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Pubbl. Ven, 8 Dic 2017

I confini tra nullità ed inesistenza della notifica

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Flavia Sabatini


Revirement delle Sezioni Unite circa la distinzione tra nullità e inesistenza della notifica: definitivamente superato il famoso “criterio del collegamento” tra luogo della notifica e destinatario della stessa.


“La notificazione del ricorso per cassazione è inesistente, oltre all’ipotesi di mancanza materiale dell’atto, solo se l’attività posta in essere sia priva degli elementi essenziali idonei a ritenerla qualificabile come tale ed essi consistono: a) nell’attività di trasmissione da parte di un soggetto dotato, per legge, dalla possibilità giuridica di compierla; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti possibili della notificazione previsti dall’ordinamento, esclusi soltanto i casi di mera restituzione dell’atto al mittente, e, dunque, di notifica solo tentata.”

“Non attiene agli elementi costitutivi essenziali della notificazione del ricorso per cassazione il luogo dove viene eseguita, i vizi della cui identificazione ricadono sempre, anche quando esso si riveli privo di collegamento con il destinatario, nell’ambito della nullità, suscettibili di sanatoria.”

(Cass. Civile, Sez. Un., n. 14916 e 14917 del 20 luglio 2016)

 

La questione che le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono state chiamate ad affrontare, riguarda la tipologia di vizio cui debba essere ricondotta la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio eseguita in un luogo o presso una persona non aventi alcun collegamento con il destinatario; in particolare se tale vizio debba essere identificato, secondo il prevalente orientamento, quale inesistenza giuridica, o al contrario quale nullità, con tutte le conseguenze che tale classificazione comporta.

Si tratta di una problematica giuridica che ha destato già da tempo orientamenti difformi in seno alla stessa giurisprudenza della Suprema Corte.

Secondo un primo orientamento infatti, una notificazione eseguita in un luogo o presso una persona non avente in concreto alcun collegamento con il destinatario dell’atto, non può che essere considerata inesistente, con conseguente inammissibilità del ricorso, senza alcuna possibilità di sanatoria mediante costituzione di parte convenuta o mediante rinnovazione (Cass. SS.UU. 6248/82 e 9539/96; Cass. 1100/2001 e 5025/2002). Il secondo orientamento perviene invece alla conclusione opposta, sostenendo che la notificazione eseguita in luogo diverso da quello stabilito dalla legge, deve considerarsi nulla e non inesistente, dunque sanabile mediante rinnovazione o costituzione della parte convenuta, in quanto l’atto, pur se viziato perché eseguito al di fuori delle previsioni di legge, può essere comunque riconosciuto come appartenete alla categoria delle notificazioni, anche se non è idoneo a produrre in modo definitivo gli effetti propri del tipo di atto in questione (Cass. SS.UU. 10817/2008 e Cass. 6947/1995 e 7818/2006 e 16952/2006).

Nel caso oggetto della pronuncia di cui si parla, la mancanza del “criterio del collegamento” è data dal fatto che la notificazione del ricorso per Cassazione è stata effettuata presso il procuratore della controparte costituito in primo grado, dopo che era intervenuta una revoca del mandato conferito a tale difensore con nomina di un diverso difensore per il grado di appello.

Anche per tale specifico caso sono stati rinvenuti dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione due opposti orientamenti: uno che sostiene la inesistenza della notificazione, stante l’intervenuta sostituzione del difensore revocato, che interrompe ogni rapporto tra la parte ed il procuratore cessato; per cui la pur intervenuta costituzione tempestiva della parte convenuta non può considerarsi sanante del suddetto vizio (Cass. SS.UU. 3947/1987 e Cass. 9147/2007 e 3338/2009 e 13477/2012); ed un opposto orientamento, che sostiene al contrario la nullità della notificazione poiché il luogo della stessa non è da considerarsi privo di un astratto collegamento con il destinatario; la rituale costituzione in giudizio della controparte dimostra infatti che la notificazione ha comunque raggiunto il suo scopo, impedendo, secondo le disposizioni di legge, che ne sia dichiarata la nullità (Cass. 22293/2004 e 13667/2007 e 13451/2013).

Il problema che si presenta all’esame delle Sezioni Unite riveste una notevole importanza tanto sul piano teorico quanto su quello pratico, e necessita di una pronta e chiara soluzione che possa finalmente costituire un punto fermo tra le persistenti oscillazioni giurisprudenziali cui la questione da adito da decenni.

È necessario quindi innanzitutto ricercare un sicuro criterio di discrimine tra le due tradizionali fattispecie della nullità e della inesistenza della notificazione, con le conseguenze che ognuna di esse produce.

Le Sezioni Unite partono innanzitutto dalla considerazione che l’impianto codicistico conosce una sola norma in tema di invalidità della notificazione, l’art. 160 c.p.c., rubricato “nullità della notificazione” secondo il quale: “la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o si vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli art. 156 e 157.”.

È dunque fuor di dubbio che il codice non contempli in alcun modo la categoria dell’inesistenza, né per quanto concerne nello specifico l’atto di notificazione, né con riferimento all’atto processuale in generale.

Essa infatti deve esser considerata frutto dell’elaborazione dottrinale giurisprudenziale, come categoria di invalidità “radicale”, cui ricondurre tutti quei vizi dell’atto talmente gravi da superare l’ambito della nullità così come disciplinata dal codice, e da rendere di conseguenza impossibile qualunque ipotesi di successiva sanatoria.

È bene ricordare che l’origine del concetto di inesistenza è strettamente legata al disposto dell’art. 161 ultimo comma c.p.c., secondo il quale: “questa disposizione non si applica quando la sentenza manchi della sottoscrizione del giudice”. Poiché nel comma precedente veniva espresso il cd. principio di “conversione dei motivi di nullità in mezzi di gravame”, secondo cui i vizi della sentenza devono necessariamente esser fatti valere tramite l’apposito mezzo di impugnazione di cui la parte dispone; deve dedursi che la cosiddetta sentenza “a non judice”, ossia priva della sottoscrizione del giudice, debba esser considerata assolutamente insanabile.

Ma nemmeno in tal caso il legislatore ci parla esplicitamente di inesistenza giuridica. L’ultimo comma dell’art. 161 rimani infatti pur sempre inquadrabile nella disciplina sistematica della categoria della nullità degli atti processuali.

Tuttavia, come le stesse Sezioni Unite ricordano, occorre sottolineare che la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione è sempre stata costante nell’affermare che la mancata menzione da parte del legislatore della fattispecie giuridica dell’inesistenza, non val di per sé a ritenerla non giuridicamente rilevante, in quanto tale lacuna codicistica semplicemente può spiegarsi con l’assunto secondo il quale il legislatore non avrebbe avuto motivo di disciplinare gli effetti di ciò che non esiste; per altro verso ciò deve comunque indurre a ritenere che la nozione di inesistenza della notificazione debba essere confinata ad ipotesi assolutamente radicali.

In definita deve affermarsi che “l’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto” e ancora “l’inesistenza non è dunque in senso stretto un vizio dell’atto più grave della nullità, poiché la dicotomia nullità/inesistenza va alla fine ricondotta alla bipartizione tra l’atto e  il non-atto”.

Al fine dunque, di tracciare in maniera chiara e definitiva quali debbano essere considerati “gli elementi costitutivi essenziali” idonei a rendere la notificazione riconoscibile in quanto tale, le Sezioni Unite partono dalla rilevazione di un principio cardine del nostro ordinamento processuale, cui l’interprete deve costantemente ispirarsi: il cosiddetto principio della “strumentalità delle forme”, in base al quale, lungi dal dover esser considerato un ordinamento rigidamente formalistico, ogni qualvolta il legislatore impone per il compimento di un atto una forma particolare, lo fa al precipuo scopo di assicurare che l’atto stesso possa raggiungere la specifica funzione che la legge gli ricollega.

Tale principio è rinvenibile dal disposto dell’art. 121 c.p.c. ("libertà di forme”)  secondo cui: “gli atti del processo per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiute nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo”; nonché dal disposto dell’art. 131 comma 1 e 2 c.p.c. per il quale: “ la legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto. In mancanza di tali prescrizioni, i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo”; e ancora il disposto dell’art. 156 c.p.c.: “non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge. Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”.

Le forme degli atti processuali sono dunque prescritte al fine di conseguire un determinato scopo, che coincide con la funzione che il singolo atto è destinato ad assolvere in ambito processuale.

Focalizzando l’attenzione sulla notificazione, che è l’atto processuale che in tal sede ci interessa, è possibile affermare che lo scopo precipuo che esso è diretto a realizzare è quello di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità, con tutti gli effetti che ne conseguono.

Secondo le Sezioni Unite, da ciò discende che affinché tale atto possa dirsi esistente, è necessario e sufficiente che materialmente esista un atto riconoscibile come notificazione, ossia un atto dotato di determinati requisiti strutturali imprescindibili, tali per cui l’atto è astrattamente in grado di raggiungere lo scopo per il quale è preordinato. Se cosi è, ne consegue che qualunque vizio che affligga l’atto deve ricadere nell’ambito della nullità.

La domanda fondamentale dunque è una sola: quali elementi costitutivi debbono essere considerati imprescindibili affinché un atto possa essere riconosciuto come notificazione?

Dalla riposta a tale domanda infatti, discende logicamente il criterio che fa da spartiacque tra nullità e inesistenza, perché solo in mancanza di tali elementi l’atto potrà essere considerato inesistente e dunque insanabile.

Le Sezioni Unite, nella sentenza in commento, chiariscono questo punto, sancendo che gli elementi costitutivi imprescindibili dell’atto della notificazione sono da considerarsi, in via esclusiva:
- la trasmissione dell’atto da parte di un soggetto autorizzato ex lege a compiere l’attività stessa;
- raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, in virtù dei quali essa debba essere considerata eseguita.

I requisiti suddetti sono da considerarsi strutturali, dunque sufficienti ad integrare la fattispecie legale minima della notificazione.

Restano pertanto esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notifica meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa”.

In definitiva deve essere considerato superato l’orientamento precedente che rinveniva nel cosiddetto “criterio del collegamento” tra il luogo della notificazione ed il destinatario, un requisito strutturale del modello legale dell’atto notificazione, nel senso che la sua mancanza equivaleva a vizio di inesistenza.

In base alle considerazioni suddette, si tratta infatti di un elemento che si pone al di fuori dei requisiti strutturali della notificazione; la cui mancanza ricade dunque nell’ambito della nullità, come tale sanabile ex tunc attraverso la costituzione rituale del convenuto o la rinnovazione dell’atto, spontanea o su ordine del giudice.

Applicando tale fondamentale ed innovativo principio di diritto, le Sezioni Unite hanno dunque statuito, nel caso di specie, che la notificazione del ricorso principale effettuata presso il difensore domiciliatario della controparte per il giudizio di primo grado, anziché pressi il difensore costituito in appello, è affetta da nullità, sanata grazie all’avvenuta costituzione della parte.