ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 18 Gen 2018

La separazione giudiziale dei coniugi e gli effetti della pronuncia di addebito

Modifica pagina

Alessio Latini


I motivi della separazione e dell´addebito ex art. 151 c.c. Breve rassegna della giurisprudenza di legittimità più recente


Sommario: 1. Separazione giudiziale ex art. 151 c.c., primo comma; 2. Profili della pronuncia di addebito della separazione ad uno dei coniugi; 3. Effetti della pronuncia di addebito. 

1. La separazione giudiziale ex art. 151 c.c., primo comma

Ai sensi dell' art. 151 c.c., ”La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole.
Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.

Occorre quindi dapprincipio procedere all'analisi del primo comma dell'art. 151 c.c.

Lo stesso riconosce, innanzitutto, il diritto di richiedere la separazione qualora si verifichino "fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o tali da recare grave pregiudizio all'educazione della prole". Alla luce di ciò, si ritengono necessarie alcune precisazioni, in particolare per quanto attiene al primo periodo della norma in esame.

Si tratta, a ben vedere, di fatti oggettivamente riscontrabili, riconducibili essenzialmente alla sopravvenienza di circostanze non previste e non prevedibili al momento della celebrazione del matrimonio, di circostanze esterne alla coppia, di incompatibilità caratteriali emerse nel corso della convivenza e del mancato rispetto dei doveri nascenti dal matrimonio.

Alcune recenti pronunce della Cassazione attribuiscono maggior pregnanza allo stato psicologico individuale che può materializzarsi, ad esempio, tramite un distacco e una disaffezione che porta il coniuge alla richiesta della separazione, senza per ciò solo aver violato alcun dovere coniugale (Cass. sent 1164/2014, Cass. sent. 8712/2015).

E' evidente, quindi, che nel momento in cui uno dei coniugi maturi una disaffezione e chieda la separazione, lo stesso eserciti di fatto un proprio diritto. Il permanere del consenso è, per l'effetto, ritenuto fondamentale e trova conforto nella spirito della riforma normativa del 1975 (1).

2. Profili della pronuncia di addebito della separazione a uno dei coniugi

Proseguendo nel commento, il secondo comma dell'art. 151 c.c. attribuisce al giudice il potere di stabilire, se richiesto da una delle parti e se ne ricorrono le circostanze, l'addebito della separazione.

L' addebito consiste nella riconducibilità ad uno dei coniugi della responsabilità della crisi del rapporto poiché è accertata la violazione dei doveri sanciti dall'art. 143 c.c., sui quali occorre soffermarsi.

Premesso che con il matrimonio i coniugi acquistano i medesimi diritti e assumono i medesimi doveri, il primo che viene espressamente menzionato è l'obbligo di fedeltà.

Quest'ultimo  consiste non solo nell' impegno, ricadente su ciascun coniuge, di non tradire il rapporto di dedizione fisica, ma anche come impegno di non tradire la fiducia reciproca, finendo per essere identificato con il concetto di lealtà che “impone di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive di vita comune.” (così Cass. sent. 9287/1997).

L'obbligo di fedeltà è pertanto inteso in modo così ampio che può essere causa di addebito anche l'aver scambiato messaggi e chat affettuose, a mezzo internet, con una terza persona, a prescindere finanche dalla prova di una relazione extraconiugale  "reale".

La Corte di Cassazione con sentenza n. 9472/1999  ha definito ciò un "tradimento platonico" rispetto al quale il coniuge "tradito" deve allegare la prova dell'esistenza di una condotta tale da rendere intollerabile la prosecuzione della vita coniugale (così anche Cass. sent. 8929/2013, Cass. sent. 5510/17). In ordine a tale onere probatorio occorre precisare, tuttavia, che alcune pronunce sanciscono l'inutilizzabilità delle prove suddette nei casi in cui siano state ottenute e acquisite mediante un accesso abusivo a cellulari, mail e social network del coniuge, in violazione della sua privacy  (su tutte Cass. 24297/16).

Proseguendo, l'obbligo dell'assistenza morale e materiale consiste nell'aiutarsi reciprocamente dal punto di vista morale, economico, materiale e fisico (2) mentre l'obbligo alla collaborazione nell'interesse della famiglia consta nel contribuire all'interesse della stessa e garantirle un'esistenza ordinata.

Viene  sancito altresì l'obbligo alla coabitazione nel luogo fissato di comune accordo. Si precisa, tuttavia, che il codice civile riconosce la possibilità ai coniugi di avere domicili distinti, ove hanno sede i loro interessi (art. 45 c.c.), o che gli stessi decidano concordemente di vivere in luoghi diversi. Tale aspetto evidenzia la libertà di cui godono i coniugi nel regolare la propria vita familiare a seconda delle esigenze che sorgono durante la vita di coppia.

Infine, i coniugi devono contribuire ai bisogni della famiglia "in relazione alle proprie sostanze e alle proprie capacità di lavoro professionale e casalingo" (art. 143, ult.co., c.c). La sostanze debbono intendesi in modo ampio, comprendendo  l'intero patrimonio e i redditi di ogni tipo di entrambi i coniugi. Sul punto si rileva che anche il lavoro casalingo viene in ultimo pienamente valorizzato, e ciò in quanto allo stesso è attribuita eguale dignità rispetto al lavoro professionale.

Per costante orientamento giurisprudenziale, tuttavia, non è sufficiente la mera violazione dei doveri coniugali perché venga ascritto l'addebito. La Cassazione precisa infatti che tale violazione deve aver causato l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza e non essere intervenuta quando il rapporto poteva considerarsi solo formalmente esistente (Cass. sent. 7859/2000).

A tal proposito occorre infine precisare un ultimo aspetto. Nelle separazioni c.d. "di fatto", i coniugi sono nella sostanza separati di comune accordo (o per l'avverarsi di un fatto obiettivo che rende intollerabile la prosecuzione della convivenza) ma non hanno proceduto a formalizzare tale situazione (3). Una separazione siffatta comporta che non sia possibile richiedere la separazione per violazione dell'obbligo di coabitazione, pertanto ha l'effetto  di escludere la sospensione dell'assistenza morale e materiale per allontanamento ingiustificato della casa familiare ex art. 146 c.c. Inoltre, tale situazione finisce per escludere la fondatezza della domanda di addebito per violazione dei doveri coniugali, per fatti occorsi successivamente al verificarsi della separazione c.d. "di fatto" (4).

3. Effetti della pronuncia dell'addebito

Passando all'esame degli effetti dell'addebito, occorre considerare che essi sono principalmente di natura patrimoniale.

Il coniuge a cui è addebitabile la separazione perde il diritto all'assegno di mantenimento che poteva astrattamente spettargli (mantenendo tuttavia il diritto agli alimenti se ne ricorrano i presupposti) e vengono meno, altresì, i diritti successori, sebbene con una eccezione: se gli era stato riconosciuto il diritto all'assegno c.d. "alimentare", alla morte dell'altro coniuge conserva tale diritto, in proporzione alla massa ereditaria, senza però superare l'importo dell'assegno già percepito.

Discussa è la riconoscibilità in capo al coniuge a cui è imputato l'addebito del diritto alla pensione di reversibilità: recenti pronunce della Cassazione sembrano tuttavia andare nella direzione del riconoscimento di tale diritto (Così in particolare Cass. ord. n. 9649 del 12.05.2015 e Cass. sent. n. 4555 del 25.02.2009).

L'addebito, infine, non ha alcun effetto sull'affidamento dei figli a patto che le condotte imputate al coniuge non possano considerarsi contrarie all'educazione della prole.

 

Note e riferimenti bibliografici

1. Prima della riforma del diritto del famiglia, era prevista solamente la separazione per colpa. Questa poteva essere chiesta nei confronti del coniuge che aveva violato i doveri coniugali e per l'effetto, quest'ultimo, poteva rimanere vincolato al matrimonio se l'altro non si attivava per la richiesta di separazione. (In questo senso, Luca Nivarra, Vincenzo Ricciuto, Claudio Scognamiglio, “Diritto Privato”, Giappichelli editore, 2011, p. 836)

2. A meno che uno dei due non si allontani ingiustificatamente dal tetto coniugale, in tal caso gli obblighi di assistenza morale e materiale sono sospesi ex art. 146 c.c.

3. Mediante presentazione, ad esempio,  di ricorso congiunto per l'omologa dell'accordo di separazione presso il Tribunale competente.

4. Luca Nivarra, Vincenzo Ricciuto, Claudio Scognamiglio, “Diritto Privato”, Giappichelli editore, 2011.