Pubbl. Lun, 27 Nov 2017
Facebook: non si possono pubblicare foto dei propri figli senza il consenso dell´altro genitore
Modifica paginaCon questa pronuncia, il Tribunale di Mantova si è espresso circa la sempre più sentita questione della pubblicazione di immagini di soggetti minori su vari social network.
Sommario: 1. Premessa; 2. La vicenda; 3. La questionedi diritto e il pensiero del giudicante; 4. Conclusioni.
1. Premessa
Si tratta di un fenomeno dilagante, ormai.
Sarà l'età che avanza, ma aprendo Facebook si vedono frequentamente foto di bimbi, figli di compagni di scuola, i loro faccini sorridenti oppure la smorfia buffa d'ordinanza.
Al di là delle scelte dei genitori, la necessità di pubblicare, talvolta in maniera ossessiva, immagini dei propri figli online, sta diventando una vera e propria questione giudiziaria.
I diritti del bambino sono davvero tutelati? Non sarà pericoloso per l'incolumità di soggetti già deboli per la loro giovane età?
Sul punto si è espresso il Tribunale di Mantova, nella persona del Presidente Mauro Bernardi, che ha stabilito che le foto di minorenni su social network quali Instagram o lo stesso Facebook, vanno pubblicate previo consenso di entrambi i genitori.
2. La vicenda
Un padre ricorreva in giudizio ex art. 337 quinquies c.c. per veder modificate, inaudita altera parte, le condizioni di separazione che, specificamente, riguardavano i suoi rapporti con i due figli, alla luce dei comportamenti fortemente diseducativi posti in essere dalla madre.
In particolare, dalla lettura della sentenza emerge in maniera cristallina che, nonostante una precedente ordinanza che obbligava la madre a non pubblicare più immagini dei figli sui social e a rimuovere quelle già postate, la stessa non solo non aveva rimosso gli scatti presenti in bacheca, ma ne aveva addirittura aggiunti altri.
Da qui, la richiesta del ricorrente.
3. La questionedi diritto e il pensiero del giudicante
Il Presidente Bernardi, pur non ritenendo esistenti le condizioni per un affido esclusivo, ha in ogni caso giudicato disdicevole la condotta materna.
Il giudice ha infatti vietato alla giovane di continuare a postare immagini sui social, richiamandosi a quanto stabilito nel codice civile in merito di tutela di immagine, a varie Convenzioni internazionali - fra cui quella di New York del 20 novembre 1989 - e al regolamento UE n. 679/2016 del 27 aprile 2016, che entrerà in vigore nella primavera 2018.
L'art. 10 c.c. è rubricato abuso dell'immagine altrui e tutela l'interesse del soggetto a che la sua immagine non venga diffusa pubblicamente. Si collega a quanto statuito dagli art. 96 e 97 della legge n. 633/1941 (cd. legge sul diritto d'autore).
L'art. 96 vieta la divulgazione nel senso più ampio - comprese esposizione, pubblicazione e messa in commercio - di immagini senza il consenso della persona interessata. Il primo limite è quindi rappresentato dalla volontà del soggetto tutelato. L'art. 97, invece, da una parte permette la divulgazione senza consenso quando la circostanza sia giustificata dalla notorietà del soggetto ritratto o da necessità di giustizia e polizia, da scopi scientifici, didattici e culturali ovvero da collegamenti a fatti, avvenimenti e cerimonie di interesse pubblico o svoltasi in pubblico; dall'altra, impedisce espressamente la circolazione di materiale che possa recare pregiudizio all'onore, alla reputazione e al decoro della persona.
Il diritto all'immagine è, dunque, un aspetto del più ampio bene della riservatezza personale, ed è una specificazione del diritto all'identità personale, ossia del diritto di ciascun individuo ad esser riconosciuto come sé medesimo anche socialmente.
La Relazione al codice civile chiarisce altresì che la disposizione in esame si colloca nel disegno già tracciato dalla legge speciale, dato che accorda l'azione di tutela in due casi distinti: nel caso in cui l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei limiti stabiliti dalla legge speciale, e nel caso in cui l'esposizione o la pubblicazione avvenga con offesa al decoro o alla riputazione della persona ritrattata. In considerazione del carattere morale del diritto è stata eliminata la restrizione risultante dal testo precedente, secondo cui i figli, dovevano essere in età minore.
La Convenzione di New York, altrimenti detta Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, è stata approvata in data 20 novembre 1989. Entrata in vigore il 2 settembre dell'anno successivo, in base a quanto previsto dall'art. 49, è stata ratificata in Italia con legge 27 maggio 1991 n.176. Nel documento in esame, si evidenzia la necessità di fornire una protezione speciale e cure particolari al bambino, proprio in virtù della sua mancanza di maturità, tanto fisica quanto intellettuale.
Dato che la Convenzione presta un'attenzione alquanto peculiare allo sviluppo armonioso del fanciullo, risulta particolarmente utile per argomentare il caso di specie.
L'art. 16, infatti, si sofferma a lungo sui diritti concernenti la personalità del minorenne, che non possono in alcun modo essere oggetto di interferenze, anche per quanto concerne la vita privata, la famiglia o la reputazione, precisando nel secondo comma che la legge è obbligata a fornire tutela processuale contro tali atti di ingerenza.
Ciò posto, questa disciplina fortemente garantista va integrata con quanto statuito dal regolamento UE sopra richiamato, il quale ha precisato che l'immagine fotografica dei figli deve essere considerata dato personale, ai sensi del d.lgs. 196/2003 e quindi la sua diffusione costituisce, senza alcuna ombra di dubbio, una interferenza nella vita privata.
Passando ora al dato squisitamente penale, non può essere sottaciuta la pericolosità della condotta della donna, anche per quanto riguarda le sempre più frequenti ipotesi di pedopornografia online. La diffusione di immagini di bimbi espone infatti al rischio concreto che possano divenire oggetto di attenzioni da parte di soggetti pericolosi. Dopo aver salvato il materiale, essi potrebbero procedere ad operazioni di fotomontaggio atte a far diventare quella che prima era una normale foto, materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati. Il fenomeno è stato anche più volte denunciato dagli organi di polizia.
4. Conclusioni
Per tutte queste ragioni, è di palese evidenza che, considerata anche l'età dei bimbi - uno di tre anni e mezzo e l'altro di appena uno e mezzo -, la pubblicazione tramite Facebook o altre "pubbliche piazze" di fotografie che li ritraggono deve essere, ai fini di una maggiore tutela, autorizzata da entrambi i genitori.
Sussistendo nel caso di specie il consenso della sola madre, la donna dovrà procedere all'eliminazione dei contenuti pericolosi già postati, nonchè astenersi dal pubblicarne altre, a meno che il padre non presti la sua approvazione.
Bibliografia
- Andrea Torrente, Piero Schlesinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè Editore, 2017;
- Francesco Caringella, Luca Buffoni, Manuale di diritto civile, Dike Giuridica Editore, 2015;
- Maurizio Santise, Coordinate ermeneutiche di diritto civile, terza edizione, Giappichelli Editore, 2017;
- Roberto Garofoli, Manuale di diritto penale, parte generale, NelDiritto Editore, 2015;
- Roberto Garofoli, Manuale di diritto penale, parte speciale, Nel diritto Editore, 2017.