Pubbl. Ven, 10 Feb 2017
Lecito perquisire e sequestrare dati informatici all'avvocato socio dello studio.
Modifica paginaCaso: LINDSTRAND PARTNERS ADVOKATBYRÅ AB v. SWEDEN Corte europea diritti dell´uomo, sez. III, sentenza 20 dicembre 2016, n. 18700/09
La Corte europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza 20 dicembre 2016, n. 18700/09, è intervenuta in materia di perquisizioni e sequestri nello studio e nell'appartamento di un avvocato socio di uno studio legale, legato a tre società sospettate di evasione fiscale, omesso versamento dell'IVA e dei contributi previdenziali.
La Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell’art. 8 della Convenzione e.d.u. e ha, invece, ritenuto che fosse stato violato il diritto ad un rimedio effettivo tutelato dall’art. 13 della medesima Convenzione.
È necessario, per analizzare la sentenza in commento, ripercorrere alcuni punti di essa.
In particolare, la lesione del diritto fatto valere emerge dopo che l'agenzia delle entrate ha chiesto al Tribunale amministrativo di Stoccolma, dopo alcune verifiche condotte sull'imposta del valore aggiunto nei confronti di alcune aziende svedesi, di applicare misure coercitive presso la sede legale della società capogruppo e presso lo studio legale delle società accusate di evasione fiscale.
L’avvocato, vedendosi leso tali diritti fondamentali, ha citato in giudizio lo stato della Svezia dinnanzi alla Corte Edu, lamentando la violazione degli artt. 6, 8 e 13 della Convenzione e dell'art.1 del Protocollo n.1 della Convezione stessa.
Dunque, il ricorrente, ovvero lo studio legale svedese, ha lamentato che era stato violato l'art. 8 della Convenzione perché era stato autorizzato l'accesso nel suo studio legale per effettuare ricerche costituendo, in tal modo, una interferenza nel privilegiato rapporto avvocato-cliente. Si è precisato che gli strumenti appartenevano ad un socio dello studio e che pertanto risultava che la ricerca e il sequestro erano sproporzionati rispetto agli scopi legittimi.
La Corte ha ritenuto infondata la violazione dell’art. 8, in quanto la norma al paragrafo 2 prevede il principio generale del diritto al rispetto della vita privata "a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui". Nel caso di specie la perquisizione ed il sequestro di documenti nello studio è avvenuta alla presenza e sotto il controllo dei soci, del titolare e del rappresentante dello studio così da tutelare le garanzie processuali dell’indagato.
Ancora, ha sostenuto altresì che era stato violato il diritto di proprietà ai sensi dell' art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione e che ne aveva risentito negativamente anche la reputazione del professionista essendo la stessa un estrinsecazione del diritto di proprietà.
Sul punto la Corte ha stabilito che non vi è alcuna violazione del diritto di proprietà così come previsto dall'art.1 del Protocollo in quanto vi era l' impossibilità di individuare il proprietario degli strumenti informatici sequestrati.
Ha sollevato, altresì, la violazione del diritto ad un equo processo ai sensi dell'art. 6 della Convenzione dato che gli era stata negata la legittimazione ad agire in due gradi di giudizio in relazione all' applicazione delle misure coercitive e sulla esenzione dei documenti. Ha poi evidenziato che vi era stata violazione dell'art. 6 perché un funzionario dell'agenzia delle entrate era parte della Corte amministrativa d'Appello.
La Corte in relazione a tale richiesta ha chiarito che il contenzioso tributario non rientra nel campo di diritti e obbligazioni civili inerenti all'art. 6 della Convenzione.
Da ultimo, il ricorrente ha lamentato, ai sensi dell'art. 13, della Convenzione la lesione del diritto ad un ricorso effettivo in quanto ha negato la legittimazione ad agire nel procedimento riguardante l' autorizzazione per la perquisizione e il sequestro, nonchè la richiesta di esenzione dei documenti.
La norma prevede espressamente che ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.
Dunque, l'art. 13 della Convenzione garantisce che a livello nazionale vi siano rimedi per far rispettare i diritti e le libertà così come disciplinati dalla Convenzione.
Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato che vi è stata violazione dell’art. 13, in combinato disposto con l'articolo 8, in quanto è stato negata la partecipazione al procedimento amministrativo e per essere stata rigettata la richiesta per esentare alcuni documenti in sequestro fossero dalla verifica fiscale in virtù del principio di segretezza professionale relativo al rapporto avvocato-cliente.
Dunque, con tale pronuncia la Corte di Strasburgo chiarisce un altro aspetto del rapporto avvocato-cliente, in quanto lo studio legale nell’ambito di verifiche fiscali e dell’adozione di misure coercitive nei confronti di società clienti ha legittimazione processuale a tutela dei propri interessi, con la possibilità di invocare il segreto professionale solo per la fase di ricerca dei documenti presso i suoi locali, per il resto sono tutelati nell’ambito del mandato difensivo.