Pubbl. Lun, 30 Ott 2017
L´abuso del diritto, con particolare riguardo all´abuso del processo
Modifica paginaDefinizione e fondamento dell´abuso del diritto, con particolare riguardo al caso della parcellizzazione di un credito unitario.
Il problema dell'abuso del processo costituisce, ad oggi, vexata quaestio per la dottrina e la giurisprudenza.
Una trattazione esauriente di tale tematica impone una premessa d'ordine generale sul divieto di abuso di diritto.
Anzitutto, l'abuso del diritto si verifica qualora il titolare di un diritto, legittimamente attribuitogli dall'ordinamento, lo eserciti in maniera scorretta, ovvero deviata, nonché per scopi ulteriori rispetto ai quali il diritto stesso è riconosciuto.
Il divieto d'abuso del diritto costituisce un principio generale che affonda le proprie radici nella buona fede oggettiva, espressamente prevista dall'art. 1175 c.c., che impone un contegno corretto nell'adempimento delle obbligazioni. Inoltre, il predetto canone comportamentale trova tutela di matrice costituzionale, in virtù dell'art. 2 della Costituzione, che fa sorgere in capo a tutti i cittadini un dovere di solidarietà sociale.
Alla luce di quest'obbligo positivo di natura costituzionale, ciascun soggetto è tenuto a perseguire i propri interessi senza, perciò solo, sacrificare la posizione giuridica degli altri, in capo ai quali sono riconosciuti eguali diritti; la più recente giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che l'abuso di diritto sia un canone per verificare la violazione della buona fede oggettiva (Cfr. Cass. civ. Sez. III, sent. n. 20106/2009).
Giungendo ora alla trattazione della tematica che qui importa, cioè l'abuso del processo, quest'ultimo si verifica qualora il titolare di un diritto di azione, la eserciti in maniera scorretta e per scopi ulteriori rispetto al corrispondente diritto sostanziale.
In particolare, il caso più significativo di abuso del processo è costituito dal frazionamento giudiziale di un credito unitario, derivante dal medesimo rapporto.
Ciò si verifica quando il creditore agisca in giudizio più volte per ottenere la prestazione dedotta nell'obbligazione sorta in proprio favore, nonostante la stessa faccia capo al medesimo titolo e si sostanzi in un credito unitario.
Ebbene, in una fase iniziale dell'evoluzione giurisprudenziale in materia, la tesi prevalente era orientata nel senso di ritenere una simile prassi perfettamente conforme all'ordinamento giuridico.
E ciò, per due ordini di ragioni,
Anzitutto, si riteneva che il creditore, al quale è riconosciuta ex art. 1181 c.c. il diritto di accettare l'adempimento parziale della prestazione, avesse lo speculare diritto d'azione per tale adempimento parziale.
Si rilevava, inolre, che una simile condotta fosse conforme ai principi del giusto processo, di cui all'art. 111 Cost., in quanto il creditore poteva agire in giudizio al fine di ottenere l'adempimento della parte di credito non contestata e, successivamente, convenire nuovamente in giudizio il debitore per ottenere l'adempimento della parte di credito la cui sussistenza fosse più complessa da accertare.
Successivamente, la Suprema Corte ha travolto tale orientamento, enunciando il seguente principio di diritto:
"Con la sentenza n. 23726 del 2007 le Sezioni unite sono intervenute sulla questione e, mutando il precedente orientamento (sent. n. 108 del 2000), hanno affermato che non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di "un unico rapporto obbligatorio", frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo. Tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale aggravamento della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede sia con il principio costituzionale del giusto processo, in quanto la parcellizzazione della domanda diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria si traduce in un abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale."
Di recente, il Giudice delle Leggi è nuovamente intervenuto in materia, al fine di delineare la compatibilità col principio del divieto di abuso del diritto della condotta di frazionamento di più crediti derivanti, però, dallo stesso rapporto.
Sul punto, elemento dirimente costituisce il concreto interesse del creditore a richiedere il predetto adempimento, frazionando la pretesa in più azioni, senza che ciò sacrifichi ingiustificatamente la posizione debitoria.
In particolare, la Corte ha rilevato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi; cionondimeno, qualora tali pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, "inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, - sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale - le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, co. 2, c.p.c." (Cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 16 febbraio 2017,n. 4090(
Alla luce della presente disamina, non può non osservarsi quanto segue.
L'ambito applicativo dell'abuso del diritto, non trovando espressa previsione codicistica ed essendo, al contrario, istituto di natura pretoria, è sicuramente destinato ad espandersi e, tale ampliamento applicativo, è demandato certamente all'opera interpretativa e creativa della giurisprudenza.