposizione esecutivi degli obblighi assunti in sede di separazione. Inoltre, ulteriore profilo di problematicità riguarda la causa di tali atti dispositivi, essendo arduo ricondurli semplicemente a donazioni o vendite in considerazione del particolare ruolo di tali atti dispositivi nell'ambito della complessiva vicenda della separazione (ciò che ha indotto la giurisprudenza alla loro riconduzione nell'ambito degli atti atipici meritevoli di tutela ex art. 1322 cc). 

Analizzando alcune pronunce notevoli della suprema corte in materia, aventi ad oggetto l'ammissibilità della revocatoria ordinaria con riferimento agli atti dispositivi posti in essere in esecuzione degli obblighi assunti con l'accordo di separazione omologato possiamo citare la sentenza della Cassazione Civile Sez. I del 23 marzo 2004  n. 5741 secondo la quale: Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell'uno nei confronti dell'altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della "donazione", e - tanto più per quanto può interessare ai fini di una eventuale loro assoggettabilità all'actio revocatoria di cui all'art. 2901 c.c. - rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell'evento di "separazione consensuale" (il fenomeno acquista ancora maggiore tipicità normativa nella distinta sede del divorzio congiunto), il quale, sfuggendo - in quanto tale - da un lato alle connotazioni classiche dell'atto di "donazione" vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sè, ad un contesto - quello della separazione personale - caratterizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell'affettività), e dall'altro a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l'assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua "tipicità" propria la quale poi, volta a volta, può, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all'art. 2901 c.c., colorarsi dei tratti dell'obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della "gratuità", in ragione dell'eventuale ricorrenza - o meno - nel concreto, dei connotati di una sistemazione "solutorio- compensativa" più ampia e complessiva, di tutta quell'ampia serie di possibili rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale. Ove un'attribuzione patrimoniale si caratterizzi, ai fini dell'art. 2901 c.c., per i connotati dell'"onerosità", ad esaurire il fattore della scientia fraudis non si rende necessaria, da parte del terzo acquirente, anche la conoscenza specifica del debito facente carico all'"alienante", e delle sue caratteristiche". 

Ed inoltre: "Le attribuzioni patrimoniali dall'uno all'altro coniuge effettuate in sede di accordi di separazione sono suscettibili di essere revocati ai sensi dell'art. 2901 c.c. Gli accordi che danno luogo a tali attribuzioni non sono immediatamente riconducibili nè nel tipo della donazione, nè nel tipo di un altro contratto a titolo oneroso, presentando gli stessi una propria tipicità, che può colorarsi, di volta in volta, della obiettiva onerosità" (Cass. Civ. del 23.5.2004 n. 574 e Cassazione Civile  Sez. I del 12.4.2006 n. 8516).
Infine: "Sono revocabili, ove ricorrano i presupposti di legge, le disposizioni patrimoniali pattuite dai coniugi in sede di separazione consensuale (così come le successive modifiche), a nulla rilevando che le stesse siano state omologate dal tribunale. L'accordo con il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali minori sui medesimi, rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria fallimentare ai sensi degli art. 67 e 69 l. fall., non trovando tale azione ostacolo né nell'avvenuta omologazione dell'accordo stesso, cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione; né nella pretesa inscindibilità di tale pattuizione dal complesso delle altre condizioni della separazione; né, infine, nella circostanza che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano stati pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione, non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti. Tale conclusione si impone a fortiori allorché il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore non facciano parte delle originarie condizioni della separazione consensuale omologata, ma formino invece oggetto di un accordo modificativo intervenuto successivamente fra i coniugi, del quale esauriscano i contenuti. (Nella specie, con l'accordo impugnato, il coniuge poi fallito - assegnatario della casa coniugale alla stregua delle condizioni della separazione consensuale omologata - a modifica di tali condizioni, aveva costituito a favore dell'altro coniuge, per tutta la durata della sua vita, il diritto di abitazione sulla predetta casa coniugale, ottenendo in cambio l'esonero dal versamento di una somma mensile, precedentemente pattuito a titolo di contributo alle spese per il reperimento di altro alloggio da parte del coniuge beneficiario). Gli accordi di separazione fra i coniugi ben possono rivelarsi lesivi, in concreto, dell'interesse dei creditori all'integrità della garanzia patrimoniale del coniuge disponente, eventualità nella quale nessun ostacolo testuale o logico-giuridico si frappone alla loro impugnazione- ove ricorrano i relativi presupposti tramite azione revocatoria tanto ordinaria che fallimentare È ammissibile l'azione revocatoria, tanto ordinaria che fallimentare, rispetto agli accordi di separazione attraverso i quali i coniugi abbiano trasferito immobili o costituito diritti reali sugli stessi. (Cass. Civ. sez. I del 12 aprile 2006 n.8516).

Concludendo, si può affermare che la Corte con questa ordinanza ribadisce il proprio orientamento in materia e con l’ordinanza del 19 aprile 2018, n. 9635, relativa all'azione revocatoria ordinaria avanzata dalle banche con riguardo ad un trasferimento immobiliare contenuto in un verbale di separazione coniugale, ha convalidato il ragionamento svolto dalla Corte di Appello di Bologna, la quale aveva dedotto l’implicita consapevolezza della moglie in ordine alla situazione economica della società debitrice, di cui l’ex marito era unico amministratore nonché fideiussore, risalendo da un insieme concatenato di date circostanze note al fatto ignoto costituito dalla scientia damni.

Fonti:

Tribunale di Cosenza, sentenza n. 353 del 19.02.2016;
Tribunale di Reggio Emilia, sez. II civile, sentenza del 05.11.2013;
Cass. Civ. 21736/2013;
Cass. Civ. 11914/2008;
Cass. Civ. 8516/2006;
Cass. Civ. 15603/2005;
Cass. Civ. sez. I del 12 aprile 2006 n.8516;
Cass. Civ. del 23.5.2004 n. 574;
Cassazione Civile, Sez. I del 12.4.2006 n. 8516;
Cass. sez.3 civ. sentenza n.13172/2017;
Cass. Civ. n. 29869/2008;
Cass. Civ. n. 20813/2004;
Cass. Civ. n. 14274/1999;
Cass. Civ. 14489/2004;
Cass. Civ. 7262/2000.