• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mar, 5 Set 2017

Stepchild adoption, si anche dal Tribunale per i Minorenni di Bologna

Modifica pagina

Fiorella Floridia


Anche il Tribunale dei Minorenni di Bologna apre alla Stepchild adoption. Dove il Legislatore sembra ancora non prendere una posizione, la giurispudenza accoglie una serie di ”nuovi diritti civili”. Insomma, un diritto di famiglia in continua evoluzione.


Sommario: 1. La Stepchild adoption e la L. n. 184 del 1983. 2. La sentenza del Tribunale per i Minorenni di Bologna che apre alla Stepchild adoption.

1. La stepchild adoption e la L. n. 184 del 1993

Col termine stepchild adoption, tradotto letteralmente  “adozione del figliastro”, si indica la possibilità per due adulti che formano una nuova famiglia di adottare il figlio di uno dei due, avuto da una precedente relazione. Nel nostro ordinamento giuridico, l’adozione in casi particolari è regolata dalla L. n. 184 del 1983  “Diritto del minore ad una famiglia” e permette l’adozione del figlio del coniuge. Il procedimento di adozione si propone davanti il Tribunale per i Minorenni che effettua un’indagine sull’idoneità affettiva, la capacità educativa, la situazione personale ed economica, la salute e l’ambiente familiare dell’adottante. L’obiettivo della legge è garantire l’interesse del minore a crescere in una famiglia, ma soprattutto, ove possibile, garantire l’interesse del minore di poter crescere nella propria famiglia, come regolato dai casi specificati dal Titolo IV della presente legge. In queste ipotesi, viene data priorità ai legami affettivi del minore. 

L’articolo 44 della L. n. 184/1983, con cui si apre il Titolo IV, fissa le condizioni legislativamente previste:

1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, ((anche maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento,)) quando il minore sia orfano di padre e di madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la constatata impossibilita' di affidamento preadottivo.
2. L'adozione, nei casi indicati nel comma 1, e' consentita anche in presenza di figli. 3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione e' consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non e' coniugato. Se l'adottante e' persona coniugata e non separata, l'adozione puo' essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi. 4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'eta' dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare.

Ogni singola condizione prevista dall’articolo 44 della legge in esame tiene in considerazione la persona del minore, dando rilevanza ai suoi legami affettivi.

Per quanto riguarda la lettera “a”, la legge preferisce concedere il diritto di adozione alla famiglia, intesa come famiglia biologica oppure a quelle persone che non avendo legami di parentela avevano un legame affettivo.  Questo tipo di adozione può essere disposta anche a favore di single o di due conviventi.

La lettera “b” ha ad oggetto l’ipotesi del coniuge che adotta il figlio minorenne dell’altro coniuge. Si tratta di una ipotesi di stepchild adoption, cioè della possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale od adottivo, nel caso in cui l’altro genitore sia morto o rinunci alle sue prerogative.

Invece, nell’ipotesi  presa in esame dalla lettera “c”, di un minore portatore di handicap orfano di genitori, ma con parenti che potrebbero accudirlo, si preferisce procedere ad un’ adozione a favore di chi si prende cura di quel minore, anche se non in possesso dei requisiti previsti per l’adozione legittimante.

Infine, la lettera “d”, si occupa della constatata impossibilità di un affidamento pre-adottivo, nei casi in cui un minore abbandonato non riesca ad inserirsi in una famiglia adottiva, o magari al termine del periodo di affidamento preadottivo viene rifiutato dalla famiglia, si preferisce l’inserimento di quello stesso minore in un ambiente a lui favorevole, formato da una persona o due persone che non hanno i requisiti per adottare ma che hanno con lui un rapporto stabile. Ed è propriamente l’articolo 44 lettera d, della L. n. 184 del 1983, che insieme alla clausola di salvaguardia di cui all´art. 1 comma 20 legge n. 76 del 2016, hanno  permesso al Tribunale di Bologna di pronunciarsi a favore della stepchild adoption, a favore dell’altra figura genitoriale, seppure dello stesso sesso.

2. La sentenza del Tribunale per i Minorenni di Bologna che apre alla Stepchild adoption.

Nell’ultimo periodo storico, il diritto di famiglia ha subito diverse modifiche normative. Con riferimento alla stepchild adoption, non è il legislatore ma è la giurisprudenza che in diverse sentenze, sta creando quei cosiddetti “nuovi diritti civili” che al momento il Parlamento non prende in considerazione.  Tutto ciò, in nome di una società che è “alle prese con una nuova concezione di famiglia”, come ha dichiarato in passato, il Presidente del Tribunale dei Minorenni di Bologna. Preliminarmente bisogna ricordare che già in passato, diverse pronunce giurisprudenziali avevano ammesso la possibilità della stepchild adoption in casi particolari. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12962/2016, aveva confermato la sentenza della Corte di Appello di Roma, che aveva accolto la domanda di adozione di una minore proposta dalla partner della madre, primo caso di adozione cogenitoriale in Italia. Anche grazie all’entrata in vigore della Legge n. 76 del 2016, ha continuato a farsi strada nel nostro ordinamento la tutela dei figli e delle figlie nati, accolti e cresciuti in famiglie omogenitoriali attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari. Va ribadito allora, seguendo le chiare argomentazioni dei giudici bolognesi nella sentenza n. 116/2017, “che la relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso, che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita, con le aspirazioni, i desideri e i sogni comuni per il futuro, la condivisione dei frammenti di vita quotidiana, costituisce a tutti gli effetti una "famiglia", luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore "omoaffettività" possa costituire ostacolo formale”.

L’articolo 1, comma XX della Legge n. 76 del 2016, prevede quanto segue: “Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge », «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni dì cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti". 

Questa norma deve essere correttamente interpretata, correndo altrimenti il rischio di non comprenderne il senso e le effettive intenzioni del legislatore. L’equiparazione del termine coniuge all’unito civilmente vale per le leggi in vigore tranne che per la l. n. 184/83, in particolare per l’espressione: “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”. Come sottolineato dal Tribunale dei Minorenni di Bologna: “E' insomma evidente che dalla legge n. 76 del 2016 non emerge affatto una volontà del Legislatore di delimitare più rigidamente i confini interpretativi dell'adozione in casi particolari ma, semmai, emerge la volontà contraria, tanto è vero che, successivamente alla emanazione della legge, vi sono state altre pronunzie che, in casi analoghi a quello in esame, hanno accolto la domanda di adozione ex art. 44 d)”. Quindi viene aggiunta la clausola in esame per permettere alle coppie omosessuali di fruire di un istituto già esistente. Nel merito, il Tribunale dei Minorenni di Bologna accoglie il ricorso, argomentando con le seguenti conclusioni: “Va rimarcato che la relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso, che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita, con le aspirazioni, i desideri e i sogni comuni per il futuro, la condivisione insieme dei frammenti di vita quotidiana, costituisce a tutti gli effetti una "famiglia", luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore "omoaffettività" possa costituire ostacolo formale. La disamina sin qui condotta induce a dover accogliere la domanda dell'istante sulla scorta del seguente principio di diritto: in virtù della clausola di salvaguardia di cui all'art. I comma 20 legge n. 76 del 2016, l'ipotesi di adozione in casi particolari ex art. 44 lett. D della Legge 4 maggio 1983, n. 184 può trovare applicazione anche in caso di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo per non essere il minore dichiarato in stato di abbandono sussistendo un genitore biologico che ne ha cura; la norma può pertanto trovare applicazione anche nel caso in cui sussista l'interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi”. 

Dalla disamina dell’argomento in esame, sarebbe auspicabile che il Parlamento continuasse con la sua opera di riforma. Nonostante il pregevole sforzo dei giudici di tutelare le posizioni dei soggetti più deboli, attraverso istituti già presenti nel nostro ordinamento, come appunto l’adozione in casi particolari o il riconoscimento di rapporti genitoriali sorti in ordinamenti straniere attraverso la trascrizione dei relativi atti di nascita o dei provvedimenti di adozione, è palese che le pronunce giurisprudenziali non forniscono quella certezza giuridica paragonabile ad una previsione legislativa, per questo la politica e le istituzioni devono continuare in questo cammino. Ancora lunga è la strada da percorrere, anche se la legge sulle unioni civili è un bel primo passo in tal senso.