Pubbl. Mar, 12 Dic 2017
Parere di Diritto Civile: Lo status giuridico del concepito
Modifica paginaFocus Esame Avvocato: la soluzione proposta per il secondo parere di diritto civile sullo status giuridico del concepito.
Traccia
In data 9 febbraio 2016 Tizio, marito di Caia, al settimo mese di gravidanza, viene travolto e ucciso mentre attraversa la strada sulle strisce pedonali da un 'auto condotta da Sempronio.
In data 15 aprile 2016 nasce Caietta, figlia di Caia e del defunto Tizio. Caia si rivolge al proprio legale di fiducia dolendosi del fatto che Caietta, a causa del fatto illecito di Sempronio sia nata senza il padre, accusando così un danno permanente e significativo che lo segnerà per tutta la vita.
In tale occasione Caia riferisce di aver già sottoposto la questione alla società assicuratrice dell'autovettura di Sempronio, che sta curando la pratica di ristoro del danno in suo favore sentendosi tuttavia opporre l'insussistenza di un danno risarcibile in favore di Caietta in quanto questi al momento del decesso del padre non era ancora nata.
Il candidato assunte le vesti del legale di Caia premessi i cenni sullo stato giuridico del concepito rediga motivato parere esaminano le questioni sottese al caso in esame.
Svolgimento
Al parere richiesto è sotteso il quesito se il soggetto nato dopo la morte del padre naturale, verificatasi durante la gestazione, per fatto illecito di un terzo, abbia diritto nei confronti del responsabile al risarcimento del danno per la perdita del relativo rapporto e per i pregiudizi di natura non patrimoniale e patrimoniale che gli siano derivati.
Nel caso di specie, la società assicuratrice ha negato il risarcimento in favore di Caietta in quanto al momento del decesso del padre non era ancora nata.
Al fine di un corretto inquadramento della vicenda, merita preliminarmente svolgere brevi considerazioni sullo status giuridico del concepito.
L’art. 1, comma II, cod. civ. dispone che «i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita». Al verificarsi di tale condizione, ritenuta, da una parte della dottrina, sospensiva, deriva l’acquisto con effetti retroattivi dei diritti riconosciuti al concepito.
Va, tuttavia, rilevato che la disposizione citata risulta di difficile coordinamento con l’art. 1, comma I, cod. civ. in quanto riconosce dei diritti ad una figura soggettiva che difetta della capacità di esserne titolare.
La situazione giuridica del concepito risulta, dunque, ibrida: pur non avendo, infatti, capacità giuridica, gli sono riconosciuti dei diritti, subordinati alla sua nascita.
Molteplici sono le norme che prendono in considerazione la condizione del nascituro concepito, riconoscendogli la capacità di essere titolare di diritti. Il Codice civile, in particolare, riconosce al concepito la capacità di succedere a causa di morte e di ricevere per donazione ex artt. 462, comma I, e 784, comma I, cod. civ.; prevede la possibilità del suo riconoscimento da parte dei genitori naturali che, in quanto irrevocabile ex artt. 254 e 256 cod. civ., è costitutivo di uno status, seppure subordinatamente alla nascita; attribuisce ai genitori dei nascituri concepiti la rappresentanza in tutti gli atti civili e l'amministrazione dei loro beni ex art. 320 cod. civ.; prevede la revoca delle disposizioni testamentarie rese da chi aveva ignorato di avere un figlio o un discendente concepito al tempo del testamento ex art. 687, comma II, cod. civ.; nel caso di chiamata alla successione di un concepito, vieta la divisione dei beni prima della sua nascita ex art. 715, comma I, cod. civ.
In giurisprudenza si è costantemente affermato che le norme che, in deroga all'art. 1, comma I, cod. civ., prevedono la tutela dei diritti del nascituro presentano un carattere eccezionale e, in quanto tali, di stretta interpretazione (ex plurimis, si segnala la sentenza della Corte di Cassazione in data 22 novembre 1993, n. 11503). Tuttavia, la giurisprudenza più recente, nel ritenere anche il nascituro titolare in via diretta di diritti fondamentali rispetto ai quali l'evento nascita rappresenta una condizione di azionabilità in giudizio, a fini risarcitori, di tali diritti, ha affermato che deve essere riconosciuta la soggettività giuridica del nascituro stesso, in riferimento a codesti «interessi protetti» (in tal senso, si veda la sentenza della Suprema Corte dell’11 maggio 2009, n. 10741).
La Corte Costituzionale, nella sentenza del 18 febbraio 1975, n. 27 con la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 546 cod. pen. nella parte in cui sanzionava penalmente l'aborto nel caso di grave pericolo per la salute della madre, ha affermato che la tutela del concepito trovi un fondamento costituzionale nell'art. 31 Cost., che impone espressamente la protezione della maternità e, più in generale, nell'art. 2 Cost., «che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito».
Tuttavia, pur ammettendosi il riconoscimento di diritti inviolabili dell’uomo in capo al nascituro, tutti i riferimenti normativi illustrati considerano il concepito un oggetto di tutela e non anche un soggetto di diritto: si sarebbe potuto, infatti, opinare in senso contrario, qualora il disposto della norma di cui all’art. 1 cod. civ. avesse riconosciuto la capacità giuridica fin dal momento del concepimento.
Tanto premesso, va ritenuto che, nel caso di specie, non si ponga alcun problema relativo alla soggettività giuridica del concepito, non essendo necessario configurarla per affermare il diritto del nato al risarcimento.
La relazione col proprio padre naturale integra, infatti, un rapporto affettivo ed educativo che la legge protegge perché è di norma fattore di più equilibrata formazione della personalità. Con la conseguenza che impedire al figlio lo sviluppo di questo rapporto comporta un pregiudizio che costituisce un danno ingiusto indipendentemente dalla circostanza che questi, essendo solo concepito, sia nato successivamente.
Il riconoscimento del risarcimento, dunque, non implica la necessaria soggettività giuridica del concepito, che è soltanto oggetto di protezione da parte dell’ordinamento.
Il diritto di credito appartiene, infatti, al minore una volta nato e non al soggetto concepito: prima della nascita sussistono, infatti, solo la condotta e l’evento materiale dell’illecito, mentre il risarcimento, perché possa essere riconosciuto, richiede anche l’alterazione di una situazione favorevole, identificabile, nel caso di specie, nella perdita del diritto al rapporto parentale.
Tale conclusione trova conferma negli orientamenti più recenti della giurisprudenza di legittimità, nei quali è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subìti dal minore, in conseguenza dell’uccisione del padre, avvenuta in epoca anteriore alla nascita. Ha osservato, in particolare, la Suprema Corte che solo a seguito della nascita «s’è verificata la propagazione intersoggettiva dell'effetto dell'illecito per la lesione del diritto della figlia (non del feto) al rapporto col padre; e nello stesso momento è sorto il suo diritto di credito al risarcimento, del quale è dunque diventato titolare un soggetto fornito della capacità giuridica per essere nato» (in tal senso, si veda la sentenza della Corte di Cassazione del 3 maggio 2011, n. 9700; cfr., si segnala la sentenza della Suprema Corte 10 marzo 2014, n. 5509).
Alla stregua di quanto esposto, può rendersi il parere richiesto, consigliando a Caia di agire in giudizio, quale legale rappresentante di Caietta in quanto esercente la responsabilità genitoriale sulla minore, per sentire condannare la società assicuratrice al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali che Caietta ha patito per la perdita del rapporto parentale.