Pubbl. Mer, 11 Feb 2015
La partecipazione della vittima nei delitti contro la vita: la disciplina vigente
Modifica paginaIl codice penale prevede attualmente alcune fattispecie delittuose contro la vita per integrare le quali è necessaria la partecipazione della stessa vittima. Tali figure di reato sono state recentemente oggetto di critiche, probabilmente infondate, relative alla legittimità costituzionale delle stesse.
Il codice penale italiano del 1930, c.d. codice Rocco, è improntato alla visione panpubblicistica tipica dell'epoca fascista nella quale vede la luce. Ciò premesso, non sorprende che esso adotti una tutela in senso oggettivo della vita umana, che prescinde quindi dalla effettiva volontà del singolo individuo tutelato. La più chiara manifestazione di questo modus operandi si scorge dalla lettura degli articoli 579 (Omicidio del consenziente) (1) e 580 (Istigazione o aiuto al suicidio) (2) c.p.
La prima delle fattispecie indicate è costruita in modo tale da escludere l'operatività della causa di giustificazione di cui all'articolo 50 (Consenso dell'avente diritto) (3) c.p. qualora la condotta tipica sia costituita da un omicidio. I limiti edittali fissati (pena della reclusione da sei a quindici anni) sono piuttosto elevati, senza tener conto del fatto che il comma 3 dello stesso articolo rinvia, in una serie notevole di casi, alle disposizioni relative all'omicidio tout court.
Nella seconda fattispecie, invece, il materiale esecutore della condotta che cagiona l’evento morte è la “vittima” stessa. Senonché, il Legislatore ritiene opportuno punire l’istigazione o l’agevolazione nell’esecuzione di una condotta che, di per sé, non costituisce reato (anche se, per parte della dottrina, il tentativo di suicidio non è punito solo per ragioni di opportunità). I limiti edittali, ovviamente, sono ridotti rispetto a quelli previsti per la precedente figura di reato (da cinque a dodici anni).
Queste previsioni devono essere interpretate in modo tale da essere compatibili con il disposto dell’articolo 32 della Cost. (4), soprattutto nella parte in cui prescrive il divieto di trattamenti sanitari obbligatori, se non per disposizione di legge. Ciò spiega perché, per l’opinione oggi maggioritaria in dottrina (cfr., ex multis, MANTOVANI, SEMINARA, MANNA), l’eutanasia che sia, da una parte, svolta sulla base del consenso dell’avente diritto e, dall’altra, che sia meramente passiva, ossia si sostanzi nell’interruzione del trattamento terapeutico, deve ritenersi lecita, non potendo integrare un’ipotesi di commissione mediante omissione ex articolo 40 cpv. c.p.
I dubbi sulla legittimità costituzionale della fattispecie di cui si discorre, comunque, devono essere respinti. Il suicidio, nel nostro ordinamento, non rappresenta un diritto, bensì una “libertà di fatto” (MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale. Vol. 1: Delitti contro la persona, CEDAM, 2014): sono dunque infondate le critiche per le quali tali reati vietano la mera agevolazione nell’esecuzione di un diritto soggettivo. È da accogliere, piuttosto, la ricostruzione di quella dottrina (LEONCINI, in Questioni fondamentali della parte speciale del codice penale, a cura di FIORELLA, Giappichelli, 2013) per la quale il diritto all’autodeterminazione debba rifuggire da interferenze esterne, poiché la libertà di scelta attribuita alla persona deve essere piena. Non sfugge, invece, che la disponibilità di terze persone alla cooperazione attiva o anche al rafforzamento del proposito sia idonea a menomare la libertà di cui si discorre.
(1) Art. 579. c.p.
Omicidio del consenziente.
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso:
1) contro una persona minore degli anni diciotto;
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
(2) Art. 580. c.p.
Istigazione o aiuto al suicidio.
Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.
(3) Art. 50. c.p.
Consenso dell'avente diritto.
Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne.
(4) Art. 32. Cost.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.