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Pubbl. Gio, 9 Feb 2017

La parola alla Cassazione sulla donazione indiretta. Analisi e commento all’ordinanza n. 106 del 2017. 

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Jessica Lo Votrico


La II sezione della Corte di Cassazione, ravvisando un quadro estremamente frammentato in ordine all´istituto della donazione indiretta, ha, con l´ordinanza in questione, rimesso la questione al Primo Presidente affinché si pronuncino le Sezioni Unite.


Sommario: 1. La questione - 2. Nozione e natura giuridica - 3. La disciplina - 4. La pronuncia in esame: la difficile ricostruzione dell'istituto tra dottrina e giurisprudenza

1. La Questione

La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, torna ad occuparsi di una tematica oggetto di un lungo e travagliato dibattito instauratosi tra dottrina e giurisprudenza: i presupposti e le modalità operative richieste per il realizzarsi di una donazione indiretta.

Appare preliminare, pertanto, inquadrare brevemente la disciplina codicistica e i principali orientamenti espressi dalla dottrina e dalla giurisprudenza. 

2. Nozione e natura giuridica

Le donazioni indirette sono quei negozi giuridici in cui l’effetto liberale, tipico del negozio di donazione, viene realizzato mediante un negozio avente una causa tipica diversa.

Il legislatore del 1942, in ossequio al principio generale dell’autonomia privata che regola il nostro ordinamento, le riconosce espressamente all’art. 809 c.c lasciando a dottrina e giurisprudenza, tuttavia, il compito di individuarne i tratti caratterizzanti. Questi vengono rinvenuti nello specifico: nella volontà di porre in essere un atto liberale (il cd. animus donandi) e l’incremento della sfera patrimoniale del soggetto che lo riceve.     Numerosi sono stati gli orientamenti sviluppatesi sulla natura giuridica di tale fattispecie: 

  • un primo orientamento sostiene che le donazioni indirette siano una forma di negozio atipico o indiretto;
  • un secondo orientamento maggioritario ritiene piuttosto che le donazioni indirette rientrino nell’ambito del collegamento negoziale.  E’ una commistione tra due negozi collegati fra loro: un negozio- mezzo, che produce gli effetti tipici dello stesso e che viene impiegato dalle parti per il raggiungimento di un risultato ulteriore, e un negozio-fine con il quale le parti colmano la differenza tra quanto ottenuto con il negozio-mezzo e lo scopo ulteriore che intendono prefiggersi. Nel caso delle donazioni indirette andrà, pertanto, individuato nella volontà comune a entrambe alle parti di porre in essere un atto liberale consistente nell’incremento della sfera patrimoniale di colui che lo riceve.

3. La disciplina

In ordine alla disciplina codicistica applicabile alle liberalità indirette bisogna distinguere tra norme formali e nome materiali. 

Non si applicano le cd. norme formali: secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, infatti, alle donazioni indirette non si applica la forma solenne imposta alla donazione diretta (atto pubblico e presenza di due testimoni); quanto piuttosto la forma richiesta dal negozio a cui  le parti sono effettivamente ricorse.

E’ generalmente applicabile, invece, tutta la disciplina materiale: le donazioni indirette si revocano nel caso di  sopravvenienza di figli e ingratitudine, sono soggette all’eventuale riduzione al fine di garantire la tutela della quota riservata ai legittimari. Pur in assenza di un dato normativo espresso, è pacificamente riconosciuta, salvo disposizione contraria, l’applicabilità degli istituti della colazione, le norme in materia di incapacità a donare, azione revocatoria e divieto di beni futuri.

4. La pronuncia in esame: la difficile ricostruzione dell’istituto tra dottrina e giurisprudenza

Nella pronuncia in esame, la II sezione della Corte di Cassazione ha rilevato la non unanime ricostruzione dei confini dell’istituto della donazione indiretta. 

Il legislatore, infatti, con l’art. 809 c.c detta una norma residuale nella quale applica la disciplina sostanziale delle donazioni a tutte le altre liberalità indirette, senza provvedere esplicitamente a definirle.  A dottrina e giurisprudenza è spettato, pertanto, l’arduo compito di individuarne i confini.

Come affermato nella pronuncia in esame, in dottrina diverse e contrastanti sono le definizioni dell'istituto:  alcuni studiosi ravvisano la liberalità indiretta in quello  “strumento negoziale avente scopo tipico diverso dalla c. d. causa donandi e tuttavia in grado di produrre, insieme con l’effetto diretto che gli è proprio, l’effetto mediato di un arricchimento senza corrispettivo, voluto per spirito di liberalità da una parte (beneficiante) a favore dell’altra (che ne beneficia)” . Secondo altri, invece, la donazione indiretta sarebbe piuttosto  “qualsiasi liberalità non direttamente voluta ed attuata attraverso il mezzo appositamente apprestato dall’ordinamento giuridico, caratterizzato da uno scopo tipico diverso dalla liberalità, onde quest’ultima costituisce una conseguenza secondaria ed ulteriore dell’atto compiuto”.

Vasta è stata anche la casistica presa in considerazione dalla giurisprudenza di merito e di legittimità sugli atti e i negozi giuridici utilizzati dalle parti per realizzare in via indiretta l’intento donativo.   

Un’ipotesi ampiamente dibattuta è quella dell’intestazione di un bene in nome altrui in relazione al quale la giurisprudenza ha distinto tra la donazione del denaro e quella dell’immobile. Il discrimen è stato individuato nella finalità per cui la somma viene corrisposta: sarà donazione indiretta del bene immobile solo quando sia possibile rinvenire un collegamento specifico tra la consegna della somma di denaro e l’acquisto del bene immobile. Al contrario sarà donazione di denaro quando la somma venga consegnata a prescindere da un impiego specifico e, pertanto, il donatario potrà disporne in autonomia. 

Costituiscono liberalità indiretta anche le attribuzioni nell’ambito della comunione legale fra i coniugi. L’acquisto di un bene mediante lo scambio o l’impiego del prezzo di beni personali con l’omissione volontaria della dichiarazione di provenienza ex art. 179 lettera f) c.c costituisce secondo la Suprema Corte il chiaro intento di porre in essere una liberalità a favore del proprio coniuge.

Ancora la donazione indiretta è stata ravvisata nel cd. negotium mixtum cum donatione (donazione mista): con tale locuzione si identificano tutte quelle fattispecie in cui il contratto di donazione si fonde con altri contratti onerosi a prestazioni corrispettive. Un esempio tipico è dato da una contratto di compravendita in cui le prestazioni sono volutamente sproporzionate.

La giurisprudenza ha individuato, inoltre, una liberalità indiretta nella contestazione di una conto corrente bancario con firme e disponibilità disgiunte in cui i versamenti sono effettuati da un solo soggetto e questo rinunci alla facoltà di ottenere la restituzione delle somme.

Costituirebbe liberalità indiretta anche il contratto a favore di terzo di cui all’art. 1411 c.c. Nella misura in cui, infatti, si possa ravvisare un intento liberale nella volontà di far produrre gli effetti del contratto a favore di un terzo potrà parlarsi di donazione indiretta.

La donazione indiretta è stata ravvisata, inoltre, in un atto unilaterale quale la rinuncia abdicativa, consistente nella dismissione di un diritto nella misura in cui si verifichi contestualmente e per l’effetto l’arricchimento di un terzo. Si pensi alla rinuncia al diritto reale di usufrutto che consente al nudo proprietario di riacquistare il diritto di piena proprietà sul bene o ancora la remissione del debito da cui risulti evidente la volontà di porre in essere un atto liberale.

Alla luce di quanto analizzato è evidente, pertanto, la presenza di un quadro estremamente frammentato e non omogeneo in ordine ai mezzi con cui la donazione indiretta può esser raggiunto (atto unilaterale, combinazione di due negozi, contratto misto).

Con la pronuncia in esame, pertanto,  la II sezione ha rimesso gli atti al Primo Presidente affinché sulla fattispecie delle liberalità indirette possano esprimersi le Sezioni Unite.