Pubbl. Dom, 13 Nov 2016
Il collegamento negoziale tra compravendita e credito al consumo
Modifica paginaLa Cassazione afferma la fonte legale del collegamento negoziale tra i contratti di credito al consumo e compravendita di un bene, per cui, in caso di inadempimento del venditore del bene finanziato, il consumatore potrà agire per la risoluzione del contratto di finanziamento, pur in assenza di una clausola di esclusiva tra finanziatore e fornitore
Sommario: 1. Premessa. Il collegamento negoziale; 2. Il Caso. Il collegamento negoziale tra compravendita e credito al consumo; 3. Un significativo revirement della Corte di Cassazione a favore della tutela del consumatore.
1. Premessa. Il collegamento negoziale.
Due o più contratti si definiscono collegati quando, pur essendo ciascuno di essi perfetto ed efficace, gli effetti di tutti i contratti sono connessi da un nesso teleologico in ragione del perseguimento di un’unica funzione fondamentale. Ciascun contratto, quindi, senza l’altro cui è collegato non avrebbe il senso che le parti hanno inteso dargli.
Il collegamento tra due contratti può derivare direttamente dalla legge (necessario) oppure dall’autonomia delle parti (atipico).
Nel primo caso, il nesso di interdipendenza prescinde sia dall’intento unitario dei soggetti contraenti sia da un oggettivo nesso di scopo tra i due contratti.
Nel secondo caso, il collegamento può definirsi:
- volontario quando il nesso di interdipendenza tra i contratti è previsto espressamente dalle parti;
- funzionale nel caso in cui risulti oggettivamente dall’unitario fine pratico che i negozi perseguono;
- genetico quando un negozio influenza la fase genetica di altri contratti;
- strutturale quando l’interdipendenza degli effetti è dovuto ad un meccanismo inserito nel contenuto di uno o di entrambi i contratti.
Inoltre, il collegamento si distingue in reciproco o unilaterale, a seconda che, rispettivamente, le vicende giuridiche che interessano un contratto influiscono sull’altro e viceversa, ovvero che le stesse si ripercuotono sull’altro senza però che si verifichi il caso inverso (così ad esempio, il rapporto tra contratto preliminare e definitivo, è un collegamento genetico unilaterale e le cause di invalidità del preliminare possono ripercuotersi sul definitivo, ma non viceversa)[1].
Occorre evidenziare che ai contratti collegati si applicano (nei limiti del collegamento reciproco o unilaterale) le regole della nullità parziale, dell’impossibilità parziale sopravvenuta, dell’inadempimento parziale, dell’eccezione di inadempimento. Pertanto, l’invalidità di un contratto può comportare l’invalidità di quelli che ad esso sono collegati (simul stabunt, simul cadent); l’impossibilità parziale di esecuzione di un contratto può determinare la risoluzione degli altri; l’inadempimento dell’uno può legittimare la parte a non eseguire gli altri contratti e a chiederne la risoluzione.
2. Il Caso. Il collegamento negoziale tra compravendita e credito al consumo: quale tutela si prospetta per il consumatore che subisce l’inadempimento del venditore?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n°19000 del 27 settembre 2016 è intervenuta a decidere una controversia in materia di collegamento negoziale tra contratto di credito al consumo e contratto di vendita di un bene, il cui acquisto era stato finanziato con il primo contratto.
Nel caso di specie, l’attore stipulava un contratto di compravendita di un’autovettura acquistata concludendo un finanziamento con la banca. In seguito, agiva in giudizio per ottenere la risoluzione per inadempimento a causa della mancata consegna dell’automobile. Conseguentemente domandava, altresì, la risoluzione del contratto di finanziamento negozialmente connesso a quello di vendita. Sia in primo che in secondo grado veniva accolta la domanda di risoluzione avverso il venditore, ma non anche quella nei confronti della banca. Veniva, quindi, proposto ricorso in Cassazione per violazione dell’art. 113 cpc, dell’art. 124, co. 2 e 3, T.U.B. (nella formulazione originaria, applicabile ratione temporis) e dell’art. 1453 cc.[2]
La disciplina del credito al consumo è prevista agli artt. 121 e ss. del d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385 (T.U.B.) e, con particolare riferimento al recesso, è regolata dal d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo). Occorre segnalare da subito che la normativa originaria ha subito importanti modifiche a seguito del recepimento della Direttiva 2008/48/Ce con il D.lgs. n. 141/2010, il quale, perseguendo l’intento comunitario della massima armonizzazione degli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea, ha modificato l’intero Titolo VI del T.U.B. e ha abrogato gli artt. 40, 41 e 42 Cod. Cons.
Premesso che per contratto di credito al consumo si intende il contratto con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere ad un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria[3], nel caso in esame, secondo il ricorrente, il collegamento negoziale che intercorre tra il contratto di vendita e quello di finanziamento è di natura legale, ed è quindi svincolato nella sua esistenza dalla volontà negoziale delle parti, come, peraltro, già affermato in un precedente di legittimità (Corte Cass. n. 2047/2014).
I giudici di merito avevano escluso la sussistenza del collegamento a cagione della mancata previsione della clausola di esclusiva tra finanziatore e fornitore per la concessione di credito ai clienti di quest’ultimo; clausola, la cui presenza avrebbe determinato tale connessione; secondo l’art. 42 Codice del Consumo (oggi abrogato), l’ipotesi in cui il contratto di credito al consumo fosse finalizzato all’acquisto di un bene o di un servizio poneva di fronte a due contratti interdipendenti sul piano economico, ma distinti sul piano giuridico e funzionalmente autonomi. Pertanto, si consentiva al consumatore di agire contro il finanziatore, per l’inadempimento del fornitore del bene o del servizio, nei limiti del credito concesso, purché fosse stata effettuata inutilmente la costituzione in mora e a condizione che fosse stata provata l’esistenza di un accordo di esclusiva tra il finanziatore e il fornitore.
L’art. 42 Cod. Cons., secondo il decisum della Suprema Corte nella sentenza in esame, va invece disapplicato in base alla direttiva comunitaria 87/102/CEE del 22 dicembre 1986 e all’interpretazione fatta dalla Corte di Giustizia, con la sentenza del 23 aprile 2009, emessa nella causa C509/07. Così, testualmente in sentenza è possibile leggere: «Secondo questa decisione, infatti, l'esistenza di una clausola di esclusiva tra fornitore del bene e finanziatore, non è presupposto necessario del diritto del consumatore di procedere contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni da parte del fornitore, al fine di ottenere la risoluzione del contratto di credito e la conseguente restituzione delle somme corrisposte al finanziatore»[4].
Secondo l’iter logico-giuridico seguito dai supremi giudici, il collegamento negoziale tra compravendita e credito al consumo ha fonte legale e prescinde dall’esistenza di una clausola ad hoc inserita direttamente in contratto.
3. Un significativo revirement della Corte di Cassazione a favore della tutela del consumatore
Secondo l’orientamento della giurisprudenza prevalente di qualche anno fa, si riteneva che il contratto di vendita e quello di finanziamento finalizzato all’acquisto di determinati beni e servizi fossero separati e che, di conseguenza, l’inadempimento del contratto principale del fornitore non influiva in alcun modo sull’efficacia di quello di finanziamento, se non in forza di una clausola di esclusiva per la concessione del credito ai clienti del fornitore. A partire dal 2014 e ancor più recentemente con la decisione in commento, la Cassazione ha invece riconosciuto una maggiore tutela al consumatore. Ha affermato la fonte legale del collegamento negoziale sottoposto al suo esame, ragion per cui, in caso di inadempimento del venditore del bene finanziato, il consumatore potrà agire per la risoluzione del contratto di finanziamento, pur in assenza di una clausola di esclusiva tra finanziatore e fornitore. Il tutto sempre che l’inadempimento del fornitore sia di non scarsa importanza e che sia effettuata la previa costituzione in mora, così come previsto dall’art. 1453 e ss. c.c.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Balloriani M., De Rosa R., Mezzanotte S., Manuale Breve di Diritto Civile, Giuffrè, 2016, pag. 522 e ss.
[2] Così in Corte di Cassazione, III Sez. Civ, sent. n. 19000 del 27 settembre 2016
[3] Così all’art. 121 c. 1 lett. c) del d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385.
[4] Così in Corte di Cassazione, III Sez. Civ, sent. n. 19000 del 27 settembre 2016