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Pubbl. Mar, 2 Mag 2017

L’atto di conferimento in trust non ha effetto traslativo.

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Pasquale Ragone


Il Tribunale di Monza (con ordinanza del 17 gennaio 2017) ha statuito che l’atto di conferimento in un trust ”autodichiarato” non ha effetto traslativo e realizza una mera segregazione patrimoniale. La nullità del trust determina solo il venir meno dell´effetto segregativo, non incidendo sulla titolarità del bene, che rimane in capo al disponente.


La fattispecie sottoposta all’attenzione del Tribunale di Monza riguarda la costituzione di un cd. Trust autodichiarato (nel quale, il medesimo soggetto allo stesso tempo svolge sia la funzione di settlor che quella di trustee), nel quale era stato conferito un immobile già gravato da ipoteca in favore di un istituto di credito. Con sentenza di primo grado poi, il trust veniva dichiarato nullo ed il conferente veniva altresì condannato a demolire delle opere abusivamente realizzate sul bene.

Successivamente l’immobile veniva trasferito in favore di una società immobiliare a fronte dell’accollo, da parte di quest’ultima, delle residue rate di mutuo che tuttavia non furono pagate, inducendo così l’istituto di credito a procedere ad esecuzione forzata. Nel mentre del procedimento esecutivo, stante l’avvenuta declaratoria di nullità del trust, si dibatteva sia in ordine alla sorte del bene, sia in ordine alla spettanza dell’obbligo di demolire le opere abusive realizzate sul medesimo.

Il tribunale di Monza con l'ordinanza del 17 gennaio 2017 ha ritenuto che nel caso di specie la nullità del trust non fosse idonea a travolgere anche il successivo atto con cui il proprietario originario ha trasferito alla società esecutata il bene. Nel caso di specie infatti, la proprietà del bene è rimasta sempre in capo allo stesso soggetto, il quale si è limitato esclusivamente a realizzare una mera segregazione patrimoniale del bene e tale effetto segregativo verrà meno con la sentenza di nullità del trust, senza che però tale patologia del negozio determini effetti in ordine alla titolarità del bene che rimarrà sempre in capo al medesimo soggetto.

Quanto precisato dal Tribunale di Monza è perfettamente aderente con quanto ritenuto dalla dottrina prevalente in merito alla natura del trust autodichiarato: tale tipologia di trust è caratterizzato dalla circostanza per cui la figura di disponente e di Trustee coincidono e pertanto non si verifica un trasferimento ad un terzo soggetto, limitandosi il disponente ad apporre un vincolo di destinazione su alcuni suoi beni, separandoli dal restante suo patrimonio in virtù dell’effetto segregativo tipico del trust. Dunque nel trust autodichiarato il disponente non trasferisce i beni del trust fund ad un soggetto terzo che svolge la funzione  di trustee, ma diviene egli stesso Trustee, e perciò pur se non potrà più trarre vantaggi economici e personali da essi come se fosse pieno proprietario, avrà comunque una proprietà strumentale dei beni stessi, dovendo gestirli secondo quanto previsto nell’atto istitutivo del trust. La declaratoria di nullità del trust pertanto, nel caso di specie farebbe venir meno solo l’effetto segragativo unidirezionale del negozio, non incidendo sulla titolarità dei beni.

Tale ricostruzione ha notevole rilevanza soprattutto sul piano fiscale, in merito alla tassazione del trust.

Infatti la tesi seguita dal Tribunale di Monza (il quale però come si è detto ha ad oggetto un’ipotesi di trust autodichiarato e non pare estensibile a tutte le tipologie di trust), pare essere stata seguita anche dalla Commissione Provinciale Tributaria di Milano del 20 luglio 2015 addirittura con riferimento ad un trust ordinario, nel quale invece il Disponente/settlor, affida e trasferisce in proprietà ad un soggetto terzo/ Trustee i beni del trust fund, affinché questi li gestisca per le finalità stabilite dal disponente stesso, nell'interesse di uno o più beneficiari.

Orbene, secondo la Commissione tributaria di Milano, il conferimento di beni in trust, che è soggetto all’imposta sulle donazioni in misura proporzionale (con applicazione delle relative franchigie ove possibile), nel caso di specie sarebbe esente da imposte ipotecaria e catastale, dal momento che nella fase genetica del trust manca del tutto un vero e proprio trasferimento, dovendo invece dette imposte essere corrisposte dal beneficiario finale del trust solo al termine della durata dello stesso, momento in cui eventualmente si potrà verificare un vero e proprio trasferimento immobiliare in favore del beneficiario finale.

La decisione ribalta l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo che il trust non sia privo di una propria soggettività giuridica: mediante il trust infatti il disponente pone sotto la gestione del trustee i beni del trust fund, senza che sia attribuibile al trust alcuna autonoma soggettività passiva nemmeno tributaria, come invece sostenuto dalla Amministrazione finanziaria nella circolare n. 48/E del 6 agosto 2007. Secondo la predetta circolare invece il trust sarebbe “caratterizzato da una dual ownership, vale a dire da una doppia proprietà, l’una ai fini dell’amministrazione -in capo al trustee- e l’altra, ai fini del godimento - in capo al beneficiario -, il trust esprime un concetto di proprietà non proprio allineato a quello conosciuto nei paesi di civil law” ed inoltre “rientra fra gli enti considerati dall’articolo 87 (attuale 73 ndr) del TUIR, quali soggetti autonomi d’imposta”.