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Pubbl. Mar, 12 Dic 2017

Parere di Diritto Civile: Il vitalizio alimentare

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Angela Cuofano


Ecco una possibile soluzione della traccia n. 1 proposta alla prima prova dello scritto dell´esame di avvocato.


Traccia

In data 9 febbraio 2015, Caio, di 86 anni e suo nipote Mevia di 43 anni stipulano con l'assistenza di un notaio Sempronio un contratto del seguente tenore:

Caio trasferisce a Mevia la nuda proprietà dell'appartamento in cui vive, sito nel centro della città e composto da 5 vani più servizi, esteso 150 mq e del valore di circa 500 mila euro riservando per sé l'usufrutto dello stesso. In cambio Mevia si impegna ad offrire quotidiana assistenza alla zia (sola e ammalata) provvedendo alle sue esigenze alimentari. alla pulizia della casa al supporto della somministrazione di farmaci nonché al sostegno per ogni spostamento necessario.

Dopo circa un anno però Caia contatta il proprio legale lamentandosi che Mevia da circa 6 mesi aveva di fatto cessato di assisterla.

In tale occasione la stessa rappresentava inoltre che prima della stipula era stata diagnosticata una patologia oncologia non curabile con un'aspettativa di vita non superiore a due anni e che era stata proprio la nipote Mevia, portata a conoscenza di tale triste notizia, a convincerla a sottoscrivere il contratto.

Il candidato assunte le vesti del legale di Caia rediga un motivato parere illustrando le questioni sottese al caso in esame e individuando le possibili azioni a tutela delle ragioni della propria assistita.

Possibile Svolgimento

La questione sottesa alla fattispecie in esame involge diversi profili, riguardando sia la natura giuridica del cd. “vitalizio alimentare” – fattispecie in cui è possibile sussumere il contratto stipulato fra Caia e Mevia -, nonché spiegare le conseguenze che tale qualificazione pone sui rimedi esperibili da Caia stessa.

Sul punto si segnala la sentenza n. 11290/2017 che ha recentemente definito il vitalizio alimentare come una figura contrattuale atipica, configurabile ai sensi dell’ art. 1322 cc: una parte (vitaliziato) si obbliga in corrispettivo dell’alienazione di un immobile o all’attribuzione di altri beni o utilità a fornire all’altra parte (vitaliziante) vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni.

Per quanto le due figure possano essere facilmente confuse, giurisprudenza costante (si veda sul punto Cass. civ., sez. II, n. 8209/2016; Cass. civ., sez. II, n. 15848/2011; Cass. civ., sez. II, n. 10859/2010; Cass. civ., sez. III, n. 6395/2004) ha chiarito  che si tratta di un negozio autonomo e distinto rispetto alla rendita, in quanto i due contratti, pur essendo omogenei sotto il profilo dell’aleatorietà, si differenziano perché, nella rendita alimentare, le obbligazioni dedotte nel rapporto hanno ad oggetto prestazioni assistenziali di dare caratterizzati dalla fungibilità (e quindi assoggettabili alla disciplina dell’art. 433 cc sugli obblighi alimentari), mentre nel vitalizio alimentare la prestazione di dare o fare ha carattere prettamente spirituale e, perciò, sarà eseguibile da una persona precisa, scelta alla luce di determinate qualità personali di uno specifico rapporto di fiducia.

Il contratto in esame può essere costituito per testamento in favore di un terzo soggetto, ma, per specifica previsione di legge, deve essere necessariamente stipulato in forma scritta tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata.

Questa ipotesi è esattamente ciò che si verifica nel caso di specie dove Caia e Mevia stipulano, in presenza di un notaio, un contratto con cui Mevia si impegna a fornire all’anziana zia assistenza completa, a fronte del trasferimento in suo favore della nuda proprietà della casa in cui la zia vive.

Si chiarisce che uno degli elementi cruciali del contratto di vitalizio alimentare è rappresentato dall’alea che investe entrambe le parti del rapporto e che deve essere accertata già al momento della conclusione del contratto.

Nello specifico, orientamento costante (Cass. 7479/13), avallato dalla recentissima pronuncia n. 23895/2016, sostiene debba esserci incertezza assoluta riguardo tanto l’aspettativa di vita del vitaliziato, quanto il rapporto tra le prestazioni dovute dal vitaliziante e il valore del cespite ceduto dal vitaliziante.

Tra l’altro, come evidenziato da una recente posizione giurisprudenziale, il negozio si caratterizza anche per un’aleatorietà ulteriore, dovuta al fatto che le mansioni di assistenza del vitaliziato possono essere suscettibili di cambiamento, in relazione al possibile miglioramento o peggioramento delle sue condizioni di salute, circostanza che però non deve essere conosciuta al momento della stipula del negozio.

Nel caso di specie, le condizioni di salute di Caia erano note alla nipote Mevia, che ha fortemente insistito per la stipula del negozio.

Viene così a mancare il fondamentale requisito dell’alea con la conseguenza che il contratto potrà essere dichiarato nullo.

Ciò posto, non può essere sottaciuta la circostanza che Mevia si è resa gravemente inadempiente, dato che non si occupa della zia da circa sei mesi.

Anche su questo punto, la Suprema Corte si è pronunciata di recente (Cass. n. 12746/2016) sostenendo la possibilità, in questa ipotesi, di una risoluzione del contratto per inadempimento, ai sensi della generale disciplina dell’art. 1453 c.c. e non invece dell’art. 1878 c.c.

La scelta si giustifica sulla base della caratteristica infungibilità delle prestazioni che connotano il vitalizio alimentare, per natura non soggette ad esecuzione forzata.

In base a quanto sopra esposto, si consiglia a Caia di convenire in giudizio Mevia, eccependo in via principale la nullità del negozio, dato che Mevia era perfettamente a conoscenza del precario stato di salute in cui versava la zia e, in subordine, la risoluzione del contratto per grave inadempimento contrattuale.