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Pubbl. Mar, 3 Ott 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Le Sezioni Unite sulla distinzione tra donazione tipica e donazione indiretta

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Giusy Tuzza


Il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario a mezzo banca non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta.


Sommario: 1. La donazione: cenni generali; 2. La liberalità e le donazioni indirette; 3. Dottrina e Giurisprudenza sulle donazioni indirette; 4. Le donazioni indirette: questione rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione; 4.1 Il Caso; 4.2. L’ordinanza n. 107/2017 Corte di Cassazione; 4.3 Sentenza Corte Cassazione Civile S.U. n. 18725/2017.

1. La donazione: cenni generali.

La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione. La donazione è quindi un contratto: da ciò discende che, una volta conclusa, essa è di norma irrevocabile ad opera di una delle parti.
Gli elementi essenziali della donazione sono due: lo spirito di liberalità; l’arricchimento del donatario.
Elemento essenziale della donazione è la forma: infatti, essa deve essere conclusa per atto pubblico alla presenza di due testimoni. Pertanto, l’intervento del notaio è necessario al fine di disporre dei propri beni a titolo di donazione. La necessità dell’atto pubblico si giustifica con l’importanza dell’atto di donazione e per gli effetti sul patrimonio del donante che deve essere, oltre che capace d’intendere di volere, pienamente consapevole dell’atto che sta facendo e di tutte le conseguenze che ne derivano.
E’ quindi molto importante la consulenza del notaio per avere tutti i chiarimenti necessari e opportuni. La donazione è uno strumento idoneo a soddisfare molteplici interessi. Infatti, è possibile inserire apposite clausole (c.d. “condizioni” o “oneri”) per soddisfare alcune specifiche esigenze. Assai comune è la donazione di un immobile con riserva di usufrutto a vantaggio del donante: ciò significa che il donante si spoglia anticipatamente della proprietà del bene trattenendo per sé l’usufrutto, che si estinguerà automaticamente al momento della morte (o al termine stabilito). Il donante che si è riservato l’usufrutto avrà il godimento del bene, ma ne sopporterà anche le spese ordinarie e le eventuali imposte. La donazione è un atto soggetto a revocazione, per alcune cause tassative di natura etico-sociale. In particolare, può essere revocata:

  • per ingratitudine del donatario: cioè qualora il donatario abbia commesso atti particolarmente gravi nei confronti del donante o del suo patrimonio;
  • per sopravvenienza di figli: cioè qualora il donante abbia figli o discendenti ovvero scopra di averne successivamente alla donazione.

La donazione è considerata dalla legge un anticipo di eredità: ciò significa che, al momento della morte del donante, essa dovrà essere imputata alla quota riservata. Proprio con riferimento ai rapporti tra la donazione e la futura successione del donante, occorre sapere che la donazione è un atto “a rischio”, che può pregiudicare la successiva circolazione dei beni donati o l’ottenimento di un finanziamento garantito dal bene donato. 

La legge, infatti, tutela alcune categorie di familiari (legittimari), riservando agli stessi una quota di eredità (legittima) anche contro una volontà del defunto espressa in una donazione. Questi soggetti sono i discendenti (figli e nipoti), gli ascendenti (genitori, nonni, e così via) e il coniuge: se le donazioni, pur sempre valide ed efficaci, al momento della morte del donante dovessero risultare, dopo calcoli molto complicati, lesive dei diritti di un legittimario, questo potrà agire in giudizio per renderle inefficaci (azione di riduzione).

La tutela del legittimario, inoltre, può coinvolgere anche terzi che abbiano acquistato diritti dal donatario (comprese le banche che per la concessione di un mutuo abbiano ricevuto in garanzia un immobile oggetto di donazione). Infatti, qualora il donatario non abbia beni sufficienti per soddisfare le eventuali pretese del legittimario, si potrà chiedere la restituzione del bene all’acquirente stesso (azione di restituzione), il quale avrà la facoltà di liberarsi con il versamento di una somma corrispondente. È bene precisare che i legittimari non possono rinunciare al loro diritto di agire in giudizio, finché colui della cui eredità si tratta è ancora in vita, neanche prestando il loro assenso alla donazione; solo quando il donante sarà morto, potranno prestare acquiescenza alla donazione compiuta.

La donazione può attuarsi in diversi modi:

• con il trasferimento della proprietà di beni mobili o immobili appartenenti al donante, o di un altro diritto reale (es. usufrutto, abitazione, diritto di superficie, servitù) spettante al donante;
mediante la costituzione ex novo di un diritto reale (es. usufrutto, abitazione, diritto di superficie, servitù) su beni mobili o immobili appartenenti al donante;
• con l’assunzione da parte del donante di un obbligo nei confronti del donatario (es. mediante l’assunzione dell’obbligo di corrispondergli, senza ricevere corrispettivo, una rendita vitalizia);
• tramite la liberazione del donatario da un obbligo nei confronti del donante (es. la rinuncia a un credito che il donante vanta nei confronti del donatario).

Inoltre le ragioni di una donazione possono essere molte: affetto, beneficenza e altro ancora. Ma una donazione può essere anche motivata da riconoscenza, considerazione di particolari meriti del donatario, speciale remunerazione. In questo caso si parla di donazione rimuneratoria, alla quale si applica la disciplina ordinaria delle donazioni ad eccezione del fatto che è esclusa la revoca per ingratitudine e per sopravvenienza dei figli; è prevista la garanzia per evizione a carico del donante; è prevista l’esclusione del donatario dall’obbligo degli alimenti.

2. La liberalità e le donazioni indirette.

Lo scopo della donazione, cioè arricchire un altro soggetto senza che vi sia alcun obbligo giuridico che lo imponga, può essere raggiunto anche con negozio diverso dalla donazione tipica, il quale, proprio perché utilizzato per perseguire lo scopo donativo, va assoggettato alla disciplina sostanziale della donazione: si parla in questo caso di donazione indiretta.

La legge infatti dispone che le liberalità, anche se risultano da atti diversi dalla donazione tipica, siano soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli, nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari (con esclusione delle donazioni fatte in occasione di servizi resi, o comunque in conformità agli usi e delle donazioni non soggette a collazione). Sono stati individuati diversi casi di donazione indiretta: la rinunzia abdicativa, fatta cioè senza corrispettivo, ad esempio, la rinuncia a un diritto di usufrutto; il contratto a favore di terzo, per far acquistare al terzo l’immobile trasferito o altre utilità; l’adempimento del terzo, ovvero quando si adempie a un obbligo altrui; la donazione mista, come la vendita a prezzo notevolmente inferiore al valore; l’intestazione di beni a nome altrui (Cass. Civ. n. 15778/2000, relativamente all’esclusione dalla comunione legale dell’immobile acquistato). Tutte valgono come donazione se fatte per mero spirito di liberalità. In particolare il caso più ricorrente di donazione indiretta è quella dell’intestazione di beni a nome altrui e, nello specifico, quella dell’ acquisto di un bene immobile con denaro dei genitori intestato a favore del figlio. Nell’ipotesi di acquisto di immobile con denaro proprio del disponente e di intestazione dello stesso ad altro soggetto, che il disponente ha inteso in tal modo beneficiare, costituendo la vendita mero strumento formale di trasferimento della proprietà del bene per l’attuazione di un complesso procedimento di arricchimento del destinatario del detto trasferimento, si ha donazione indiretta non già del denaro ma dell’immobile, poiché secondo la volontà del disponente alla quale aderisce il donatario, di quest’ultimo bene viene arricchito il patrimonio del beneficiario. Conseguentemente il beneficiario in sede di divisione dovrà imputare alla propria quota l’immobile e non il denaro impiegato per il suo acquisto. Questa soluzione è avvalorata dalla giurisprudenza sia per l’intestazione in senso stretto, sia per il caso dell’acquisto fatto a proprio nome dal figlio con denaro fornito, precedentemente o contestualmente, dal genitore. Dalla soluzione proposta in giurisprudenza si ricava che la donazione indiretta discende da un procedimento complesso dove un soggetto paga direttamente il venditore, intendendo beneficiare colui che sarà l’intestatario del bene, e dalla stipulazione di un contratto di vendita (da considerare come mero strumento formale di trasferimento del bene). La compravendita pertanto, pur concretizzando una donazione indiretta, non vede comunque mutata la propria natura giuridica, nel senso che è e rimane compravendita, per la quale quindi non è prescritta a pena di nullità la forma di atto pubblico con la presenza dei testimoni.

Delle donazioni indirette dispone l’art. 809 c.c. a detta del quale “Le liberalità anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall'articolo 769, sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d'ingratitudine e per sopravvenienza di figli nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari”. Ciò evidentemente conferma quanto sopra detto, ossia che la donazione indiretta è una particolare forma di donazione che, pur essendo posta in essere con forme diverse rispetto a quelle tipiche della donazione, produce gli effetti di un atto di liberalità, ossia l'impoverimento del donante e l'arricchimento del donatario. La ratio (1) della norma in oggetto consiste nel fatto che la norma in commento ha lo scopo di estendere l'applicazione di talune norme sulla donazione anche a quegli atti che, pur non avendo la forma della donazione, realizzano il medesimo effetto, ossia l'impoverimento di chi la compie e l'arricchimento di chi la riceve.

Per la validità di una donazione indiretta è sufficiente l'osservanza delle prescrizioni di forma richieste per l'atto da cui essa risulta, in quanto l'art. 809 c.c., mentre assoggetta le liberalità risultanti da atti diversi da quelli previsti dall'art. 769 c.c. alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni, non richiama l'art. 782 c.c., che prescrive l'atto pubblico per la donazione (2). Peraltro l'art. 809 c.c., nell'indicare quali norme della donazione siano applicabili alle liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione, va interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre disposizioni non espressamente richiamate (3). Ne consegue l'inapplicabilità dell'art. 778 c.c., che stabilisce i limiti al mandato a donare, al mandato a stipulare un "negotium mixtum cum donatione".

3. Dottrina e Giurisprudenza sulla donazioni indirette.

Sono innumerevoli i casi in cui le parti, per le più varie motivazioni, pur volendo effettuare una donazione, non pongono in essere il negozio tipico disciplinato dall’ art. 769 c.c., ma seguono percorsi alternativi, in linea con il primato dell’autonomia privata, tipico dell’epoca in cui viviamo, e con la prevalenza della iurisdictio. Ne consegue che tanto i giudici di legittimità che quelli di merito si sono sempre pronunciati a tal proposito, producendo una copiosa giurisprudenza, anche per il fatto stesso che si è riconosciuta una evidente carenza di tipi contrattuali utili per le esigenze delle parti. L’autonomia delle parti, nella creazione di schemi negoziali alternativi alla donazione, si realizza con la donazione indiretta che a sua volta ci pone di fronte alla discussa categoria del negozio indiretto. In tali casi la liberalità rappresenta il risultato di una operazione complessa che rientra nella vasta cerchia degli atti di liberalità diversi dalla donazione (4). La dottrina ha in vario modo tentato di individuare l’essenza del negozio indiretto. Analizzando i diversi orientamenti, si può agevolmente constatare che le varie correnti di pensiero sul tema sono d’accordo solo su un punto: nel negozio indiretto sussiste una divergenza tra lo scopo perseguito dalle parti e la funzione tipica del negozio. La divergenza, però, genera una semplice incongruenza tra scopi senza, peraltro, sfociare in una loro incompatibilità. Parte della dottrina (5), soffermandosi sullo scopo diverso perseguito dalle parti, ha evidenziato che lo stesso è suscettibile di tre qualificazioni differenti: a) può essere uguale o equivalente ad una funzione proibita dalla legge: in questa ipotesi vi è una norma esplicita che colpisce con la sanzione di nullità l’intero negozio voluto dalle parti (art. 1344 c.c.); b) può essere del tutto diverso da ogni funzione voluta dalla legge: ed allora vi è da domandarsi se il negozio sia tipico o innominato, oppure misto; c) può invece accadere che lo scopo voluto dalle parti corrisponda in linea di massima alla funzione di un diverso negozio previsto dalla legge. Ed è in questa ipotesi che il problema della disciplina del negozio indiretto resta aperto, poiché ci si deve chiedere se i requisiti di sostanza e di forma siano quelli richiesti dalla legge per lo strumento usato,oppure per lo scopo perseguito.

La dottrina pressoché unanime (6) si è da sempre schierata a favore della tesi più liberale, nel senso di ritenere, cioè, che il formalismo proprio delle donazioni non vada assolutamente rispettato nelle liberalità indirette, risultando, pertanto, inutile l’impiego dei formalismi propri delle donazioni dirette, quali la presenza dei testimoni, spesso inseriti per motivi meramente tuzioristici ma realizzando così una superfetazione. Il citato stato avvalorato dalla giurisprudenza della suprema corte di Cassazione (7) che ha ritenuto non applicabile l’art. 782 c.c. alle donazioni indirette, dovendosi in tal caso applicare le norme volta a volta dettate per il tipo negoziale prescelto, non essendo, invece, necessari, ai fini della validità dell’atto, i formalismi propri della donazione contrattuale. Si è sottolineato che l’estensione l’estensione delle norme sulla donazione a quei negozi che perseguono l’intento di liberalità con schemi negoziali previsti per il raggiungimento di finalità di altro genere rappresenterebbe un sacrificio troppo radicale dell’autonomia privata (8). Si ritiene peraltro che la riduzione delle donazioni indirette non mette in discussione la titolarità dei beni donati, cosi, venendo a mancare il meccanismo di recupero reale della titolarità dei beni, l’acquisizione riguarderà il controvalore mediante il metodo dell’imputazione (9).

La giurisprudenza è concorde nel ritenere che al fine di accertare la esistenza o meno della donazione indiretta nel caso concreto, deve sempre verificarsi lo spirito di liberalità (Cass. Civ. n. 12496/2007), cosi per esempio se un debitore, per estinguere il proprio debito verso il creditore, acquista un bene da un altro soggetto, deviando l’effetto dell’acquisto favore del creditore medesimo, si parlerà di dazione di pagamento ( e non donazione indiretta), alla luce della diversa giustificazione causale.

4. Le donazioni indirette: questione rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione.

Nella pratica ci sono numerosi casi in cui non è agevole la distinzione della causa del negozio, dunque non è facilmente individuabile la fattispecie giuridica cui ricondurlo. Per questi motivi la II sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza depositata il 4 gennaio 2017 n. 107, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per sottoporre la questione alle Sezioni Unite, al fine di ottenere un’interpretazione uniforme sull’argomento delle donazioni indirette e, in particolare, sul caso specifico sottoposto al vaglio della sezione remittente.

4.1 Il Caso.

Il caso specifico riguardava un ricorso presentato da una signora che si riteneva lesa nei suoi diritti ereditari da un atto di disposizione compiuto dal padre, poco prima di morire, in favore di una donna cui il genitore era legato sentimentalmente. In particolare, la ricorrente, in primo grado, aveva citato in Tribunale la compagna del padre deceduto, per vedersi restituire 1/3 del valore di titoli di credito, posseduti dal padre e trasferiti alla convenuta sul suo conto corrente pochi giorni prima della morte; la domanda della ricorrente era fondata sulla dedotta nullità del predetto trasferimento di titoli, trattandosi di atto di donazione privo del requisito di forma prescritto dalla legge. Il Tribunale accoglieva la richiesta dell’attrice, mentre in secondo grado la Corte d’Appello ribaltava la decisione ritenendo trattandosi di una donazione indiretta, per la quale non era richiesta la forma dell’atto pubblico. Investita del ricorso di legittimità la Suprema Corte, con l’ordinanza di rimessione anzidetta, ha dunque sottoposto il caso all’esame delle Sezioni Unite, per “tirare le fila del discorso” relativo alle donazioni indirette.

4.2. L’ordinanza n. 107/2017 Corte di Cassazione.

La Corte evidenzia lo sforzo degli studiosi nel darne una definizione univoca, ora mettendo in luce l'utilizzo di "altro strumento negoziale avente scopo tipico diverso dalla c.d. causa donandi e tuttavia in grado di produrre, insieme con l'effetto diretto che gli è proprio, l'effetto mediato di un arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito di liberalità da una parte (beneficiante) a favore dell'altra (che ne beneficia)"; ora notando che "le parti ricorrono ad un determinato negozio giuridico, ma lo scopo pratico che esse si propongono non è affatto quello normalmente attuato mediante il negozio da esse adottato, ma uno scopo diverso, talora analogo a quello di un altro negozio, più spesso mancante di una propria forma tipica nell'ordinamento"; ora affermando trattarsi di "qualsiasi vantaggio patrimoniale, pecuniariamente apprezzabile, non causato da un contratto di donazione ma prodotto dall'attuazione di un atto materiale o di un negozio giuridico unilaterale o bilaterale, che pur avendo in ogni caso un proprio scopo tipico diverso dalla donazione diretta, raggiunga identico risultato per lo spirito di liberalità che lo ebbe a determinare e per le conseguenze cui dà luogo"; ora, ancora, spiegando trattarsi di "qualsiasi liberalità non direttamente voluta ed attuata attraverso il mezzo appositamente apprestato dall'ordinamento giuridico, caratterizzato da uno scopo tipico diverso dalla liberalità, onde quest'ultima costituisce una conseguenza secondaria ed ulteriore dell'atto compiuto".

A ben vedere già da questi sforzi definitori di sintesi è possibile scorgere quale sia il punto che, nonostante la penetrante esplorazione di dottrina e giurisprudenza, resta controverso e controvertibile: quale lo strumento utilizzabile e quale il meccanismo di funzionamento. La Corte osserva che, secondo la dottrina e giurisprudenza maggioritarie, il fenomeno vada spiegato come la risultante della combinazione di due negozi (il negozio-mezzo ed il negozio-fine, accessorio e integrativo). Tuttavia, la casistica giurisprudenziale non è univoca: alcune pronunce hanno affermato la donazione indiretta nel caso di dazione di una somma di denaro, ove, accertato lo specifico fine di permettere al beneficiario con la detta di procurarsi l'acquisto di un bene (Sez. 6-2, n. 18541 del 2/9/2014, Rv. 632422; Sez. 2, n. 26746 del 6/11/2008, Rv. 605904; Sez. 2, n. 4015 del 27/2/2004, Rv. 570643; Sez. 2, n. 3642 del 24/2/2004, Rv. 570449; Sez. 2, n. 502 del 15/1/2003, Rv. 559753). Altre, di segno contrario (Sez. 2, n. 4711 del 19/10/1978, Rv. 394403; Sez. 3, n. 1771 del 28/6/1963, Rv. 262712), hanno ritenuto che la consegna gratuita del denaro costituisce donazione diretta. In presenza di negotium mixtum cum donatione (negozio oneroso con previsione di un corrispettivo a prezzo vile) non si è dubitato della ricorrenza della donazione indiretta (Sez. 2, n. 1955 del 30/1/2007, Rv. 594939; Sez. 2, n. 13337 del 776/2006, n. 589816, Sez. 2, n. 1214 del 10/2/1997, Rv. 502306; Sez. 2, n. 1266 del 27/2/1986, Rv. 444716; Sez. 1, n. 201 del 28/1/1972, Rv. 355996; Sez. 2, n. 833 del 24/3/1971, Rv. 3500685). Ad analoga conclusione si è giunti per il contratto a favore del terzo (Sez. 1, n. 2727 del 29/7/1968, Rv. 335312; Sez. 2, n. 1277 del 21/4/1956, Rv. 880451).

Ci sono poi sentenze che hanno individuato la distinzione tra una donazione indiretta e diretta nel mezzo utilizzato. Ed altre ancora che hanno escluso ricorrere l'ipotesi della donazione indiretta per l'assenza di autonomia dell'effetto della gratuità, o per l'assenza di un contratto commutativo, che conservi la propria autonomia sostanziale, in quanto attui un effettivo scambio di beni o diritti, sia pure di valore non equivalente ed implicante una attribuzione patrimoniale in favore di una delle parti, e, di conseguenza, resti assoggettato alla disciplina giuridica che gli è propria anche per la parte rivolta all'indiretta realizzazione di detta liberalità. E così anche la dottrina non ha offerto soluzioni univoche. In definitiva, se è chiaro il meccanismo di funzionamento, non lo è altrettanto a riguardo della strada percorribile (necessità di almeno due negozi, di almeno uno o anche di un solo atto materiale).

Pertanto, urge la necessità di ricomporre il quadro frammentato, che si è cercato di descrivere, con l'autorevolezza delle S.U., “in quanto oltre alla mancanza di apprezzabilmente uniforme interpretazione, largamente inquinata dai turbamenti del caso concreto, la questione si carica di particolare rilievo ove si consideri che le operazioni in discorso assumono assai di sovente funzione trans o post mortem, e quindi, il significato di regolamento ultimo, non più emendabile. Per contro, non può obliterarsi l'esigenza, sottesa alla prescrizione della forma solenne imposta dal legislatore in materia di donazione diretta, di circondare con particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo di uno, più o di tutti i suoi beni”.

4.3 Sentenza Corte Cassazione Civile S.U. n. 18725/2017.

A detta della suprema Corte il trasferimento di strumenti finanziari dal conto deposito titoli intestato al beneficiante disponente a quello intestato al beneficiario, da eseguire mediante un ordine di bonifico impartito da parte del disponente: non rientra entro il perimetro delle donazioni indirette, bensì, si tratta di una donazione tipica, seppur ad esecuzione indiretta. Ne consegue che è necessaria la forma dell’atto pubblico ex art. 782 c.c., alla presenza dei testimoni, salvo il caso in cui si tratti di donazione di modico valore.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno, cosi, risolto la controversa questione della natura dell’operazione attributiva di strumenti finanziari dal patrimonio del beneficiante in favore di un altro soggetto, compiuta a titolo liberale attraverso una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di trasferimento dei titoli impartito dal titolare con operazioni contabili di addebitamento e di accreditamento, ed hanno escluso che una simile operazione rientri nel perimetro delle liberalità indirette, trattandosi invece di una donazione tipica.

Il trasferimento di ricchezza attuato donandi causa a mezzo banca è dunque subordinato all’adozione dello schema formale-causale tipico della donazione. Secondo le Sezioni Unite, la configurazione della donazione come un contratto tipico a forma vincolata e sottoposto a regole inderogabili, obbliga a far ricorso a questo contratto per realizzare il passaggio immediato per spirito di liberalità di ingenti valori patrimoniali da un soggetto ad un altro, non essendo ragionevolmente ipotizzabile che il legislatore consenta il compimento in forme differenti di uno stesso atto, imponendo, però, l’onere della forma solenne soltanto quando le parti abbiano optato per il contratto di donazione. Ed il trasferimento di ingenti valori patrimoniali ricorre nell’ipotesi in cui venga impartito alla banca un ordine di bonifico bancario. In precedenti occasioni è stato affermato che costituisce una donazione diretta il trasferimento del libretto di deposito a risparmio al portatore, effettuato dal depositante al terzo possessore al fine di compiere una liberalità.

"La donazione indiretta, concepita come mezzo per conseguire, attraverso l’utilizzazione di un negozio con causa tipica, un risultato pratico da questa divergente, non è configurabile rispetto ai titoli di credito astratti, suscettibili di realizzare in modo diretto qualsiasi scopo voluto dalle parti" (Cass. 23 febbraio 1973, n. 527).

"Le liberalità attuate a mezzo di titoli di credito non sono donazioni indirette, ma donazioni dirette. Qualora un assegno bancario venga emesso a titolo di donazione, l’opponibilità, nel rapporto diretto con il prenditore, di tale contratto sottostante (senza che possano invocarsi le limitazioni probatorie di cui all’art. 2722 cod. civ., non vertendosi in tema di prova contraria al contenuto di un documento) implica anche la possibilità di dedurre la nullità della donazione medesima, per carenza della prescritta forma" (Cass. 30 luglio 1990, n. 7647).

Rientra dunque nel perimetro della donazione diretta l’elargizione di somme di denaro di importo non modico mediante assegni circolari.

"Ai fini della configurabilità della donazione indiretta d’immobile, è necessario che il denaro venga corrisposto dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene o mediante il versamento diretto dell’importo all’alienante o mediante la previsione della destinazione della somma donata al trasferimento immobiliare. Non ricorre, pertanto, tale fattispecie quando il danaro costituisca il bene di cui il donante ha inteso beneficiare il donatario e il successivo reimpiego sia rimasto estraneo alla previsione del donante. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha stabilito che la mera elargizione di somme di danaro mediante assegni circolari, non potesse qualificarsi donazione indiretta ed ha dichiarato invalido il negozio concluso per il difetto di forma solenne)" (Cass. 6 novembre 2008 n. 26746).

"Rientra nel perimetro della donazione diretta l’accollo interno con cui l’accollante, allo scopo di arricchire un familiare con proprio impoverimento, si sia impegnato nei confronti di quest’ultimo a pagare all’istituto di credito le rate del mutuo bancario dal medesimo contratto, rilevandosi che la liberalità non è un effetto indiretto, ma la causa dell’accollo. Poiché con la donazione indiretta le parti realizzano l’intento di liberalità utilizzando uno schema negoziale avente causa diversa, configura piuttosto una donazione diretta l’accollo interno con cui l’accollante, allo scopo di arricchire la figlia con proprio impoverimento, si sia impegnato nei confronti di quest’ultima a pagare all’Istituto di credito le rate del mutuo bancario dalla medesima contratto, atteso che la liberalità non è un effetto indiretto ma la causa dell’accollo, sicché l’atto – non rivestendo i requisiti di forma prescritti dall’art. 782 c.c. – deve ritenersi inidoneo a produrre effetti diversi dalla “soluti retentio” di cui all’art. 2034 c.c." (Cass. 30 marzo 2006 n. 7507).

È, dunque, nulla la donazione, per mancanza di atto pubblico, di bonifico di una somma di denaro effettuato per spirito di liberalità, e cioè senza che l’operazione bancaria sia motivata dal fatto di essere il pagamento di un prezzo di un bene acquistato o di un servizio ricevuto dal beneficiario del bonifico. Un’evidente conseguenza di una donazione nulla è che se poi il donante venisse a mancare, i suoi eredi hanno diritto a farsi restituire la somma donata dal donatario, a prescindere dal fatto che la donazione sia, o meno, lesiva dei diritti di legittima: donazione nulla infatti significa che il bene donato non è mai uscito dalla sfera giuridica del donante e che, quindi, egli (o, appunto, il suo erede) ha il diritto di pretenderne la restituzione. Se invece si abbia una donazione valida occorre che essa sia lesiva della quota di legittima per poter essere contestabile dagli eredi del donante.

Altra situazione nella quale è evidente il carattere diretto della donazione è quella della consegna brevi manu di un titolo al portatore (ad esempio, un libretto bancario o postale) oppure nella emissione di un assegno, bancario o circolare, a favore del donatario.

Si ha, invece, secondo le Sezioni Unite (la sentenza 18725/2017 ha infatti anche il merito di contenere una articolata elencazione di tutti questi casi, ben motivati uno per uno), una donazione indiretta, priva del requisito formale:

- con il cosiddetto contratto a favore di terzo che si configura, ad esempio, versando una somma su un conto cointestato e, quindi, in sostanza, arricchendo il cointestatario che beneficia dell’altrui versamento;
- con il pagamento di un debito altrui (si pensi al genitore che paga il mutuo del figlio);
- con il pagamento di un prezzo dovuto da altri (si pensi al genitore che paga il prezzo dell'appartamento che viene intestato al figlio);
- con la vendita di un bene a un prezzo irrisorio (che è una donazione per la differenza tra il valore del bene e il prezzo pagato);
- con la rinuncia a un credito a favore del debitore.

Ebbene, in conclusione, secondo le Sezioni Unite la donazione di strumenti finanziari dal conto deposito titoli intestato al beneficiante disponente a quello intestato al beneficiario, da eseguire mediante un ordine di bonifico impartito da parte del disponente, è nulla ove manchi la forma prescritta per le donazioni, con la conseguenza che, una volta apertasi la successione del donante, l’acquisto del donatario può essere compromesso dalle pretese degli eredi del donante, qualora rivendichino la somma donata eccependo l’invalidità del titolo traslativo.

 

Note e riferimenti bibliografici:

  • Guida “Donazioni consapevoli” Consiglio Nazionale del Notariato;
  • www.notariato.it
  1. Dalla RELAZIONE DEL MINISTRO GUARDASIGILLI DINO GRANDI AL CODICE CIVILE DEL 4 APRILE 1942, si legge che “Un emendamento formale ho apportato all'art. 809 del c.c., che disciplina le così dette donazioni indirette, parlando, anziché di «atti di liberalità diversi dalla donazione», di «liberalità che risultano da atti diversi da quelli previsti dall'articolo 769». La formula è connessa alla definizione della donazione data in quell'articolo, e vuol far riferimento appunto a quelle liberalità compiute senza porre in essere un contratto di donazione”.
  2. Cass. Civ. n. 1214/1997.
  3. Cass. Civ. n. 13684/2014.
  4. A. PALAZZO, ad vocem Donazione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Civile, VII, Torino, 1998, p.153.
  5. A. AURICCHIO, ad vocem Negozio indiretto,in Novissimo digesto italiano,Torino, 1957, pp.221 ss.
  6. A. PALAZZO, I singoli contratti. Atti gratuiti e donazioni, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, 2,Torino, 2000, 350; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002, p.864.
  7.  Cass. Civ. n. 5333/2004; Cass. n. 4623/2001; Cass. Civ. n. 642/2000; Cass. Civ.n. 3499/1999; Cass. Civ., n. 13630/1992.
  8. Cass. Civ. N.23215/2010.
  9. Cass. Civ. n. 1146/2010.